Durante il 47. Congresso nazionale dell'Associazione italiana biblioteche a Bibliocom, tenutosi a Roma dal 25 al 27 ottobre 2000, si è svolto il terzo seminario di AIB-WEB che, nella giornata di venerdì 27, ha proposto alcuni importanti temi di discussione organizzati in due tavole rotonde e articolati sulla domanda che ha dato il titolo al seminario Internet, intermediari e utenti: un linguaggio comune?
La sessione mattutina coordinata da Riccardo Ridi ruotava attorno alla significativa citazione mozartiana: Madamina, il catalogo è questo. E il catalogatore chi è? ed ha visto il confronto al tavolo di discussione di bibliotecari e gestori dei nuovi strumenti di ricerca del mondo di Internet. Sono intervenuti: Claudio Gnoli, bibliotecario dell'Università di Milano e redattore di AIB-WEB, Rosella Migliavacca responsabile delle pubbliche relazioni di Yahoo! Italia, e Mariateresa Pesenti, documentalista, libera professionista e collaboratrice di AIB-WEB.
Nel pomeriggio la sessione coordinata da Gabriele Mazzitelli ha avuto come tema specifico l'accessibilità all'informazione attraverso i siti Web, con particolare riferimento alla pubblica amministrazione, sintetizzato dal titolo Accessibilità: diritto dei cittadini, dovere della pubblica amministrazione. Sono intervenuti: Vanni Bertini, bibliotecario, Il Palinsesto, redattore AIB-WEB, Franco Carlini, giornalista, Giovanna Sissa, responsabile sistemi informativi e comunicazione del Ministero della pubblica istruzione, Fernando Venturini, bibliotecario della Camera dei Deputati e collaboratore di AIB-WEB.
Il dibattito acceso su temi di interesse così attuali e importanti nel mondo dei bibliotecari ha naturalmente coinvolto il pubblico presente che ha a sua volta fornito numerosi spunti per la discussione.
In entrambe le sessioni ha assunto particolare rilevanza il poter ascoltare le voci non solo dei bibliotecari, ma di altri agenti coinvolti a vario titolo nel mondo dell'informazione e dare così vita ad un necessario e imprescindibile confronto tra chi opera in tale mondo in particolare nell'ambito specifico di Internet.
Internet è stato definito nel giornalismo "un bibliotecario ubriaco" e a tale definizione ha subito fatto seguito la precisazione che allora serve "un bibliotecario sobrio". Da questa citazione, il coordinatore della sessione mattutina ha aperto il dibattito con una domanda cruciale: cosa c'è da imparare gli uni dagli altri, cosa cioè i vari operatori sono in grado di ricevere in termini di feedback dall'esperienza degli altri. I bibliotecari si sono occupati per secoli dell'informazione e la domanda che tutti ci poniamo è proprio se i nuovi agenti, come i gestori di motori di ricerca, ne hanno tenuto e ne tengono conto. D'altra parte è indubbio che anche i bibliotecari hanno qualcosa da apprendere da chi è riuscito a imporsi in maniera così radicale e in breve tempo nel mondo dell'informazione.
Sebbene da entrambe le parti si auspichi una collaborazione e uno scambio di esperienze, almeno a parole, nei fatti la situazione attuale pare invece essere di quasi totale incomunicabilità. I gestori dei motori di ricerca si trovano a dover compiere un tipo di lavoro molto simile a quello che hanno sempre svolto i bibliotecari, tanto che da parte della rappresentante di Yahoo! i surfers che si occupano di costruire e mantenere aggiornata la loro directory di risorse vengono definiti "i bibliotecari del 2000", ma non sembrano essere poi così interessati, né forse consapevoli, di quanto i bibliotecari possano offrire con la loro consolidata esperienza. Preoccupazioni tipicamente bibliotecarie come la selezione e lo scarto, la catalogazione e la classificazione delle risorse attraverso strumenti adeguati, la necessità di coordinamento delle attività di catalogazione e classificazione per garantire un certo livello di uniformità, lo studio degli strumenti disponibili al reference librarian per indirizzare l'utente verso la risorsa più adatta non paiono invece permeare l'attività dei nuovi agenti del mondo dell'informazione. Il quasi completo disinteresse per strumenti potenzialmente utili ed efficaci e d'altro canto affini a quelli in uso tra i bibliotecari come i metadata ne è una dimostrazione. E allo stesso tempo appare significativo che laddove si tenti di fornire un servizio di qualità, basato sul lavoro umano e non su sistemi automatici e un certo valore aggiunto sia impossibile non sconfinare in ambiente bibliotecario, come avviene con lo stesso schema classificatorio di Yahoo! compatibile con la classificazione Dewey, con la struttura simile a quella di un thesaurus bibliotecario adottata da Godado o con altri tentativi di applicare classificazioni bibliotecarie (principalmente Dewey o LC, a volte CDU).
