«Bibliotime», anno V, numero 1 (marzo 2002)
Il reference nelle biblioteche tecnico-scientifiche dell'università
Riflessioni a margine di un corso d'aggiornamento
Nello scorso autunno si è tenuto presso l'Università di Bologna un corso d'aggiornamento professionale per i bibliotecari delle aree Scientifico-tecnica e della Biosfera del Sistema bibliotecario d'Ateneo. Il corso si proponeva di fornire ai colleghi le coordinate di base per affrontare le problematiche legate alla corretta impostazione o allo sviluppo di un affidabile servizio di reference nelle loro strutture [1].
I partecipanti al corso provenivano da biblioteche di Facoltà e di Dipartimento, quindi con esperienze e abitudini diverse, ma non totalmente disomogenee e abituati da anni ad interagire all'interno delle rispettive aree del Sistema bibliotecario.
Ingegneria, Chimica Industriale, Medicina, Veterinaria, Agraria - le biblioteche di Facoltà - sono strutture di medie dimensioni e abbastanza omogenee tra di loro, sia per il numero dei volumi e degli abbonamenti ai periodici che per il personale che vi lavora [2]. Le biblioteche di Dipartimento, invece, sono accomunate da dimensioni più ridotte, e in queste il personale bibliotecario professionale supera solo di rado l'unità.
I due tipi di strutture sono d'altra parte sufficientemente omogenee non solo e non tanto per le dimensioni, quanto per la loro natura di servizi bibliotecari rivolti ad un'utenza dedita alla ricerca e alla didattica nei settori scientifici e tecnologici più avanzati. Le biblioteche di Dipartimento condividono una natura estremamente specializzata, e la loro attività è di ausilio quasi esclusivamente ai docenti, ai dottorandi e ai laureandi. Le biblioteche di Facoltà sono forse più attente alle richieste degli studenti, ma spesso si trovano ad occuparsi direttamente dell'acquisto e della gestione delle banche dati e dei repertori bibliografici, nelle loro versioni su cd-rom e online, e dunque devono anche porsi il problema di far conoscere queste risorse ad un'utenza specializzata.
Un altro elemento di differenziazione di cui si è tenuto conto nella fase di ideazione e organizzazione del corso è stato quello delle diverse esperienze maturate dai partecipanti. Bibliotecari esperti si affiancano a colleghi più giovani e talvolta da poco assunti; bibliotecari abituati a lavorare autonomamente nei dipartimenti, magari dividendosi su più incombenze, si ritrovano con colleghi al lavoro in biblioteche, quelle di Facoltà, un poco più strutturate, dove le competenze si sono via via specializzate nel tempo. Anche i servizi di reference attivi in queste biblioteche testimoniano vicende, sensibilità e contesti sufficientemente differenziati. Se in alcuni casi si si tentano esperienze più avanzate, in altri si svolge quotidianamente un lavoro meno evidente - e forse anche meno consapevole - ma non per questo meno faticoso e utile.
Considerata l'articolazione di queste realtà, si è tentato innanzi tutto di fornire a ogni collega una formazione di base, una sorta di kit di strumenti minimi per acquisire una migliore consapevolezza del lavoro svolto e per rendere il servizio maggiormente efficace nel tentativo di corrispondere alle richieste dell'utente. Secondariamente, si sono aperte due importanti riflessioni, la prima sui processi comunicativi in biblioteca e in particolare nel servizio di reference, la seconda sull'uso delle nuove tecnologie - e in particolare del reference digitale. Un'ultima parte del corso è stata riservata ad un'analisi più attenta degli strumenti e delle fonti in due settori disciplinari particolari, il settore ingegneristico e il settore biomedico.
