«Bibliotime», anno XIV, numero 1 (marzo 2011)
Che la biblioteca sia un'istituzione profondamente immersa nelle pieghe della società è cosa che non richiede dimostrazione: basti pensare alla biblioteca pubblica, la cui stessa esistenza è espressione di una realtà sociale così palese e "immanente" com'è quella della città e del territorio; ma anche alla biblioteca accademica, che incarna i bisogni di conoscenza di una serie di comunità i cui output si riflettono inevitabilmente sulla società; per non parlare della biblioteca storica o di conservazione, il cui ambito sociale rappresenta il passato e il presente, per dir così, di un'intera tradizione culturale.
Ma in discussione non vi è soltanto il ruolo sociale della biblioteca, se è vero che il dibattito si è esteso al tema delicato e complesso della responsabilità sociale della biblioteca: oggetto dell'annuale convegno del Collegio San Carlo di Modena, di cui il presente numero di Bibliotime riporta la maggior parte delle relazioni, questo argomento è stato affrontato da diversi e variegati punti di vista.
In particolare, il contributo di Giovanni Di Domenico è volto a individuare non solo l'impatto economico e sociale che le strutture bibliotecarie hanno nella realtà odierna, ma la vera e propria responsabilità sociale che può emergere dalla loro gestione. Attraverso idonei strumenti di rendicontazione, sostiene infatti l'autore, le biblioteche possono rendere evidente tale responsabilità, e ciò consente loro di presentare in modo efficace il proprio sistema di valori, favorire una conoscenza approfondita delle diverse attività, sollecitare riflessioni su una serie di obiettivi di servizio, che possono essere soddisfatti in sintonia con gli interessi degli altri membri della comunità.
Dedicato in particolare alle biblioteche delle università è la relazione di Leonarda Martino, che sottolinea come la responsabilità sociale di queste strutture sia legata ai processi di creazione di nuova conoscenza messi in atto dalle diverse comunità scientifiche: tali processi, con ogni evidenza, hanno un impatto assai rilevante sulla società, e in un periodo di crisi qual è l'attuale le biblioteche accademiche possono giocare un ruolo forte promozione del sapere, in grado di dar vita a un reale vantaggio competitivo per il territorio e la società nel suo insieme.
Più calato in una dimensione disciplinare è l'intervento di Elena Boretti, che da un lato inserisce il discorso della biblioteca pubblica nella innovativa cornice del Web 2.0, dall'altro ne enuclea le potenzialità alla luce del suo ruolo di servizio rivolto ad una comunità che, al giorno d'oggi, non è esclusivamente fisica e territoriale, ma appare sempre più immateriale e globale: e in questa prospettiva gli stakeholders della biblioteca pubblica non sono più o soltanto gli amministratori, i bibliotecari e gli utenti, ma diventano i governi, il settore privato e la società civile, "rispettivamente portatori di interessi politici, economici e sociali".
Un interessante excursus in chiave biblioteconomica è tracciato poi da Roberto Ventura, che analizza la maniera con cui due grandi teorici quali Shiyali Ranganathan e Jesse Shera hanno guardato al ruolo e alla responsabilità sociale delle biblioteche. Al tempo stesso l'autore si sofferma sugli obiettivi di natura squisitamente sociale che in Gran Bretagna vengono assegnati alle public libraries, e sui rilevanti benefici economici che le biblioteche pubbliche della Florida hanno arrecato alla comunità nel suo insieme, a dimostrazione - aggiungiamo noi - che le istituzioni bibliotecarie non possono essere considerate parassitarie, superflue e in perdita, ma fortemente propulsive e portatrici di vantaggi non soltanto culturali.
I temi della responsabilità sociale d'impresa, del bilancio sociale e della responsabilità sociale delle pubbliche amministrazioni sono infine affrontati nel contributo di Giovanni Galli, che li fa reagire con problematiche tipicamente bibliotecarie, senza temere di mettere in discussione alcuni veri e propi "idoli" della professione.
Michele Santoro
«Bibliotime», anno XIV, numero 1 (marzo 2011)