«Bibliotime», anno XII, numero 3 (novembre 2009)


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Invarianti



Se esistono delle invarianti che attraversano tutti gli ambiti della professione bibliotecaria, una di queste è senz'altro l'attività di misurazione e valutazione, che ormai da molti anni si è imposta come un fondamentale strumento di osservazione e analisi dei servizi, non soltanto al fine di un continuo miglioramento delle performance operative, ma per dar vita a significative ricadute sulla dimensione sociale e la vita stessa degli utenti. [1]

Ed è interessante che a queste forme di monitoraggio non si sottraggano neppure quelle iniziative apparentemente distanti dalle consuete pratiche di gestione delle biblioteche: è il caso, messo in luce nell'articolo di Nicoletta Bacco, del progetto Nati per leggere, volto com'è noto a promuovere la lettura a fin dai primi anni di vita del bambino.

Da più parti è stata sottolineata l'importanza dell'attività del leggere a partire dalle primissime fasi evolutive, cosa che sembra avere conseguenze assai rilevanti non soltanto sotto un profilo psicologico e cognitivo, ma anche da un punto di vista economico, dal momento che le abilità di lettura – specie quelle acquisite in epoche precoci – "rappresentano un fattore primario per il benessere di qualsiasi paese, per la crescita individuale e per lo sviluppo dell'economia".

E' in questo contesto che da anni opera il progetto Nati per leggere il quale, proprio per l'incisività e la capillarità delle sue "azioni", necessita di una costante attenzione e una manutenzione continua: ed è per questo che i responsabili del progetto hanno avvertito l'esigenza di un accurato monitoraggio, al fine pervenire a una valutazione il più possibile oggettiva delle operazioni finora condotte e dar vita a continui perfezionamenti.

Per quanto l'indagine sia stato delimitata al territorio dell'Emilia-Romagna, è indubbio che questa valutazione assuma una valenza più vasta, volta a comprendere e analizzare i comportamenti che i diversi soggetti coinvolti (le famiglie, i pediatri, ma soprattutto le biblioteche) mettono in atto per sviluppare le attività di lettura in modo ampio e dinamico.

E senza dubbio un'altra invariante che stimola l'interesse dei biblioteacari e condiziona il dibattito biblioteconomico è quella legata al concetto di documento [2]. Nell'analisi condotta nel contributo di Paola Rescigno, tale concetto viene arditamente accostato a quello di opera d'arte, se è vero che entrambi assumono peculiarità specifiche a seconda dei contesti in cui si manifestano o di cui intrinsecamente fanno parte. Non è un caso, sottolinea infatti l'autrice, che determinati oggetti (anche quelli di uso comune) cambino decisamente la propria natura una volta introdotti in luoghi - musei, archivi, biblioteche - appositamente deputati a esaltarne certe caratteristiche, specializzandone, per così dire, il ruolo e la funzione.

Ma se è possibile che questi luoghi possano enfatizzare alcuni aspetti che nativamente hanno tutt'altra genesi e destinazione (com'è il caso dei documenti archivistici, la cui origine è amministrativa o giuridica prima che storica o lato sensu documentaria), può dirsi lo stesso per oggetti che nascono con uno specifico status – e dunque una specifica finalità – come sono quelli "ospitati" dalle biblioteche? Difatti è indubbio che materiali intrinsecamente "informativi" (libri, periodioci, quotidiani, etc.), indipendentemente dal formato che assumono, abbiano già in sé la propria destinazione d'uso, e quindi la propria funzione e la propria finalità. E' quanto riconosce la stessa autrice, nel momento in cui sottolinea che

ciò che fa di peculiare una biblioteca è compiere scelte, costruire reti di relazioni tra i documenti, indicizzarli, attribuire loro metadati semantici e gestionali. Ciò che è ospitato in biblioteca espande le sue potenzialità, viene introdotto in un nuovo universo, anzi in mille nuovi universi che si creano e ricreano a seconda delle infinite, possibili domande a cui deve rispondere.

Una terza invariante con cui le biblioteche si confrontano da tempo è quella che concepisce le strutture bibliotecarie non come un semplice anello della catena documentaria (e in quanto tali chiamate a un mero ruolo di intermediazione nel processo di creazione e diffusione delle conoscenze), ma come centri in cui si sviluppa un vero e proprio apprendimento, che può essere sia di tipo culturale e scientifico che organizzativo e gestionale. [3]

E' infatti da tale concezione che si dipartono tutte quelle attività di information literacy che sono ormai una costante nella realtà bibliotecaria internazionale, e che anche nel nostro paese assumono una dimensione sempre più rilevante, in quanto sono volte a favorire un continuo e reciproco trasferimento di conoscenze fra bibliotecari e utenti. [4]

Ed è in tale contesto che trovano spazio iniziative originali e inedite come quella descritta da Patrizia Lùperi, che mette in luce come presso alcune biblioteche dell'università di Pisa i tradizionali seminari di "informazione bibliografica" siano accompagnati da appositi corsi volti non soltanto a "valutare le diverse fonti" informative, ma a "redigere relazioni chiare e dettagliate, a selezionare link specialistici o a scrivere in un ambiente wiki, con l'intento di favorire i flussi comunicativi e cooperativi nell'intera comunità dei partecipanti". Questa attività peraltro viene estesa anche al personale bibliotecario, che in tal modo acquisisce una serie di abilità in grado di favorire una sempre migliore comunicazione e interazione con l'utenza.

In biblioteca dunque non soltanto si legge ma si scrive, e ciò mostra, se ancora ve ne fosse bisogno, la dinamica vivacità dell'odierno contesto professionale.


Michele Santoro


Note

[1] E' ciò che viene definito "valutazione d'impatto", vale a dire le ricadute – di ordine psicologico, sociale, economico, etc. - che i diversi servizi possono avere sugli utenti. Al riguardo cfr. tra l'altro Roswitha Poll - Philip Payne, Impact measures for libraries and information services, "Library Hi Tech", 24 (2006), 4; Giovanni Di Domenico, La valutazione d'impatto delle biblioteche, in Biblioteconomia e culture organizzative. La gestione responsabile della biblioteca, Milano, Editrice Bibliografica, 2009, p. 99-128.

[2] Si veda fra l'altro Riccardo Ridi, La biblioteca come ipertesto, Milano, Editrice Bibliografica, 2007.

[3] Al riguardo si rinvia al nostro I percorsi della learning library: apprendimento e sapere organizzativo in biblioteca, in Biblioteche e formazione. Dall'information literacy alle nuove sfide della società dell'apprendimento, a cura di Claudio Gamba e Maria Laura Trapletti, Milano, Editrice Bibliografica, 2008, p. 194-217.

[4] Su questo tema si veda il nostro Lo staff su misura. Gli intangible assets nell'evoluzione dei servizi informativi, in La biblioteca su misura. Verso la personalizzazione del servizio, Milano, Editrice Bibliografica, 2007, p. 72-91, <http://eprints.rclis.org/archive/00007204/>.



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