Questa impostazione dovrebbe fornire ai colleghi le coordinate necessarie per un servizio di reference in grado di soddisfare le richieste degli studenti - il pubblico più ampio e forse più difficile da raggiungere, in quanto spesso disabituato ad entrare in biblioteca - e contemporaneamente di rispondere alle necessità di chi è dedito alla ricerca. Un'utenza così articolata richiede tecniche comunicative differenziate, la cui elaborazione è resa però più complessa dal fatto di dover lavorare in ambiti accademici lontani da quella cultura umanistica che è la tradizionale matrice dei bibliotecari professionali. In questo contesto di lavoro, i problemi sottesi all'attivazione e all'erogazione di un servizio di reference diventano più rilevanti. I bibliotecari si trovano qui ad affrontare quotidianamente, senza spesso essere preparati, il tradizionale divario tra le due culture. Senza arrivare a parlare di science anxiety in chi opera nelle biblioteche tecnico-scientifiche [3] (e uso il termine in senso ampio, comprendendo un po' forzatamente anche le biblioteche biomediche), indubbiamente si tratta di un ostacolo non facile da superare sia dal punto di vista professionale che dal punto di vista personale.
I docenti che sono intervenuti sono stati stimolati ad affrontare queste complesse problematiche, e hanno correttamente prospettato alcune risposte o, per meglio dire, aree di riflessione. La prima, quella della necessità di coltivare e sviluppare le proprie personali capacità comunicative. E' dato acquisito che il reference richieda necessariamente attenzione e sensibilità particolare rispetto alle dinamiche delle relazioni comunicative interpersonali. Non è possibile affrontare una transazione con un utente con la convinzione che si tratti di un puro e semplice passaggio di informazioni tra un emittente e un ricevente attraverso un canale di trasmissione. Occorre anzi essere consci delle implicazioni psicologiche e antropologiche delle forme di comunicazione tra gli esseri umani. Complesse sono infatti anche le interazioni che si creano, per esempio, nei servizi di reference tra bibliotecario e utente, protagonisti di un rapporto face-to-face che, per esprimersi in maniera sintetica e provocatoria, inizia prima di iniziare e non termina quando sembra terminare. Diretta conseguenza di questa impostazione - e necessariamente sintetizzo anche qui un discorso complesso e articolato - è la consapevolezza che il problema della comunicazione con gli utenti e con l'ambiente circostante non può essere risolto separatamente da quello della comunicazione all'interno della biblioteca stessa. Bibliotecari non abituati a comunicare tra di loro all'interno della loro biblioteca, non possono relazionarsi proficuamente con i loro lettori.
La seconda riflessione che è stata proposta è quella che - malgrado gli sforzi effettuati negli ultimi anni - occorre investire ancora e con continuità nell'acquisizione da parte dei bibliotecari di una padronanza sempre più profonda dei sistemi di comunicazione scientifica mediati dai computer. In pratica, poiché il corso si rivolgeva anche a nuovi assunti e non solo a bibliotecari esperti, la rilettura dei sistemi tradizionali di interrogazione delle banche dati (logica booleana, indici di citazioni, ecc.) si è affiancata ad un'analisi dei più avanzati sistemi di recupero dell'informazione garantiti, per esempio, dai motori di ricerca. Tutto questo, con un'attenzione critica che il bibliotecario deve consapevolmente trasmettere all'utente. Nello stesso tempo, i continui mutamenti tecnologici e la necessità di essere all'altezza di un contesto di lavoro in cui il rinnovamento tecnologico è considerato elemento obbligato - se non addirittura un totem ideologico - rendono indispensabile padroneggiare i nuovi strumenti di comunicazione. La sperimentazione di servizi di reference digitale è stata più volte prospettata. Non c'è dubbio che in questo il corso ha risentito delle suggestioni del convegno sul reference digitale svoltosi qualche mese prima a Bologna [4], che aveva trattato estesamente e in maniera originale della necessità di utilizzare le nuove tecnologie telematiche come strumenti di un servizio rinnovato e rivitalizzato.
La presentazione delle caratteristiche del corso, dei suoi partecipanti e delle domande formative alle quali si è cercato di rispondere va comunque collocata all'interno di un contesto più ampio. Vale la pena infatti di sottolineare come questa iniziativa si sia svolta in un momento abbastanza favorevole al reference. Negli stessi mesi anche le altre Aree del Sistema bibliotecario bolognese hanno infatti affrontato - con sensibilità ora simili, ora diverse - lo stesso tema nei propri corsi di formazione. Evidenzierei almeno due ragioni per spiegare questo fenomeno.
