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"16. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
attività e passività culturali

Tavola rotonda
Ricchi e stupidi per quante generazioni?

Carlo Federici, Dirigente della Struttura Bibliotecaria e Sistemi Documentari della Regione Lombardia


Stamani Cesare De Michelis, ha affermato che in Italia i libri costano troppo poco. Non posso nascondere la mia sorpresa avendo sempre ritenuto che il loro prezzo fosse eccessivamente alto. Non solo. Pare che debba menarsi scandalo anche per il fatto che i libri vengono venduti nelle edicole ad un prezzo di gran lunga inferiore a quello delle librerie. Mi rendo conto di fare affermazioni datate, ma non posso fare a meno di confessare una notevole soddisfazione perché anche coloro che non potevano permettersele, riescono oggi a possedere opere che fino a qualche anno fa avevano costi quasi proibitivi: penso, ad esempio, alla Storia d'Italia Einaudi commercializzata nelle edicole a un decimo del suo prezzo originario. Ma la politica di tagliare massicciamente i prezzi di copertina di molti volumi è praticata regolarmente da numerose librerie e me ne stupirei se scoprissi che tutto ciò avviene all'insaputa degli editori.
Anche qualche affermazione di Gian Bruno Ravenni mi ha lasciato perplesso soprattutto laddove egli ritiene corretto e opportuno che gli utenti paghino alcuni servizi erogati dalle biblioteche pubbliche, in specie il prestito. Resto convinto che già nei tributi cui sono assoggettati i cittadini italiani sia compreso il godimento della gran parte dei servizi bibliotecari, prestito compreso. La campagna "no pago" contro il prestito a pagamento, è stato un momento qualificante per i bibliotecari italiani che, assai numerosi, vi hanno partecipato. Va da sé che nulla osta perché altri servizi, mirati alla soddisfazione di specifiche esigenze, vengano offerti dietro compenso: la generalizzazione mi sembra invece indebita e pericolosa poiché colpisce un settore, quello della cultura, che già oggi tocca un'esigua minoranza di cittadini; non è certo con il prestito a pagamento che si raggiungerà l'obiettivo di incrementare questa ridotta aliquota.
In realtà avrei voluto aprire il mio intervento citando Claudia Lux, direttore della Zentral- und Landesbibliothek di Berlino e nuovo presidente dell'IFLA, allorché ella afferma che «bisogna andare avanti, imparando a stare attenti a ciò che gli utenti e l'ente di appartenenza vogliono da noi e offrendo la soluzione completa ai loro problemi. Da qui la necessità di elaborare una visione della biblioteca in grado di guardare almeno dieci anni avanti, concordando gli obbiettivi di sviluppo con i diversi giocatori in campo: gli utenti, i politici e gli amministratori».

Questo intervento si lega strettamente al marketing della biblioteca, argomento al quale verrà dedicato tra l'altro il prossimo convegno delle Stelline che si terrà a Milano il prossimo 9-10 marzo, con il titolo, per ora ancora provvisorio, di «La Biblioteca su misura».
La sfida di elaborare una visione della biblioteca in grado «di guardare almeno dieci anni avanti» mi sembra assai stimolante e forse l'unico percorso capace di assicurare un avvenire meno precario ai nostri istituti. Badate bene, però, che se intuire e comprendere le evenienze del futuro è irrinunciabile per un organismo che intenda crescere e svilupparsi, prudenza consiglia di non anticipare i tempi dell'applicazione pratica di quanto si viene elaborando. Resto convinto - anche per dolorosa esperienza personale - che, in particolare in un settore strettamente connesso alla pubblica amministrazione, qualsiasi fuga in avanti possa essere pericolosa, almeno quanto i ritardi nella comprensione dei fenomeni che accadono sotto i nostri occhi.
E visto che abbiamo introdotto l'indispensabilità di guardare al futuro, vorrei accennare a Google print, al progetto di digitalizzare tutti i libri a stampa, da Gutenberg ai giorni nostri senza escludere la possibilità di estendere l'operazione anche ai manoscritti. L'idea di digitalizzazione globale si è arrestata - ci ha raccontato ieri Guido Guerzoni - perché ha cozzato contro il diritto d'autore. Successivamente Anna Maria Mandillo, che sta seguendo l'elaborazione della legge su questo tema, mi ha chiarito che la nuova normativa tende a inasprire le sanzioni contro le violazioni del diritto d'autore. Dico subito che a me questa appare come una battaglia di retroguardia perché - prescindendo dal principio beccariano secondo il quale ad un incremento delle pene non corrisponde una diminuzione dei delitti - la strenua difesa diritto d'autore sembra vana per la rovinosa disfatta che esso ha subito, in concreto, in campi commercialmente assai più significativi quale, ad esempio, quello della musica. Un interessante collegamento - peraltro già attivo, almeno in parte - tra Google print e la commercializzazione dei libri è quello di trasformare Google print in una sorta di libreria virtuale, per il materiale ancora soggetto a copyright; sicché dovrebbe essere possibile sfogliare i libri, leggerne qualche riga, anche qualche pagina, ma non copiare o stampare il testo: la sua "materializzazione" sarebbe sempre legata all'acquisto. Non bisogna dimenticare infine il cosiddetto «paradosso di Socrate» secondo il quale la conoscenza genera costantemente sete di altra conoscenza per cui l'accesso ad alcune informazioni amplia l'orizzonte conoscitivo e determina il desiderio di andare oltre. I frequentatori delle biblioteche sanno che il massimo piacere è quello di trovare ciò che non stavano cercando. E tutto questo, nella biblioteca universale googliana, diverrebbe semplicissimo.

