AIB. Sezione Veneto. Congressi
"16. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
attività e passività culturali
Marino Cortese, Presidente della Fondazione Querini Stampalia
Associandomi ai ringraziamenti già rivolti a quanti hanno promosso, sostenuto
e prodotto questo Seminario assieme a noi, approfitto per estenderli anche a Chiara
Rabitti, che è da sempre l'animatrice dei Seminari Angela Vinay e
che oggi per la seconda volta li affronta non solo come responsabile della Biblioteca,
ma da Direttore della Fondazione.
Io qui rappresento appunto la Fondazione: non sono quindi un esperto biblioteconomico,
ma vorrei dire queste due parole soprattutto nella veste di rappresentante, ultimo
in senso cronologico, degli amministratori di una Istituzione che, affondando
le sue radici nella storia passata di Venezia, partecipa attivamente alla vita
presente della città.
Noi amiamo dire che l'archivio privato della famiglia Querini Stampalia costituisce
una fonte importante per la storia di Venezia, dato che gli esponenti di questa
famiglia hanno ricoperto cariche importanti nella Serenissima Repubblica per molti
secoli. Possiamo però ormai affermare che anche l'archivio della Fondazione,
in un certo senso, costituisce una fonte preziosa per la storia di Venezia dell'Ottocento
e del Novecento: da centotrentasei anni infatti l'Istituto vive nel cuore di questa
città e ne accompagna le vicende. Dico questo non solo pensando alle grandi
figure che qui si sono succedute come amministratori o direttori, o agli utenti
che in tutti questi anni hanno arricchito la propria formazione frequentando le
nostre sale; lo dico con la consapevolezza che la vita stessa della Querini si
intreccia intimamente e continuamente con la vita della città, e per questo
anche l'archivio della Fondazione, con la sua contabilità, i suoi
documenti amministrativi e le sue testimonianze di rapporti ed eventi culturali,
di fatto rappresenta ormai una fonte insostituibile per la storia locale. E lo
dico perché la vicenda della Querini, per quello che è stata nel
bene e nel male, è una vicenda esemplare che muove da un gesto illuminato
di filantropia nei confronti di Venezia, il lascito di un imponente patrimonio
per dotare la città di strumenti culturali degni di una grande tradizione.
Non v'è dubbio che, anche nelle intenzioni del nostro fondatore Giovanni
Querini Stampalia, il cuore di questo intervento di politica culturale fosse la
Biblioteca; e non ci stanchiamo di citare quel bellissimo passo dal suo testamento,
in cui stabilisce che essa sia aperta al pubblico soprattutto nei giorni e nelle
ore in cui le altre sono chiuse. La Biblioteca è considerata uno strumento
fondamentale per l'acculturazione dei cittadini, e non a caso nella sensibilità
culturale e sociale dell'epoca il lascito della biblioteca di famiglia, che oggi
costituisce il Fondo antico delle nostre collezioni, rappresenta un passaggio
epocale, in cui le biblioteche da sempre esistenti, ma consegnate nei monasteri,
nelle università, nelle case patrizie, si aprono per i figli del popolo.
La Biblioteca storica, sulla quale si erano formate generazioni e generazioni
di giovani rampolli della famiglia Querini, veniva dunque aperta al "popolo",
diventando Gabinetto di lettura: certo si trattava ancora solo di quella porzione
di popolo alfabetizzata che poteva avere accesso alle sale di una biblioteca,
e che nel 1869 - stante la struttura ancora classista e povera della società
italiana e veneziana - ne rappresentava una quota piuttosto ristretta, ma
certo molto più estesa dell'ambito della famiglia Querini. Nel quadro di
questa svolta epocale che accompagnava l'epopea dell'alfabetizzazione
e dell'acculturazione di massa, le persone illuminate e colte - com'era
Giovanni Querini - avvertivano l'esigenza di mettere a disposizione strumenti
capaci di assecondare l'intervento dello Stato, che fra l'ultimo quarto
dell'Ottocento e la metà del Novecento andava compiendo un'operazione
strategica determinante per la diffusione dell'istruzione e quindi della
cultura. A questa operazione pubblica, considerata di alto significato sociale,
il privato sentiva il dovere di unirsi.