L'attenzione verso il reference si è sviluppata negli ultimi anni, al termine del periodo "eroico" dell'automazione della catalogazione in Italia. Quest'ultima è ormai considerata strumento acquisito, anche e soprattutto nelle forme della sua interfaccia utente, l'OPAC, e ha evidentemente liberato tra i bibliotecari una quantità notevole di risorse intellettuali e umane. Queste energie si sono giustamente indirizzate verso l'obiettivo di rendere più amichevoli e orientati all'utente i servizi della biblioteca. Il reference, tradizionalmente poco sviluppato nelle biblioteche accademiche italiane, è diventato dunque in questo ambiente un approdo obbligato. Un ostacolo notevole è costituito senz'altro dal ritardo italiano sul tema dei servizi di informazione personalizzata, ritardo assolutamente drammatico rispetto al contesto anglosassone. Una spinta invece a lavorare in questa direzione è giunta in questi anni dalla pervasività di quello che è ormai lo strumento comunicativo per eccellenza - la Rete - e dalla necessità di orientare l'utente tra le sue straordinariamente numerose risorse informative.
L'importanza assunta dalla comunicazione mediata dalle reti di computer costituisce può avere comunque effetti anche negativi. Proprio nei paesi anglosassoni, patria del reference e attori principali della rivoluzione telematica, sono crescenti le voci che segnalano come la capacità di attrazione delle biblioteche rispetto agli altri media della comunicazione sia stata sostanzialmente messa in discussione [5]. L'attivazione di servizi in rete di comunicazione con gli utenti, tra i quali per esempio il reference digitale, cerca di mantenere le biblioteche al passo con i tempi, ma la concorrenza delle risorse online potrebbe effettivamente comportare una diminuzione nelle domande di reference e nelle presenze nelle biblioteche, indebolendo il loro ruolo all'interno delle comunità accademiche [6].
Queste considerazioni vanno riportate e contestualizzate nell'ambito universitario italiano. L'esperienza anglosassone delle public library - è stato notato anche durante una delle giornate di questo corso - non è poi così lontana dall'attuale realtà delle biblioteche accademiche italiane. Il servizio di reference, teorizzato nel 1876 da Samuel Green, nacque con l'obiettivo di radicare la biblioteca all'interno della sua comunità, una comunità chiamata a sostenerla finanziariamente. L'attenzione alle esigenze dei lettori attraverso un'accoglienza personalizzata venne considerata a questo fine assolutamente centrale. Autonomia, responsabilità, comunità locale, sostegno finanziario a fronte di erogazione di servizi sono ormai parole consuete anche negli Atenei italiani. Le biblioteche e i sistemi bibliotecari possono aspirare a radicarsi all'interno della propria comunità universitaria - garantendosi quindi la sopravvivenza e la crescita - solo attraverso lo sviluppo di servizi esplicitamente e coerentemente orientati all'utenza docente e studentesca. Le recenti riforme della didattica inoltre, non possono che accentuare questa tendenza, e quindi esigere un ulteriore impegno.
In questa prospettiva, padroneggiare la tecnologia per guidare gli utenti all'accesso alle risorse elettroniche e sviluppare servizi informativi per gli utenti remoti è essenziale. La predisposizione di siti web, i servizi di posta elettronica, i seminari e i corsi introduttivi alle risorse digitali, costituiscono oggi una frontiera in qualche modo avanzata. Si prefigura un bibliotecario specializzato nell'aiutare l'apprendimento da parte dei propri utenti. Per evitare il rischio che il bibliotecario finisca lui stesso per essere remoto dai propri utenti, è però da ritenersi ancora necessario un servizio di reference svolto secondo le forme della comunicazione personale e diretta. Non si può infatti trascurare l'obbligo di continuare a "difendere" il tradizionale gateway informativo costituto dalla biblioteca reale. Il rapporto face-to-face tra bibliotecario e lettore in una sala di consultazione o di lettura, o addirittura al banco della reception, costituisce una ridotta difensiva - mi si consenta il termine - da non abbandonare. Assistenza remota e assistenza diretta, dunque, purché la biblioteca sia vicina ai propri utenti.