È evidente, inoltre, che sebbene l'estrema attenzione che tali operatori hanno nei confronti degli utenti sui quali modellano i loro servizi sia, in certa misura, da prendere in considerazione da parte del mondo bibliotecario dove molto spesso, invece, tale centralità dell'utente viene meno, non è possibile non valutare gli aspetti commerciali che sottendono a certi comportamenti. I molteplici interessi in gioco nel mondo di Internet sono causa di stili e scelte diversificate che hanno conseguenze di cui l'utente meno smaliziato non è in grado di accorgersi. Se è compito del bibliotecario assistere l'utente e selezionare per lui le risorse, ed istruirlo ad un loro uso consapevole, fa parte però della sua deontologia anche dire di no quando una risorsa non è disponibile. Si tratta però di una soluzione non accettabile nella logica di mercato che permea il mondo dei motori di ricerca secondo la quale non si può mandare via il cliente senza avergli venduto qualcosa. Ecco allora che si verifica spesso il caso in cui se una risorsa non è presente nella directory di un motore di ricerca questo ci rinvia automaticamente ad un'altra directory, anche di un altro motore concorrente, pur di non dovere dire no, non l'abbiamo. Ma l'utente spesso non ne è consapevole. È ovvio, inoltre, che come avviene nel commercio, si arrivi poi ad accordi tra operatori per l'inclusione e l'evidenziazione di determinati siti piuttosto che altri e di collaborazione a pagamento di vario genere (per l'inclusione di un sito nella directory di un motore, per il suo aggiornamento rapido, per evidenziarlo maggiormente, per il suo posizionamento più in alto nell'elenco delle risorse). Modalità e accordi che non sono noti all'utente il quale può ritrovarsi a visitare un sito non perché più rilevante per la sua ricerca, ma perché ha pagato di più.
Gli altri temi emersi durante la discussione sono stati numerosi, e la sessione si è conclusa con una significativa domanda aperta su cosa ci riserva il futuro. Sebbene sia difficile dirlo, data la relativa novità del fenomeno Internet per l'Italia dove solo negli ultimi anni, con la disponibilità dei servizi di accesso gratuito, l'uso della rete è aumentato considerevolmente (anche se non ancora in maniera consapevole ed efficace), un dato appare evidente: la confusione è grande e la necessità di servizi di orientamento e assistenza all'utente è sentita. Ma quale sarà il ruolo riservato al bibliotecario?
Tema centrale della sessione pomeridiana è stato l'accessibilità dei siti Web, in particolare della pubblica amministrazione. Alcuni spunti di riflessione proposti dal coordinatore hanno dato avvio alla discussione. Quando si parla di accessibilità si devono tenere in considerazione alcune problematiche apparentemente diverse, ma correlate fra loro. In primo luogo, ci si riferisce alle infrastrutture di rete: i tempi di accesso assumono importanza particolare e si scontrano con le esigenze di tipo commerciale che portano all'utilizzo di strumenti come gli applet Java, e quindi alla presenza di animazioni e interfacce interattive di diverso genere, che hanno ricadute sull'accessibilità in quanto i costi di collegamento aumentano, e che possono rendere il sito addirittura inaccessibile per determinate categorie di utenti. Inoltre, a chi spetta l'alfabetizzazione informatica del cittadino? Non si rischia di avere cittadini di serie A e cittadini di serie B? Il linguaggio della burocrazia è per definizione inaccessibile. Può Internet semplificare la vita al cittadino, snellendo l'iter burocratico e semplificandone il linguaggio? Quali contenuti hanno e quali dovrebbero avere i siti pubblici? Spesso si ha l'impressione che i siti della pubblica amministrazione non siano altro che vetrine dietro le quali in realtà non c'è nulla. Fermo restando che alcuni sforzi iniziano ad essere fatti da parte del Governo italiano, si deve registrare comunque un certo ritardo in questo senso della nostra cultura amministrativa. E infine, qual è e quale dovrà essere il ruolo delle biblioteche nella diffusione dell'informazione pubblica? Interessante, anche in questo