Sempre a favore della più ampia liberalizzazione della diffusione delle informazioni, vorrei citare un caso particolare, quello del materiale per il quale l'interesse, dal punto di vista della salvaguardia del diritto d'autore, è molto basso. Penso, ad esempio, ai quotidiani. Dopo qualche giorno dalla pubblicazione di un giornale, il suo editore ha scarso tornaconto a tutelare il copyright poiché il suo core business è tutto nella diffusione del quotidiano nel giorno in cui viene pubblicato. Sono convinto che potrebbe essere abbastanza facile sottoscrivere un accordo con la Federazione degli editori di giornali che consentirebbe la messa in linea della copia digitalizzata di tutti i quotidiani, che so, nella settimana successiva a quella in cui si acquistano in edicola (lo stesso discorso varrebbe, il mese dopo, per i settimanali).
Non è difficile prefigurare quali benefici ciò determinerebbe per le biblioteche, gran parte delle quali si ostina a "conservare" annate e annate di giornali, il che dovrebbe costituire il compito esclusivo delle biblioteche di conservazione in un quadro di programmazione nazionale. Sicché alle altre biblioteche, sulle quali non gravano oneri conservativi, sarebbe garantita la piena libertà di "scartare" i libri che non interessano più i propri utenti i quali, del resto, sanno bene che potranno trovare i libri "antichi" - o solo "vecchi" - nelle biblioteche di conservazione. Ancora De Michelis lamentava stamani queste carenze, che dipendono però solo da una cattiva organizzazione del nostro sistema bibliotecario nazionale. La prassi del "weeding" o "désherbage" (nella nostra lingua "revisione delle raccolte"), è infatti largamente diffusa in aree geografiche di non piccolissimo momento come la Lombardia, regione nella quale ho il piacere di operare da qualche anno.

Ma quale è stata la risposta dell'Europa (dovrei dire della Francia cui immediatamente, va da sé, si è accodato il nostro disgraziato paese) al progetto di Google? La risposta è stata: fermiamoli! Spezziamo l'egemonia della cultura anglo americana!
Invece di cooperare con questo progetto, di indirizzare correttamente questa grande e meritoria operazione, la si ostacola e ci si pone in concorrenza con essa. La digitalizzazione di tutti i libri stampati è la vera Biblioteca Alexandrina del terzo millennio, e non ha nulla a che vedere con l'edificio costruito e inaugurato, tra grancasse, tromboni e fanfare, ad Alessandria d'Egitto. In essa, - nel sogno reso reale dai mezzi tecnologici che oggi abbiamo a disposizione - sta la vera biblioteca universale nella quale possono essere fatti confluire gli interessi degli editori, dei librai, dei cittadini, mettendo l'innovazione tecnologica al servizio della cultura e della democrazia.
Per chiudere non posso non complimentarmi con Chiara Rabitti che ha avuto l'idea, di mettere in epigrafe di questa tavola rotonda una citazione, apparentemente paradossale, che mi pare sia stata apprezzata da tutti. Spero che Chiara mi permetta di buttare lì una piccola provocazione che consiste nel rovesciare il senso della citazione che ella ci ha proposto. Ho letto recentemente che il valore di Google ha superato quello di General Motors e Ford messe insieme. Due aziende che hanno ben rappresentato il mondo nordamericano del secolo XX e che si caratterizzarono per l'impiego "strutturale" dell'acciaio nella costruzione di un altro dei simboli del nostro recente passato: l'automobile. Oggi l'acciaio non rappresenta più il componente primario nella fabbricazione delle auto, sempre più "leggere" da diversi punti di vista. E l'azienda più leggera, quella che ha costruito la propria fortuna sull'immateriale, è oggi più ricca delle due massime industrie pesanti messe assieme. Fermo restando che continuo ad essere convinto della bontà del progetto Google print, non vorrei che alla povertà si associasse la stupidità e alla ricchezza, l'intelligenza, sicché il nostro slogan conduttore divenisse «Per quante generazioni ancora poveri e stupidi?


Copyright AIB 2006-09, ultimo aggiornamento 2006-10-04 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
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