Il 47. Congresso nazionale dell'Associazione italiana biblioteche e Bibliocom, tenutisi a Roma dal 25 al 27 ottobre 2000, hanno ospitato il terzo seminario di AIB-WEB che, nella giornata di venerdì 27, ha proposto alcuni importanti temi di discussione organizzati in due tavole rotonde e articolati sulla domanda che ha dato il titolo al seminario: Internet, intermediari e utenti: un linguaggio comune? La sessione mattutina coordinata da Riccardo Ridi ruotava attorno alla significativa citazione mozartiana: Madamina, il catalogo è questo. E il catalogatore chi è ? ed ha visto il confronto al tavolo di discussione di bibliotecari e gestori dei nuovi strumenti di ricerca del mondo di Internet. Sono intervenuti: Claudio Gnoli, bibliotecario dell'Università di Milano e redattore di AIB-WEB, Rosella Migliavacca responsabile delle pubbliche relazioni di Yahoo! Italia, e Mariateresa Pesenti, documentalista, libera professionista e collaboratrice di AIB-WEB.
Nel pomeriggio la sessione coordinata da Gabriele Mazzitelli ha avuto come tema specifico
l'accessibilità all'informazione attraverso i siti web, con particolare riferimento alla
pubblica amministrazione, sintetizzato dal titolo Accessibilità: diritto dei
cittadini, dovere della pubblica amministrazione. Sono intervenuti: Vanni Bertini,
bibliotecario, Il Palinsesto e redattore AIB-WEB, Franco Carlini, giornalista, Giovanna Sissa,
responsabile sistemi informativi e comunicazione del Ministero della pubblica istruzione,
Fernando Venturini, bibliotecario della Camera dei Deputati e collaboratore di AIB-WEB.
Il dibattito acceso su temi di interesse così attuali e importanti nel mondo dei
bibliotecari ha naturalmente coinvolto il pubblico presente che ha a sua volta fornito numerosi spunti per la discussione. I contributi da parte del pubblico sono provenuti da Nicola Benvenuti dell'Università di Firenze, Gabriele Gatti dell'Università di Siena e membro della redazione di AIB-WEB e Gabriele Lunati di Ifnet.
In entrambe le sessioni ha assunto particolare rilevanza il poter ascoltare le voci non solo
dei bibliotecari, ma di altri agenti coinvolti a vario titolo nel mondo dell'informazione e
dare così vita ad un necessario e imprescindibile confronto tra chi opera in tale mondo
in particolare nell'ambito specifico di Internet.
Internet è stato definito nel giornalismo "un bibliotecario ubriaco" e a tale definizione ha subito fatto seguito la precisazione che allora serve "un bibliotecario sobrio". Da questa citazione il coordinatore della sessione mattutina ha aperto il dibattito con una domanda cruciale: cosa c'è da imparare gli uni dagli altri, cosa cioè i vari operatori sono in grado di ricevere in termini di feedback dall'esperienza degli altri ? I bibliotecari si sono sempre occupati di informazione e la domanda che tutti ci poniamo è proprio se i nuovi agenti, come i gestori di motori di ricerca, ne hanno tenuto e ne tengono conto. D'altra parte è indubbio che anche i bibliotecari hanno qualcosa da apprendere da chi è riuscito ad imporsi in maniera così radicale e in breve tempo nel mondo dell'informazione .
La replica di Rosella Migliavacca esprime assoluta apertura nell'affermare che il dialogo e la condivisione di esperienza tra i due mondi, dotati entrambi di un alto know-how, sono necessari. L'esperienza e il lavoro dei bibliotecari sono stati tenuti in considerazione e siti come quello dell'AIB vengono presi a modello, ma spesso i bibliotecari hanno dato l'impressione di essere "un po' arroccati", e, probabilmente anche a causa di altri fattori quali la relativa giovinezza di Internet in Italia, non si può ancora parlare di collaborazione. Il fenomeno del free Internet, ovvero dei provider che forniscono accesso gratuito alla Rete, risale in Italia solo a due anni fa. L'utilizzo di Internet è aumentato in maniera considerevole, passando da due milioni di utenti dell'autunno scorso ai sei milioni attuali, ma è un utilizzo ancora poco efficace: gli italiani stanno scoprendo cosa farne solo adesso e lentamente. Una situazione a cui Yahoo! Italia cerca di far fronte fornendo degli strumenti adeguati all'utente. I loro "bibliotecari del 2000", nelle parole di Rosella Migliavacca, si chiamano "surfers" e si occupano di navigare tutti i giorni, selezionando e recensendo o bocciando i siti web.
