«Bibliotime», anno IV, numero 1 (marzo 2001)
Biblioteche per un nuovo millennio
La BPI, situata nel Centre Pompidou più noto come Beaubourg, nel cuore di Parigi a due passi da Notre Dame, apre i battenti nel 1977. Il suo nome è tutto un programma, il "suo" programma, la sua missione. Una missione precisa, condivisibile o meno su certe impostazioni (ma in Italia siamo legati ad altre immagini della biblioteca pubblica) ma sorretta da una esplicita volontà di fornire una invidiabile quantità (e soprattutto qualità) di servizi.
I punti fondamentali sono:
Tre concetti banali e scontati? In realtà lo sono molto meno di quanto appaiano, e andiamo a spendere due parole al riguardo.
Oltre alla funzione di consultazione generale la biblioteca ha sviluppato in conseguenza degli interessi manifestati dal pubblico un altro aspetto fondamentale: l'autoformazione permanente. La disponibilità degli strumenti più moderni permette ed incoraggia i cittadini ad aggiornarsi, anche per scopi di lavoro, o per trovare un lavoro, od un lavoro migliore: è presente addirittura un ufficio di orientamento al mondo del lavoro. E questo aspetto ha un notevole impatto anche sul versante dell'integrazione degli immigrati, come si può facilmente intuire, attirati dalla gratuità, dagli orari prolungati, dalla presenza di materiale anche della propria lingua madre (è presente almeno 1 periodico di ogni nazione). L'ascolto delle cassette è prevalentemente (a detta del personale) proprio rivolto ai corsi di lingua: la biblioteca si trasforma in un laboratorio linguistico. Ma anche di conoscenza di lingue e culture straniere da parte dei cittadini francesi.
Altro fattore importante all'interno della BPI è l'integrazione delle risorse: un catalogo unico per materiali a stampa, video, cassette, cd, spogli di articoli, siti Internet, senza differenze per tipo di materiale, l'interesse è per il contenuto. Molta attenzione è riservata all'incremento dei materiali multimediali, in linea con le nuove tendenze del mercato delle tecniche di apprendimento.
Le differenze con le biblioteche pubbliche italiane sono piuttosto evidenti. Innanzi tutto metterei la presenza di una pianificazione degli scopi molto precisa, ben diversa dalla genericità dell'offerta italiana che si traduce troppo spesso in superficialità, in moltiplicazione delle iniziative per coprire i vuoti lasciati da altre istituzioni, anche della stessa specie. In secondo luogo metterei il valore riconosciuto alla professionalità e competenza dei bibliotecari, la cui pervicace opposizione al servizio a pagamento è stata riconosciuta come fondata sulla funzione stessa della biblioteca, ed è risultata alla fine vincente: tutt'altro che scontato in un ambiente come quello italiano. Come bibliotecaria, mi sembra doveroso sottolineare l'aspetto innovativo della funzione di scarto per l'aggiornamento: in Italia la conservazione prevale, generando un appesantimento delle strutture e la necessità di trovare sempre nuovi spazi (con tutte le difficoltà che tutti conosciamo).
E per finire due parole sull'ambiente in generale: la scelta degli arredi, dei colori, della segnaletica, da immediatamente una sensazione di tranquillità, di comfort, di facilità d'uso. Le vetrate immense, l'angolo per le televisioni (con cuffia, per non fare rumore), il salotto con divani anche troppo accoglienti: tutto parla di soluzioni derivate da un'esperienza ventennale, riorientate verso il futuro, almeno fino ai prossimi vent'anni.