La Biblioteca era allora l'unico mezzo attraverso il quale si diffondeva la cultura,
mentre oggi non è più così; tuttavia certamente la Biblioteca
resta ancora uno strumento fondamentale, anche perché sempre di più,
oltre a un luogo di conservazione e distribuzione di libri, è divenuta
un ambiente di studio, di confronto, di dibattito tra studiosi, o tra studiosi
e allievi, ed ormai anche un centro di tecnologie avanzate, di forme diverse per
la comunicazione di contenuti culturali.
Chiara però era la consapevolezza della scelta in Giovanni Querini, così
come lo è stata poi negli amministratori di questa Biblioteca e negli amministratori
della città che se ne è avvalsa: voi sapete infatti che con una
specifica Convenzione il Comune di Venezia riconosce la Biblioteca della Fondazione
Querini come Biblioteca Civica del centro storico.
E continuo è stato peraltro il lavoro di adeguamento al mutare dei tempi,
alle nuove esigenze tecniche, modalità organizzative, istanze culturali.
Sempre la Biblioteca è rimasta il cuore di questa Istituzione, attraverso
scelte difficili e coraggiose, ma sempre illuminate come quella originaria di
Giovanni Querini; soprattutto quando, agli inizi del Novecento, in presenza ormai
non solo di una maturazione tecnica delle biblioteche in Italia e all'estero,
ma anche di un rapido sviluppo della diffusione dell'istruzione, mentre la
scuola diventava sempre di più una scuola popolare, questa biblioteca si
apriva ad un servizio veramente pubblico, cioè ad un servizio di massa,
sempre meno elitario. La sua radicale riorganizzazione di quegli anni comportò
massicci investimenti da parte della sola Fondazione, non certo dello Stato, né
della Regione che neppure esisteva, né della Provincia o del Comune; se
infatti da circa tre decenni fruisce in misura consistente di contribuzioni pubbliche,
per almeno un secolo è stata la Querini a finanziare il servizio pubblico
e non viceversa. Sacrificando all'occorenza anche i gioielli di famiglia, si è
continuato a modernizzare e ristrutturare la Biblioteca; basti pensare al palazzetto
ora in restauro oltre il canale, venduto nel 1912 dalla Fondazione per comprare
un banale edificio del primo Novecento da destinare a deposito librario, per garantire
cioè la funzionalità della Biblioteca secondo gli standard del tempo.
Quello stesso deposito librario peraltro in anni recentissimi abbiamo ripreso
in mano, svuotato e rifatto, rimodernandolo con nuovi sistemi e tecnologie, ancora
una volta per tenere il passo con le esigenze di sviluppo e di conservazione delle
collezioni e di razionale utilizzazione degli spazi.
Questa costante e sollecita attenzione, fatta di interventi non solo logisitici
ma anche tecnici e organizzativi, ha consentito alla Biblioteca di garantire e
affermare nel tempo la sua funzione non solo nella città, ma anche nella
più vasta area regionale.
