Osservazioni sul DM 11 aprile 2023, n. 161

L’Associazione italiana biblioteche – con i rappresentanti di Società scientifiche e consulte universitarie, Associazioni dei dottorandi/e, assegnisti/e di ricerca e giovani ricercatori/rici e Associazioni di professionisti e di istituti del patrimonio culturale – ha sottoscritto un documento di osservazioni sul DM 11 aprile 2023, n. 161 (che introduce nuovi criteri di tariffazione sulla riproduzione e il riuso di beni in consegna a istituti e ai luoghi della cultura statali) inviato al Ministro della cultura Gennaro Sangiuliano allo scopo di favorire un confronto.

Testo completo delle osservazioni

Roma, 2 maggio 2023

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A proposito del DM 11 aprile 2023, n. 161 che introduce nuovi criteri di tariffazione sulla riproduzione e il riuso di beni in consegna a istituti e a luoghi della cultura statali

L’emanazione delle Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali (DM 11 apr. 2023, n. 161 del Ministero della Cultura) ha suscitato perplessità e apprensione tra i membri delle associazioni scientifiche e professionali da noi rappresentate. Anche perché circa un anno fa le nostre associazioni erano state formalmente coinvolte nella redazione delle Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale, emanate dallo stesso Ministero della Cultura a giugno 2022. 
Il fatto che il nuovo DM 161 annoveri il rilascio e l’uso delle riproduzioni di beni culturali tra gli usi soggetti a concessione non appare coerente con il dettato delle precedenti Linee Guida cui abbiamo contribuito. 
Duole constatare che il mancato coinvolgimento delle comunità di riferimento rappresentate dalle associazioni degli studiosi, dei professionisti e degli utenti di archivi, biblioteche e musei abbia portato a delineare un quadro operativo di difficile attuazione per gli uffici del Ministero e non coerente con le direttive europee e con gli orientamenti scientifici internazionali in materia di promozione dell’accesso aperto, di riuso di fonti e dati della ricerca, di valorizzazione del patrimonio culturale. 
Auspichiamo quindi l’apertura di un confronto che, coinvolgendo le parti interessate, giunga a individuare i correttivi che possano rendere la norma virtuosa, coordinata con le normative vigenti e concretamente applicabile.

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Il DM 11 aprile 2023 n. 161 ha definito gli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi di concessione degli spazi e per la riproduzione dei beni culturali presenti in archivi, biblioteche e musei statali. Si evidenziano di seguito le criticità relative ai criteri adottati relativamente alle riproduzioni e al loro riuso.     

Riproduzioni senza scopo di lucro

Il codice dei beni culturali e del paesaggio, come è noto, rende libere le riproduzioni svolte per fini diversi dal lucro, mentre sottopone ad autorizzazione condizionata al versamento di compensi le utilizzazioni commerciali (artt. 107-108). 

Il decreto in esame identifica tali utilizzazioni libere e gratuite nella riproduzione e nella divulgazione a scopo non di lucro e in modo tale che le copie non possano essere ulteriormente riprodotte per finalità di studio, ricerca, espressione creativa, discussione, promozione culturale. 

Stabilisce però un tariffario minimo per i rimborsi delle spese di fornitura o esecuzione di riproduzioni a scopo non lucrativo richieste da privati o da enti. 

Relativamente a questo punto, ci sembra necessario chiarire, nel rispetto dell’art. 108, che le riproduzioni eseguite direttamente dall’utente (senza uso di treppiede o contatto con il bene) non devono essere oggetto di alcun rimborso spese, dato che nella fattispecie non vi è alcun servizio erogato dall’istituto se non quello di porre il bene in consultazione secondo il suo dovere istituzionale.  

Riguardo poi al tariffario che elenca i rimborsi per ciascun tipo di servizio, non è chiaro come siano calcolati i relativi costi vivi (gli unici da dover essere rimborsati) e preoccupa, ad esempio, che:

  • per ottenere 40 pagine di fotocopie a colori in formato A4, uno studente, uno studioso, un cittadino interessato ad ottenerle debbano sostenere la spesa di 20 euro, oltre agli eventuali costi di spedizione;
  • il costo della copia digitalizzata (con stampa su file) delle stesse 40 pagine, risulti addirittura raddoppiato (se a bassa risoluzione) o triplicato (se a media risoluzione), quando invece dovrebbe essere molto inferiore rispetto a quello della stampa su carta, considerato che il costo della produzione di una copia digitale a bassa o media risoluzione, ottenibile con una normale fotocopiatrice, è inferiore a quello di una stampa su carta, trattandosi delle stesse operazioni necessarie per la produzione delle fotocopie su carta, meno quelle della stampa su carta, con risparmio sui relativi costi. 

