«Bibliotime», anno II, numero 1 (marzo 1999)
Piccoli opac crescono
Se 4 milioni e mezzo (di libri) vi sembran pochi...
Questo articolo riporta i risultati di un'indagine sui principali opac multibiblioteca presenti nella regione Emilia-Romagna [1].
Nella nostra inchiesta abbiamo volutamente scelto di non prendere in considerazione i cataloghi in linea di singole biblioteche - di indubbio valore e di raffinata struttura, ma limitati per dimensioni - per occuparci piuttosto degli opac multibiblioteca di una certa consistenza: ci interessava infatti valutare l’aspetto quantitativo di questo fenomeno, che si rivela a nostro parere anche un fattore di qualità: consente di risparmiare il tempo dei nostri lettori (soddisfacendo così la legge di Ranghanathan), avvicinandone al tempo stesso sempre di più al servizio, e di razionalizzare in modo efficiente le risorse disponibili, valorizzando quindi gli investimenti fatti.
Inutile poi ricordare che l’opac collettivo, permettendo anche a biblioteche piccole o deboli di mettere in linea il proprio catalogo, elimina le differenze tra lettori di biblioteche grandi e piccole, di biblioteche del "centro" e della "periferia", in senso sia geografico sia culturale.
In prima istanza abbiamo elaborato il questionario: del fenomeno opac ci interessava indagare l’aspetto istituzionale (quali tipi di biblioteche), territoriale (in quali province) quantitativo (quanti libri, quante ricerche), tecnico (i database, le interfacce, i canali di ricerca, eccetera), e, per terminare, i servizi (se sono sviluppati, quali sono, eccetera).
Si sono poi individuati gli otto opac che ci sembrava documentassero nel modo più completo la nostra realtà territoriale; quindi a dicembre i questionari sono stati mandati ai referenti per ciascun catalogo, ed abbiamo chiesto loro di fotografare le diverse situazioni al 31.12.98.
Abbiamo poi elaborato una tabella riassuntiva dei risultati, tralasciando, per amor di sintesi, alcuni dati più specifici, comunque visibili nei singoli questionari.
È doveroso ricordare che da alcune settimane, precisamente dalla fine di febbraio, è stato attivato un nuovo opac, quello della Biblioteca Ariostea e altre civiche di Ferrara, che non abbiamo compreso in questa indagine perché è entrato in funzione quando il nostro lavoro era già concluso: riconosciamo comunque che anche questa "nuova entrata" è un chiaro segno della positiva vitalità che caratterizza la nostra regione, dove, dal 1992 ad oggi (e sicuramente anche a domani: infatti, il processo non si è ancora esaurito) nuovi cataloghi in linea continuano ad essere messi a disposizione dei lettori. Sarebbe interessante ripetere questa indagine ad intervalli di tempo regolari per seguire l’evoluzione di questi strumenti, che costituiscono un indicatore del progredire qualitativo di alcuni servizi bibliografici.
Desideriamo qui ringraziare i colleghi che, in veste di referenti o responsabili per ciascun opac, con le loro risposte esaurienti e tempestive ci hanno permesso di realizzare questa indagine: Fausto Branchetti (Servizi Bibliotecari della Provincia di Reggio Emilia), Moreno Cagnoli (Catalogo unico Biblioteca Panizzi), Marina Contarini (Opac del Polo SBN di Ferrara), Ilde Davoli (Catalogo collettivo di ateneo - Università di Modena e Reggio Emilia), Claudio Leombroni (Opac Rete Bibliotecaria di Romagna), Raffaella Manelli (AURIGA), Flora Raffa (Catalogo Unico Parmense). Alle schede informative inviate dai colleghi si è aggiunta naturalmente anche quella relativa al Catalogo del polo bolognese, compilata da chi scrive.
Esaminiamo ora i risultati dell’inchiesta.
Questi otto opac sono distribuiti sul territorio regionale in modo abbastanza uniforme, con l’eccezione della provincia di Piacenza.
Per quanto riguarda poi l’afferenza istituzionale, sono riconoscibili due modelli: province con un opac condiviso da tutti i tipi di biblioteche, indipendentemente dall’afferenza istituzionale (come a Bologna ed a Parma), e province dove le università e gli enti locali gestiscono ciascuno un proprio opac, come Ferrara e Modena. Reggio e la Romagna infine non ospitano un ateneo autonomo: Reggio è consorziata con Modena, mentre la Romagna ospita sedi decentrate dell’ateneo bolognese, motivo per cui i rispettivi opac registrano prevalentemente cataloghi di biblioteche di ente locale.
Pensiamo che l’opzione di adottare opac separati su base istituzionale e tipologica non sia certamente dovuta a cause tecniche - oggi i database accolgono dati eterogenei per provenienza, purché in formato UNIMARC - ma dipenda da scelte organizzative e per così dire culturali, ad esempio dallo sviluppo indipendente e non sincronico che hanno avuto in alcune province i sistemi gestionali cooperativi.
Quante e quali biblioteche
Per inquadrare in modo efficace le dimensioni del fenomeno dal punto di vista del numero delle biblioteche coinvolte, ricordiamo alcuni dati tratti dall’introduzione di Biblioteche in Emilia Romagna / a cura di Enzo Colombo, Bologna, 1991, p. 15: agli enti locali vanno attribuite 502 biblioteche; alla seconda area [Università ed altre amministrazioni statali] 521 biblioteche; alla terza [Enti religiosi] 99, e 188 all’ultima [Enti pubblici, istituti di ricerca e associazioni culturali]. Confrontiamo i dati con quelli della nostra tabella:
Tipologia di biblioteche |
N. Biblioteche in Regione |
N. biblioteche afferenti agli opac |
% |
Enti locali |
502 |
129 |
25,7 |
Università ed altre amministrazioni statali [2] |
521 |
178 |
34.1 |
È interessante verificare come alcune tipologie di biblioteca (Enti religiosi, Enti pubblici ed anche biblioteche scolastiche) rimangano ad oggi lontane dal fenomeno opac, mentre un quarto delle biblioteche degli enti locali ed un terzo delle universitarie e statali sono coinvolte.
