«Bibliotime», anno IV, numero 2 (luglio 2001)
La formazione del bibliotecario di reference
Nella letteratura professionale, in particolare, in quella statunitense, il bibliotecario del reference fino agli anni trenta viene considerato principalmente una figura ancillare, al servizio dell'utente/cliente; le sue doti di ospitalità, calore, empatia, esperienza di vita e conoscenze generali sono ritenute predominanti; ancora di più di quelle connesse alla conoscenza dei repertori e al loro uso, pur essendo considerate quest'ultime indispensabili.
Il bibliotecario del reference, da una parte, accoglieva, favoriva
la formazione di un'immagine positiva e accogliente della biblioteca, si
faceva tramite tra la ricerca d'informazione e la biblioteca intesa come
organizzazione di sapere, dall'altra garantiva l'autonomia e l'indipendenza
dell'utente stesso.
Quest'ultimo andava dapprima brevemente istruito, ma poi
doveva autonomamente svolgere le sue ricerche.
Paragonare il bibliotecario del reference ad un oste, ad un negoziante, ad una buona padrona di casa, persino ad un cartello stradale o meglio ancora ad un impiegato delle ferrovie, come ha fatto la letteratura professionale statunitense di fine ottocento e inizio novecento, esprime, da un lato, il credo in una cultura di servizio finalizzata al soddisfacimento dei bisogni informativi dell'utente, dall'altro rivela quanto questo ruolo di "facilitatore" nell'accesso all'informazione debba limitarsi alla prima accoglienza, all'orientamento e alla rapida istruzione all'uso perché dedicare troppo al singolo utente è fonte di disservizio agli altri, ma non solo, ma anche perché allora si riteneva che questa funzione di orientamento e di istruzione e quella più sottile, subliminale, di elevazione morale doveva essere svolto appunto da una buona padrona di casa non dal bibliotecario professionale occupato a svolgere ben altre mansioni di organizzazione e di indicizzazioni dei saperi. [4]
Per svolgere tale ruolo, pertanto, non era necessario aver studiato biblioteconomia per alcuni anni, ma erano necessarie piuttosto caratteristiche innate, (ci limitiamo a citarne solo alcune: curiosità, intelligenza, precisione, pazienza, disponibilità, generosità, comunicativa, ecc)una buona e solida cultura umanistica ed un addestramento sul campo.[5]
A questo dibattito iniziato alla fine del secolo scorso e tuttora in
corso hanno partecipato non solo i sostenitori di un visione ancillare
del servizio ma anche coloro ne hanno valorizzato la visione professionale
individuando nel bibliotecario di reference, colui che era in grado di
fornire risposte direttamente all'utente e/o assisterlo nella ricerca fino
ad effettuare ricerche complesse, rielaborarne il risultato e presentarlo
all'utente (repackaging).
Ben presto acccanto alle caratteristiche personali sopra citate,
negli anni quaranta venivano evidenziate quelle connesse alla comunicazione
interpersonale, quest'ultime già presenti nella visione ancillare
del bibliotecario di reference, acquistano successivamente una base scientifica
e diventano tecniche che si possono trasferire da un individuo all'altro
e non sono innate.
Il bibliotecario di reference diventa un profondo conoscitore delle tecniche dell'intervista , con una solida conoscenza di base, degli strumenti del mestiere ed in particolare delle strategie di ricerca e di specifiche materie (quest'ultime conosciute più che nei loro contenuti, nella loro evoluzione, nella letteratura prodotta e nelle modalità adottate di comunicazione). Dalla fine degli anni ottanta la comunicazione interpersonale, l'ascolto attivo insieme con la maggiore familiarità e l'utilizzo delle ultime tecnologie caratterizzano sempre di pù il bibliotecario di reference che diventa un "consulente della conoscenza" o anche detto knowledge worker che aiuta l'utente a superare il suo blocco conoscitivo oltre ad essere un abile e flessibile utilizzatore dei nuovi strumenti che la tecnologia dell'informazione offre . [6]
Abbiamo introdotto questo dibattito sulla figura del bibliotecario di reference ed abbiamo delineato l'evoluzione del suo ruolo per constatare che, in effetti, il lavoro del bibliotecario di reference non risulta chiaramente definito neanche in una cultura che da un secolo ha istituito formalmente "Reference Service Departments" e insegnamenti di "Reference Service" nei corsi di laurea in biblioteconomia e ha scritto fiumi di pagine e tanti manuali sull'argomento.
Questa confusione nasce sicuramente dal fatto che dal punto di vista
dell'utente, tranne nel contesto delle biblioteche specialistiche, in cui
la funzione del documentalista/information specialist è chiara all'utenza
di riferimento, nelle altre biblioteche e in particolare in quelle universitarie
chiunque lavora in biblioteca, dà informazioni, "fa reference" cioé
risponde a richieste di localizzazione del materiale, dei servizi, lo istruisce
nella consultazione del catalogo, dei CD-ROM ecc.