Riproduzioni a scopo di lucro

I canoni sulle utilizzazioni commerciali sono basati sulle tariffe di rimborso previste dalla stessa classificazione delle diverse fattispecie, moltiplicate per determinati coefficienti. Ne deriva un sistema di calcolo non facilmente comprensibile, relativamente al quale – trattandosi di importi minimi – si invitano poi i singoli istituti statali a definire un proprio tariffario che, conseguentemente, può essere addirittura in aumento. 

In questa classificazione degli usi commerciali viene inoltre fatta rientrare la pubblicazione di prodotti editoriali, segnando un netto passo indietro rispetto alle Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale, adottate dall’Istituto Centrale per la Digitalizzazione del Patrimonio Culturale del Ministero della Cultura nell’ambito del Piano nazionale per la digitalizzazione nel giugno 2022, che avevano avuto il merito di rendere gratuita la pubblicazione di immagini di beni culturali statali in qualsiasi prodotto editoriale, indipendentemente dalla tiratura, dal prezzo di copertina e dalla tipologia del prodotto editoriale, al fine di “agevolare in primis la divulgazione della ricerca scientifica e la valorizzazione del patrimonio culturale, come esplicitamente previsto dal Codice, ma più in generale di promuovere il sistema editoriale, già frequentemente oggetto di contributi e forme di sostegno economico da parte del governo, anche in considerazione dei limitati margini di ricavi per autori ed editori di pubblicazioni riproducenti beni culturali”. Un’altra interessante argomentazione a fondamento di quella indicazione era (e resta!) che “la perdurante applicazione di diritti di riproduzione sui prodotti editoriali a medio termine potrebbe indurre l’editoria nazionale e internazionale a ricercare immagini di opere d’arte dai siti web di istituti culturali stranieri che già permettono il libero download e riutilizzo delle stesse immagini, con il rischio quindi di una progressiva marginalizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese”.

In particolare, il nuovo decreto ministeriale prevede una tariffazione (aggiuntiva ai costi del servizio di riproduzione) per tutti prodotti editoriali stampati in più di 1.000 copie e con un prezzo di copertina superiore a 50 euro. La tariffa, che lievita progressivamente con l’aumentare del numero di copie e del prezzo di copertina, opera indipendentemente dal fatto che la pubblicazione sia una monografia o un articolo su rivista scientifica. In tal modo si torna indietro persino rispetto al DM 8 aprile 1994, che prevedeva soglie di gratuità ben più alte per le monografie (70 euro e 2000 copie di tiratura), nonché la totale gratuità per le pubblicazioni nei periodici che ora vengono tariffati. Considerato che gli autori non percepiscono alcun compenso per la pubblicazione di articoli su riviste scientifiche, costringerli a pagare per integrare riproduzioni di beni culturali di pubblico dominio nell’articolo in funzione della tiratura della rivista non solo li pone in condizione di svantaggio rispetto ai loro colleghi tedeschi o francesi o di area anglosassone, che possono contare su finanziamenti alla ricerca scientifica decisamente maggiori di quelli disponibili in Italia, ma li indurrà, alternativamente,

  • a non pubblicare su riviste ad alta tiratura, rinunciando alla più ampia diffusione e valutazione dei propri prodotti di ricerca; 
  • a concentrare le loro ricerche su altri oggetti, rinunciando a valorizzare quelli posseduti dagli istituti culturali dello stato.

Non solo. In caso di e-book si dovrà tenere conto del “numero di download stimati”: quindi gli autori (perché, come si è detto, per le pubblicazioni scientifiche è sugli autori o sui loro enti di appartenenza che gravano questi costi) dovrebbero preoccuparsi di controllare periodicamente sul sito quanti download del proprio articolo vengano effettuati e, qualora il numero di download effettivi superi quello stimato, informare tempestivamente l’istituto concedente “per consentire a quest’ultimo di determinare un corrispettivo integrativo”.  

Tale adempimento appare gravemente oneroso sia per l’utente chiamato a una verifica periodica su ogni tipo di pubblicazione di questo genere, sia per l’Amministrazione chiamata a monitorarne la corretta attuazione

Compatibilità del decreto con altre fonti e considerazioni finali

Paradossalmente, l’impostazione del decreto ministeriale appare difficilmente compatibile con le finalità delle pubblicazioni in formato elettronico e ad accesso aperto previste sia dai Piani d’azione del Ministero per l’Università e la Ricerca, che eroga fondi attraverso i Progetti di Rilevante Interesse Nazionale, sia dai Piani d’azione della Commissione Europea per la Scienza aperta e dai finanziamenti attribuiti dall’European Research Council e con le Marie Skłodowska-Curie Actions, che stanno dando ossigeno ai nostri Atenei. Le pubblicazioni in accesso aperto sono ormai imprescindibile mezzo di disseminazione dei risultati della ricerca anche in ambito umanistico, intese appunto a dare alla ricerca, specie se pubblicamente finanziata, la massima visibilità e conoscibilità e il più ampio impatto nella comunità non solo scientifica ma dei cittadini nel loro insieme.