Dal punto di vista dei bibliotecari, un elemento dell'esperienza dei fornitori di servizi Internet che occorrerebbe prendere in considerazione è l'estrema attenzione che questi hanno nei confronti degli utenti e che, invece, è spesso assente nelle nostre biblioteche. La centralità riconosciuta all'utente, punto di riferimento cruciale in un'ottica commerciale e di business, richiede che i servizi vengano modellati sulle esigenze dell'utente stesso, al fine di renderli sicuramente efficaci e soddisfacenti. Un'ottica che non può permeare totalmente il mondo delle biblioteche, ma che occorre osservare con attenzione ed assimilare per quanto possibile, favorendo il dialogo e lo scambio di informazioni anche attraverso le riviste specializzate di entrambi i settori e allo scopo di coglierne appieno tutti i risvolti.
Da parte bibliotecaria giunge poi naturale la domanda su come i "bibliotecari del 2000" scelgano le risorse da includere e soprattutto come le valutino per decidere se accettarle o scartarle, il che rimanda alle tematiche prettamente biblioteconomiche della selezione e dello scarto. La ricercata vicinanza con l'utente porta, nel caso di Yahoo!, ad instaurare una forte collaborazione proprio con chi utilizza il sito. Da questo, infatti, è possibile segnalare tutte le risorse web ritenute di qualità compilando una scheda cui fa seguito una risposta da parte di Yahoo! Ogni giorno si registrano circa 600 proposte di recensione di siti, di cui una gran parte sono relativi al mondo delle biblioteche proprio ad indicare l'attenzione del pubblico verso tale settore, e di cui in media ne vengono selezionate 50. Tale sistema concorre per il 50% alla creazione ed evoluzione della directory di Yahoo! Il restante 50% è basato sul lavoro dei surfers che scelgono e valutano i siti trovati nella loro navigazione libera.
Anche in questo caso siamo molto vicini al lavoro bibliotecario, in particolare del reference librarian, da sempre attento a studiare per selezionare gli strumenti non migliori in assoluto, ma più adatti a determinate esigenze. Alcuni degli strumenti da sempre in uso tra i bibliotecari, come per esempio la classificazione, hanno subito una svolta importante grazie alla loro adozione in ambienti "esterni", il che presenta anche dei risvolti didattici, in quanto ne consente una diffusione e comprensione migliori, che si ripercuotono positivamente sulle biblioteche stesse. Ma se in linea generale la maggiore visibilità dei sistemi di classificazione presenta degli aspetti interessanti per le biblioteche, occorre domandarsi fino a che punto si tratti di sistemi di classificazione compatibili. Da diverse parti giungono dubbi e perplessità sui sistemi di classificazione utilizzati da indici come Yahoo! e soprattutto sulla loro utilità per gli utenti di una biblioteca. Viene presentato l'esempio di una biblioteca universitaria in cui è ancora più semplice individuare una certa diversità in termini di utenza alla quale ci si rivolge, più circoscritta già rispetto ad una biblioteca pubblica, e certo diversa dal target cui si rivolge Yahoo! Tuttavia, Yahoo! utilizzando strumenti umani piuttosto che automatici, come avviene, al contrario, per altri motori come Google o Altavista, si pone molto più vicino al lavoro bibliotecario e ad una knowledge representation di tipo biblioteconomico. La struttura classificatoria di Yahoo! è, tuttavia, compatibile con il sistema di classificazione Dewey, il che indica come sia inevitabile sconfinare in ambito bibliotecario quando si cerca di fornire strumenti utili e un certo valore aggiunto.
I tentativi di utilizzare sistemi di classificazione bibliotecari sono numerosi, ma di solito
si limitano all'utilizzo della Classificazione Decimale Dewey o della Classificazione della
Library of Congress, a volte della Classificazione Decimale Universale e quasi sempre in maniera
poco approfondita, fermandosi al secondo o terzo livello, anche tra i siti che nascono in ambito
bibliotecario come BUBL Link, dove addirittura con un
solo link si giunge al sito indicizzato. Altri esempi, senza dimenticare che si stanno citando
i casi migliori,
sono Open directory, che nell'indice di ciascuna classe,
accanto alle
sottoclassi, propone una sorta di faccette comuni; o
Godado, che
vanta l'utilizzo di un "thesaurus" di proprio brevetto come ausilio
terminologico alle ricerche degli utenti, senza esplicitare il fatto
che si tratta di un classico strumento bibliotecario.
