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"16. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
attività e passività culturali

Interventi di apertura
Politiche e strategie di produzione culturale

Massimo Lanza, Direttore della Fondazione di Venezia


Quando ho chiesto per quale motivo fossi stato invitato a parlare oggi - in una sala dove sicuramente sono la persona meno esperta degli argomenti che vengono trattati - mi aspettavo che la ovvia risposta fosse: "ti abbiamo invitato perché rappresenti la Fondazione di Venezia che è uno dei principali sostenitori della Querini". Contrariamente alle mie aspettative mi è stata data un'altra risposta che - non lo nego - mi ha fatto molto piacere: "ti abbiamo invitato perché è utile che a queste riunioni partecipino anche degli outsider; perchè ci aspettiamo da loro un contributo e un punto di vista che possono arricchire quanto viene detto dagli addetti ai lavori". Oggi, quindi, parlo in una duplice veste: non dico da uomo della strada, ma da cittadino sensibile alle problematiche in discussione e - naturalmente - da rappresentante della Fondazione di Venezia.

Nella prima veste c'è ben poco che io possa aggiungere a quanto è stato scritto e detto: ovviamente non valgono più le definizioni di biblioteca a cui eravamo abituati nel passato (e che si portano dietro un lieve sentore di polvere e muffa), ma dobbiamo pensare alle biblioteche come entità fruibili in grado di fornire agli utenti una serie di beni - primi fra tutti i beni relazionali - dei quali sia difficile fare a meno.
Quando sono arrivato a Venezia e ho visitato per la prima volta la Querini, sono rimasto molto colpito nel sapere che in queste stanze si era formata una gran parte della classe dirigente veneziana e non soltanto veneziana. Questo - come ha detto il Presidente Cortese nel suo intervento - non è soltanto il luogo dove si va per consultare e studiare: è un luogo dove si produce cultura attraverso incontri, dibattiti, scontri; dove nascono stimoli e passioni che soltanto la condivisone di spazi e interessi può nutrire. Se mancasse questo - se la Querini perdesse la sua capacità di contribuire alla formazione di una classe dirigente - dovremmo mestamente concludere che Internet e Google sono più che sufficienti a soddisfare le esigenze di consultazione e studio.

Nella seconda veste - quella di rappresentante della Fondazione di Venezia - vorrei prima di tutto cercare di correggere la percezione che molti hanno delle fondazioni che sono nate agli inizi degli anni novanta dal processo di privatizzazione del sistema bancario italiano. La percezione comune è che le fondazioni di origine bancaria siano tutte istituzioni molto ricche alle quali è giusto ricorrere per finanziare le iniziative più disparate, ma che decidono le proprie erogazioni in base a criteri del tutto oscuri.
È ben vero che alcune fondazioni di origine bancaria hanno patrimoni molto ingenti, anche se sono più numerose quelle che dispongono di risorse limitate. È anche vero che nei primi anni della loro vita le fondazioni - nate, come ho detto, agli inizi degli anni novanta - hanno operato quasi esclusivamente come erogatrici di fondi a supporto di iniziative e progetti proposti e gestiti da terzi. Si è trattato in alcuni casi di finanziamenti a pioggia, valutati con criteri non sempre trasparenti, ma che - globalmente - sono stati in grado di sostenere progetti estremamente validi e meritevoli di supporto. Tanto per restare nell'ambito delle biblioteche, le fondazioni hanno sempre dato un forte sostegno al settore; secondo i dati pubblicati dall'ACRI, l'associazione che le riunisce, nel 2004 hanno erogato a sostegno di biblioteche e archivi il 3,6% dei fondi disponibili per un ammontare di circa 14,7 milioni di euro. La Fondazione di Venezia, in particolare, ha erogato dal 1993 a oggi a favore della Querini ben 3,7 milioni di euro e a favore di ICARE - un'istituzione che gestisce una biblioteca più piccola e specialistica, ma molto importante - ha erogato circa 850 mila euro. Sono cifre importanti, ma - giustamente - gli addetti ai lavori mi faranno osservare che si tratta della classica goccia nel mare. Questa sproporzione tra esigenze e risorse crea una sgradevole sensazione di impotenza in tutti noi. Ma è proprio su questo punto che io voglio attirare la vostra attenzione: sulla necessità di non limitarsi ad affrontare il problema puramente in termini di copertura di un deficit di bilancio che qualcuno - lo stato o le fondazioni - devono coprire. Proviamo ad abbandonare questo approccio che inevitabilmente porta a sposare criteri di puro assistenzialismo e a ragionare in modo più creativo: come si possa promuovere e gestire un progetto che sia sostenibile.

