AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 1 (2004)
Abbiamo ricevuto da Riccardo Ridi una lettera relativa all'articolo "La nuova biblioteca di scienze sociali", comparso sul numero scorso di Bibelot. Ci è sembrato opportuno, rispettando l'opinione di chi ci invia notizie e considerazioni, dare la possibilità di rispondere agli autori di quell'articolo e a Ridi di replicare. Pubblichiamo questa serie d'interventi per dovere d'informazione, ritenendo però che giudizi sulle modalità gestionali applicate nei singoli istituti esulino dai nostri compiti, specialmente quando non servono a trasmettere valutazioni che aiutino a capire e orientare le scelte dei nostri lettori.
Gentile direttore di "Bibelot",
relativamente alla presentazione della nuova sede della Biblioteca di scienze sociali dell'Università degli studi di Firenze, effettuata a ben sei mani e valorizzata con l'onore della "prima pagina" nell'ultimo numero di "Bibelot" (a. 9, n. 3, settembre-dicembre 2003, p. 1 e 12, anche online, vorrei fare alcune precisazioni, necessarie per smorzare il trionfalismo che emanava dalla presentazione stessa e ricondurre l'evento, pur rilevante e positivo, in un più equilibrato contesto di luci e ombre.
Citare al primo posto fra "le caratteristiche principali della nuova biblioteca [...] la grande estensione dello scaffale aperto (che accoglierà il 53% delle raccolte librarie)" è un punto di vista quanto meno singolare, visto che l'aritmetica (e gli stessi autori) ci ricordano che - di conseguenza - ben il 47% dei documenti sarà riposto in magazzini inaccessibili direttamente al pubblico, una percentuale piuttosto alta per una biblioteca universitaria che inaugura una nuova sede costruita ad hoc e che pretenderebbe di essere all'avanguardia. Senza andare troppo lontano, in Toscana almeno quelle della Scuola Normale Superiore e dell'Istituto Universitario Europeo hanno vaste collezioni disponibili a scaffale aperto in proporzioni ben maggiori, nonostante utilizzino entrambe edifici preesistenti.
Per quanto riguarda poi il "cubo compatto" che ospita i documenti non in libero accesso che il personale dovrà quotidianamente prelevare e riporre (ancora irraggiungibili dal pubblico a due mesi dall'apertura della biblioteca), non sarebbe stato male esplicitare che la "compattezza" viene intensificata dalla totale assenza di finestre, forse ispirata da futuribili meccanismi robotizzati di movimentazione, dei quali però per ora non c'è traccia. Sarebbe bello se "Bibelot" aprisse un'inchiesta (giornalistica, per carità) su come sia stato possibile un tale obbrobrio e sulle eventuali responsabilità e le conseguenze, in termini finanziari, di sicurezza del personale e di efficienza dei servizi agli utenti. Nessuna traccia nell'articolo, infine, del fatto che l'organizzazione del lavoro attualmente in vigore presso il Sistema bibliotecario di Ateneo di Firenze preveda che la distribuzione dei volumi "a scaffale chiuso" e il continuo riordino di quelli "a scaffale aperto" anche in questa nuova biblioteca venga svolta - a turno - da tutto il personale, incluso quello delle qualifiche più elevate, con evidente spreco di denaro pubblico (più correttamente investibile in assunzioni o outsourcing più mirato) e qualche danno per l'immagine e la dignità professionale dei bibliotecari. Visto che già ben 8 anni fa, proprio su "Bibelot" (a.2, n.3, dicembre 1996, p. 7) segnalavo quest'ultimo problema, oggi aggravato dall'esaurimento dell'accordo che lo puntellava, senza alcuna eco se non una generica risposta (nello stesso numero di "Bibelot") dell'allora coordinatrice dello SBA, che demagogicamente nascondeva l'assenza di risposte puntuali ai miei dubbi rivolgendomi implicitamente l'accusa di non lavorare per il futuro, sarei curioso di conoscere - adesso che al futuro siamo giunti - l'opinione della sezione Toscana dell'AIB in merito, ammesso che essa consideri di propria competenza tali tematiche.
Riccardo Ridi, 2 aprile 2004
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