Alla scoperta ed utilizzo in maniera più o meno innovativa dei tradizionali strumenti
bibliotecari nella Rete si affiancano nuove forme di classificazione e di catalogazione, che
si propongono alla riflessione dei bibliotecari e dei nuovi agenti del mondo dell'informazione.
Ma strumenti come, per esempio, i metadata sono davvero utili? Allo stato attuale la loro
conoscenza pare essere minima e il loro utilizzo, nei pochi casi disponibili come esempio,
è confusionario e non sistematico per cui risulta poco efficace.
In ambito bibliotecario viene percepita la grande confusione che domina attualmente nella Rete causata da comportamenti e stili non omogenei e dominati da interessi diversificati. E non è solo bibliotecaria la sentita necessità di cercare di crearvi invece un ordine. E, infatti, proprio da parte dei bibliotecari arriva la spinta più forte all'adozione di standard descrittivi come il Dublin Core Metadata che siano in grado di garantire una certa uniformità. Uno strumento come quello dei metadata risulta tuttavia efficace solo se adottato in maniera diffusa, e se un suo utilizzo universale appare forse irrealizzabile, sarebbe auspicabile perlomeno da parte di certi autori più "istituzionali", cosa che attualmente non si verifica. D'altra parte, però, i motori non li cercano e a dire il vero non sembrano conoscerli molto e questo non ne facilita la diffusione. Certo anche l'adozione dei metadata non è esente da problemi. Ci si domanda, in primo luogo, chi deve crearli. L'autore, qualsiasi autore, è in grado di farlo? E se lo fanno gli autori, saranno onesti o non ci sarà il rischio di spamming? Lo dovranno fare i professionisti, i bibliotecari? Ma anche in questo caso il rischio di "corruzione" rimane. È evidente che si tratta di un campo in cui ulteriori stimoli si rendono necessari poiché è ancora tutto da costruire.
Per quanto riguarda Yahoo! i sistemi di gestione della directory mantenuta dai surfers e organizzata per categorie sono, come già sottolineato, molto vicini ai tradizionali strumenti umani (e quindi bibliotecari) rispetto ad altri indici. Il risultato evidente di questo è l'estrema semplicità di Yahoo!, che sebbene sia criticata da molti, rappresenta in realtà una scelta precisa che ha lo scopo di facilitare la navigazione e quindi di andare incontro all'utente. Una scelta che presenta risvolti commerciali, poiché sul commercio, sulla pubblicità si fonda l'esistenza di Yahoo! come esemplificato dal suo motto: "find, connect and buy", ma che è certo stata premiata dall'utenza se Yahoo! può contare su 166 milioni di utenti al mese nelle 24 proprietà mondiali. La semplicità, altro elemento che accomuna un indice come Yahoo! al mondo delle biblioteche (lo stesso AIB-WEB è stato più volte criticato per la sua sobrietà), si rivela quindi scelta vincente anche alla luce dei nuovi strumenti con cui è possibile, e sempre di più lo sarà in futuro, accedere ai servizi su web, ad iniziare dalla telefonia WAP.
Ritornando al paragone citato tra surfers e bibliotecari, da parte bibliotecaria vengono poste
alcune questioni relative all'organizzazione del lavoro e alla formazione del surfers. In
particolare, le domande riguardano la presenza o meno di una figura assimilabile a quella del
coordinatore della catalogazione, la formazione di base richiesta ai surfers ed eventuali
profili preferiti. Risulta esistere all'interno di Yahoo! un senior surfer, ma si può
dire che manchi la figura gerarchica del coordinatore. Il lavoro si svolge in team e viene
svolto un accurato training iniziale per garantire che le forze siano coordinate ed organizzate
tra loro, ma si tratta comunque di un punto ancora debole. Come ben noto anche in ambito
bibliotecario l'uniformità e il coordinamento tra catalogatori in termini di
classificazione e soggettazione non è obiettivo facile da raggiungere ma, a differenza di
quanto avviene per Yahoo!, si è ben consapevoli che un training iniziale non è
certo sufficiente allo scopo, e che alla formazione e aggiornamento continui deve essere
affiancata l'attività di coordinamento del responsabile della catalogazione. Una forma di
collaborazione anche su questi temi tra i due mondi appare dunque auspicabile.
