«Bibliotime», anno II, numero 2 (luglio 1999)
Le biblioteche nell'era elettronica:
una gestione possibile
Special Libraries Association (SLA) Mediterranean Conference, "Management of the Library in the Electronic Era", Barcelona, 26-27 February, 1999.
La Conferenza "Management of the Library in the Electronic Era", organizzata dalla Special Library Association (associazione internazionale dei bibliotecari e delle biblioteche disciplinarmente specializzate), tenutasi a Barcellona nei giorni 26 e 27 febbraio 1999, ha visto la partecipazione di una quarantina di professionisti provenienti soprattutto da Spagna, Italia, Paesi scandinavi, Gran Bretagna e Stati Uniti.
Con molta concretezza, e con l'apporto di tecniche di gruppo simpatiche e coinvolgenti - quali la tavola rotonda condotta in piccoli gruppi su una traccia di discussione data - la conferenza ha messo a fuoco problematiche e prospettive legate all'evoluzione della biblioteca elettronica, non più semplicemente biblioteca automatizzata (che si avvale cioè di strumenti elettronici per le proprie procedure) ma centro di gestione e distribuzione di informazioni e documenti in formato elettronico.
Sono state quindi toccate tematiche quali la tutela del copyright per i documenti elettronici, sia a livello tecnico che legale, con particolare attenzione al processo legislativo in atto presso la Comunità Europea; la contrattazione delle licenze di accesso alle grandi banche dati commerciali, cosa che troppo spesso mette in difficoltà le singole biblioteche, e per cui sono stati auspicati approcci consortili; la conservazione dei documenti elettronici, non più processo statico ma attuabile soltanto attraverso una continua manipolazione e riformattazione; l'istruzione agli utenti per l'utilizzo dei nuovi strumenti, con ciò che questo comporta a livello di profilo professionale. Nel complesso è emersa un'interessante panoramica sullo stato dell'arte e sulle iniziative ed i progetti in corso, a livello internazionale e soprattutto europeo.
Nella prima giornata Núria Gallart (Universitat Autònoma de Barcelona) ha focalizzato alcuni elementi critici dell'attuale dibattito sulla "Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione" [1] (che è una delle iniziative legislative con cui la Comunità europea prosegue l'attività di armonizzazione dei regimi normativi nazionali), e sulle raccomandazioni e gli accordi internazionali nel settore della tutela della proprietà intellettuale, come previsto nel "Libro Verde" [2] e come già attuato per la tutela giuridica delle banche dati [3].
Tale direttiva, che avrà un'inevitabile ricaduta sui servizi erogati dalle biblioteche relativamente alle risorse elettroniche [4], ha come obbiettivo principale la tutela della paternità intellettuale, e come oggetto i diritti di riproduzione, distribuzione e comunicazione al pubblico, nonché l'adozione di misure tecnologiche per la protezione di tali diritti [5].
Il compromesso tra l'interesse sociale collettivo alla massima diffusione della cultura e gli interessi economici dei produttori e degli agenti commerciali del settore è perseguito soprattutto tramite le "eccezioni" e le "limitazioni" alla protezione del diritto di riproduzione e di comunicazione al pubblico, contenute nell'art. 5, che disegna un ventaglio di eccezioni vincolanti e di eccezioni da attuarsi facoltativamente da parte dei paesi membri.
In particolare:
Le biblioteche, rientrando tra gli organismi accessibili al pubblico e non tendenti al profitto, potrebbero beneficiare di eccezioni ai diritti di riproduzione, ma non ai diritti di comunicazione al pubblico né alla fornitura on-line di risorse protette.
Emanuella Giavarra (EBLIDA, European Bureau of Library Information and Documentation Association), è intervenuta con due relazioni; nella prima ha affrontato gli aspetti legali relativi alla tutela del copyright delle risorse elettroniche dal punto di vista delle biblioteche, che si trovano a negoziare, in un contesto normativo complesso e disomogeneo a livello internazionale, le licenze di utilizzazione con i grandi distributori di banche dati e di documenti elettronici (che spesso sono agenzie commerciali multinazionali).
La tendenza attualmente prevalente (e non solo in Europa, dove manca una normativa omogenea sul copyright), è quella di regolare l'accesso alle risorse elettroniche tramite contratti privati tra fornitore ed utilizzatore, piuttosto che facendo riferimento alle norme di legge, il che rende più insidiosa per le biblioteche la stipulazione dei contratti di licenza, soprattutto quelli a carattere internazionale.
