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"16. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
attività e passività culturali

Interventi di apertura
Politiche e strategie di produzione culturale

Angelo Tabaro, Segretario Regionale alla Cultura della Regione del Veneto


Grazie alla Fondazione Querini Stampalia che ci ospita e che ci invita ogni anno a questi incontri. Non si tratta di una partecipazione formale, perché il rapporto tra la Regione del Veneto e la Fondazione Querini, nel settore dei beni librari è un rapporto di collaborazione stretta ed attiva: non è casuale che la Biblioteca Regionale di Biblioteconomia ed Archivistica sia stata individuata nella Biblioteca della Querini, sulla base di una convenzione della Regione con la Fondazione.
Io avevo pensato di parlare di alcune cose, di dire quanto è brava la Regione a fare le sue cose, ma credo che in questa sede interessi poco. Piuttosto, dopo gli interventi che abbiamo sentito e la sottolineatura di Chiara Rabitti, il tema del rapporto economia e cultura porta a partecipare un po' anche noi alla riflessione su questo tema. L'intervento e le battute finali del professor Cortese mettono in evidenza il problema delle difficoltà finanziarie, indubbie, del settore culturale: oltre al caso del Fondo Unico della spettacolo, con un taglio che ha determinato la vistosa reazione di tutti i grandi operatori, dei grandi direttori di teatri, tutto il settore della cultura risente con questa finanziaria di una riduzione non di poco conto.
Tuttavia io non seguirei la facile strada del catastrofismo. Anzi: devo dire che, sarà che sono nato subito dopo la guerra, ma ho l'idea che i momenti di crisi sono i momenti che rimettono in moto il cervello. Sono i momenti in cui uno, diciamo così, è costretto a rimettere mano a quelle parti delle propria personalità, della propria individualità che sono l'inventiva, la fantasia, che sono cioè quegli strumenti che negli anni difficili del dopoguerra hanno fatto crescere la generazione di imprenditori che ha costruito l'Italia di oggi. Le crisi economiche ci sono sempre state, ci saranno, non dobbiamo permetterci di dire che ci sono situazioni disastrose tali da chiudere l'economia o le attività culturali del paese: questo non succederà, non credo debba succedere, e mi spiace se sono in controtendenza rispetto a molti uomini della cultura che in questo momento dichiarano di pensarla diversamente. Io la penso così sulla base di una esperienza già lunga, confortata proprio dalla gestione di questi anni del settore dei beni librari.

In questi anni la Regione non ha aumentato il budget finanziario a disposizione del settore del sistema dei beni librari: anzi, esso è leggermente diminuito. Eppure non mi pare che qualcuno pensi oggi di accusare la Regione di avere abbandonato, di non essere stata presente nel settore. Piuttosto è cambiato il modo di rapportarsi della Regione nei confronti del mondo culturale. Abbiamo cioè cercato di passare da una impostazione in cui la Regione era pensata come il deposito finanziario che contribuiva ad attività culturali di altri soggetti - una Regione cioè non titolare del governo del territorio, ma solo di fondi per erogare finanziamenti, mantenendo un atteggiamento di alterità, per cui le attività non erano viste nel loro rapporto con la vita della comunità - a una impostazione diversa, in cui a Regione si pone come titolare del governo del territorio e considera la cultura parte integrante della vita di governo, come la sanità, come qualsiasi altra cosa, e quindi, indipendentemente da quello che è il budget finanziario, deve affrontare i problemi del ricchissimo tessuto culturale dell'intero territorio regionale con un'impostazione coscientemente politica.

