AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 2
(2006)
Ultime battute del dibattito
Riceviamo e volentieri pubblichiamo due contributi: uno di Massimo Rolle (già presidente della nostra Sezione), e l'altro dell'Assessore alla Cultura del Comune di Firenze in risposta ai vari interventi che si sono susseguiti sulla "Biblioteca della Città" (cfr. "Bibelot" nn.2 e 3, 2005; n.1, 2006). Nel frattempo però l'Assessore ha lasciato il suo incarico e a questo punto ci chiediamo che fine farà la biblioteca. Ci preoccupa che la rimozione dell'Assessore che aveva voluto questo progetto possa indicare la mancanza di una chiara volontà politica d'investire nelle biblioteche comunali di Firenze, in un momento in cui ci arrivano notizie di grosse difficoltà (strutturali, gestionali, organizzative) in cui versano alcune di esse (si veda in questo numero l'articolo sulla Biblioteca dell'Orticoltura).
Simone Siliani
Un primo risultato positivo la "Biblioteca della Città" (BdC) lo ha già raggiunto ed è stato quello di aprire un dibattito - che spero possa allargarsi, e non solo agli addetti ai lavori - intorno alla politica della città, sulla conservazione del patrimonio librario in generale e sul tema connesso della pubblica lettura. E' un dibattito, questo, che non riguarda solo l'Amministrazione Comunale ma anche tutto il più vasto ed articolato panorama degli altri soggetti, che siano biblioteche o che per la loro storia, origine, funzione, posseggano significativi patrimoni librari: in questo settore è lo Stato che fa la parte del leone detenendo i depositi più importanti della città, raccolti in prestigiosi istituti.
Accanto a questi, Firenze possiede una pluralità di istituti
ed istituzioni pubbliche e private, il cui censimento è ben
lungi dall'essere fatto, con una mole di materiale
documentario (librario, archivistico, documentale, oltre che
museale) tale da essere uno dei maggiori giacimenti nel campo della
trasmissione del sapere e della memoria dell'umanità.
Sotto questo profilo è innegabile che proprio
l'Amministrazione Comunale abbia dato segnali di dinamismo
che inserivano controtendenze rispetto al progressivo impoverirsi
delle risorse pubbliche e alle rigidità organizzative di una
macchina amministrativa obsoleta per leggi, prassi e
mentalità , con la costituzione dello SDIAF (Sistema
Documentario Integrato dell'Area Fiorentina). Questo Sistema
rappresenta fra l'altro un interessante esempio di
coordinamento metropolitano, uno dei pochi, riunendo 18 Comuni
dell'Area fiorentina: come ha ricordato nel suo intervento
Grazia Asta, è composto dalle biblioteche di interesse
cittadino e da quelle di quartiere per i Comuni contraenti, ma
anche da un numero crescente di biblioteche di istituzioni
culturali (anche private) che hanno trovato utile e conveniente
entrare in questa rete. Lo SDIAF non solo ha reso più ampia
l'offerta bibliotecaria, realizzando col catalogo unico e col
prestito interbibliotecario una gigantesca biblioteca territoriale
generalista e al tempo stesso specialistica per la varietà
delle strutture coinvolte, ma ha anche funzionato da volano per
tutta una serie di attività di diffusione della pubblica
lettura e per l'utilizzo di tecnologie innovative nel campo
della stessa, attivando corsi di formazione e intervenendo
così anche sul tessuto produttivo e del lavoro del
territorio. Proprio dal prestito interbibliotecario vorrei prendere
spunto per affrontare sinteticamente la questione posta da Roberto
Maini sul ruolo della Biblioteca Marucelliana e da Ornella De Zordo
sulla collaborazione con le biblioteche statali. I dati sulla
Marucelliana ci dicono che, a fronte di una riduzione del numero
dei prestiti nel triennio 2002-2004 da 6024 a 5662, sono aumentati
di più del 50% i prestiti interbibliotecari (da 799 a 1294),
a dimostrazione da un lato della positività della
partecipazione alla rete anche di biblioteche statali (la
Marucelliana è l'unica che vi aderisce, delle 4
fiorentine dipendenti dal Ministero BB.AA.CC.) e dall'altra,
