«Bibliotime», anno II, numero 3 (novembre 1999)
Leggi in biblioteca
Leggi in biblioteca, a cura di Rosaria Campioni, Bologna, Pàtron, 1998 (Emilia Romagna Biblioteche Archivi; 39).
Dal convegno reggiano dell'autunno 1997, promosso in collaborazione con numerosi enti pubblici e privati (vi figurano la Provincia di Reggio Emilia, la Soprintendenza per i beni librari e documentari della Regione Emilia-Romagna, la Biblioteca Panizzi, l'Associazione italiana biblioteche e l'Associazione nazionale archivistica italiana), è prontamente gemmato il volume che ne raccoglie gli atti, affidati alla premura del Soprintendente Rosaria Campioni. Nella Prefazione (pp. 7-10) la curatrice rende conto delle significative novità legislative nazionali intercorse tra il tempo del convegno e la redazione dei suoi atti (i dd.lgll. 112/98 e 368/98 sul "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali", particolarmente al capo V sui "Beni e attività culturali" e l'"Istituzione del Ministero per i beni e le attività culturali"). Ma le leggi su cui importa centrare il dibattito non sono quelle concernenti l'amministrazione centrale dei beni librari, bensì quelle emanate dagli organi regionali, rappresentate in Emilia-Romagna dalla legge 42, promulgata il 27 dicembre 1983, contenente la normativa nel settore delle biblioteche e degli archivi storici di enti locali o che presentino interesse locale. Le dieci relazioni che seguono si pongono allora questo interrogativo: per una nuova biblioteca pubblica occorre una nuova legge? Dopo avere dipanato con destrezza il proprio filo di lettura lungo i numerosi contributi che compongono il volume si affaccia l'auspicio - l'autentica ragione del convegno - che la discussione e il confronto stimolino il processo di revisione normativa che molte regioni italiane, anzitutto l'Emilia-Romagna, si accingono ad intraprendere.
Luigi Balsamo dà il la al dibattito nel ricordo di Panizzi, bibliotecario al cui spirito indipendente ed innovatore occorre guardare anche nella riflessione sui problemi dell'aggiornamento delle leggi, mirando a quei valori di "libertà culturale e sociale" che rappresentano una delle conquiste più durevoli della biblioteca pubblica e della società moderna.
Le parole di Lorenza Davoli, Assessore regionale alla cultura, individuano nell'inserimento della politica bibliotecaria entro progetti organici di sviluppo della realtà territoriale emiliano-romagnola il punto nodale della progettazione di una nuova legge per il secondo millennio; sviluppo inteso non più e non solo - così avveniva in anni passati - come dialettica tra centro e periferia, ma nel vasto teatro della globalizzazione. Prorompe allora la volontà di fare delle biblioteche pubbliche "lo strumento della conoscenza tratta dalle diverse fonti di informazione e di documentazione... luogo dell'educazione permanente e... dell'alfabetizzazione informatica". Le condizioni dello sviluppo vanno forse rimeditate: pagamento di alcuni servizi, definizione coerente della professionalità degli operatori dell'informazione, carte dei servizi per gli utenti.
L'analisi della legislazione statale intorno ai libri e alle biblioteche procede ordinatamente dai principi sanciti dalla carta costituzionale, per arrivare al riparto delle competenze tra Stato e Regioni, e alla delega delle funzioni di tutela coi decreti del 1972, a sanare quell'aporia legislativa che per quasi trent'anni si disinteressò della mutilazione delle potestà regionali e che sembrò finalmente pagare il riscatto con la regionalizzazione delle Soprintendenze librarie. Passando all'analisi della legge regionale dell'Emilia-Romagna, Nicola Aicardi ne apprezza in estrema sintesi "l'impostazione unitaria" che fa perno sulla complementarità di valorizzazione e tutela, ma soprattutto sui sistemi bibliotecari territoriali capaci di integrare i differenti livelli dell'amministrazione locale (Comune, Provincia e Regione). Coraggiosa anche l'affermazione nella legge emiliano-romagnola dell'inscindibilità gestionale delle strutture informative e documentarie disseminate sul territorio: biblioteche e archivi locali (o di interesse locale) appartengono alle rispettive comunità, sono il continuum della loro memoria storica e come tali (sebbene le venti Soprintendenze archivistiche dipendano direttamente dall'amministrazione centrale senza delega di alcuna sorta) occorre promuoverne la reciproca integrazione. La legislazione più recente guarda a forme più snelle ed autonome per le biblioteche e gli archivi comunali: una possibile risposta è stata nel 1990, entro l'ordinamento delle autonomie locali (l. 142/90), l'istituzione, espressamente fornita di "autonomia gestionale". Alla valorizzazione dei beni librari sono stati chiamati a concorrere anche i privati, grazie soprattutto alla cosiddetta legge Ronchey. Il futuro della legislazione statale e regionale in materia bibliotecaria riposa sulla trasformazione dello stato in senso federale e sull'inversione di rotta per cui, a differenza di quanto avvenuto in passato, nel quadro di un decentramento esteso lo Stato andrà ritagliando i propri compiti e funzioni.