Per saperne di più:
Dall'alto di una piramide tronca di sterminati gradini le quattro torri di Tolbiac si innalzano per diciotto piani di monumento alla cultura francese. L'impatto visivo è impressionante: quasi infinita in altezza e lunghezza, la BNF mette sull'attenti il passante curioso e il visitatore professionale. "La France c'est moi" sembra dire con quell'orgoglio nazionale che, dal Re Sole in su, caratterizza tanto spesso le realizzazioni pubbliche francesi. Ancor più che alla BPI qui nulla è per caso, e in più la sensazione di trovarsi di fronte ad un percorso logico come un cruciverba in cui non si può dare la risposta sbagliata ti prende fin dal primo sguardo. La spianata in cima ai gradini è più grande di molte piazze che conosco e domina la Senna, che le scorre accanto in atteggiamento dimesso, priva com'è in questa zona degli alberi e giardinetti di cui si infiocchetta nel centro di Parigi. L'architetto francese Dominic Perrault ha saputo ben interpretare lo spirito di questa impresa: costruire un contenitore eterno e permanente per le pubblicazioni francesi. Qui infatti sono custodite (è il termine che per primo viene in mente) tutte le opere stampate in Francia: il re Francesco I nel 1537 stabilì l'obbligo di depositare nella biblioteca reale una copia di tutti i libri usciti nel suo regno. Nasce così il "diritto di stampa", come viene chiamato con termine tecnico bibliotecario. L'intento non era certo la diffusione della cultura: era in corso la Riforma, e Francesco I era il paladino della chiesa cattolica contro l'eresia luterana. Il provvedimento aveva chiari fini di censura nei confronti della produzione tipografica, un'industria guardata con sospetto e ancora troppo nuova per essere addomesticata (un meccanismo che oggi si ripete con Internet, tutto sommato: ad ogni epoca il suo grimaldello intellettuale). Da allora, un po' incerta all'inizio ma poi sempre più efficiente, la raccolta è continuata con finalità diverse: nel 1720 la biblioteca apre al pubblico, oltre che agli studiosi, anche se con orario ridottissimo: ma è l'inizio di una affermazione di principio. Anche le sedi si sono succedute nel tempo, sempre più grandi, per approdare oggi in questo quartiere che era un terminal portuale fluviale. E curiosamente la biblioteca ha catalizzato l'interesse delle imprese ed intorno è tutto un lavorio di costruzioni: il profilo della zona è irto di gru in movimento e il rumore di fondo è quello dei cantieri più che del traffico cittadino. E' anche il capolinea (direi molto significativo) della linea veloce della metropolitana parigina, una realizzazione futuribile che parla anch'essa di terzo millennio. E' il risultato, anche qui come già detto per la BPI, di un progetto preciso e della volontà di un presidente, Mitterrand, che ha segnato con monumenti di grande portata la sua presenza all'Eliseo. Questo legame con il capo dello stato, sia un re, un imperatore (Napoleone) o un presidente, è evidentissimo e si mantiene nei secoli, e con esso anche le traversie della storia (pensiamo al periodo della rivoluzione, ad esempio). Ma durante il mandato di questo presidente sono stati realizzati i grandi cantieri della Parigi del futuro: l'Arc de la Défense, le Pyramides al Louvre, la ferrovia ad alta velocità, la TGV (Très Grande Vélocité), e questa biblioteca, che per analogia è stata battezzata dalla voce popolare TGB (Très Grande Bibliothèque). Mitterrand ha così lasciato una immagine di "potere esercitato" ma "in nome del popolo francese" davanti alla quale non si può restare indifferenti.
La BNF si sviluppa su più piani diversi, con una struttura complessa ricca di significati.
L'organizzazione della biblioteca.
La missione di questa biblioteca è molto chiara: conservazione e fruizione. Non viceversa. A differenza della BPI, non è gratuita. Il pubblico si divide in due categorie: generale e ricercatori.
Al primo tipo appartengono tutti coloro che abbiano compiuto 16 anni, e la carta d'ingresso costa 20 franchi (un po' meno di 6000 lire) per un giorno oppure 200 (circa 60.000 lire ) per un anno, ridotta a 100 franchi (circa 30.000 lire) per studenti, disoccupati, ragazzi dai 16 ai 18 anni, militari di leva, categorie protette. Pochissime le entrate gratuite, solo per alcuni specialisti del ramo biblioteche e archivi: con la carta annuale si ha diritto anche a 12 entrate nell'area della ricerca.