Per quanto riguarda la formazione di base, i navigatori di Yahoo! Italia, una decina circa,
provengono prevalentemente da facoltà universitarie di ambito umanistico, sebbene non vi
sia una preferenza in questo senso, ma sia anzi apprezzata la varietà in quanto
determina poi stili di recensione diversi. Tendenzialmente, e a differenza di quanto avviene
nelle nostre biblioteche, i laureati in una determinata disciplina si occupano dei siti relativi
alle loro aree di specializzazione, 2-3 aree specifiche, ma devono comunque essere tutti
intercambiabili. I ritmi di lavoro sono alti, ma gli stipendi vengono definiti di mercato
(indicazione alquanto ambigua che non consente di comprendere meglio cosa si intenda) e a volte
integrati da incentivi quali le stock options che vengono date a tutti i dipendenti. Il mercato
è però allettante e sebbene vi sia tutto l'interesse da parte dell'azienda a
mantenere i propri lavoratori, vi è un forte turnover.
Il confronto con esperienze di tipo bibliotecario in termini di organizzazione delle risorse
web evidenzia una differenza apparentemente sostanziale tra i due mondi.
OCLC che attraverso il servizio Netfirst rappresenta uno dei
primi esempi di soggettazione e descrizione di risorse con possibilità di accedere al
full-text dei documento in Rete, si basa sul concetto di "search don't surf", poiché il
surfing viene considerato una perdita di tempo e abbassa la qualità dei risultati
ottenuti. I criteri di OCLC sono alla base del progetto CORC, interessante tentativo di
catalogazione delle risorse web nel quale sono coinvolte le maggiori biblioteche di tutto il
mondo, che segna invece l'assenza, evidenziandone il ritardo culturale, del mondo bibliotecario
italiano.
Un verificatore automatico garantisce che le risorse su CORC siano sempre vive. Si tratta di un
progetto interessante dal punto di vista della cooperazione reso possibile dall'utilizzo di
standard quali i metadata.
Nella replica la rappresentante di Yahoo! si distacca dal concetto sopra citato, evidenziando
come per loro il surfing sia il punto di partenza e il punto di approdo, e ponendolo in
relazione alle esigenze dei loro utenti. Differenziando gli "users storici", ovvero la prima
generazione di navigatori della Rete, notturni, che si perdono e amano perdersi, dai
"new users", ovvero i navigatori che hanno un approccio inizialmente diffidente e poi pragmatico
alla Rete, collegandosi 25-30 minuti in media al giorno per cercare qualcosa di preciso, viene
sottolineata la necessità di aiutare gli utenti a trovare quello che cercano.
L'attività di verifica dei link morti e di aggiornamento non avviene in maniera
automatica ma è svolta dai navigatori.
Per i bibliotecari è evidente come questo altro non sia che un tipico comportamento da
reference librarian: i surfers fanno surfing per permettere ai loro utenti di non fare surfing,
ovvero selezionano delle risorse, le risorse più adatte, e le tengono aggiornate per
offrire un'assistenza agli utenti. Si tratta di un altro campo in cui il bibliotecario
può fornire la sua esperienza. D'altro canto, dai dati disponibili appare evidente come
un'attività di reference nel mondo di Internet sia necessaria, sebbene non sempre ve ne
sia la consapevolezza: il 75% dei navigatori utilizzano strumenti di ricerca; chi cerca perde
il 75% del tempo prima di raggiungere ad un risultato; il 70% dice di sapere cosa sta cercando;
il 44% si dice frustrato, mentre il 20% abbandona la ricerca senza aver ottenuto alcun
risultato utile.
Ancora una volta risulta evidente quanto poco i due mondi si conoscano e interagiscano. Certo
questo è dovuto in gran parte alla relativa novità del fenomeno Internet. Ben
poco si conosce sull'uso effettivo della Rete che, come evidenziato in precedenza, non ha ancora
assunto, perlomeno in Italia, connotazioni ben definite che consentano a chi vuole fornire
strumenti di orientarsi; né da parte di questi ultimi vi è una consapevolezza per quanto
riguarda i modi e gli stili, oltre che le tecniche. Si è ancora in una fase sperimentale
che porta tutti gli agenti in gioco a testare varie possibilità e ad utilizzare strumenti
già ampiamente collaudati da altri, adattandoli alle nuove esigenze, senza preoccuparsi
però (spesso solo per scarsa conoscenza) di attingere all'esperienza che altri possono
avere, e generando così ulteriore confusione.
