AIB. Sezione Veneto. Congressi
"16. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
attività e passività culturali
Mauro Guerrini, Presidente dell'Associazione Italiana Biblioteche
E' tradizione che la tavola rotonda sia presieduta dal Presidente Nazionale dell'AIB
e questo incarico mi dà un grande privilegio perché considero Angela
Vinay una maestra; come lei spero di aver appreso il senso della gestione della
cosa pubblica, il senso del dovere, il senso della responsabilità, prima
ancora che la capacità di elaborare politiche funzionali per le biblioteche
italiane.
Questo è un merito grandissimo che dobbiamo ad Angela Vinay la quale è
stata, per prima cosa, anche presidente dell'AIB e ha saputo creare intorno
a se un nucleo di giovani bibliotecari che, come ricordava ieri Marco Paoli hanno
costituito un ceto dirigente delle biblioteche statali negli anni successivi alla
sua direzione.
Mi congratulo dei seminari giunti alla sedicesima edizione, seminari che rappresentano
un momento di discussione a ruota libera, piuttosto distante da una certa mia
personale formazione, ma che rappresentano indubbiamente un momento d'incontro
tra saperi diversi, tra culture diverse, tra esperienze diverse; questo è
la ragione d'essere principale dei seminari Vinay: mettere in relazione, far discutere
mondi diversi, che convergono nella centralità della cultura, nella centralità
dell'impegno di servizio verso i cittadini.
La frase assunta come emblema, come titolo della tavola rotonda di oggi: "Ricchi
e stupidi per quante generazioni?", è stata pronunciata qualche anno
fa da Romano Prodi, in un convegno dell'Unione Industriali dell'Emilia
Romagna e, come ricorda Anna Maria Mandillo nell'intervento pronunciato proprio
lo scorso anno qui al seminario Vinay, queste parole erano state precedentemente
pronunciate, quindi repetita iuvant in questo caso, nel 1992 al congresso AIB
di Rimini e sono parole importanti, quelle classiche parole che aprono un mondo
di riflessioni e credo che abbiano in sè anche un elemento estremamente
provocatorio, perché ovviamente la risposta è no, non si può
essere ricchi economicamente e ignoranti, stupidi, nel senso di ignoranti per
più generazione.
La frase è stata poi ripresa da Tullio De Mauro nel suo recente libro La
cultura degli italiani edito da Laterza nel 2004 e anche qui possiamo vedere
una continuità di interesse verso la stessa tematica da un economista,
da un politico, quale Romano Prodi, e da un politico e un Ministro attento conoscitore,
indagatore della cultura, della vita, del linguaggio, del costume degli italiani,
quale Tullio De Mauro.
E' quindi ovviamente deleterio che una comunità, una nazione possa
essere ricca economicamente e ignorante culturalmente.
La cultura, l'informazione, la conoscenza sono materie prime, fondamentali
di qualsiasi comunità che voglia anche solo mantenersi, se non progredire.
Vorrei citare un documento famosissimo, che non mi stanco mai di menzionare, tra
l'altro lo uso come inizio delle lezioni di Biblioteconomia all'Università
di Firenze da diversi anni, ovvero il Manifesto UNESCO per le Biblioteche Pubbliche
emanato nel 1994, che inizia con una premessa significativa, con una cornice politica
generale entro cui inserisce i compiti delle biblioteche. Ecco l'esordio:
"La libertà, il benessere e lo sviluppo della società e degli
individui sono valori umani fondamentali, essi potranno essere raggiunti solo
attraverso la capacità dei cittadini ben informati di esercitare i loro
diritti democratici e di giocare un ruolo attivo nella società, la partecipazione
costruttiva e lo sviluppo della democrazia dipendono da una istruzione soddisfacente,
così come un accesso libero e senza limitazioni alla conoscenza e all'informazione;
la biblioteca pubblica, via d'accesso locale alla conoscenza, costituisce
una condizione essenziale per l'apprendimento permanente, l'indipendenza
delle decisioni, lo sviluppo culturale dell'individuo e dei gruppi sociali.
Questo Manifesto dichiara la fede dell'UNESCO nella biblioteca pubblica come
forza vitale per l'istruzione, la cultura e l'informazione e come agente
indispensabile per promuovere la pace e il benessere spirituale di elementi di
uomini e donne. Perciò l'UNESCO incoraggia i governi nazionali e locali
a sostenere le biblioteche pubbliche e a impegnarsi attivamente nel loro sviluppo."
Quindi l'investimento nel sapere è considerato strategico, strategico
per la democrazia e per la pace, due valori importanti spero per tutti e quindi
vediamo che il focus di questo Manifesto è lo stesso focus
dei documenti emanati dalle grandi associazioni professionali come l'IFLA,
o associazioni come l'UNESCO che hanno un importante interesse verso il mondo
bibliotecario e caricano i loro manifesti di una grande idealità, di grandi
valori.