La relatrice ha innanzitutto auspicato la stipulazione di contratti con i grandi fornitori di banche dati e documenti elettronici a livello nazionale piuttosto che locale o, peggio ancora, a livello di singola biblioteca, ed ha indicato la forma del consorzio come modello di riferimento possibile affinché biblioteche ed università possano assumere un maggior potere contrattuale.
Un contratto è una libera negoziazione tra due soggetti, e può contenere, se concordate, anche clausole in contrasto con le norme vigenti (tranne che negli Stati Uniti, dove la legge sul copyright ha rilevanza costituzionale); ma poiché questo di solito va a svantaggio del contraente più debole, è buona norma per le biblioteche non sottoscrivere tali clausole, anzi prevedere sempre una clausola che ne escluda esplicitamente la presenza (adottando una formula del tipo "ogni clausola del presente contratto che dovesse risultare in contrasto con le norme vigenti, è da ritenersi nulla").
La relatrice ha quindi illustrato dettagliatamente caratteristiche e tipologie di contratti, e soprattutto i tranelli legali da cui guardarsi nella stipulazione. Una particolare attenzione deve essere dedicata ad esempio alle condizioni contrattuali, ai diritti e ai tipi di autorizzazione garantiti dalla licenza, a decorrenza, durata, e accesso alle risorse dopo la sua scadenza, alla scelta del foro competente in caso di controversie legali, alle clausole di non cancellazione e di non divulgazione, alle responsabilità attribuite alla biblioteca in caso di violazioni commesse dai suoi utenti [6].
La relatrice ha poi portato l'attenzione sull'opportunità che le Università e gli enti di ricerca, che sono gli effettivi finanziatori delle ricerche i cui risultati vengono pubblicati dagli editori commerciali, ne detengano o almeno condividano il copyright, onde evitare il paradosso di dover poi pagare di nuovo per acquisire le pubblicazioni (altra soluzione è quella che l'ente stesso si faccia editore mediante l'istituzione di una "university press").
Infine la relatrice ha ricordato alcune iniziative internazionali di supporto alle biblioteche ed ai consorzi di biblioteche nella negoziazione delle licenze:
Nella seconda relazione, la Giavarra si è occupata del consorzio come possibile modello di riferimento per aumentare il potere contrattuale delle biblioteche e per ripartire non solo l'onere economico ma anche quello gestionale e legale dell'attività contrattuale delle licenze.
Il consorzio è una aggregazione tendente alla cooperazione, di cui non esiste un modello unico, ma alcuni elementi costitutivi di base:
Il consorzio può costituire una nuova entità legale tramite una convenzione di cooperazione fra parti preesistenti per un coordinamento istituzionalizzato, oppure può optare per una cooperazione informale basata su una semplice intesa; la scelta dipende da molti fattori: culture organizzative nazionali, reali obbiettivi, risorse finanziarie disponibili, situazione legale dei paesi coinvolti, ecc. Indubbiamente la costituzione di un'entità legale da un lato solleva i singoli partecipanti dal disbrigo di problemi legali, dall'altro può generare rapporti di forza di difficile gestione ed avere costi significativamente più elevati.
Un consorzio ha infine bisogno di un centro per la gestione degli aspetti legali e finanziari. Se è stata costituita una nuova entità legale, si ha un managing agent in senso proprio; in altri casi tale gestione può essere affidata ad uno dei membri del consorzio, o ad un agente esterno.
Il governo di un consorzio comunque è qualcosa di molto delicato, sia nel suo periodo di piena attività, sia in occasione del suo eventuale scioglimento; perciò, a prescindere dalla forma di management prescelta, ci sono aspetti che è bene precisare al momento della stipulazione dell'accordo, come la ripartizione delle responsabilità e delle penali derivanti da contratti sfavorevoli, la proprietà e l'uso di banche dati prodotte durante la vita del consorzio, l'eventuale abbandono di un partner, e così via.
Esempi di consorzi esistenti che negoziano licenze sono:
Nel NESLI, la gestione del database, del sito e dei relativi documenti è affidata al Management agent, che si avvale del Commercial agent per la negoziazione delle licenze con gli editori. e per ospitare nel sito il materiale degli editori. Il Management agent è proprietario di tutto il materiale caricato sul proprio sito. Le biblioteche pagano l'accesso a dati gestiti interamente da altre entità.
Successivamente Alice Keefer (Servizi internazionali di DOC 6 [13]) ha illustrato le problematiche relative all'immagazzinamento e alla conservazione dei documenti digitali (in particolare dei periodici elettronici), soprattutto in funzione della continuità di accesso ai dati, il che porta a fare i conti con i cambiamenti delle tecnologie informatiche (hardware e software compresi) e dei formati, con le conversioni dei dati e con tutti gli aspetti legali correlati.