Questa è la percezione che ne hanno persino gli utenti anche
nei paesi dove il servizio di reference è strutturato, da lungo
tempo standardizzato, oggetto di valutazioni costanti.
In fondo, sono presenti, nella letteratura anglo-americana, lamentele sul fatto che il servizio non sempre è sfruttato in tutte le sue potenzialità, il suo uso più massiccio riguarda i livelli meno specialistici del servizio, (domande direzionali, di localizzazione, quick reference ecc;), mentre le offerte del servizio nel rispondere a richieste più complesse, nel superare gap conoscitivi, nel valutare le risorse informative ed in tutte quelle attività che caratterizzano il servizio di reference indiretto, ecc; non sono adeguatamente fruite.
La questione della professionalità o meno del lavoro di reference è di fatto malposta, vi è bisogno di professionalità a vari livelli e conveniamo con la Genz, che il lavoro di reference va svolto a più livelli con competenze diverse, l'esperienza, l'addestramento sul campo e le qualità personali e temperamentali sono determinanti. Chi possiede un'istruzione formale, è tenuto a fornire un servizio altamente specialistico ed alto valore aggiunto.
ma anche
Prima di partire con i corsi è necessario che ciascuna struttura
individui i bisogni formativi, le finalità, gli obbiettivi della
formazione, la pianifichi, la eroghi e soprattutto lavori sul
feed-back e verifichi se gli obbiettivi sono stati davvero raggiunti.
Questi programmi formativi devono permettere l'acquisizione delle competenze
tradizionali del reference diretto e indirettoe pertanto assicurare :
Il lavoro di reference richiede, inoltre, che accanto alla formazione
ci sia un aggiornamento professionale permanente.
Quest'ultimo è una necessità inderogabile. L'aggiornamento
va effettuato sia tutti i giorni attraverso il lavoro quotidiano,
avendo un atteggiamento curioso e attento, sia attraverso la frequentazione
di corsi, seminari, dibattiti, incontri, attraverso la partecipazione a
liste di discussione sul reference. Soprattutto dedicando costantemente
un po' del nostro tempo alla lettura della letteratura professionale;
dobbiamo imparare a gestire il nostro tempo meglio, a trovare il tempo
per l'aggiornamento.
La partecipazione a lavori e progetti con altri colleghi è,
inoltre, un grosso strumento di crescita professionale e il futuro del
servizio di reference nell'era digitale è quello cooperativo.
Paola Gargiulo, C.A.S.P.U.R - Roma,
e-mail: gargiulo@caspur.it
Note
[1] A proposito della terminologia, cfr Carlo Revelli. L'informazione e le informazioni, "Biblioteche Oggi" 17, (1999) 8, 9 p.58-63. p. 54-59.
[2] Una rassegna degli articoli pubblicati in Italia sul reference dal 1941 al 1994 è riportata nel volume di Carla Leonardi, Il reference in biblioteca, Editrice Bibliografica, Milano, 1995. Una ricerca effettuata su LISA Abstracts (1973-1997) riporta sotto il soggetto "reference work" piu' di 1437 records.
[3] Genz, Marcella D. Lavorare al servizio di reference. Evoluzione e definizione di un profilo professionale" Biblioteche Oggi", Novembre 1999, p.60-69 ( tradotto da Paola Gibbon). L'articolo è apparso per la prima volta in "Library Trends" 46 (1998), 3, p.505-525, con il titolo Working the reference desk.
[5]Wyer nel suo manuale
del 1930 Reference work:a textbook for students of library workand librarian, Chicago,
IL, American Library Association ne cita ben 27 nelle pagine 235-238.
C'è, inoltre, chi sostiene che le caratteristiche del bibliotecario
di reference siano innate e pertanto bibliotecari di reference si nasce,
non si diventa.
Negli anni ottanta negli Stati Uniti sono stati condotti dei
test psicologici di scuola junghiana progettati da Myers e Briggs
per verificare se la strutttura psicologica dei bibliotecari si potesse
riconoscere in uno dei 16 tipi psicologici definiti dai due psicologi.
Chiaramente e' emerso che i bibliotecari si dividono tra le varie tipologie
senza appartenere ad una specifica.
Successivamente con maggiore successo sono stati applicati gli
indicatori dei tipi di personalità Myers Briggs personality type
indicator in alcune biblioteche per migliorare la qualita' del
lavoro di gruppo in biblioteca.
[6] cfr. Genz, Marcella D., Carla Leonardi . Per l'applicazione delle teorie di comunicazione, cfr. Valentina Comba, Comunicare nell'era digitale, Milano, Editrice Bibliografica, 2000.
«Bibliotime», anno IV, numero 2 (luglio 2001)