Un ulteriore vincolo è quello introdotto dall’art. 2, c. 2 del decreto ministeriale, per il quale “indipendentemente dal canone o dal corrispettivo individuato, la concessione per l’uso e la riproduzione dei beni culturali è comunque subordinata alla previa verifica di compatibilità della destinazione d’uso della riproduzione con il carattere storico-artistico dei medesimi beni culturali, ai sensi dell’articolo 20 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”.  Si osserva a questo proposito che il riferimento all’art. 20 del Codice, che vieta la distruzione, il danneggiamento e la destinazione di beni culturali ad usi “non compatibili con il loro carattere storico o artistico” può essere fatto valere per le concessioni d’uso degli spazi e per l’uso fisico dei beni culturali, ma non per le riproduzioni, che ne costituiscono la proiezione immateriale. Ci sembra che questo vincolo sia non solo illegittimo, perché esorbitante rispetto all’ambito applicativo dell’art. 20 del Codice, ma addirittura incostituzionale: sottoporre a controllo e concessione statale l’uso sociale delle riproduzioni del patrimonio pubblico, vale a dire la destinazione d’uso delle riproduzioni, costituisce infatti una violazione delle libertà costituzionali di espressione, di ricerca, di apprendimento lungo l’arco di tutta la vita (artt. 21, 33, 34, 35) oltre che di diffusione della cultura (art. 9).

Spiace che per la stesura del decreto non siano state prese in considerazione le ragioni delle associazioni rappresentative di archivi, biblioteche e musei italiani e quelle rappresentative degli utenti degli istituti, che anche in anni recenti si sono più volte pubblicamente espresse a favore della più ampia riutilizzabilità delle riproduzioni del patrimonio culturale. Se però, come riconosce anche la Convenzione di Faro (recepita con legge 1° ottobre 2020, n. 133) il diritto al patrimonio culturale è inerente al diritto di partecipare alla vita culturale, la più ampia e piena valorizzazione del patrimonio culturale nazionale non può che comportare politiche pubbliche a sostegno del suo utilizzo più ampio e pieno possibile, senza discriminazioni reddituali e finanziarie tra utenti (persone ed enti, pubblici e privati).  Per queste ragioni, confidiamo nella disponibilità del Ministro a introdurre adeguati correttivi al decreto in oggetto e ci rendiamo pienamente disponibili a dialogare con le strutture ministeriali per tutti gli approfondimenti necessari.  

 

Elenco e contatti dei Firmatari

Società scientifiche e consulte universitarie:

Prof. Paola Barbera, Presidente

dell’Associazione Italiana di Storia dell’Architettura (AISTARCH)

Prof. Marina Buzzoni, Presidente 

dell’Associazione per l’Informatica Umanistica 
e la Cultura Digitale (AIUCD)

Prof. Daniela Luigia Caglioti, Presidente

della Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea (SISSCO)

Prof. Paola Castellucci, Presidente 

della Società Italiana di Scienze Bibliografiche e Biblioteconomiche (SISBB)

Prof. Antonino De Francesco, Presidente 

della Società Italiana per la Storia dell’Età Moderna (SISEM)

Prof. Paolo Eleuteri, Presidente

della Consulta universitaria dei Paleografi, Diplomatisti, Codicologi (CUPaDiC)

Prof. Giacomo Manzoli, Presidente della Consulta Universitaria del Cinema Prof. Antonella Meniconi, Presidente della Società per gli studi di storia delle istituzioni Prof. Serge Noiret, Presidente

dell’Associazione Italiana per la Public History

Prof. Francesco Panarelli, Presidente della Società Italiana per la Storia Medievale (SISMED) Prof. Laura Pani, Presidente dell’Associazione Italiana dei Paleografi e Diplomatisti (AIPD) Prof. Federico Valacchi, Presidente dell’Associazione Italiana Docenti Universitari di Scienze Archivistiche (AIDUSA)

Associazioni di giovani ricercatori

Dott. Rosa Fioravante, Segretario dell’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia (ADI)

Associazioni di professionisti e di istituti del patrimonio culturale (MAB, Musei Archivi Biblioteche)

Dott. Angela Abbadessa, Presidente 
della Confederazione Italiana Archeologi (CIA)
Dott. Alessandro Garrisi, Presidente dell’Associazione Nazionale Archeologi (ANA) Dott. Michele Lanzinger, Presidente dell’International Council 
on Museums (ICOM) – Italia
Dott. Rosa Maiello, Presidente dell’Associazione Italiana Biblioteche (AIB) Dott. Micaela Procaccia, Presidente dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana (ANAI) Dott. Melania Zanetti, Presidente dell’Associazione Italiana 
dei Conservatori e Restauratori 
degli Archivi e delle Biblioteche (AICRAB)