La relatrice, partendo dalla considerazione che la conservazione è finalizzata innanzi tutto all'accesso alle informazioni, ha esaminato gli strumenti più idonei per la conservazione del contenuto informativo: secondo la definizione di Meg Bellinger, "i media selezionati per il trasferimento e la conservazione delle informazioni devono garantire per definizione maggiore stabilità e longevità rispetto al medium originale" [14] (ma questo porta al paradosso per cui informazioni registrate su microfilm vengono travasate per la conservazione su supporti ottici, mentre informazioni digitalizzate vengono "conservate" su microfilm). Il dato fondamentale è il rapido invecchiamento di hardware e software e del formato dei dati, per cui quasi tutte le biblioteche si trovano ad avere informazioni inutilizzabili per obsolescenza del software. Attualmente è difficile fare previsioni sulla potenzialità di durata dei supporti ottici, e comunque abbiamo imparato che quanto più le tecnologie sono complesse, tanto più sono vulnerabili.
La conservazione dei documenti digitali si pone però a diversi livelli, e la sua accezione più completa fa riferimento, oltre che al contenuto, anche al formato dei dati. E' comunque evidente che la conservazione dell'informazione digitalizzata ha caratteristiche specifiche rispetto ad altri supporti, e non può essere considerata come l'ultimo atto della vita del documento: un dato su supporto elettronico ha tante maggiori probabilità di sopravvivenza quanto più è utilizzato (e se questo è sempre stato vero per la trasmissione dei testi, è altresì vero che per i documenti cartacei ha funzionato anche una conservazione da mancata usura).
Altro problema che rientra nell'ottica della conservazione è quello dell'accesso ai periodici elettronici on-line al momento della dismissione dell'abbonamento, della cessazione della pubblicazione o del fallimento dell'editore: in questo caso la questione si pone a livello organizzativo e legale. Problemi tecnologici, organizzativi, finanziari e legali, vanno quindi affrontati in modo globale in un'ottica di conservazione dei documenti elettronici.
La relatrice ha ricordato l'indagine del Research Libraries Group [15], Digital Preservation Needs and Requirements in RLG Member Institutions, che ha rilevato come i 2/3 delle biblioteche associate si assumano responsabilità di conservazione sulle loro raccolte digitali, ma solo il 50% abbia stipulato accordi scritti; come meno del 50% rinnovi il proprio patrimonio digitale, se non dietro la spinta della tecnologia; e come più del 50% possieda informazione digitale non pienamente utilizzabile per problemi tecnologici. A seguito di questa indagine il RLG ha elaborato criteri di condotta comuni per i prossimi tre anni.
La Keefer ha evidenziato come, anche rispetto al circuito dell'informazione elettronica, alle biblioteche spetti il ruolo tradizionale di conservazione e trasmissione della conoscenza, a partire proprio dalla consapevolezza che il documento digitale vada salvaguardato; anche per questo, e per non lasciare tali risorse al controllo esclusivo degli enti commerciali, le biblioteche hanno bisogno di modelli di riferimento adeguati. A questo scopo in alcune realtà, soprattutto australiane e statunitensi [16], si è scelto di condividere le responsabilità della conservazione tra coloro che distribuiscono il servizio, e cioè le biblioteche, e coloro che creano e conservano gli archivi digitali, cioè tutti gli altri soggetti coinvolti, soprattutto quelli commerciali.
In Europa invece nel 1998 è stato avviato Networked European Deposit Library (NEDLIB), un progetto di collaborazione tra Biblioteche nazionali europee finalizzato alla costituzione di una rete europea di deposito legale che assicuri nel tempo l'accesso alle pubblicazioni elettroniche. Il progetto si avvale di una infrastruttura che assicura l'adozione di standard ed interfacce che garantiscano l'accesso e la conservazione delle informazioni [17].
Nella seconda giornata John Ackeroyd, della South Bank University di Londra, ha ripercorso le tappe fondamentali dello sviluppo della "biblioteca elettronica", a partire dal catalogo elettronico quale semplice lista, e subito dopo base gestionale del sistema di prestito, fino agli odierni opac dotati di complesse funzionalità di ricerca (troncamenti, thesauri, dispositivi di peso della pertinenza, ecc.), magari collettivi, magari integrati con funzioni statistiche, informazioni di gestione, gestione del bilancio, controllo dei fascicoli delle riviste ecc.; magari consultabili tramite interfaccia Web o gateway Z39.50.