Nella forte competizione scatenata dagli interessi commerciali che si sono presto imposti nel
vasto ed allettante mondo di Internet i nuovi agenti si occupano poco di spiegare quali criteri
e motivazioni vi siano dietro determinate scelte, per cui risulta difficile all'utente non
smaliziato capire dove stiano le differenze tra i vari strumenti disponibili. Yahoo! e
Altavista
risultano spesso identici per il navigatore di Internet che oltretutto tende a preferire
i motori di ricerca automatici ad indici come Yahoo!
Altra conseguenza della logica di mercato che domina in Internet è l'impossibilità
per chi vi opera secondo questa logica di mandare via il cliente senza avergli venduto qualcosa.
Se fa parte della deontologia del bibliotecario dire no, non abbiamo questa risorsa, e cercare
di educare l'utente ad un uso consapevole della biblioteca e delle sue risorse (spiegandogli,
per esempio, la differenza tra un database bibliografico e uno full-text o tra un catalogo per
soggetti e un catalogo per autore), in un'ottica commerciale non è possibile dire di
no, e quindi si rimanda spesso a risorse che nulla hanno a che fare con quello che si cerca.
Accade spesso che se una risorsa non è presente nella directory di un motore di ricerca
ci si ritrovi in un'altra directory, anche di un altro motore, rinviando quindi anche alla
concorrenza, pur di non dire di no, non l'abbiamo. Lo stesso Yahoo! ha infatti un accordo con Google al quale rimanda
quando la ricerca nella sua directory non ha dato esito positivo.
Ma l'utente spesso non ne è consapevole.
È ovvio, inoltre, che, come avviene nel commercio, si arrivi poi ad accordi per
l'inclusione e l'evidenziazione di determinati siti piuttosto che altri, e di collaborazione a
pagamento di vario genere.
Un aspetto che spesso resta nascosto all'utente è l'influenza di alcune forma di pagamento sul contenuto di indici e motori. Le modalità possibili sono diverse: pay for inclusion, che implica un pagamento per essere presenti tra le risorse indicizzate o per avere un'indicizzazione rapida (per esempio, entro 15 giorni) come avviene, ad esempio, per Look Smart e per alcune sezioni di Yahoo! ; "pay for click through", per cui il possessore di un sito paga alla directory una cifra stabilita ogni volta che un utente entra nelle sua pagine passando attraverso la directory ; "pay for placement" con cui i siti paganti vengono elencati nella directory in un ordine che dipende dalla cifra pagata ; "pay for appearance" assicura a chi paga l'evidenziazione del sito (per esempio, in neretto o con icone, ecc); pay for display, in cui il pagamento consente di ottenere un frame con una pubblicità personalizzata. Un problema la cui rilevanza risulta accentuata quando la ricerca viene effettuata con un metamotore di ricerca. I metamotori scelgono quali indici e motori utilizzare e potrebbero escluderne alcuni che, come per esempio GOTO, basano le loro scelte su tale genere di criteri, ma in realtà non lo fanno. L'ottica di mercato pare annullare ogni considerazione sulla qualità del servizio offerto.
La domanda che conclude la sessione è la più interessante ed aperta che possa farlo: cosa ci riserva il futuro? È certo che gli utenti proprio in questa fase di scoperta della Rete e ancora di alfabetizzazione necessitino di una guida esperta che li consigli e li aiuti a districarsi in un mondo così vasto e caotico. Sia dal mondo bibliotecario che dal mondo che possiamo definire "commerciale" vi è la consapevolezza di tale necessità e le offerte di servizi di consulenza sono, infatti, numerose. I vari Ask a librarian o Ask a question di ambito bibliotecario coesistono con i servizi expert come quello di Yahoo! Occorre però chiedersi quanto in realtà i due mondi intendano dialogare per fornire servizi di qualità all'utente o, forse ancora in altri termini, quanto il dialogo sia possibile in due ambiti che sono dominati da dinamiche e interessi completamente diversi. È certo tuttavia che una collaborazione che valorizzi le competenze di professionisti che agiscono, magari con ottiche diverse, sulla stessa materia è non solo auspicabile, ma necessaria per migliorare e rendere più efficaci gli strumenti di Internet che consentono di soddifare la richiesta informativa degli utenti comuni ai due mondi.