forse, di un miglior posizionamento della mission della stessa
Marucelliana come "biblioteca cittadina" (pur di
livello nazionale). In questo senso, credo sia giusto porre il tema
del passaggio di questa biblioteca al Comune di Firenze, per poter
meglio organizzare e rilanciare la vocazione alla conservazione
della "memoria di Area", in un modo anche
istituzionalmente collegato alla comunità di riferimento
(come già avviene nelle realtà territoriali come
Livorno, Siena, Pistoia, Prato) superando l'attuale discrasia
vocazione/gestione e rilanciandone il ruolo in forme di
collaborazione più aperte. Anche perché - per
rispondere a De Zordo - deve finire il tempo dell'assoluta
incomunicabilità tra il sistema delle grandi biblioteche
statali e il sistema di pubblica lettura articolato sul territorio:
in tal senso, la nuova BdC presso le Oblate dovrà essere
vista non come una sfida, o peggio come uno spreco in un momento di
scarsità di risorse, bensì come
un'opportunità: soprattutto
un'opportunità di collaborazione, di coordinamento, di
sinergie, in modo che ognuno possa assolvere al meglio alla
funzione storica ed istituzionale che gli compete e che tutti
insieme si possa rispondere alla domanda crescente di informazione,
formazione e cultura che proviene dalla collettività.
L'iniziativa attualmente in corso a cura di un gruppo di
lavoro del Comune con la partecipazione delle biblioteche - statali
e pubbliche - più importanti, per rendere nota alla
più vasta utenza l'offerta dal punto di vista
bibliotecario nell'area fiorentina (tipologia del materiale,
accessibilità, ecc.) mediante una brochure di consultazione,
è un primo esempio di una volontà aperta e fattiva di
collaborazione. Torno alla BdC con alcune considerazioni,
demandando ad un prossimo numero la presentazione del progetto
esecutivo: sui dubbi e le preoccupazioni che possono nascere, mi
pare debba prevalere la considerazione che si tratta del maggior
investimento fatto dall'Amministrazione Comunale, in questo
settore, da decenni. Un investimento non solo di carattere venale,
ma che riguarda diversi aspetti: il ripristino di spazi e il
rilancio della loro vocazione, con un'attenzione particolare
alla funzionalità e alla qualità architettonica in
senso lato; la quantità e la qualità di investimenti
per l'acquisto del materiale (libri e non solo libri), per un
primo stanziamento di 350.000 euro; la multimedialità
spinta; le risorse umane (bibliotecari sì, ma non solo,
perché questo spazio servirà ad un'esigenza non
solamente "bibliotecaria"), con un intervento che
potrebbe servire da volano in un settore occupativo stagnante da
anni in questo settore. L'impatto della nuova struttura, come
ha detto Grazia Asta nel suo intervento, imprimerà un forte
segno riverberandosi anche su altre biblioteche: un primo dato
della diffusione dell'investimento è il rinnovo, in
corso, della strumentazione informatica delle biblioteche di
quartiere, curata dall'Assessorato alla Cultura. Per la BdC
l'innovazione riguarderà tanto la tipologia dei
servizi offerti e delle strutture, quanto la concezione stessa di
"biblioteca": apertura anche la domenica ed in orari
non canonici, attività culturali accanto allo studio, luogo
di socializzazione e di intrattenimento, spazi per bambini,
biblioteca a scaffale aperto, multimedialità, un forte front
office capace di fornire informazione sul panorama documentale
d'Area. Ma novità vi saranno anche nella gestione
istituzionale, per la quale stiamo pensando ad una istituzione
capace, per una gestione di un primo nucleo di biblioteche e
dell'Archivio comunale. Per questo diciamo che la BdC
dovrebbe costituire un momento importante di cambiamento
nell'intero sistema. E proprio partendo da questo intendiamo
organizzare una conferenza cittadina sulla pubblica lettura, ove
eventualmente presentare quella guida ai servizi bibliotecari
d'Area il cui lavoro preparatorio, come abbiamo detto,
è già iniziato. Il dibattito deve continuare, ma in
ogni caso a fronte della volontà di aprire la nuova
"Biblioteca della Città" nella prossima
primavera.