Ma una biblioteca elettronica in senso proprio è quella che si trova a gestire, oltre l'opac, molteplici risorse elettroniche: ad esempio, CD-ROM con software diversi, eventualmente con testi pieni o con corsi interattivi di autoapprendimento, e il collegamento ad Internet, a sua volta utilizzabile per la consultazione di opac remoti, per l'accesso a risorse riservate, per la navigazione libera, e così via.
La parte più interessante dell'intervento è stata la carrellata di proposte, progetti e strumenti per la biblioteca elettronica sorti nell'ambito delle problematiche della user authentication (identificazione certa dell'utente) e della user authorization (che cosa un certo utente può o non può fare): sulla prima questione, peraltro più facilmente affrontabile nei paesi come l'Italia in cui esistono documenti ufficiali di identità, si hanno proposte più o meno praticabili, quali il certificato digitale, supportato dal protocollo per la crittografia su Web (SSL, Secure Sockets Layer) e che presuppone l'esistenza di un'autorità certificante (PKI: Public Key Infrastructure); la tessera magnetica di accesso (Smartcard); la digest authentication (con password crittata che ovvia alla facilità con cui le password non crittate sono aggirate dalla pirateria telematica); l'adozione di un intermediario che "autentichi" l'accesso a più risorse, o con l'apertura di una singola sessione (SSO, Single Sign On) o, più semplicemente, attraverso un dispositivo che unifichi le password di più sistemi (ma in tal caso il livello di sicurezza globale si attesta al livello del sistema meno protetto). Per quanto riguarda il problema della authorization, già esistono software molto controllati, in cui un utente è seguito passo passo ed è rigidamente prevista ogni mossa permessa (i cosiddetti trusted systems, di cui è un esempio il sistema IBM Cryptolope), ma è opinione diffusa che per il settore dell'istruzione e della ricerca tale livello sia eccessivo. Sono talvolta utilizzati per il controllo degli accessi i cookies (piccoli software che il server remoto memorizza e poi ritrova sul PC dell'utente, utili tra l'altro per simulare il funzionamento a sessioni in un sistema senza memoria di stato qual è il Web, e per evitare di chiedere la password per ogni singola pagina protetta all'interno dello stesso sito, ma che sollevano molte perplessità prestandosi ad usi scorretti) e i proxies (macchine intermediarie poste tra un server ed un client, che possono fungere da cache e velocizzare la navigazione, ma anche permettere ad utenti autorizzati che si colleghino da casa di simulare un accesso dal campus).
In particolare si è parlato di:
Ha fatto quindi seguito l'intervento di Miriam Drake (Georgia Institute of Technology), che ha portato una concreta esperienza di gestione di biblioteca elettronica, evidenziandone le peculiarità a vari livelli:
L'ultimo intervento, di Ellis Sada, direttrice della biblioteca dell'Università Cattolica di Milano, ha approfondito il tema della formazione degli utenti, emerso a più riprese nelle due giornate sia negli interventi dei relatori che del pubblico: esso si pone infatti come tema di estrema rilevanza nella biblioteca elettronica, pur non essendo assente da quella tradizionale.
La relatrice ha presentato gli interventi di formazione della sua istituzione, dove è sorto un apposito Centro per l'informazione e l'apprendimento deputato a tale settore, oltre ad una commissione mista di personale bibliotecario e di ricerca per lo sviluppo della collezione elettronica (si è da più parti sottolineata la necessità di una stretta collaborazione tra i due settori).
Riguardo alla disponibilità delle risorse elettroniche, la scelta della biblioteca della Cattolica è stata quella di integrare le ricerche con intermediario, più precise ma costose e soggette a vincoli logistici e temporali, con le ricerche senza intermediario, più economiche ed attuabili a qualsiasi ora e da qualsiasi sede. Per rendere il più possibile praticabili le seconde, sono previsti corsi per i docenti su risorse settoriali, incontri personali con i docenti nuovi arrivati, corsi per gli studenti neo-immatricolati inseriti nei corsi curricolari, corsi per i laureandi, presentazioni di singoli nuovi servizi, interventi personali su richiesta.
Tali attività didattico-formative possono incontrare difficoltà sia di ordine "politico" (non sempre è facile per un docente universitario riconoscere di avere qualcosa da imparare da un bibliotecario...), sia di ordine "culturale", poiché si scontrano con uno dei limiti della formazione professionale italiana dei bibliotecari (e non solo), cioè la totale impreparazione sul piano delle tecniche comunicative e didattiche. Suggerimenti di base sono quello di tener presente che la massima memorizzazione si ha combinando attività di lettura, ascolto, visione di immagini, e che discenti adulti preferiscono "imparare facendo".