A fronte delle problematiche qui evocate e delle lezioni seminariali di questo corso, riesce spontaneo chiedersi quali ulteriori progetti formativi si possano ipotizzare per proseguire sulla strada intrapresa. Potrebbe essere anche opportuno interrogarsi sull'opportunità di introdurre mutamenti organizzativi, in particolare nel rapporto tra la figura del bibliotecario di reference e quelle più tradizionali dedicate agli acquisti o alla catalogazione. In altre parole, il primo deve integralmente sostituire le altre due specializzazioni?
Permane comunque un problema a condizionare anche queste possibili risposte sul piano formativo e su quello organizzativo. E' un problema rimasto sullo sfondo durante questo percorso di aggiornamento, ma che, come detto, condiziona comunque il lavoro quotidiano dei bibliotecari. Si tratta del tema delle competenze scientifiche che, in strutture come quelle descritte, dovrebbero necessariamente affiancare e completare le competenze bibliografiche e le abilità comunicative, patrimonio base di qualunque reference librarian [7].
L'individuazione di un percorso formativo atto a selezionare un bibliotecario addetto al reference nelle biblioteche tecnico-scientifiche e biomediche è un problema di non facile soluzione. Questo è vero non solo nel caso che il bibliotecario abbia alle spalle una laurea umanistica, ma anche nella meno probabile eventualità di una formazione scientifica. Come in Italia, anche negli Stati Uniti, infatti, i bibliotecari di formazione scientifica sono una netta minoranza rispetto ai bibliotecari "umanisti". La discussione sull'efficacia di un reference librarian sprovvisto di un curriculum scientifico ha visto confrontarsi posizioni alternative, senza giungere, almeno a parere di chi scrive, a soluzioni definitive [8]. Chi auspica una formazione scientifica adduce la conseguente maggiore capacità nel comprendere i metodi di lavoro e le necessità degli utenti che svolgono ricerca. L'estrema specializzazione raggiunta da quest'ultima, d'altra parte, costituisce però un significativo elemento per dubitare di questo approccio. I metodi di lavoro di un ingegnere sono nettamente diversi da quelli di un fisico o di un chimico. Inoltre, a fronte di richieste molto specializzate solo un bibliotecario con un background scientifico del tutto simile potrà assicurare risposte pertinenti, mentre analogo risultato non potrà garantire neanche un laureato in settori disciplinari scientifici o tecnologici solo apparentemente affini.
Le diverse posizioni trovano comunque un accordo sulla constatazione dell'estrema difficoltà nel reperire bibliotecari "scientifici" stanti le attuali retribuzioni dei bibliotecari americani, certo non concorrenziali con quelle di un laureato scientifico al momento della sua entrata nel mondo del lavoro (lascerei da parte in questa sede una comparazione con il caso italiano, per evidenti ragioni). Forse anche per questa situazione del mercato del lavoro, anche nella letteratura americana si concorda sul fatto che la formazione umanistica non può comunque essere considerata un ostacolo nel rendere efficace un bibliotecario di reference. Grazie ad un'accurata conoscenza degli strumenti repertoriali fondamentali e delle tecniche più moderne di comunicazione scientifica e di diffusione e recupero dell'informazione, la sua attività può essere ampiamente utile sia per lo studente che per il ricercatore. Entrambi, a diversi livelli, hanno bisogno di essere rinviati agli strumenti e alle risorse appropriate per risolvere i propri problemi. Senza contare che l'aspetto relazionale e comunicazionale trova sicuramente nel bibliotecario di formazione umanista maggiori sensibilità.
Nell'esperienza italiana manca ancora oggi una formazione di base del reference librarian [9]. La carenza di percorsi specifici per i bibliotecari che lavorano in strutture tecnico-scientifiche è solo una conseguenza, e quindi l'acquisizione delle conoscenze sopra richiamate rimane ancora affidata in larga misura alla pratica quotidiana. E' però necessario che tali problemi vengano consapevolmente affrontati nelle sedi della formazione universitaria degli operatori di biblioteca, ed è altrettanto indispensabile che si cerchi di fare altrettanto nei corsi di aggiornamento professionale garantiti dalla contrattazione nazionale di lavoro. Stante la mancanza nella preparazione universitaria di un retroterra scientifico - carenza di non facile eliminazione - risulta comunque essenziale acquisire la capacità di comprendere metodi e sistemi di lavoro e di comunicazione tra scienziati e tra ingegneri, l'organizzazione del sistema della ricerca a livello nazionale e internazionale (al di là del solo ambiente accademico) e il mondo più vasto dell'associazionismo professionale. Tutto questo si può in qualche modo tentare di trasmettere al bibliotecario umanista destinato a lavorare con e per scienziati, ingegneri e medici. A questo fine, si possono ipotizzare anche percorsi formativi diversi e non ortodossi, in grado di utilizzare la stessa biblioteca tecnico-scientifica come luogo di incontro tra le due culture [10] .
