Nuova disciplina del prezzo dei libri e biblioteche

15/06/2012

Pubblichiamo il testo dell’intervento di Stefano Parise, presidente AIB, in occasione del convegno di inaugurazione del 6. corso della Scuola librai italiani di Orvieto

L’Associazione Italiana Biblioteche ha espresso pubblicamente sin dal luglio scorso un giudizio fortemente negativo sulla L. 128/2011, che ha penalizzato il servizio bibliotecario generando, per di più, un contrasto all’interno della filiera del quale non si sentiva certamente il bisogno e che anzi si sarebbe potuto facilmente evitare se, nella fase istruttoria del provvedimento, si fosse ascoltata la voce delle biblioteche.
Le critiche che muoviamo al provvedimento sono essenzialmente tre.
1) la previsione di un tetto agli sconti praticabili sulla vendita a biblioteche, archivi, musei pubblici, istituzioni scolastiche e università (fissato al 20% dall’art. 2 c. 4 lett. B della legge) ha eroso sensibilmente il potere d’acquisto di molte biblioteche, specialmente di ente locale, che rappresentano oltre il 50% delle biblioteche italiane. Per dare una dimensione quantitativa al fenomeno basterà ricordare che nella sola Lombardia, dove ogni anno i comuni investono circa 9 milioni di euro per l’acquisto di libri, per ogni punto percentuale di sconto perduto il potere d’acquisto delle biblioteche di ente locale si ridurrà di 90.000 euro, equivalenti a circa 7000 nuovi libri; ciò significa che le sole biblioteche comunali lombarde nel 2012 acquisteranno, a parità di investimento, fra i 30.000 e i 40.000 volumi in meno. Una diminuzione che si ripercuoterà negativamente soprattutto sugli editori minori.
Vorrei sottolineare che tale vincolo ha già portato alcune fra le realtà bibliotecarie più dinamiche (penso, ad esempio, ai grandi sistemi bibliotecari del nord) a individuare una possibile compensazione nella richiesta di servizi ad elevato valore aggiunto (catalogazione dei libri acquistati, messa a disposizione di software dedicati per consentire la gestione cooperativa degli acquisti) che avvantaggiano ulteriormente i pochi fornitori specializzati presenti sul mercato.
Come è noto le biblioteche stanno vivendo un momento particolarmente critico, dovuto ai ripetuti tagli che si abbattono su bilanci già risicati e all’impossibilità di sostituire il personale che va in pensione. Anche in questo caso farò qualche esempio: quest’anno le biblioteche nazionali centrali di Roma e Firenze avranno a disposizione per l’aggiornamento delle loro collezioni 250.000 euro complessivi; la biblioteca Marciana di Venezia, una delle più prestigiose del mondo occidentale, solo 40.000. Siamo di fronte, in tutta evidenza, a una vera e propria Caporetto dello Stato, che sta letteralmente rinunciando a conservare la memoria culturale della nazione. Nel complesso, la progressiva riduzione dei finanziamenti pubblici disposta dagli enti titolari (lo Stato, gli Enti Locali e le Università) ha dimezzato negli ultimi 5 anni il peso della biblioteche come acquirenti sul mercato editoriale, che è passato dal 5% del fatturato complessivo del canale librerie nel 2005 a meno del 3% nel 2010 (dati AIE).

2) La legge 128/2011, collocando le biblioteche nel novero dei “consumatori finali” di fatto ne disconosce il ruolo e la funzione. Le biblioteche non sono semplici acquirenti di libri ma un anello qualificato nella filiera della diffusione dei prodotti editoriali. Esse contribuiscono, con la loro presenza e attività, ad alimentare il confronto delle opinioni attraverso la bibliodiversità, a promuovere la lettura e il libro, a diffondere la cultura, a tutelare il pluralismo dell’informazione, ovvero a realizzare gli obiettivi espliciti della Legge Levi. I servizi delle biblioteche contribuiscono ad ampliare la base sociale dei lettori, prerequisito imprescindibile per rafforzare il mercato librario e per tutelare tutti gli attori della filiera del libro.
Numerose ricerche demoscopiche concordano nell’evidenziare una correlazione diretta fra tassi di lettura e presenza di biblioteche: come afferma Adolfo Morrone, «l’associazione tra la presenza di biblioteche e la lettura è, dal punto di vista statistico, significativa e non casuale» (I lettori di libri in Italia. Domande frequenti e le risposte della statistica ufficiale, paragrafo 6). Nelle aree del nostro paese in cui le biblioteche sono più diffuse e attive si concentra il numero maggiore di lettori, un elemento fondamentale per garantire un ambiente idoneo alla presenza di librerie e di imprese editoriali. La previgente Legge 62/2001 aveva riconosciuto questo ruolo prevedendo un’esenzione specifica a favore delle biblioteche.