E così nel settore delle biblioteche abbiamo capito che serviva sì continuare a lavorare sulla quantità, ma serviva di meno: quante biblioteche sono nate nel Veneto dal 1970, dal 1980? Quanti libri compra una biblioteca in un anno? Ha senso continuare a finanziare gli acquisti dei libri e degli scaffali o pensiamo di aver conseguito già quanto meno un risultato adeguato nel conseguire gli obiettivi promossi dalle leggi degli anni 70, fine anni 70 e primi anni 80? Obiettivo che si compendiano nel far nascere le biblioteche civiche, cioè di far nascere nel territorio regionale un sistema di biblioteche civiche di proprietà delle amministrazione locali oppure di biblioteche che svolgono una funzione civica: svolgono cioè, come ricordava giustamente il Professor Cortese, il ruolo che sta svolgendo la Querini a Venezia.
Risultato raggiunto quindi, se è vero che il territorio regionale veneto ha raggiunto l'obiettivo di più di una biblioteca per comune (guardiamo le statistiche: e scopriamo in Veneto 1000 biblioteche su 580 Comuni, il che vuol dire che il Veneto ha più di una biblioteca per Comune).

Certo non vogliano fare la statistica del "pollo" di Trilussa, non è che ogni Comune abbia una biblioteca, probabilmente c'è ancora qualche Comune che non ce l'ha. Però anche qui si potrebbe fare una riflessione: è opportuno che tutti i Comuni abbiano una biblioteca sulla carta, e poi magari succede che sia l'impiegato dell'anagrafe a dover andare nella biblioteca a tempo perso, o è meglio che in quel caso l'amministrazione comunale riconosca di non avere le risorse adeguate e cerchi che il servizio, indispensabile, venga fornito da altri? E quindi far nascere anche in questo campo un'altra cultura di governo della comunità, non campanilistica, ma di rete, di relazione? Questo spiega anche l'interesse che abbiamo dimostrato nei confronti delle Province, del ruolo di coordinamento che storicamente hanno assunto nel Veneto nel sistema territoriale delle biblioteche, nell'intento di razionalizzare il sistema delle biblioteche, andare a puntare sulla qualità del servizio e non più sulla quantità degli istituti.
E quindi questa è stata la linea di politica regionale nel settore della cooperazione libraria, conservata malgrado tutti gli alti, i bassi, le difficoltà, le proteste: perché il Comune che non riceveva più le 300.000 lire cui era abituato gli anni precedenti, magari ti veniva a dire che chiudeva la biblioteca, e mi veniva da rispondergli: "chiudi pure la tua biblioteca, se ad essa non sei disposto ad offrire neppure una cifra così piccola". E questo in quanto le biblioteche sono servizi culturali che rientrano tra i servizi alla persona: se un'amministrazione decide giustamente di erogare ai cittadini questi servizi, deve avere anche la consapevolezza che i servizi hanno dei costi, quindi deve organizzarsi autonomamente o anche cercare altre strade, ricorrendo alla cooperazione con altri enti territoriali o al partenariato con i privati. Esempi anche più evidenti ci sono nel settore dei musei: fanno il museo, magari con finanziamenti speciali o europei, e poi si ricordano, quando lo aprono, che qualcuno deve pagare il personale e le spese di gestione e vengono a chiedere soccorso alla Regione. E no! signori, quando uno decide di fare un servizio, deve essere fatto a monte il piano finanziario di gestione di medio e lungo periodo, cioè non si può pensare di avere a tutti i costi la villa e poi lamentarsi con tutti perché non ci sono le persone per aprirla. La Regione, gli Enti Locali, le Province, devono entrare nell'ordine di idee che le attività culturali non sono senza costi, e in parte non sono nemmeno tutte obbligatorie; fare servizi culturali non obbligatori per non poterli gestire, vuol dire sprecare del denaro, sprecare energia; ecco allora il ritorno che auspico alla cultura della fantasia, dell'immediato dopoguerra, non sprecare niente, tutto deve essere utilizzato.