A completamento di questo discorso, mi preme comunque evidenziare che il contatto con l'utente al reference non è alternativo alla classica forma di mediazione esercitata dai bibliotecari, il catalogo. La catalogazione ha, come detto, quasi cessato di essere percepita come un problema dai bibliotecari italiani, anche perché l'automazione è andata di pari passo con l'outsourcing. E' da chiedersi però se la catalogazione, intesa come processo di analisi bibliografica, formale, letteraria e concettuale [11] non possa ancora oggi offrire risorse preziose a chi poi deve affrontare le richieste del pubblico. La conoscenza delle collezioni della propria biblioteca; la valutazione delle caratteristiche e della qualità delle risorse effettuata nella fase degli acquisti; l'abitudine a frequentare i linguaggi codificati e le strutture gerarchiche o sindetiche che organizzano gli accessi al contenuto semantico dei testi; la descrizione di libri e, perché no?, di risorse elettroniche ad accesso remoto, possono consentire ancora oggi di acquisire risorse indispensabili per chi voglia poi aiutare i propri utenti. A patto ovviamente, che sia disposto anche ad alternarsi al banco del reference o a preparare pagine web.
Anche in questo aspetto vedo, personalmente, la possibilità di aggiungere al servizio di reference quell'human touch che dovrebbe costituire patrimonio inalienabile del bibliotecario rispetto alle forme estremamente automatizzate di information retrieval (banche dati, motori di ricerca, ecc.). Oltre alla sensibilità verso le relazioni interpersonali, rimane una risorsa importante anche l'acquisizione e la diffusione di quel patrimonio di conoscenze interdisciplinari, unico e irriproducibile, che si può acquisire nel processo catalografico. Reference e catalogazione possono ancora costituire risorse fondamentali per la professione, e una loro netta separazione non sarebbe ancora compensata in Italia da adeguati percorsi formativi - precedenti o successivi all'entrata sul luogo di lavoro - come invece avviene nei paesi anglosassoni.
Al termine di questa esperienza si apre come detto la possibilità di pensare e progettare nuove iniziative e nuovi servizi, così da sperimentare direttamente quanto appreso in via teorica. In maniera schematica e senza pretese di completezza, verrebbe da indicare:
a livello formativo, la predisposizione di ulteriori occasioni di riflessione in cui
a livello organizzativo,
a livello di offerta di servizi al pubblico, a
Maurizio Zani, Biblioteca Centrale "G. P. Dore" della Facoltà di Ingegneria - Università di Bologna, e-mail: zani@mail.cib.unibo.it
Note
Ringrazio Serena Spinelli e Marina Zuccoli per i cortesi consigli e suggerimenti. Le opinioni espresse in questo articolo sono comunque da riportare esclusivamente all'autore.
[1] I docenti chiamati a tenere le 6 giornate di formazione sono stati: Giovanni Di Domenico, Paola Gargiulo, Gabriele Gatti, Vanna Pistotti, Antonio Scolari.
[2] Se consideriamo un indicatore tradizionale, quello del numero dei volumi, le punte più elevate sono costituite dalle Biblioteche del Dipartimento di Matematica (40.000 volumi), della Facoltà di Ingegneria (30.000) e, ultima in ordine di formazione, dalla Centralizzata di Agraria (100.000). Parzialmente simile la situazione se consideriamo il numero degli abbonamenti correnti ai periodici scientifici, per il quale emerge però anche la Biblioteca Centralizzata di Veterinaria. Per quanto riguarda il personale, quello di ruolo arriva solo per la Biblioteca della Facoltà di Ingegneria alla cifra di otto unità. In particolare, il personale bibliotecario professionale non supera neanche per le biblioteche maggiori le tre/quattro unità.