Su questa strada si sono mosse già da tempo le fondazioni. La definizione che noi diamo di fondazione è "un patrimonio per uno scopo" ovvero una struttura in grado di gestire e fare fruttare un patrimonio in modo tale che i ricavi prodotti siano in grado di perseguire lo scopo che la fondazione si è data. Sempre di più, lo scopo delle fondazioni ha abbandonato la logica del puro grant making e si è focalizzato sull'acting ovvero sulla capacità di promuovere e gestire - direttamente o in partnership - progetti che siano in grado di creare valore. Non più una erogazione di fondi prevalentemente a copertura di deficit di gestione e il cui significato e valore si esaurisce nel momento dell'esborso, ma un intervento diretto sia nella progettualità che nella realizzazione di vere e proprie iniziative imprenditoriali in grado di valorizzare le attività e generare fonti di ricavi.
Questo nuovo modo di affrontare i problemi comporta che si sia in grado di coagulare intorno al progetto non soltanto gli addetti ai lavori, ma tutti i portatori di interesse - i cosiddetti stakeholder per usare un termine diventato di moda - ciascuno dei quali possa contribuire non soltanto mettendo a disposizione risorse finanziarie ma anche idee, competenze, sinergie e quant'altro necessario a raggiungere l'obiettivo.

Se concordiamo sul fatto che le biblioteche sono luogo di produzione di cultura e di formazione di una classe dirigente, è facilissimo individuare gli stakeholder potenzialmente interessati al loro sviluppo e al loro successo; oserei dire che tutti lo dovrebbero essere. Più difficile è immaginare un progetto che - al di là di quanto già si fa nella gestione ordinaria e straordinaria della biblioteca - sia in grado di individuare iniziative capaci di produrre valore e attirare i contributi degli stakeholder anche attraverso moderne tecniche di fund raising. Ma questa è l'unica strada da seguire in un'epoca in cui l'intervento pubblico scarseggia ed è destinato a ridursi ulteriormente. Va realizzato un business plan, come si fa nelle aziende, analizzando prima di tutto l'offerta e la domanda, soprattutto quella latente e ancora non espressa. Vanno fissati obiettivi realizzabili e misurabili supportati da piani di azione in grado di creare valore non soltanto in termini di ricavi economici, ma anche di ricavi figurativi. Quale è la ricetta da applicare nel nostro caso? Credo che l'idea del professor Romanelli - coinvolgere gli operatori turistici che a Venezia beneficiano maggiormente del flusso dei visitatori - sia molto valida, anche se non è facile immaginare iniziative comuni diverse da una mera richiesta di contributi. Non sono neanche contrario all'idea di fare pagare i servizi, come qualcuno ha proposto; credo sia una pessima abitudine italiana pretendere che i servizi pubblici debbano essere gratuiti o quasi. Ma proprio in tema di servizi è possibile accrescerne il valore, introducendo nuove formule di marketing e comunicazione che favoriscano la disponibilità degli utenti a pagare per la loro fruizione.
In sintesi dunque, la mia proposta è di lanciare un progetto che trasformi anche le biblioteche in vere e proprie imprese così come è già avvenuto all'estero per musei e altre istituzioni simili; imprese in grado non soltanto di gestire in modo efficiente la propria attività tradizionale, ma impegnate a generare ricavi sia attraverso l'innovazione dei servizi che attraverso il diretto coinvolgimento degli stakeholder.
La Fondazione di Venezia sarebbe molto lieta di partecipare a un progetto di questo tipo, che possa contribuire a far proseguire la storia di sviluppo e successo della nobile e importante Istituzione che oggi ci ospita.


Copyright AIB 2006-09, ultimo aggiornamento 2006-10-03 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay16/lanza05.htm


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