Che le collezioni storiche di cui tracimano le biblioteche italiane rappresentino un volano d'inerzia allo sviluppo di servizi innovativi ed autenticamente moderni è leit motiv dei discorsi degli addetti ai lavori almeno fin dal secolo scorso. Le note a margine della riapertura della Passerini-Landi di Piacenza raccontano una storia appassionante, che si prospetta a lieto fine, condotta con grande lucidità e concretezza da Vittorio Anelli, Assessore alla cultura del Comune di Piacenza in sinergia con la Soprintendenza e la Provincia di Piacenza. La risposta al problema di progettare un servizio efficiente ed efficace, in altri termini conveniente ai cittadini cui è destinato, è stata nel caso piacentino la scelta di associare ai compiti tradizionali di conservazione e valorizzazione del patrimonio antico la volontà ferma di costruire un rinnovato interesse nei lettori per la biblioteca che lo conserva. Tutto ciò trova la propria traduzione naturale nella progettazione di un'anima nuova - il modello a tre livelli - nel cuore di una biblioteca antica. Biblioteca per giovani lettori, amichevoli servizi di supporto alla lettura (reference, automazione e semplificazione amministrativa...), servizi multimediali e scaffale aperto sono stati i punti fermi da cui è risorta la biblioteca. Da questa nuova linfa occorre estrarre l'energia necessaria alla formulazione di un progetto altrettanto vitale per le collezioni storiche; scrollatesi di dosso l'immagine statica e polverosa che circondava Passerini-Landi prima del restauro, sono pronte, una volta catalogate, a restituire i tesori in esse sepolti.
Luigi Crocetti conosce da troppo tempo le biblioteche per ignorare che non vi è speranza alcuna di amministrarle "con la faciloneria e la sciattezza di certe leggi", tutt'oggi in vigore in numerose regioni italiane. Né è questo il momento opportuno per elaborare una sintesi normativa coerente. Sul piano politico e giuridico è forte la spinta al mutamento, che procede, come tutti i grandi rivolgimenti, a tentoni, spesso ritornando sui propri passi o per salti in avanti o con vere e proprie fughe nel futuro. Sul piano tecnologico e culturale Internet ha abbattuto i confini territoriali su cui si è fondata l'organizzazione sistemica. La Regione Emilia-Romagna, in questo panorama, si è ritagliata tuttavia una posizione di assoluto rilievo che le consente di progettare nuovi traguardi normativi, fondati essenzialmente su tre interventi: maggiore autonomia per le biblioteche, l'elaborazione di un modello per la carta dei servizi, la formazione professionale.
La necessità prima perché le biblioteche traggano un qualche giovamento da una legge rinnovata è - secondo Nazzareno Pisauri - di ordine economico. Molto denaro occorre alla progettazione e all'attuazione di nuovi servizi, al rinnovo delle strutture edilizie, al recupero del retrospettivo (senza il quale la mediazione catalografica, per quanto informatizzata, non serve a nulla), all'incremento delle collezioni. E la legge deve intervenire per correggere ed ottimizzare modi e tempi di finanziamento, iniziando a valorizzarne l'incisività, ad interrogarsi sensatamente sulla loro reale produttività. Concedere finanziamenti consistenti, rapidi e fondati su criteri di programmazione nel rispetto di priorità e sussidiarietà, ma indagare la qualità del loro impiego. Solo a queste condizioni lo spazio della biblioteca diventa lo spazio della comunicazione e della diffusione della conoscenza, un po' l'isola che non c'è, quel "luogo in cui chi ha qualcosa da dire lo dice", dove "leggere è uguale per tutti".