Credo, e mi sembra ovvio ed è anche imbarazzante doverlo dire, che debba
esistere una connessione tra cultura e impresa, tra cultura e politica, ed è
qui credo che dovremmo ricondurre la discussione, fondamentalmente ad uno scopo
sociale, ovvero ad uno scopo prettamente politico della conoscenza, del sapere,
per il quale le biblioteche esercitano la funzione vitale, come dice il Manifesto
UNESCO, per la creazione di cittadini ben consapevoli del proprio valore di soggetti
attivi nella democrazia del proprio paese e anche di cittadini che conoscono pienamente
la propria cultura, ma anche le culture altre, le culture degli altri, motivo
per poter capire la realtà in cui viviamo e poter avere la possibilità
di vivere in un mondo dove ci sia rispetto reciproco, ovvero la pace, il benessere,
lo sviluppo delle comunità nazionali e internazionali.
Tutto questo può sembrare, ripeto, anche retorico, ma credo che invece
sia intriso di valori fortissimi che dovremmo sottolineare sempre.
Quale allora il problema più reale? Il problema più reale per noi in Italia, è che abbiamo, credo, idealmente piena consapevolezza di tutto ciò, ma ci troviamo poi in una realtà bibliotecaria, in un sistema bibliotecario che da alcuni è stato definito imperfetto o non pienamente realizzato e qui vorrei citare alcune frasi di un libro, uscito nel mese scorso, di Gabriele Mazzitelli: Cos'è la biblioteca, il quale ad un certo punto, a pagina 11 del libro, parla di questa realtà italiana caratterizzata da una mancanza di investimento nel settore delle biblioteche, più in generale del sapere. Mazzitelli riprende direttamente il contenuto del libro di De Mauro e anche di un altro libro molto bello, quello di Paolo Traniello dal titolo La storia delle biblioteche in Italia. Tutti e tre, da punti di vista diversi, arrivano alle medesime conclusioni.
L'eredità della storia nazionale è stata indubbiamente pesante,
perché lo Stato italiano ha dovuto fare i conti con strutture burocratiche
preesistenti e non è di fatto riuscito a proporre sin dalla sua costituzione
una valida politica bibliotecaria.
Esiste un forte ritardo nel considerare le biblioteche come uno dei tasselli fondamentali
del sistema formativo e cultuale del paese, da questo ritardo deriva la scarsa
considerazione del ruolo del bibliotecario come intermediario della conoscenza
e quindi come attore del mercato culturale, ma anche come anello essenziale di
quel circuito educativo che, nel suo complesso, concorre alla crescita di cittadini
consapevoli.
Il fatto è che solo in tempi abbastanza recenti in Italia si è imposta
l'idea che la preparazione del bibliotecario non debba essere né occasionale,
né autodidatta, bensì un percorso da ben definire e determinare
con appositi insegnamenti ed un iter universitario specifico.
A questo si aggiunge la mancanza di una sistema bibliotecario capace di ottemperare
in maniera armonica alle diverse esigenze dei cittadini, siano essi semplici lettori
o studiosi impegnati in ricerche specialistiche.
Qui si introduce un tema fondamentale che mi sta molto a cuore: la qualità
dei servizi, e la formazione bibliotecaria, che sono elementi strettamente uniti.
Il Manifesto UNESCO richiama fortemente a che la biblioteca debba offrire un servizio
di qualità, altrimenti il servizio, arriva a dire, non è neppure
un servizio; per un servizio di qualità bisogna avere strutture bibliotecarie,
tipo quelle della Querini Stampalia che indubbiamente risponde a tutti gli standard
internazionali, non solo risponde ma è ben al di sopra: una raccolta considerevole,
un servizio di apertura ampio, ma soprattutto un personale qualificato. E qui
mi viene a mente una frase importantissima di Ranganathan, un nostro mito, uno
dei più grandi teorici del secolo scorso, il quale diceva che la qualità
non è data né dalla grandezza delle raccolte, né dalla struttura
edilizia o architettonica della biblioteca, ma dalla qualità del personale;
un personale qualificato che riesce ad individuare le esigenze del lettore e a
predisporre per ogni lettore le informazioni, i libri che a lui necessitano; in
questo sta la qualità.
E le cinque famose leggi della biblioteconomia di Ranganathan, "ad ogni lettore
il suo libro e ad ogni libro il suo lettore", significano proprio questo,
cioè solo in un servizio personalizzato, in un servizio diretto, specifico,
si ottiene la qualità, e la qualità del servizio implica la qualità
della formazione.
Alcune regioni, come la regione Lombardia, sono impegnatissime su questo fronte
e anche io condivido la necessità di avere una formazione che dia in fase
iniziale un plafond culturale molto ampio su cui possa innestarsi una specificità
biblioteconomica.
Ad ogni modo di tutto questo parleremo all'interno della tavola rotonda tramite
esperienze diverse, estremamente diverse, di persone che vengono dal mondo dell'editoria,
delle Accademie, delle attività regionali e da altre esperienze ancora
e vedremo quali conclusioni potremo trarre dalla discussione di stamani.
Vorrei terminare questa molto generica introduzione, riprendendo la frase di Romano
Prodi, "Si può essere ricchi e stupidi per quante generazioni?"
Io credo ovviamente di no, perché la risposta potrebbe essere che se facessimo
passare anche solo una generazione, noi saremo poveri e stupidi per sempre.
Copyright AIB 2006-09, ultimo
aggiornamento 2006-10-03 a cura di Marcello Busato e Giovanna
Frigimelica
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay16/guerrini05.htm