Per entrare nelle sale di lettura occorre, oltre alla tessera, un'altra cosa indispensabile: la disponibilità di un posto a sedere per la consultazione, che è verificabile (e riservabile!) dagli appositi terminali posizionati all'ingresso. Sempre all'ingresso si trova un servizio di orientamento che verifica la presenza nella biblioteca del materiale cercato, e indirizza alla sala giusta: anche le sale di lettura sono organizzate secondo le quattro aree delle torri, più due generiche di ricerca bibliografica ed audiovisivi.
Il secondo tipo di utenti della biblioteca sono i ricercatori. Per loro, la carta d'ingresso costa 30 franchi al giorno, oppure 200 franchi per 12 giorni, e la carta annuale 300 franchi. Tutto raddoppiato, insomma, e valgono le stesse riduzioni ed eccezioni già dette (unico vantaggio in più, l'accesso al livello del pubblico generale per un anno con la tessera da 12 giorni). A maggior ragione, l'entrata nelle sale di lettura per la ricerca è condizionata all'aver riservato un posto, cosa che si può fare anche per telefono e, recentemente, via Internet. Inoltre non si possono introdurre borse, e viene consegnata una cartellina trasparente da restituire all'uscita per contenere oggetti tipo penne, quaderni ed altro.
Per accedere alle sale di ricerca si deve avere un valido motivo: anche qui si passa prima dall'orientamento dove si verifica la presenza del materiale cercato. Insomma, qui non si viene tanto per fare qualcosa: tutto è organizzato attorno alla collezione, vastissima (13 milioni di volumi, di cui 400 mila a scaffale aperto), con una efficiente serie di servizi (orientamento, ricerca bibliografica, catalogo in linea, riserva dei posti, prenotazione del materiale, questi ultimi tutti disponibili in Internet, per facilitare i non parigini, con gran gioia di tutti gli studiosi stranieri...). Ma per un unico motivo: consultare qui quello che è qui. Si può prenotare lo stesso materiale per più giorni, uno di seguito all'altro, ma in nessuno dei molti dépliant a disposizione si parla di prestito, ed è abbastanza comprensibile: per motivi opposti a quelli della BPI, ma alla fine coincidenti, il materiale è legato alla presenza stabile nella struttura. Opposti perché nell'una la missione è legata alla maggiore e più veloce consultabilità dell'informazione, nell'altra alla conservazione accurata di un patrimonio che si intende far durare nel tempo. Coincidenti perché comunque è il pubblico che deve andare alla biblioteca, e non viceversa.
Eppure questo non è un difetto. Lo scopo è dichiarato, gli strumenti efficienti per evitare un viaggio a vuoto, la città offre un palinsesto vario di altre biblioteche pubbliche a cui rivolgersi per ricerche meno specializzate e con finalità di diffusione e incentivo alla lettura. Si inserisce insomma in un quadro articolato in cui tutte le realtà hanno un loro peso e posto specifico, comprese le altre sezioni della Nazionale stessa destinate ai materiali diversi dalla stampa, nelle rispettive sedi (sempre in area cittadina e a portata di metropolitana...). Dopo un inizio difficoltoso per problemi tecnici (malfunzionamento dei carrellini di trasporto, aggiunta di non previsti schermi per riparare i volumi dai raggi solari, e via discorrendo) superato con grande energia e gran dispendio di risorse, cosa potrebbe oggi non funzionare a dovere? Non ridete: uno sciopero degli addetti alla sicurezza ha impedito ad una ricercatrice venuta dall'Italia di vedere due edizioni del Seicento appositamente prenotate... E ci sentiamo finalmente un po' a casa.
Per saperne di più:
<www.bnf.fr>.
Serena Sangiorgi, Biblioteca Politecnica di Ingegneria e Architettura - Università degli studi di Parma, e-mail sgiorgi@ipruniv.cce.unipr.it
«Bibliotime», anno IV, numero 1 (marzo 2001)