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"16. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
attività e passività culturali

Tavola rotonda
Ricchi e stupidi per quante generazioni?

Pier Francesco Ghetti, Rettore dell'Università Ca' Foscari


Gli interventi che mi hanno preceduto hanno suggerito numerosi spunti interessanti. Il primo è quello di una tendenza, che sembrerebbe quasi inevitabile, verso una società di individui "ricchi e ignoranti".
Scopriamo però che nella vecchia Europa, la Finlandia è la nazione che in proporzione investe maggiormente al mondo in formazione e ricerca e che gli Stati Uniti, da tempo, sono orientati verso una economia della conoscenza.
Pare che oggi si possa essere concorrenziali a livello internazionale o con una manodopera a basso costo oppure continuando ad investire nella conoscenza.
In questo contesto si colloca la riflessione attorno alla definizione di "sviluppo sostenibile". E prima di tutto dobbiamo chiederci se può esistere uno sviluppo realmente sostenibile. In grande sintesi potremmo rispondere che se per sviluppo si intende una crescita continua nel consumo di materia ed energia è difficile immaginare che esso possa essere sostenibile nel tempo e a livello planetario. Ciò è dimostrato in questi anni dallo sviluppo impetuoso della Cina e dell'India che sta mettendo in crisi la disponibilità di materie prime e di idrocarburi.

A mio avviso può esistere invece un grande spazio di sviluppo, se con questo termine intendiamo una crescita nell'ambito dell'economia dell'immateriale. E dobbiamo ritenere che siano favorite quelle nazioni che hanno sempre avuto una forte tradizione nell'investimento in cultura, con questo termine intendendo sia la sfera umanistica che quella scientifico tecnologica. Ad esempio lo sviluppo delle nanotecnologie o delle biotecnologie potrebbe rappresentare una rivoluzione copernicana nella direzione di una crescita a basso consumo di materia (nanotecologie) o di potenziamento dei processi naturali (biotecnologie). Allo stesso modo l'arte, la tradizione culturale, il gusto, la qualità del paesaggio, sono strumenti potenti se correttamente valorizzati e utilizzati.
Ritorniamo quindi all'elemento chiave del ragionamento: o si investe in cultura oppure perdiamo il treno della concorrenza internazionale.
L'obiezione che in genere viene fatta è che la cultura è molto costosa e produce i suoi frutti dopo parecchio tempo. Mentre la nostra società sembra aver bisogno di tutto e subito.

Che la cultura sia molto costosa lo dimostrano anche le leggi della termodinamica. Per leggere un libro si consuma solo qualche caloria, seduti in poltrona; mentre per scrivere un libro di valore vengono consumate una enorme quantità di calorie, se si pensa all'investimento che occorre fare per insegnare allo scrittore a leggere, a scrivere, a pensare e a documentarsi. Per questo gli investimenti di una nazione nella formazione e nella ricerca sono particolarmente onerosi. Si calcola che un laureato costi allo stato italiano 300.000 euro e un dottore di ricerca 400.000 euro ( al riguardo sarebbe utile una riflessione sul fatto che la fuga dei cervelli avviene solo e unidirezionalmente verso l'estero).
Ma ciò che conta non è tanto la quantità di energia consumata, quanto la quota di energia di elevata qualità che riusciamo ad "incorporare" e che sarà quindi in grado a sua volta di produrre nuova energia di qualità.
Possiamo consumare grandi quantità di energia per produrre oggetti con scarso valore aggiunto, oppure grandi quantità di energia per produrre un'opera d'arte. Nel secondo caso la quota di "energia incorporata" è tale da giustificare ampiamente il consumo. Se oggi milioni di turisti visitano le nostre città d'arte è perché grandi quantità di energia erano state investite in opere con una elevata "energia incorporata".
Al riguardo una riflessione andrebbe fatta anche su quelle città che oggi sono in grado solo di "consumare" cultura, rispetto a quelle che sono anche in grado di continuare a "produrre" cultura.

Ma per produrre cultura occorrono i luoghi a ciò deputati, le persone all'altezza del compito e una opinione pubblica cosciente del valore di questo investimento.
Università, Accademie, Fondazioni culturali, Biblioteche hanno forse bisogno di ripensare i loro ruoli e il modo di funzionare all'interno della società attuale. Ma è solo attorno ad esse, attorno al sapere accumulato, attorno al patrimonio umano che in esse si è formato e lavora, che è pensabile la costruzione di un nuovo rinascimento per la società post tecnologica. Per capirlo basta riflettere su cosa sarebbe oggi una città senza di esse.
A volte però, come succede per le persone di valore, ci si accorge della loro importanza solo dopo che sono morte.


Copyright AIB 2006-09, ultimo aggiornamento 2006-10-04 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay16/ghetti05.htm


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