«Bibliotime», anno XX, numero 1-2-3 (novembre 2017)
Il corrente numero di Bibliotime pubblica le relazioni presentate all'ottavo incontro del capitolo italiano dell'ISKO (International Society for Knowledge Organization), tenutosi a Bologna il 22 maggio 2017 e in cui sono stati affrontati temi di notevole rilievo per la nostra professione. Com'è noto infatti l'ISKO
si propone di studiare aspetti teorici, metodologici e sperimentali dell'organizzazione della conoscenza. Questa espressione comprende tutti gli approcci semantici all'informazione (schemi di classificazione, tesauri, intestazioni di soggetto, terminologia, tassonomie, ontologie e linguaggi per la rappresentazione della conoscenza) e la loro applicazione nella documentazione, nella ricerca, nell'organizzazione del lavoro e nella società in genere. L'organizzazione della conoscenza coinvolge quindi diversi ambiti disciplinari: dalla filosofia alla linguistica, dalla biblioteconomia e la documentazione all'informatica; in questo senso la collaborazione e lo scambio fra cultori delle diverse aree disciplinari è particolarmente prezioso e benvenuto. [1]
E proprio in questo percorso si collocano gli interventi dell'incontro bolognese: a partire da quello di Silvia Bruni, imperniato sui rapporti tra istituzioni apparentemente diverse quali musei, archivi e biblioteche, e sulle possibilità di rendere interoperabili i rispettivi standard semantici; per arrivare all'accurata indagine di Elisa Zilli sulla creazione di nuove intestazioni di soggetto nel catalogo del polo SBN di Trieste. E se la disamina di Francesca Nepori si sofferma sui criteri di ricerca per soggetto che si possono sviluppare grazie a strumenti quali FRBR e RDA, il contributo di Anna Lucarelli esplora gli studi, condotti a livello internazionale, per "fornire all'utente punti di accesso alle opere mediante termini che ne rappresentino generi e forme di espressione". Più distante da questi nuclei tematici è l'intervento di Luca Giusti, volto ad approfondire una delle più interessanti e finora poco conosciute idee ranganathiane, ossia quella racchiusa nell'acronimo APUPA, di cui l'autore ricerca le possibili origini e le affinità riscontrabili in altri ambiti disciplinari, evidenziandone al contempo la profonda carica innovativa.
Ma il presente numero di Bibliotime si arricchisce di ulteriori contributi che appaiono di notevole interesse nell'odierno dibattito professionale. L'articolo di Antonella Brunelli, ad esempio, prende in considerazione quell'ampio spettro di tecnologie che va sotto il nome di realtà aumentata e ne sottolinea le applicazioni agli ambiti di nostro interesse: queste tecnologie infatti, moltiplicando "lo spettro percettivo della nostra fruizione degli spazi, dei reperti e dei documenti, permettono "contestualizzazioni geo-storiche, tra reale e virtuale, percorsi narrativi ipertestuali, games, navigazioni immersive, rappresentazioni olografiche e riproduzioni 3D di oggetti, libri e manoscritti rari o inaccessibili", e sono quindi in grado di "alterare significativamente le percezioni dell'utente di musei, luoghi d'arte e biblioteche, potenziando i tradizionali strumenti di fruizione e trasmissione dei saperi e favorendo rielaborazioni creativamente inedite dei contenuti dell'apprendimento". [2]
Di diverso orientamento, ma non di minore attualità, è il resoconto di Oriana Bozzarelli, Viviana Mandrile e Elena Marangoni, incentrato sui Linked Open Data ed in particolare sulla discussione che su questo tema si è sviluppata in un evento quale il "Pubblico dominio #open festival", tenutosi a Torino dal 29 novembre al 3 dicembre 2016, e che ha visto la partecipazione di diverse istituzioni bibliotecarie ma anche di archivi, istituti culturali, musei e teatri.
Giuliana Capriolo parte dalla giornata di studio su Ebook e biblioteche accademiche: vantaggi e svantaggi, esperienze, potenzialitą e sviluppo, svoltasi il 5 dicembre 2017 presso la Biblioteca "E. R. Caianiello" dell'Universitą di Salerno, per sviluppare alcune originali considerazioni a margine sulle pratiche di lettura delle monografie digitali d'interesse scientifico e sulle forme che la produzione, circolazione e conservazione dell'e-book sta assumendo rispetto alla tradizione culturale (sia manoscritta sia a stampa) e a quella editoriale.
Simona Inserra racconta e commenta l'esperienza di raccolta fondi che ha accompagnato la recente pubblicazione del Catalogo degli incunaboli conservati presso le biblioteche catanesi, offrendo alla filiera del libro e delle biblioteche spunti inediti di riflessione e di proposta su come sfruttare le opportunitą del crowdfunding culturale e su come ideare, organizzare e realizzare efficacemente un progetto con queste caratteristiche.
Chiude il numero il contributo di Francesca Magagna su un argomento apparentemente atipico com'è quello delle fonti per le ricerche di tipo genealogico, ma che assume un suo specifico rilievo nell'individuazione non solo delle tradizionali fonti cartacee, ma di quelle disponibili online grazie a progetti di digitalizzazione già realizzati o attualmente in corso nel contesto italiano.
Michele Santoro
[1] <http://www.iskoi.org/>.
[2] Citazione desunta dall'abstract in italiano dell'autrice, non pubblicato.
[3] Gli atti della giornata di studio sono in corso di pubblicazione.
«Bibliotime», anno XX, numero 1-2-3 (novembre 2017)