A questo aggiungerei che nella maggior parte dei casi si tratta delle biblioteche più grandi ed attive, e quindi la percentuale di registrazioni bibliografiche supera di gran lunga quella del numero di biblioteche.
Le informazioni di tipo tecnico: software, canali e tipi di ricerca
L’accesso agli opac è in maggioranza in modalità WEB, mentre sono in numero inferiori gli accessi di tipo telnet, anche se tra sistemi client server e ad emulazione di terminale non c’è poi un distacco enorme (5 a 3), ed all’interno di ciascun tipo l’utente trova analoghe opportunità di ricerca: il tipo di accesso quindi non interferisce con i canali, i tipi di ricerca ed i filtri.
In particolare, mentre appaiono consolidati i canali di ricerca tipici (titolo, autore, soggetto, classe), troviamo logicamente un panorama più variegato nei filtri e nei tipi di ricerca possibili, dove non si riscontra un’analoga uniformità. Interessante la varietà dei tipi e dei filtri di ricerca e notevole il fatto che tutti gli opac ne siano riccamente provvisti; d’altro canto, trattandosi di cataloghi collettivi piuttosto consistenti, non potevano non essere dotati di adeguati strumenti per raffinare e restringere i risultati delle ricerche.
Per quanto attiene alle fonti dei dati catalografici, oltre a verificare la ricorrenza di quelle più diffuse in regione (SBN e Sebina), sono da rilevarsi tre casi in cui nell’opac confluiscono dati provenienti da fonti diverse: si tratta di una soluzione che consente di comporre nel medesimo catalogo su base territoriale ed istituzionale realtà con esigenze particolari. A differenza della relativa omogeneità delle fonti, i software degli opac sono sei diversi tra loro, pur riferendosi in alcuni casi, ad esempio nel caso di Modena provincia e di Parma, alla medesima fonte (Sebina).
Ricerche, copie, aggiornamenti
Mentre per tutti gli opac sono disponibili informazioni sulle copie registrate (quattro milioni e mezzo in regione: ci pare un buon risultato, anche e soprattutto in relazione alla relativa "giovane età" di alcuni opac), purtroppo non è possibile disporre di informazioni complete sugli accessi ai cataloghi. Si tratta di dati a cui tenevamo particolarmente, perché costituiscono di un indicatore certo ed immediato della diffusione di questi servizi. Certo, mentre tra l’opac con più copie (1.100.000) e quello con meno (102589) c’è un rapporto di uno a dieci, molto superiore è il rapporto tra l’opac con più ricerche/mese (200.000) e quello con meno (1.500): uno a 133. E l’andamento delle interrogazioni non dipende chiaramente dal numero di copie disponibili per il lettore, che, come si è detto, è in ogni caso piuttosto alto.
Ci chiediamo se tale dato non sia piuttosto da porre in relazione da un lato alla data di nascita degli opac, per cui la comunità degli utenti dei sistemi bibliotecari necessita di un certo periodo di tempo per abituarsi a consultare il catalogo in linea, dall’altro al tipo di lettore a cui prevalentemente si rivolge un catalogo (forse uno studente universitario si familiarizza prima e più facilmente con strumenti di questo tipo): tuttavia le informazioni a nostra disposizione ci sembrano troppo scarne per azzardare qualcosa di più di un'ipotesi.
I servizi
Infine, i servizi: si nota subito che ci sono molti più no che sì (18 si contro 30 no, eliminando l’help in linea diventano 11 si contro 30 no, con un rapporto di uno a tre), d’altra parte "spostare" sugli opac servizi, che fino a poco tempo fa erano correntemente prestati impiegando i sistemi gestionali, è un orientamento abbastanza recente, che probabilmente deve ancora essere pienamente recepito dai software dei cataloghi in linea.
La diffusione dell’help in linea è un positivo segnale del fatto che oggi un numero consistente di lettori consulta in autonomia gli opac, senza aver bisogno dell’aiuto del bibliotecario, e mostra che gli opac sono davvero lo strumento per portare la biblioteca fuori di sé.
Comunque, il fatto che il prestito locale, che possiamo considerare come "servizio base", sia già ora disponibile in cinque opac su otto è un chiaro sintomo di come il futuro prossimo consisterà proprio nello sviluppare sugli opac servizi al pubblico sempre più evoluti e sofisticati, fino ad arrivare alla fornitura di testi pieni.
Concludendo…
Una sola riflessione conclusiva: ci pare che le informazioni raccolte mostrino come anche in Emilia-Romagna i cataloghi in linea in pochissimi anni siano passati da raffinati strumenti (diciamolo pure: anche un po’ elitari) riservati a lettori esperti e preparati, a mezzi di informazione diffusi ed utilizzati con naturalezza da tutti i tipi di lettori: qualche cosa, insomma, di cui non si può più fare a meno e non più un curioso - ma non indispensabile - servizio.
Francesca Trombetti, Centro InterBibliotecario - Università di Bologna, e-mail: trombetti@opac.cib.unibo.it
[1] Inchiesta pensata e realizzata da Francesca Trombetti, Serafina Spinelli e Michele Santoro.
[2] Abbiamo compreso qui le biblioteche del MBCA e delle Università
«Bibliotime», anno II, numero 1 (marzo 1999)