Tema centrale della sessione pomeridiana è stato l'accessibilità dei siti web,
in particolare dei siti della pubblica amministrazione. Alcuni spunti di riflessione proposti
dal coordinatore hanno dato avvio alla discussione. Quando si parla di accessibilità si
devono tenere in considerazione alcune problematiche apparentemente diverse, ma correlate fra
loro. In primo luogo, ci si riferisce alle infrastrutture di Rete: i tempi di accesso assumono
importanza particolare e si scontrano con le esigenze di tipo commerciale che portano
all'utilizzo di strumenti come gli applet Java, e quindi alla presenza di animazioni e
interfacce interattive di diverso genere, che hanno ricadute sull'accessibilità in
quanto i costi di collegamento aumentano, e che possono rendere il sito addirittura
inaccessibile per determinate categorie di utenti.
Inoltre, a chi spetta l'alfabetizzazione informatica del cittadino? Non si rischia di avere dei
cittadini di serie A e dei cittadini di serie B?
Il linguaggio della burocrazia è per definizione inaccessibile. Può Internet
semplificare la vita al cittadino, snellendo l'iter burocratico e semplificandone il linguaggio?
Quali contenuti hanno e quali dovrebbero avere i siti pubblici? Spesso si ha l'impressione che i
siti della pubblica amministrazione non siano altro che vetrine dietro le quali in
realtà non c'è nulla. Fermo restando che alcuni sforzi iniziano ad essere fatti
da parte del governo italiano, si deve registrare comunque un certo ritardo in questo senso
della nostra cultura amministrativa.
E infine, qual è e quale dovrà essere il ruolo delle biblioteche nella diffusione
dell'informazione pubblica?
Interessante, anche in questo caso, sentire l'opinione di chi opera sempre nel mondo dell'informazione e dell'intermediazione, ma in ambito giornalistico e non bibliotecario, che si trova anch'egli a percepire una necessità di cambiamento nell'organizzazione del lavoro e nella mentalità o meglio di adattarsi ad un cambiamento che si impone necessariamente. La quantità di materiale informativo disponibile è aumentata ed è più facile trovare ogni genere di materiale cercato, ma allo stesso tempo il lettore di un giornale ha molte più possibilità di controllare il contenuto di un articolo del giornale poiché può accedere direttamente alle stesse fonti informative per mezzo di Internet. Questo presuppone però che dietro le pagine web vi siano dei contentuti e che siano organizzati in maniera da essere accessibili. In linea generale, Internet ha aumentato le aspettative del cittadino ed ha creato la presunzione di un diritto che prima non c'era. Questo vale per tutti, poiché il problema dei cittadini di serie A e di serie B dovrebbe essere superato e in futuro l'accessibilità dovrebbe essere garantita a tutti fornendo punti di accesso a Internet pubblici, ad iniziare proprio dalle biblioteche. Il cittadino che scrive al sindaco si aspetta una risposta o almeno la conferma che il sindaco abbia letto il suo messaggio. Chi crea i siti web nella pubblica amministrazione ne deve essere consapevole, deve sapere che si espone ad un'interazione. Ma si tratta di un rischio che la pubblica amministrazione deve correre perché deve garantire la sua visibilità. Non è difficile dunque capire come si renda necessario un cambiamento della mentalità oltre che dell'organizzazione del lavoro, per evitare di ritrovarsi di fronte ai problemi ben noti nelle nostre biblioteche nelle quali le iniziative in questo senso intraprese da pochi si scontrano poi con la mentalità generale che domina la pubblica amministrazione.
Il progresso tecnologico renderà sempre più facile disporre di strumenti di
comunicazione il cui costo diminuirà progressivamente. Ma le condizioni attuali lasciano
presupporre che l'accesso a tali strumenti, Internet in particolare, sarà sempre
più differenziato in quanto determinato dalle condizioni sociali ed economiche che
influenzano l'utilizzo della Rete. Internet è oggi uno strumento per accedere a servizi
commerciali più che ai documenti della pubblica amministrazione, e presumibilmente anche
in futuro l'accesso del cittadino ad Internet sarà in generale un accesso al mercato
commerciale. Allo stato attuale si registra una situazione difforme che presenta scompensi
notevoli in quanto alcuni paesi per motivazioni economiche sono esclusi dalla possibilità
di utilizzo di tali strumenti. In alcune aree del mondo non esistono le infrastrutture adeguate
(per esempio, il cablaggio) né vi è la possibilità di realizzarle e l'accesso ad
Internet sarà in modo crescente attuato attraverso strumenti alternativi come i telefonini
o con modalità simili alle quali chi ha interessi commerciali dovrà adeguarsi.
