«Bibliotime», anno V, numero 1 (marzo 2002)
Anversus
Visita al Plantin-Moretus, museo del libro antico [*]
Non ci si lasci ingannare dal titolo. Il viaggio è stato serio, se non proprio serissimo. Il titolo è un omaggio al benefattore del viaggio, col rimembrarne nel suono la celebre rivista di studi linguistici. Il resto è Anversa brumosa, Antwerpen, dalle case di zucchero in lunghe serie tortuose e veneziane, dalle piazze così grandi che i musei nel centro sembrano in collina; dalle variopinte pale fiamminghe quattrocentesche, i dittici e i trittici. Fra di essi spicca, piena d'enigmi, un'ala destra di Jean Fouquet, con la vergine assorta e il bimbo glaucopide, bianchi e tondeggianti nelle membra, circondati da cherubini rossi e serafini blu incastrati gli uni fra le ali degli altri, come in uno schizzo di Escher. Ecco un dipinto che sembra prestato dal futuro per datarsi nel passato; ecco forse l'ambiguità dell'armoniosa Antwerpen, ribadita nell'architettura dell'antica cattedrale, pesante al fondo ma leggera e futuribile nelle trine e nei merletti color sabbia che ne ornano le sommità; ambigua Anversa, instilla un dubbio simile all'incertezza sul verso della corrente presso le foci dei grandi fiumi.
In un quadrante storico della città, oltre una piazza trincerata, con vezzo non solo italico, da crateri e paratie, si trova un museo del libro antico a stampa fra i più celebri d'Europa e del mondo. Un'entrata angusta promette sentieri poco battuti. Siamo tutti? siamo all'interno. Un bancone sulla sinistra, i biglietti, i volantini, i turisti che hanno sbagliato museo. Poi di nuovo a sinistra, c'è la guida al centro e tutt'intorno, al solito, i busti dei fondatori e dei mecenati.
Ma ecco una cosa curiosa: questi ultimi non sono vescovi o porporati, dal naso insolitamente aquilino e affilato girando le pagine di grossi volumi, bensì pasciuti borghesi che occhieggiano abbastanza baldanzosi, malgrado la fissità dei loro corpi di marmo. Si ha l'impressione che fiutassero gli affari questi signori, che sapessero far di conto; forse è qui che dovrebbero venire i futuri editori, per farsi animare dagli immobili busti. Ci spiega la guida, nel suo italiano aggraziato, che ad Anversa la stampa non fu introdotta presto ma ebbe una crescita vertiginosa per merito dell'intraprendenza tecnico-finanziaria dei primi stampatori... 'è storia recente ormai', mormora qualcuno.
"Questo museo non è sempre stato un museo. Era la casa avita dei Plantin, stampatori scrupolosi, magnifici incisori, fabbricanti di libri rinomati nel mondo. Determinante il loro apporto alla storia della lettura in occidente. Alla fine del '400 infatti, gli editori di Anversa stampavano per commercianti e per borghesi agiati, fornendo loro libri di pietà ma anche romanzi popolari in fiammingo e in francese; fin da allora essi esportavano anche in Inghilterra. La seconda metà del XVI secolo vide il dominio internazionale di Anversa in campo editoriale ed in particolare, grazie ai Plantin, nell'ambito dei libri illustrati".
Entriamo nel giardino e poi, lentamente passiamo di sala in sala. Dapprima gli strumenti umani degli albori dell'arte. Una fila di torchi pesanti e lucidi, le serie, anch'esse pesantissime, dei caratteri metallici nelle loro cellette allineate secondo la frequenza d'uso, come remote tastiere. Ancor prima sostavamo in una sala che sembra una moderna libreria in nuce; contiene un bancone e tre armadi con gli esemplari più importanti e più venduti che l'opificio abbia prodotto. I volumi in italiano, latino, francese, fiammingo appaiono gravi e possenti, creati forse, anche i più piccoli fra loro, per dei giganti e le loro figlie avide di pietose o mondane letture. I libri assomigliano agli strumenti che li hanno prodotti.