3) La L. 128/2001 pare presupporre una dinamica concorrenziale fra biblioteche e librerie, mentre sarebbe logico considerare le prime preziose alleate delle seconde nella promozione della lettura. Le biblioteche non acquistano mai, se non in casi estremamente circoscritti, più di una-due copie per titolo. La nostra politica di servizio tende ad offrire agli utenti il massimo della varietà editoriale. Laddove possibile e consentito dalle risorse a disposizione, si tende a rappresentare (in molti casi a privilegiare) la produzione dei piccoli editori, che viene promossa in vario modo (al contrario dei best sellers, che pure vengono acquistati ma si promuovono da sé).
Esistono numerose ricerche che dimostrano come queste due componenti – diversificazione degli acquisti e scarsità di copie disponibili al prestito – portino a una distribuzione meno concentrata delle letture in biblioteca rispetto alle vendite in libreria, prefigurando un ruolo complementare fra i due soggetti. Quindi anche le biblioteche tutelano la bibliodiversità offrendo una panoramica ampia della produzione editoriale e rendendo disponibili ai lettori le opere non più reperibili sul mercato: penso in particolare alla possibilità che offrono di far leggere o rileggere gli autori che escono dai cataloghi editoriali o non arrivano agli scaffali di tutte le librerie, o di far conoscere la produzione dei piccoli editori o dell’editoria regionale, i cui titoli in libreria – quando arrivano – vengono sommersi dai best sellers e si perdono tra gli scaffali.

In conclusione: l’AIB non è contraria all’esigenza di una regolamentazione del mercato librario che riconosca la specificità del libro, la cui circolazione e disponibilità ha a che fare con la diffusione delle idee e quindi con la democrazia, prima che con l’economia.
Prendo atto che gli amici librai valutino positivamente gli effetti della Legge Levi, anche se in questi mesi non sono mancate polemiche e contrasti per via dei comportamenti elusivi messi in pratica da alcuni editori e catene. Non posso tuttavia accettare che siano esclusivamente le biblioteche a risentire dei suoi effetti collaterali.
Gli sconti rappresentano solo un aspetto di una problematica ben più ampia e la nuova normativa sconta il difetto di non essere stata pensata contestualmente a un legge di rilancio per il libro, la lettura e le biblioteche. Se il riconoscimento di uno statuto privilegiato per il prodotto-libro fosse stato accompagnato da un eguale riconoscimento per le biblioteche e da un impegno a sostenerne adeguatamente l’attività rifinanziando il sistema della pubblica lettura, molte polemiche che hanno accompagnato il provvedimento potevano essere evitate. Non si chiede a editori e librai di finanziare il sistema delle biblioteche, che è compito delle amministrazioni pubbliche, ma di riconoscere alle biblioteche il ruolo che esse hanno nella diffusione (ed esposizione) dei prodotti editoriali. Se però l’attenzione del legislatore si focalizza su una parte (il prezzo del libro) piuttosto che sul tutto (le politiche per la lettura) dando vita a provvedimenti che impattano negativamente solo sull’attività delle biblioteche, non si può in coscienza aspettarsi nient’altro che una levata di scudi.

Per queste ragioni l’AIB chiede, nel merito, di reintrodurre l’esenzione prevista a favore di biblioteche, archivi e musei pubblici dalla legge precedentemente in vigore (L. 62/2001, art. 11 comma 3 lett. i bis), certi che una modifica in tal senso non arrecherebbe alcun pregiudizio ad una norma il cui obiettivo dichiarato consiste nel “contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, allo sviluppo del libro e della lettura, alla diffusione della cultura, alla tutela del pluralismo dell’informazione”.

Per finire, lasciatemi essere franco. Non voglio togliere nulla all’impegno dell’on. Levi. Però a me pare che affermare di voler tutelare il libro prendendo in considerazione solo la variabile del prezzo non significa considerarlo un prodotto di cultura ma una merce comune. Di fronte a un mondo in rapido mutamento nel quale il ruolo della mediazione è seriamente messo in discussione, continuare a discutere solo del prezzo dei libri ha un sapore vagamente straniante e autolesionistico, perché il compito che ci attende è ben più arduo: siamo chiamati a ripensare alla radice i nostri ruoli e dobbiamo chiedere alle istituzioni che questo processo sia sostenuto da provvedimenti tesi a creare un ambiente favorevole al cambiamento. Servono politiche pubbliche di ampio respiro e interventi normativi in grado di sostenere efficacemente e durevolmente l’allargamento della base sociale dei lettori.
Serve, insomma, una legge sulla promozione della lettura che si ponga l’obiettivo di contemperare le esigenze, le specificità e gli interessi dei diversi attori della filiera del libro, anche quando essi non sono coincidenti. E’ quanto è già successo in Francia, Spagna, Gran Bretagna. Ci auguriamo che possa accadere anche in Italia e garantiamo sin d’ora senza riserve la nostra collaborazione.

Creata da Giovanna Frigimelica il 28/05/2012. Ultima modifica 22/10/2023 di Vanni Bertini
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