Ma anche all'interno dei singoli paesi gli accessi sono differenziati proprio per le diverse
modalità e possibilità con cui si accede alla Rete. L'utilizzo di strumenti
più sofisticati, come gli applet Java, rischia di escludere dall'accesso all'informazione
parecchie categorie di cittadini e quindi di utenti, anche per quanto riguarda i siti della
pubblica amministrazione. Appare dunque indispensabile che chi costruisce i siti ne tenga conto
dal punto di vista tecnico.
La poca considerazione che, invece, tali elementi assumono nella pubblica amministrazione
è fin d'ora visibile nelle nostre biblioteche dove non se ne tiene conto, non solo nei
siti di vecchia costruzione ma anche in quelli recenti. Un'analisi degli OPAC delle biblioteche
italiane rivela come molti non siano accessibili dalla totalità degli utenti escludendo,
per esempio, alcune categorie come le persone con disabilità fisiche. Un ritardo italiano
ingiustificabile, tanto più se la biblioteca deve porsi come punto d'accesso per il
cittadino all'informazione in Internet. Sono proprio i bibliotecari, invece, a fornire la spinta
su questi temi in altri paesi dove, come avviene negli Stati Uniti, vi è certo maggiore
attenzione ai temi dell'accessibilità.
Si tratta probabilmente di un problema le cui radici sono da ricercare a monte nella nostra
pubblica amministrazione. Laddove vi sia una mancanza di organizzazione e un ritardo culturale
di base è indubbio che questi non possano che risultare maggiormente evidenti nel web.
La costruzione e, soprattutto, il mantenimento di un sito efficiente ed efficace che si ponga
come porta d'accesso ai servizi per il cittadino richiede un impegno e un'organizzazione del
lavoro notevoli. Occorre che le risorse siano strutturate e classificate (la classificazione che
è attività fondamentale per il bibliotecario non sempre viene adeguatamente presa
in considerazione da altri), aggiornate e affidabili, ma, soprattutto, occorre offrire dei
servizi. È questa la direzione verso cui va il web. I primi siti che altro non erano se
non trasposizioni di materiale informativo lasciano ora il posto a punti di accesso a servizi
di varia natura, dalla prenotazione del biglietto aereo all'home banking.
Si affianca, quindi, al discorso sull'accessibilità totale dei siti web della pubblica
amministrazione, il tema importante del loro contenuto. La sete di comunicazione e di
visibilità non deve condizionare né far dimenticare le necessità legate ai
contenuti. Un altro aspetto sotto il quale si registra una certa carenza italiana.
L'informazione pubblica si fonda sulla cultura dell'accesso, ma anche sulla cultura della comunicazione e della disponibilità. La cultura dell'accesso che ha portato alla costituzione degli URP è importante, ma è l'ottica del singolo che è interessato a conoscere i documenti che lo riguardano e li richiede. La cultura della comunicazione che dovrebbe caratterizzare l'attività della PA riguarda l'autonoma decisione di trasmettere i dati alla totalità dei cittadini e si affianca alla cultura della disponibilità e della trasparenza dell'amministrazione, ovvero ad un atteggiamento, peraltro tipico delle biblioteche, orientato a facilitare all'utente il reperimento dell'informazione. Internet si presta in particolar modo a tale uso, ad un uso che lo ponga come grande biblioteca della pubblica amministrazione, ma occorre che venga adeguatamente e correttamente sfruttato. Se il materiale offerto non è organizzato in modo da potere essere facilmente trovato, tutto il lavoro svolto diventa inutile. Si tratta di un problema più ampio di organizzazione della conoscenza che vede nei bibliotecari e in un'impostazione biblioteconomia del lavoro un essenziale punto di riferimento. Ne costituisce un esempio la Documentazione di Fonte Pubblica in Rete (DFP) di AIB-WEB, creata da bibliotecari, ma divenuta risorsa essenziale per varie tipologie di utenti, compresi gli stessi amministratori pubblici.