Massimo Rolle
La realizzazione in stadio avanzato della nuova "Biblioteca della Città" (BdC) da parte del Comune di Firenze costituisce un fatto innovativo sul fronte non particolarmente dinamico dei servizi bibliotecari in città. Nel campo delle biblioteche, a Firenze, è un po' come nel settore dei musei, dove la mancata realizzazione di una struttura di arte contemporanea di livello adeguato sembra dipendere, in qualche modo, dal "peso" delle straordinarie strutture museali storiche cittadine. Allo stesso modo la nascita di una moderna biblioteca pubblica, di una biblioteca del reference e dell'accesso, sembrava finora in qualche modo frenata dall'esistenza di biblioteche di grandi tradizioni, prima fra tutte la Nazionale Centrale. Va dato atto, perciò, all'amministrazione comunale (e in particolare all'assessore Siliani, che più di tutti ha voluto la BdC, e tuttavia - per uno di quei passaggi della "politique politicienne" non sempre comprensibili - si è dimesso in questi giorni, prima di vederne l'inaugurazione) di avere avuto il coraggio di superare questo storico blocco, allineando Firenze ad altre città italiane che negli ultimi 10 anni hanno realizzato nuove biblioteche pubbliche con una moderna concezione dei servizi, delle collezioni e del rapporto con l'utenza. Ma i bibliotecari toscani non mi riconoscerebbero se mi limitassi alle manifestazioni di consenso. Tra le molte criticità della BdC (la consistenza del progetto biblioteconomico, il problema delle risorse necessarie per la gestione ordinaria, le modalità di reclutamento delle professionalità necessarie, ecc.) vorrei soffermarmi sulla "madre di tutte le criticità" e cioè sulla scarsità di dibattito e di confronto con gli ambienti culturali della città, con le altre biblioteche, con i bibliotecari, quasi che non si volessero allarmare i "poteri costituiti" bibliotecari della città, che non si volessero sconvolgere con la nuova struttura gli equilibri consolidati e paludosi del tessuto bibliotecario attuale. A questa prudenza si deve ascrivere, credo, il fatto che il progetto BdC è partito senza fare i conti col singolare assetto dei servizi bibliotecari del Comune di Firenze - che vede la separatezza fra 2 biblioteche (Centrale e Parte Guelfa) afferenti all'Assessorato alla cultura e le altre, afferenti ai Consigli di quartiere - quasi non si volessero innescare meccanismi di cambiamento e innovazione troppo evidenti. Anche la decisione di collocare la BdC ai piani superiori del complesso delle Oblate senza toccare la realtà un po' polverosa della Biblioteca comunale centrale, sembra da ricondurre alla stesso aspetto; come pure lo scarso coinvolgimento nel dibattito dello SDIAF (pure coordinato dal Comune di Firenze) e rispetto al quale la nuova biblioteca dovrebbe costituire punto centrale e di eccellenza. La BdC non può semplicemente "sommarsi" alle strutture bibliotecarie esistenti a Firenze, ma deve rimettere necessariamente in discussione la funzione sul territorio di biblioteche che finora hanno svolto, anche se in modo parziale, un certo ruolo (la Biblioteca comunale centrale, quella del Gabinetto Vieusseux, la Marucelliana) e, sulla base di questo processo di convergenza e rinnovamento, andare anche ad una ri-definizione dei rapporti con le grandi biblioteche storiche della città, BNCF e universitarie in testa. Per avviare questo processo credo sarebbe necessaria, al più presto, una conferenza dei servizi bibliotecari della città (alla quale dovrebbe partecipare attivamente l'AIB), nella quale tutti gli "attori" dovrebbero confrontarsi e coordinare i loro programmi al fine di dotare Firenze di un servizio bibliotecario articolato e al passo coi tempi, a partire dal superamento di quello sciagurato ossimoro che a lungo ha condizionato la politica bibliotecaria del nostro paese: quello delle cosiddette "biblioteche pubbliche statali".
Copyright AIB 2006-10-25, ultimo
aggiornamento 2006-11-08 a cura di Vanni
Bertini e Paolo Baldi
URL:
http://www.aib.it/aib/sezioni/toscana/bibelot/0602/b0602g.htm