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"16. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
attività e passività culturali

Interventi di apertura
Politiche e strategie di produzione culturale

Giorgio Busetto, Direttore dell'ASAC della Fondazione La Biennale di Venezia
[Interviene per Davide Croff, Presidente della Fondazione La Biennale di Venezia]


Doveva intervenire stamane il Presidente della Biennale, Davide Croff, ma gli è piombato sul capo un impegno istituzionale improvviso ed è in questo momento nei padiglioni dell'Esposizione di arti visive ai Giardini, dove sta accompagnando Sua Maestà la Regina del Belgio in visita alla Biennale. Mi ha pregato pertanto di recare qui le sue scuse e il suo saluto.

Per quello che riguarda il tema della mattinata, politiche e strategie della produzione culturale, penso che il momento che stiamo vivendo debba indurci a rivederle tutte. Siamo in presenza di una fortissima contrazione delle risorse pubbliche a disposizione, ma anche di quelle private per via delle difficoltà dell'economia. Sono quindi da riconsiderare le nostre situazioni di parità nei bilanci, le relative politiche e strategie, che vanno collegate necessariamente da un lato agli effetti che gestiamo in termini di spesa, dall'altro agli effetti che queste hanno in termini di recupero delle entrate. Il pareggio di bilancio va sicuramente conseguito, ma non a prezzo di tagli alla spesa che determinino tagli significativi all'entrata, né a prezzo di cadute rilevanti dell'ottimizzazione della spesa; né può limitarsi l'ottica all'anno solare, ma deve essere tutto valutato per segmenti temporali poliennali, i soli capaci di dare ragione di manovre più ampie e di misure adeguatamente strutturali.

Si tratta di un discorso estremamente delicato. Per esempio oggi, nel caso della Biennale, il recupero di entrate da fonti private, si aggira sul 35% dell'entrata complessiva, e la Biennale è la Biennale: credo che insieme alla Scala siano i due istituti che hanno più immagine sia in Italia che all'estero e che siano quindi più vendibili in qualche modo in termini di accesso alle risorse private, quindi figurarsi negli altri casi che razza di difficoltà ci sono. Posso fare subito un confronto: dirigo anche la Fondazione Levi, essa pure presieduta da Davide Croff, e lì in sostanza non riusciamo a tirar su un soldo dai privati; abbiamo avuto quest'anno solo una sponsorizzazione di natura tecnica da Sun Microsystems Italia e dalla Italiana Divani, che ci hanno consentito di allestire una sala multimediale di carattere emerotecale, ma più di questo veramente non si riesce a fare.

La definizione della spesa: ecco subito vincoli di natura sociale. Penso per esempio alla difficoltà che c'è nel riarticolare la struttura di personale per rapporto al dimensionamento dell'entrata, cioè la rigidità dei costi fissi per questo aspetto, che è certamente di grande importanza sotto il profilo sociale, ma che diventa in qualche modo un carico indebito rispetto alla finalità culturale degli istituti. E' un tema, torno a dire, di grande delicatezza, ma se il costo fisso finisce per diventare esorbitante, viene meno quella quota di disponibilità che deve proporzionalmente accompagnarsi al posto fisso per consentire l'erogazione ordinata del servizio, quindi per consentire il senso della spesa che comunque si viene a fare. Mettiamo il caso della biblioteca. Se mantengo tutto il personale ma per far questo non compro più i libri ho fatto un'operazione positiva da un punto di vista sociale stretto, negativa da un punto di vista sociale più ampio, e sono venuto meno ai doveri del servizio della biblioteca.

Per converso la questione delle entrate è legata, in maniera generale, alla cultura della nostra società, cioè al ruolo che si intende assegnare a tutto ciò che rientra nella sfera dell'educazione, comprensiva quindi anche di ricerca e informazione: una sfera funzionale a un determinato carattere della società civile.

Questo ha, secondo me, soprattutto due grandi aspetti: uno è quello della questione macro, diciamo così, cioè il fatto che senza la ricerca, senza l'educazione, non si sostiene la sopravvivenza della specie umana che è strettamente legata a questi ambiti; dall'altra parte c'è una questione di livello invece inferiore, che in questo caso potremo dire di caratura nazionale: soltanto in presenza di un articolato e adeguato sistema educativo con il quale il sistema informativo e quindi anche il sistema dei nostri servizi è strettamente integrato, abbiamo quella base culturale che garantisce un background adeguato della nostra forza lavoro; quindi se questa sfera non è adeguatamente finanziata sottraiamo in sostanza competitività al sistema e questo di nuovo diventa una questione di ordine generale di cui la mano pubblica deve ben farsi carico.

Ma per questo occorre, venendo al caso delle biblioteche, disegnare un adeguato sistema bibliotecario stabilendo quali debbano essere gli standard di servizio per i vari target, i vari segmenti di pubblico che sono tutti da servire e da servire in maniera adeguata; e ciò facendo, si devono anche assegnare le varie parti, cioè stabilire chi deve pagare che cosa per fare funzionare il tutto dal punto di vista della spesa; mentre dal punto di vista dell'efficienza, si deve anche fare i modo che ognuno abbia la propria specificità di servizio, interdipendente con quella degli altri ma mai in sovrapposizione con quella degli altri. Quanto meno ci sono risorse disponibili tanto più queste risorse devono essere spese correttamente.