L'informazione nei siti pubblici risulta al momento, oltre che poco accessibile in termini
tecnologici e di contenuto, frammentaria, non completa, (ci si chiede, per fare un esempio,
perché la Gazzetta Ufficiale non possa essere disponibile gratuitamente e completamente
in Rete) con il rischio che a volte non sia conforme a quanto presente, invece, nella
corrispondente documentazione cartacea e diventi quindi non affidabile. Si tratta di elementi
che dovrebbero costituire la base per i documenti posti nel web: l'integrità e la
completezza. Un comune, ad esempio, deve presentare una delibera in tutte le sue parti, ma deve
anche presentare tutte le delibere, sia quelle degli organi in carica sia quelle delle
amministrazioni passate.
I siti pubblici sono, inoltre, caratterizzati da grossa difformità anche all'interno
dello stesso settore amministrativo. I siti dei Provveditorati, per far un esempio, hanno tutti
domini diversi perché sono costruiti in modo diverso. Non vi è un piano comune da
parte della PA e ogni struttura si comporta come meglio crede. Al problema dell'autorevolezza
dei contenuti si aggiunge quello della difficile identificabilità dei siti.
Una serie di elementi che hanno generato e generano confusione nel cittadino e nella stessa
amministrazione pubblica. I primi creatori di documenti web sono stati presi a modello dagli
altri ma spesso si è trattato di modelli non validi. L'assenza di linee di condotta
precise a cui far riferimento costituisce ancora oggi la causa di comportamenti e stili
difformi che spessi risulta in un vero e proprio ostacolo all'accessibilità. Sovente,
inoltre, a causa del predominio nel web del mondo commerciale i cui obiettivi sono di attirare
l'utente e trattenerne l'attenzione per poter vendere, ci si dimentica che i criteri utilizzati
dagli operatori commerciali nella Rete non possono e non devono permeare totalmente le scelte
di chi opera, invece, in un'ottica non commerciale.
Diventa, quindi, auspicabile l'adozione in ambiti istituzionali di linee di comportamento
prestabilite, non certo regole, ma uno statuto di principi che siano condivisi e seguiti da
tutta l'amministrazione pubblica. Ma allo stesso tempo si pone il problema di chi dovrà
creare e far rispettare tali principi. In altre parole, chi dovrà alfabetizzare coloro i
quali mettono a disposizione le informazioni sul web?
In altre nazioni sono già presenti regolamentazioni in tal senso. Stati Uniti, Gran
Bretagna e Francia, ad esempio, si sono dotati di norme precise rispetto ai contenuti minimi
dei siti pubblici. In Italia, una legge appare di più difficile realizzazione, ma è necessario almeno pensare alla creazione di linee di condotta precise, partendo, si auspica, come
è avvenuto in altri paesi, dall'esperienza dei bibliotecari. Un'esperienza che si basa
sull'organizzazione efficace della conoscenza e sull'impegno a garantire l'accessibilità
alla conoscenza a tutte le categorie di utenti.
Un uso adeguato dello strumento Internet consentirebbe di agevolare quel processo di
comunicazione tra il cittadino e la pubblica amministrazione che dovrebbe essere alla base di
ogni democrazia. Si tratta di uno strumento che ben si presta ad un uso democratico, come
evidenziato, ad esempio, dal caso Napster che è riuscito a mettere in discussione un
business consolidato e che renderà necessario ripensare le strategie commerciali che
dominano il mondo musicale. È sicuro che i concerti continueranno ad essere fatti in piazza e non sul
web, ma il web ne renderà possibile l'ascolto anche a chi non può andare in piazza.
Tuttavia, per comunicare efficacemente occorre che i due interlocutori, la pubblica
amministrazione e il cittadino, parlino la stesso linguaggio che deve essere un linguaggio
semplice e diretto e accessibile a tutti. La semplicità diventa quindi elemento
essenziale nella gestione dei nuovi strumenti di comunicazione. E non occorre certo ricordare
che semplicità non vuol dire scarsa qualità. Una maggiore attenzione a tutte le
tipologie di utenti si traduce automaticamente in un servizio migliore per tutti.
Copyright AIB
2001-02-25,
a cura di Rossana
Morriello
Homepage AIB-WEB
| Homepage XLVII Congresso