Secondo Maurizio Festanti la legge 42 ha sortito buoni risultati perché dava risposta a due domande basilari: cos'è una biblioteca e chi deve fare che cosa per svilupparla. Alla biblioteca pubblica del 2000 manca ancora la visibilità sociale che ne deve fare "l'agenzia informativa di base della collettività", nodo nevralgico della politica di informazione, partecipazione, coinvolgimento dei cittadini nel governo locale. In realtà il ‘nuovo' modello che trapela dalle pagine di Festanti risale alla fine degli anni ‘70. All'Italia resta la mancata realizzazione di quel modello, messa a nudo impietosamente da recenti indagini sulle proprie biblioteche pubbliche, inchieste che ne hanno rivelato tutta l'inadeguatezza rispetto a parametri da tempo individuati in sede internazionale dall'IFLA. Non basta la connessione ad Internet o l'automazione delle procedure bibliotecarie per traghettare una biblioteca pubblica verso modelli innovativi. Potenziamento e riqualificazione dei servizi ad ampio raggio d'intervento (non solo computer, insomma) e promozione di campagne di alfabetizzazione ed integrazione multiculturale e multietnica, pluralismo ed imparzialità sono i cardini della politica bibliotecaria di cui il nostro paese è ancora carente. Una politica prima di una legge per costruire le nuove biblioteche di domani.
Chiudono la prima parte del volume, dedicata alle Relazioni, tre interventi incentrati rispettivamente sulla formazione professionale (Pier Domenico Laghi), sull'elaborazione della carta dei servizi bibliotecari (Giovanni Galli) e sullo stato di disinteresse e sull'immobilità in cui giacciono gli archivi degli enti locali o di interesse locale, bisognosi di una profonda rivisitazione normativa che li chiami a partecipare a pieno titolo del sistema documentario regionale (descritto dall'icastica penna di Gilberto Zacchè).
Alle dieci Relazioni seguono cinque Interventi che presentano al lettore alcune realizzazioni dei discorsi intrecciati nella prima parte. Flora Raffa presenta la Carta dei diritti dell'utenza del servizio di prestito interbibliotecario e document delivery (1998) delle Biblioteche Comunali di Parma, la prima carta di servizi bibliotecari applicata ad un servizio di biblioteca in Italia. Lorenzo Baldacchini rende conto dell'esperienza di gestione dell'Istituzione Biblioteca Malatestiana, di cui è stato direttore, rilevando da un lato la trasparenza e l'agilità amministrativa cui porta un bilancio autonomo (scopriamo così che la Malatestiana è costata ai cesenati 18.000 lire all'anno), dall'altro i limiti di una forma di gestione di pubblici servizi definita dalla legge 142 in modo ambiguo e di interpretazione disomogenea, anche all'interno della stessa amministrazione comunale. Giampiero Romanzi riporta l'attenzione al mondo degli archivi, in particolare degli archivi storici di ente locale. Il pericolo è quello di spingere la politica bibliotecaria regionale ad un rinnovato centralismo, schiacciando livelli istituzionali più circoscritti (province) o giuridicamente più deboli (città metropolitana). Anna Maria Brandinelli indica nei principi di sussidiarietà e di trasparenza le colonne portanti della riforma della legge 42, ventilando l'ipotesi di introdurre l'istituto della delega alle province, spesso latitanti nell'assolvere le proprie funzioni. Magda Maglietta individua proprio nei sistemi bibliotecari locali il tallone d'Achille della norma regionale sulle biblioteche, che a suo giudizio hanno stentato a costituirsi.
Corredano il volume una ricca Appendice che ospita - oltre alla citata Carta dei diritti parmense (1998) - i risultati del secondo Censimento delle biblioteche di ente locale della regione Emilia-Romagna (1996), condotto dalla Soprintendenza per i beni librari e documentari, e alcuni protocolli di intesa della Soprintendenza regionale con quella archivistica statale o con l'Istituto centrale per il catalogo unico e le informazioni bibliografiche, rispettivamente per la costituzione di una banca dati archivistica comune e per il collegamento all'Indice romano del Servizio Bibliotecario Nazionale (1998).
Paolo Tinti, Dipartimento di Italianistica - Università di Bologna, e-mail: paolotinti@hotmail.com
«Bibliotime», anno II, numero 3 (novembre 1999)