Questo significa tra l'altro la necessità di educare alla biblioteca gli operatori della biblioteca per un verso, il pubblico per un altro.
Io sto continuamente riscontrando per esempio l'importanza di una adeguata efficacia affidata allo strumento della bibliografia, se la bibliografia venisse insegnata a scuola, se venisse in particolare insegnata ai professori e a coloro che fanno ricerca, che dovrebbero quindi essere maestri nel campo e invece sono spesso sotto il livello della sufficienza, ecco che questo metterebbe tutti nel possesso già di un fondamentale strumento per articolare debitamente il servizio. Perché il servizio va articolato a partire dall'offerta di servizio, ma anche a partire dalla domanda di servizio, che non deve essere una domanda impropria. Per esempio, io dirigo adesso l'ASAC, l'Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale, che è chiuso al pubblico e quindi non c'è accesso alla risorsa documentaria. Ricevo delle mail disperate di laureandi, che assolutamente devono per forza vedere quel certo libro che c'è solamente lì e già da SBN si vede che lo stesso libro c'è, per dire, a Padova, che dista 36 km dall'ASAC ed è servita da collegamenti nell'ordine di alcune decine al giorno. Allora mi domando: che cosa hanno in mente queste persone, che cosa pensano? Per converso mi devo anche chiedere che servizio di prestito interbibliotecario abbiamo noi immaginato o, meglio ancora, realizzato all'interno del sistema bibliotecario, visto che SBN ci dà l'informazione catalografica sulla presenza del documento ricercato, ma poi non disponiamo di chi faccia il pacchetto e lo porti alla posta per inviarlo...

Concludendo, un ripensamento complessivo delle strategie e di conseguenza delle politiche dei nostri istituti non può prescindere da adeguati livelli di governo, da un adeguata presenza di governo a livello nazionale e a livello locale per coordinare il sistema dell'offerta da un verso e dall'altra parte non può prescindere da un'adeguata capacità di razionalizzare le risorse esistenti all'interno del singolo istituto di modo da offrire tutti quei servizi che è comunque possibile offrire a partire da ciò di cui disponiamo.

Marco Paoli: Grazie al dott. Busetto per ancora aver messo l'accento sul discorso del sistema, dell'integrazione che deve esistere tra vari settori.
Certo che la complessità della realtà bibliotecaria italiana fa si che un discorso diciamo di servizi, di integrazione di questi sia anche un discorso di conoscenza delle singole realtà, perché può apparire paradossale che vi siano delle realtà, anche nella capitale, anche a Roma che non sono per niente conosciute, per esempio sono pochissime le persone colte, anche a Roma, che conoscono la differenza che c'è tra la Biblioteca Lancisiana e la Biblioteca dell'Accademia Lancisiana, perché sono due realtà che in parte si integrano, ma che hanno servizi diversi, hanno storie diverse, l'edificio è lo stesso, però hanno regimi di consultazione diversi. Per cui il discorso anche che si faceva dei percorsi, fa si che la scelta che è sacrosanta nel cittadino venga anche facilitata, perché in un sistema si deve conoscere anche quelli che sono i limiti di un sistema, quando manca addirittura la conoscenza di una realtà così grande, così vasta, così stratificata, è il cittadino stesso che non viene messo in condizioni di scegliere, quindi non dobbiamo aver paura, non dobbiamo temere se c'è chi in qualche modo indirizza, assicura questo flusso di informazione, perché è proprio l'informazione che garantisce poi l'esattezza della scelta finale.

Chiara Rabitti: Ricordiamoci che questa conoscenza che è necessaria della differenza delle biblioteche, della loro diversa modalità di fruizione, di orario e così via, questa è importante, ma deriva dal fatto della nostra complessità, io ho sempre ritenuto che non posso chiedere all'utente, al lettore di sapere tutte le nostre varie articolazioni, differenza, tipologie e così via, no posso pretenderle, ma posso pretenderle che le conosca il bibliotecario e quindi si torna al vecchio discorso del, almeno del orientamento e dell'informazione, il bibliotecario si deve sapere dove deve mandare l'utente che non può seguire lui direttamente e questa è una responsabilità nostra e qui torno proprio a quello strumento elementare che proprio Giorgio Busetto auspicava sosteneva e realizzava anni fa, parecchi anni fa, quando ancora la rete non c'era e così via, un semplice pezzo di carta fuori da ogni biblioteca con scritti tutti gli orari ameno delle altre biblioteche, è poca cosa, ma forse ancora non siamo capaci di gestire, perché io non so se nelle nostre biblioteche c'è sempre uno che sa dire l'orario di un'altra biblioteca o rimandare, rinviare nella biblioteca più adatta l'utente cosiddetto improprio in quel momento per quella biblioteca, quindi ricordiamoci che abbiamo delle responsabilità grosse professionalmente proprio anche su cose più banali come questa.
Su questo chiuderei la mattinata.


Copyright AIB 2006-09, ultimo aggiornamento 2006-10-03 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay16/busetto05a.htm


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