Ai corsi si affianca l'attività di produzione di materiale illustrativo/informativo, non più solo su formato cartaceo: è possibile predisporre pagine Web di istruzioni varie, ed anche corsi interattivi on-line (a questo proposito è stato citato il britannico Netskill, supporto gratuito on-line di auto-apprendimento per la navigazione in Internet). L'intervento si è chiuso sottolineando molto opportunamente come la intermediazione più sostanziale sia quella "a monte", cioè quella che si attua attraverso la predisposizione di interfacce e percorsi facili e perspicui.
Cinzia Bucchioni - Università di Pisa, e-mail: bucchioni@angl.unipi.it
Anna Ortigari - Università di Bologna, e-mail: ortigari@opac.cib.unibo.it
Note
[*] Cinzia Bucchioni è autrice del resoconto della seconda giornata, Anna Ortigari della prima.
[1] COM(95) 382 final, COM(96) 586 final, COM(97)628 def. 97(0359 Cod), Bruxelles, 10-12-1997, Draft Copyright Directive all'indirizzo <http://www.eblida.org/ecup/lex/> si trovano le versioni in più lingue.
[2] Libro Verde. La lotta alla contraffazione ed alla pirateria nel mercato interno della Commissione DGXV, 22-10-1998, <http://www.eblida.org/ecup/lex/>; <http://www.patnet.it/Documenti/libriverdi.html>.
[3] Direttiva 96/9/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11 marzo 1996 relativa alla tutela giuridica delle banche di dati, consultabile in italiano all'indirizzo <http://www2.echo.lu/legal/it/proprint/bancdat/bancdat.html>.
[4] Tra norme e raccomandazioni internazionali: la Convenzione di Berna del 1971, la Convezione di Roma del 1961, l'accordo OMC/TRIPS del 1995, gli accordi WTO del 1994, le iniziative da assumere a seguito del Libro Verde (COM(96)382 def. del 19-7-1995), i Trattati dell'OMPI (Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale) del 1996, gli accordi WIPO del 1996 e la Direttiva Comunitaria 96/9/EC relativa alla tutela giuridica delle banche dati esplicitamente esclusa dal campo di applicazione della Direttiva Comunitaria in discussione attualmente.
[5] Gli articoli 2, 3, 4: Art. 2: diritto di riproduzione: riguarda il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte; Art. 3: diritto di comunicazione al pubblico compreso il diritto di messa a disposizione di opere o materiali protetti: diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico in qualunque forma ed in qualunque modo; Art. 4: diritto di distribuzione, gli autori hanno il diritto esclusivo di escludere o autorizzare qualsiasi forma di distribuzione al pubblico. Per le banche dati cfr. nota 3.
[6] Per un approfondimento di questi argomenti si può far riferimento al documento Licensing Digital Resources: How to avoid the legal pitfalls?, stilato per ECUP dalla stessa Giavarra, ora disponibile anche nella traduzione italiana curata da Marco Marandola (Negoziare in ambito digitale: come evitare le trappole giuridiche?), <https://aib.it/aib/cen/copyright5.htm>.
[7] <http://www.eblida.org/ecup/>.
[8] Il modello di licenza si trova sul sito <http://www.kaapeli.fi/eblida/ecup> sotto ECUP-docs, ma anche sul sito di NESLI indicato alla nota 9.
[9] <http://cwis.kub.nl/~dbi/english/license/licprinc.htm>.
[10] <http://www.library.yale.edu/consortia/statement.html>.
[11] <http://www.library.yale.edu/consortia/OhioLINK.html>.
[12] <http://www.nesli.ac.uk> dell'Università di Manchester
[13] DOC6 č un'impresa spagnola di servizi e di consulenza sull'informazione elettronica. Per informazioni <http://www.doc6.es>.
[14] Meg Bellinger, The transformation from Microfilm to Digital Storage and Access, in "Journal of Library administration", 25 (1998) 4, p. 177-185.
[15] <http://www.rlg.org>.
[16] La National Library of Australia, National Preservation Office, nello Statement of principles: preservation of and long-term access to Australian digital objects, January 1997, condivide problemi di creazione,conservazione, adeguamento tecnologico, rispetto delle normative, adeguamento degli standard, <http://www.nla.gov.au/padi/digital.html>. Commission on Preservation and Access and the Research Libraries Group, <http://www.rlg.org/ArchTF/> (CPA/RLG) è una carta di riferimento statunitense su un sistema di certificazione di autenticità delle informazioni e su meccanismi di correzione degli errori per preservare l'interezza delle informazioni.
[17] <http://listserv.surfnet.nl/archives/nedlib-int.html>.
«Bibliotime», anno II, numero 2 (luglio 1999)