[3] B. Slutsky, How to avoid science anxiety among science librarians, "Science & technology libraries", 12 (1991), 1, pp. 11-19.
[4] Gli atti del convegno Il servizio di reference nell'era digitale, tenutosi a Bologna il 30 novembre e il 1° dicembre 2000 sono apparsi sulla rivista "Bibliotime". Per le tematiche affrontate in questo intervento, rimando almeno a V. Comba, Il reference dal solipsismo alla collaborazione, "Bibliotime", IV (2001), n. 1, <http://www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-iv-1/comba.htm>; P. Gargiulo, La formazione del bibliotecario di reference, ibid., IV (2001), n. 2, <http://www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-iv-2/gargiulo.htm>; A. M. Tammaro, Il reference nella biblioteca dell'accesso, ibid., IV (2001), n. 3, <http://www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-iv-3/tammaro.htm>. Sugli stessi temi, v. anche R. Tarantino, Il reference è la biblioteca? "Bibliotime", ibidem, <http://www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-iv-3/tarantin.htm>.
[5] Su questo tema v. M. Malinconico, Da utenti a clienti, "Biblioteche oggi", XVIII (2000), n. 4, pp. 26-38, che ne trae spunto per richiedere ai bibliotecari uno sforoz ulteriore verso un'attenzione sempre maggiore alla qualità dei servizi erogati.
[6] S. Carlson, The deserted library. As students work online, reading rooms empty out. Leading some campuses to add starbucks, "The Chronicle of higher education", 16.11.2001, consultabile all'url: <http://chronicle.com/free/v48/i12/12a03501.htm>. Bernie Sloan (The future of digital reference services??, email apparsa sulla lista dig_reg, del 10.5.2001,) indica a questo proposito le statistiche della Association for Research Libraries relative al periodo 1996-2000 (consultabili all'url: <http://www.arl.org/stats/arlstat/graphs/2000t1.html>), che registrano una diminuzione di più del 25% nelle transazioni del reference.
[7] Non sembrerebbe di questa opinione R. Tarantino, Il reference cit., quando prospetta per il bibliotecario di reference tout court una preparazione professionale che dovrebbe poter contare su di un mix esclusivamente formato di competenze bibliografiche e tecniche e di abililità comunicative e interpersonali (quelle del resto su cui si è puntato anche nell'organizzazione di questo corso).
[8] B. Slutsky, How to avoid cit., e D. G. Frank, C. Kollen, Humanities and social sciences librarians in the science-engineering library: utilization and implications for effective collection development and reference services, "Science & technology libraries", 9 (1989), 3, pp. 63-71, sottolineano l'importanza di un corretto e completo training del bibliotecario di formazione umanistica, ma riconoscono comunque la sua assoluta efficacia qualora sappia padroneggiare le tecniche dell'intervista, dell'interrogazione delle risorse elettroniche e, inoltre, sia disponibile alla comunicazione con l'ambiente in cui si trova ad operare. C. Stuart, M. A. Drake, Education and recruitment of science and engineering librarians, "Science & technology libraries", 12 (1992), 4, pp. 79-89, pur riconoscendo la validità di questo approccio e delle possibilità del bibliotecario umanista, enfatizzano comunque la necessità di solide basi scientifiche anche per chi operi nelle biblioteche accademiche oltre che nelle biblioteche speciali, al fine di sfruttare al meglio le risorse informative e comprendere le esigenze di chi fa ricerca, così da aumentare la competitività del sistema americano di R&D.
[9] Lo sottolinea giustamente P. Gargiulo, La formazione del bibliotecario cit.
[10] Mi si permetta di evidenziare in questo senso l'esperienza di collaborazione tra storici, ingegneri, architetti e bibliotecari a cui partecipa da anni la Biblioteca Centrale della Facoltà di Ingegneria, e che ha portato alla costituzione di un vero e proprio network nazionale di collaborazione, sperimentazione e ricerca (per altre informazioni, <http://www.dds.unibo.it/nehs>).
[11] M. Guerrini, Catalogazione, Roma, Aib, 1999.
«Bibliotime», anno V, numero 1 (marzo 2002)