Così oggi noi continuiamo ad investire sulla Biblioteca, e questo è
un problema di sopravvivenza perché se non si investe, come in qualsiasi
settore, si muore. Giorgio Busetto, che per più di vent'anni ha diretto
questa Fondazione (in centotrentasei anni abbiamo avuto in tutto cinque direttori
e qualche breve interregno, e anche questo dà il segno della continuità
dell'Istituzione), amava raccontarmi come nei primi anni Settanta, quando da
giovane volontario aveva cominciato a collaborare con la Querini, ci fosse in
questo palazzo una sola macchina da scrivere; oggi credo ci siano almeno centoventi
computer, e forse nessuno li conta più. Nell'arco di trent'anni
(operando peraltro in linea con le ovvie trasformazioni tecnologiche, organizzative
di qualsiasi ente, istituzione, o anche di una casa privata) si è realizzato
dunque un enorme investimento, che è solo un indicatore dalla velocità
con la quale dobbiamo necessariamente far fronte all'adeguamento funzionale
di questa struttura. Si potrebbero fare molti altri esempi, come quello della
qualificazione del personale un tempo rappresentato da severi signori in palandrana
grigia che giravano per le sale, sicuramente meritori e in grado di far funzionare
tutto alla loro epoca ma certo molto lontani, per il basso grado di acculturazione,
la semplicità delle mansioni e la modestia delle prestazioni, dal nostro
attuale personale. Anche qui si è operato un investimento, è intervenuta
una profonda trasformazione.
Tutte queste cose le ricordo per mostrare come le varie fasi della vicenda della
Querini siano esemplari: prima il passaggio da biblioteca di famiglia a biblioteca
pubblica, poi una biblioteca pubblica che deve continuamente cambiare se stessa,
reinventandosi più volte fino ad essere oggi alle prese con mutamenti sempre
più rapidi e confronti sempre più diretti e ardui.
Ecco allora che il passato della Biblioteca diventa importante anche per il futuro
di questa stessa Istituzione ma anche per il futuro della città, la quale
ha sempre trovato qui un punto di riferimento strategico per i propri studiosi
e per i propri studenti, e deve poterlo trovare anche domani. Come dicevo, negli
ultimi trent'anni sono state utilizzate in misura crescente risorse pubbliche;
ma le difficoltà presenti della finanza pubblica, e quelle prospettate
per l'immediato futuro, ci pongono degli interrogativi drammatici. Infatti
si tratta non soltanto di chiudere dei servizi perché non ci sono più
le risorse per garantirli, ma anche di non introdurne di nuovi, di non acquisire
le nuove tecnologie necessarie a mantenerne il ritmo e lo sviluppo vitale.
La Legge speciale per Venezia, che è una fatto straordinariamente importante
per una città dai costi funzionali impensabili come la nostra, anche in
Querini ha lasciato il suo segno positivo, un segno di una ventina di miliardi
di lire di investimenti nell'arco degli ultimi quindici anni; ed è
stata determinante perché quando l'unico ascensore è andato non
solo fuori norma (questo lo era da tempo), ma definitivamente fuori uso, l'alternativa
era ormai solo quella di riprendere in mano il palazzo e ricostruirlo (come in
pratica si è fatto) o di chiuderlo. Oggi tra l'altro abbiamo ben cinque
moderni ascensori, ma nulla sarebbe stato possibile senza un importante intervento
di finanza pubblica, che non è certo stato sprecato, ci tengo a dirlo,
ma investito a beneficio della città. Nella città infatti la Biblioteca
svolge un ruolo assolutamente strategico per la trasmissione dei contenuti culturali,
e lo svolge non solo attraverso i suoi depositi librari moderni, ma anche attraverso
la sua organizzazione flessibile, la progressiva introduzione di strumenti non
necessariamente identificati con il libro e l'editoria tradizionale, l'attivazione
di nuovi servizi che in questi anni anche i Seminari Vinay hanno contribuito a
misurare, a valutare, a diffondere.
Ma soprattutto determinante è cogliere il significato strategico di queste politiche, difenderle e accompagnarle.Un' Italia molto più povera di quella di oggi ha costruito questi sistemi di trasmissione della cultura, li ha adeguati nel tempo, ha prodotto e mantenuto importanti livelli di servizio e di qualità; sarebbe davvero assurdo, per non dire incivile, che un' Italia opulenta non fosse in grado di trovare le relativamente modeste risorse necessarie a garantire la continuazione di questa storia, consentendo alle generazioni presenti e future di fruire di un'adeguata infrastruttura culturale.
Copyright AIB 2006-09, ultimo
aggiornamento 2006-10-03 a cura di Marcello Busato e Giovanna
Frigimelica
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