caso, poter ascoltare le opinioni di diversi operatori e ancor più considerare che concordano tra loro sui grandi temi legati all'accessibilità. Punto di partenza imprescindibile, ma ancora non pienamente realizzato, la necessità di un cambiamento non solo di organizzazione del lavoro, ma anche di mentalità, che la rete impone soprattutto nell'ambito della pubblica amministrazione. La presenza di Internet aumenta le aspettative del cittadino e crea la presunzione di un diritto che prima non c'era. Se il cittadino scrive un e-mail al sindaco presume che qualcuno gli risponda, perlomeno per garantirgli che il messaggio è stato letto. Una cattiva organizzazione diventa, quindi, ancora più visibile attraverso Internet che si pone come strumento privilegiato di trasparenza, di quella trasparenza che peraltro si auspica nella pubblica amministrazione. In termini tecnici tale discorso implica che la costruzione di siti Web tenga in considerazione la necessità di renderli accessibili da tutti i cittadini, ovvero di renderli accessibili da tutti i browser, anche quelli più vecchi, da coloro che dispongono di collegamenti più lenti, da coloro che hanno disabilità fisiche, da coloro che vi accedono con strumenti diversi, come i telefonini (l'utilizzo di tali strumenti sarà sempre più accentuato in futuro soprattutto nei paesi poveri che non dispongono delle infrastrutture necessarie per creare i collegamenti tradizionali). Si tratta di una serie di accorgimenti tecnici dai quali fin d'ora si dovrebbe partire nella costruzione dei siti che dovrebbero mirare all'essenzialità e alla semplicità (il che non significa creare dei sottoprodotti). In realtà, però, ciò non avviene e, soprattutto in Italia, si registra una scarsa attenzione a questi temi. Le stesse biblioteche che dovrebbero svolgere un ruolo fondamentale nel garantire l'accesso all'informazione, proprio per evitare che si creino cittadini di serie A e cittadini di serie B, vi sono poco attente. Gli OPAC, e non solo quelli più vecchi ma anche quelli di recente creazione, sono spesso inaccessibili a molte categorie di utenti. Naturalmente, un altro aspetto essenziale dell'informazione pubblica su Internet riguarda i contenuti. La situazione attuale è certo poco uniforme e spesso carente da questo punto di vista. Potenzialmente gran parte della documentazione pubblica di un ente potrebbe essere inserita e organizzata in un sito Web e resa quindi accessibile al cittadino. Ma ciò implica in primo luogo un lavoro di classificazione del materiale in maniera tale che l'utenza lo ritrovi agilmente. Inoltre, perché il sito di un ente pubblico sia effettivamente uno strumento di comunicazione con il cittadino è necessario un grosso lavoro non solo per costruirlo, ma per mantenerlo aggiornato e farlo funzionare. Occorre che vi sia una responsabilità della pubblica amministrazione rispetto ai contenuti che garantisca la loro rispondenza puntuale agli originali, la loro integrità (deve essere presente tutto il documento) e la completezza (devono essere presenti tutti gli atti e non solo una parte). Ecco, quindi, che il discorso alfabetizzazione informatica assume un altro risvolto. Chi deve alfabetizzare coloro i quali mettono a disposizione le informazioni sul Web? Finora l'assenza di linee guida in questo senso ha provocato una grande difformità, lasciando il campo libero all'ottica commerciale che domina la rete. Si sente pressante, quindi, la necessità di una serie di principi e linee di comportamento, che garantiscano uno standard qualitativo e una soglia minima di accessibilità in termini tecnici e di contenuti ai siti della pubblica amministrazione che vengano emanate però dall'alto, dal Governo, come già avviene per esempio in Francia o negli Stati Uniti. Proprio in questi paesi i bibliotecari hanno un ruolo importante nel promuovere i temi legati all'accessibilità. Ed è auspicabile che ciò possa succedere anche in Italia poiché i bibliotecari da sempre coinvolti nell'organizzare e favorire l'accesso alla conoscenza sono sicuramente più d'altri vicini alle diverse problematiche insite nel tema dell'accessibilità.