«Bibliotime», anno XII, numero 1 (marzo 2009)


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Dove va la bibliografia




Che nell'epoca delle reti telematiche e della documentazione digitale si possa ancora parlare di bibliografia, è qualcosa che non ha un'evidenza così immediata. Lo stesso termine, infatti, evoca immagini inesorabilmente legate all'universo cartaceo, tanto che da più parti è stata pronosticata una vera e propria scomparsa della disciplina [1], causata dall'odierno overload informativo, e quindi dall'incapacità di comprendere quali siano i contenuti realmente "bibliografici" fra la molteplicità di materiali disponibile sulla rete. E tuttavia, fa notare Rino Pensato, è un fatto che nell'ultimo quindicennio si sia registrato "un discreto aumento dei titoli (manualistici e critici) riguardanti l'oggetto del nostro lavoro", e che "la letteratura specificamente dedicata alle tecniche della ricerca bibliografica statisticamente e numericamente è cresciuta rispetto al passato" [2].

Non v'è dubbio che la persistenza - o, se si vuole, la rivitalizzazione - della bibliografia consenta di mantenere inalterato lo storico abbinamento con la biblioteconomia, disciplina che, nell'età di Internet, non pare affatto aver smarrito le sue connotazioni, risultandone anzi profondamente potenziata e arricchita. Per contro, ciò che sembra davvero venir meno nell'immersione con le capacità delle reti è il terzo pilastro che finora ha retto l'edificio bibliotecario, e cioè la documentazione [3]: "inventata" da Paul Otlet sul finire dell'Ottocento per rispondere ai problemi posti dall'impressionante crescita della letteratura scientifico-tecnica [4], essa è andata via via consolidandosi attraverso l'adozione di procedimenti e metodi "speciali" (sfruttamento massiccio della letteratura grigia, disseminazione selettiva dell'informazione, ampio utilizzo di thesauri e classificazioni specialistiche...), fino a trovare - con notevole anticipo rispetto alle discipline consorelle - un eccellente supporto nelle tecnologie informatiche.

Se prima dell'avvento delle reti dunque poteva avere un senso definire "speciali" le biblioteche che rispondevano a tali caratteristiche [5], nel contesto digitale questa visione sembra aver perso d'efficacia. Non è infatti avventato sostenere che, al giorno d'oggi, tutte le biblioteche siano speciali: e non solo perché in strutture di ogni tipo vi è un largo uso dell'informatica (anzi, è la loro stessa esistenza ad essere pervasa dalla tecnologia), ma perché procedure e metodi che una volta apparivano d'avanguardia sono diventati di uso comune. Pensiamo, ad esempio, all'immensa quantità di letteratura grigia che attualmente è veicolata da Internet ed è a disposizione di chiunque, specie da quando si è assistito a quella straordinaria invenzione che va sotto il nome di open access. Ma pensiamo anche alle nuove, strepitose forme di indicizzazione e di recupero documentario rese possibili dagli algoritmi di Google, dall'impego dei metadati, dalle potenzialità del web semantico, e persino da modalità tanto ingenue quanto accattivanti quali sono le folksonomies [6].

Se allora siamo di fronte a un autunno della documentazione e a una splendida estate della biblioteconomia, in quale stagione possiamo collocare la bibliografia, in una primavera ricca di speranze o in un inverno in cui, sotto una gelida coltre, il seme è in grado di maturare e fruttificare?

L'annuale convegno organizzato dal Fondazione Collegio San Carlo di Modena [7] - e i cui atti sono raccolti nel presente numero di Bibliotime - ha provato a dare una risposta a questi interrogativi. Ciò è avvenuto da un lato con gli interventi di Maria Gioia Tavoni e di Andrea Capaccioni che, nel riepilogare la vicenda recente della bibliografia, ne hanno fornito un indispensabile confronto con gli adiacenti campi di indagine; dall'altro grazie ai contributi di Riccardo Ridi e Virginia Gentilini, nei quali le potenzialità della disciplina sono state esplorate in rapporto all'odierno contesto digitale, mentre Anna Corinna Citernesi ha offerto un vero e proprio saggio di bibliografia "applicata" a uno specifico ambito di studio.

Il numero corrente si arricchisce infine di un'interessante rassegna di Maria Teresa Miconi sull'accesso aperto in Italia, e di un altrettanto stimolante aggiornamento di Claudia Possenti sulle norme ISO.

Michele Santoro


Note

[1] Rino Pensato, ad esempio, riporta l'opinione di Alfredo Serrai, secondo il quale "la Bibliografia, quale regolatrice dell'universo documentario, di fatto è scomparsa" (Rino Pensato, Manuale di bibliografia. Redazione e uso dei repertori bibliografici. Appendici e bibliografia in collaborazione con Franco Pasti, Milano, Editrice Bibliografica, 2007, p. 15).

[2] Ibid.

[3] In ambito italiano, si veda tra l'altro Paolo Bisogno, Teoria della documentazione, Milano, Franco Angeli, 1979; Ferruccio Diozzi, Documentazione, Roma, Associazione Italiana Biblioteche, 1998.

[4] La nozione è ampiamente discussa nel suo opus magnum, ossia il Traité de documentation, di cui è oggi disponibile non solo una ristampa anastatica dell'edizione originale (Paul Otlet, Traité de documentation Le livre sur le livre. Théorie et pratique, préface de Robert Estivals, avant-propos de André Canonne, Liège, Centre de la Lecture publique de la Communauté française de Belgique, 1989, réimpression de l'édition de 1934), ma anche una versione digitalizzata, liberamente accessibile all'indirizzo <http://adore.ugent.be/handle/1854/5612/Traite_de_documentation_ocr.pdf>.

[5] In lingua italiana, il prodotto migliore di questo ambito disciplinare rimane senz'altro il volume dal titolo Documentazione e biblioteconomia. Manuale per i servizi di informazione e le biblioteche speciali italiane, a cura di Maria Pia Carosella e Maria Valenti, presentazione di Paolo Bisogno, Milano, Franco Angeli, 1989; esso infatti, di fianco ad analisi inevitabilmente datate, presenta alcuni contributi (come quello di Vilma Alberani sulle classificazioni o di Claudio Todeschini sui thesauri) che appaiono tuttora insuperati.

[6] Su quest'ultimo punto si rinvia al nostro Questa sera si cataloga a soggetto. Breve analisi delle folksonomies in prospettiva bibliotecaria, "Bibliotime", 10 (2007), 2, <http://www2.spbo.unibo.it/bibliotime/num-x-2/santoro.htm>. Per una visione più ampia si veda Fabio Metitieri, L'OPAC collaborativo tra folksonomia e socialità, "Biblioteche oggi", 27 (2009), 2, p. 7-12.

[7] La bibliografia nel mondo digitale, seminario di studio, martedì 16 dicembre 2008, <http://biblioteca.fondazionesancarlo.it/fsc/Viewer?cmd=attivitadettaglio&id=3140>.



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