Come sempre, cioè, i momenti di crisi alla fine possono essere anche momenti di rilancio di riflessione: nel nostro caso, le difficoltà finanziarie possono coincidere con il momento in cui si fa il punto della crescita innegabile che in trent'anni il sistema culturale italiano e veneto, nel nostro caso, ha avuto e si comincia a vedere quali sono le strade, quali sono gli indirizzi, quali sono gli orientamenti per rilanciarci nell'avventura dei prossimi anni. Al limite direi: ben vengano queste difficoltà, se, per esempio, come Regione ci hanno portato anche a riacquistare consapevolezza di una responsabilità nel settore dei beni librari che forse avevamo un po' trascurato in questi anni, in quanto. presi dalla preoccupazione di continuare a promuovere la nascita di biblioteche. C'eravamo infatti pressoché dimenticati che, negli anni '70, l'unica materia dei beni culturali in cui le Regioni avevano responsabilità di tutela e salvaguardia erano i beni librari, responsabilità che in questa nuova fase sembra la più importante pur essendo complessivamente meno onerosa. E quindi abbiamo cominciato a dire: è necessario prevedere linee di spesa specifiche e investimenti adeguati per assicurare l'attività di salvaguardia e di tutela dei beni librari, aprendo finalmente un rapporto stretto con lo Stato (devo dire che in questi anni il rapporto con l'ICCU - Istituto Centrale per il Catalogo Unico - è stato un rapporto sempre più proficuo, abbiamo avuto anche occasione di fruire di finanziamenti straordinari consistenti); abbiamo cominciato a capire tutti che il vero patrimonio culturale, bibliotecario di un territorio non è l'aumento indifferenziato del numero di libri che ci sono nelle biblioteche civiche, (qui rischiamo di metterci in concorrenza, a questo punto, con le edicole, dato che ormai non esiste un lettore di giornali che riesca ad uscire dall'edicola senza doversi portar appresso due, tre libri); abbiamo cominciato a sospettare che l'esigenza della biblioteca come il luogo dove si trovano da leggere i libri presenti in commercio forse oggi non è più strategica come poteva esserlo prima.

A nostro avviso l'esigenza principale adesso è quella di mettere a disposizione della società un patrimonio che non si trova nelle bancarelle o nelle edicole, un patrimonio da conservare e tutelare per le generazioni future: bisogna conoscere per tutelare, ma anche per promuovere il patrimonio di libri storici, di libri di pregio, di manoscritti, di documenti altrimenti non reperibili che noi abbiamo e che spesso sono conosciuti soltanto dall'ottimo bibliotecario, e nel migliore dei casi da qualche erudito, mentre devono diventare accessibili alla conoscenza di tutti. La tecnologia, che è un costo, è anche un mezzo di riduzione dei costi, perché se i libri più richiesti si possono reperire nei circuiti normali il manoscritto o l'opera di storia e cultura locale si trova solo in quella biblioteca, e può essere digitalizzato non solo per una migliore conservazione, ma anche per la fruizione, e quella digitalizzazione può anche essere pagata. Il Professor Infelise qui presente sa bene quale patrimonio di libri di pregio abbiamo solo qua dentro: ecco, dobbiamo valorizzare quello che è un patrimonio unico in qualche modo e nel quale comunque abbiamo certamente, come Veneto, dei primati.
Chiudo qui, perché altrimenti rischio di rubare troppo tempo agli altri, queste due riflessioni, indicando due priorità: un'azione sulla cooperazione bibliotecaria, in cui c'è un rapporto con l'ICCU, molto forte, c'è un rilancio del Servizio Bibliotecario Nazionale - SBN - che interessa anche le province, c'è un rinnovo anche di strumenti, cioè questa attività in termini di servizi e non più di contributi, al sistema delle biblioteche del Veneto; dall'altra parte una adeguata consapevolezza dell'impegno nel settore della tutela visto non solo come modo per salvaguardare, ma anche come strumento per valorizzare il nostro patrimonio. Grazie per la vostra attenzione.


Copyright AIB 2006-09, ultimo aggiornamento 2006-10-03 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay16/tabaro05.htm


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