Una cura tutta fiamminga ha mantenuto intatti i rivestimenti in legno delle sale e gli scaffali dei libri. I pavimenti scricchiolano al passaggio di delicati visitatori, come avranno potuto reggere sotto il peso degli antichi stampatori?
"Nella seconda metà del XVI secolo Anversa esercita un'assoluta preponderanza nel campo dell'editoria. I libri di erudizione e i testi ad uso universitario, che in precedenza costituivano un ambito editoriale estraneo, divengono oggetto di un interesse sempre maggiore da parte delle stamperie cittadine. Eruditi e umanisti, belgi e stranieri, sono sicuri di trovare ad Anversa un editore disposto a pubblicare edizioni classiche, atlanti, erbari, dizionari, partiture musicali".
Al primo piano del museo ci sono i libri più pregiati. Alcuni incisi da artisti famosi, altri splendidi per il corredo di carte geografiche, perfetto connubio della vocazione editoriale con quella commerciale, i motivi della prosperità fiamminga. Questa volta è lo stile preciso insegnatoci da queste carte che confonde passato e futuro. La rappresentazione degli animali, del corpo umano, delle piante, e infine dei caratteri delle diverse lingue, hanno formato quasi inconsciamente tutto ciò che oggi appartiene all'occidente come un dato di fatto; tutto ciò non è ancora stato ripensato, ed anzi su di esso si medita ogni nuova invenzione ogni tecnologia. L'istinto rimane attonito credendo trovarsi di fronte ad un dono da parte di un futuro cosciente, l'oggi, al passato ignaro; la ragione riconosce che non può essere se non il contrario; eppure rimane viva l'incertezza sull'origine di forme ed usi, per altri versi dell'arte che cede alla tecnica e della tecnica che cede all'arte.
Al giovane visitatore che si chiede platonicamente se una forma appartenga a chi la crea o a chi ne diviene cosciente, la guida dall'italiano spigliato offre un sorriso aleatorio indicando il codice successivo.
Improvvisamente la visita volge al termine; la narrazione si sofferma sulle fasi di declino e gli accenti si fanno ancor più italici.
"Ben presto, i tipografi di Anversa osarono stampare e mettere in circolazione pamphlets e libri in favore delle dottrine protestanti. La reazione di Carlo V fu violenta. La persecuzione degli stampatori fu all'origine dell'esplosione iconoclasta del 1566, poi alla grande rivolta dei Paesi Bassi contro il dominio spagnolo. Anversa capitolò alle truppe spagnole nel 1566 e da centro protestante la città divenne allora un grande baluardo della controriforma. Ma alla fine del XVI secolo, il dominio sull'editoria, come pure sul commercio, erano perduti a favore di altre città (in primis Amsterdam). Tuttavia le ultime pubblicazioni di tavole e libri in lingua spagnola furono dei grandi successi editoriali".
In un cuore che si è fatto memoria, com'è questa casa-museo, riconosciamo anche una metafora dell'Italia che dovremmo tutelare. Ma non solo una metafora; c'è pure, distesa su una parete dell'ultima stanza del museo, su un unico lungo foglio, la riproduzione a stampa degli affreschi che narrano l'incoronazione di Carlo V a Bologna. Gli stessi affreschi che ornano, in formato originale, l'aula grande della Scuola Superiore di Studi Umanistici di Bologna!
Gli studenti del Master in editoria presso la S.S.S.U.B.,
in omaggio al professor Umberto Eco per aver reso possibile il viaggio.
Note
[*] Iniziativa promossa da: prof.ssa Maria Gioia Tavoni, Corso di storia della stampa e dell'editoria, prof. Clemente Mazzotta, Corso di filologia italiana.
Fonti dei passi citati (tradotti, con modifiche):
«Bibliotime», anno V, numero 1 (marzo 2002)