[AIB]AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 2 (2003)

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Nel maggio del 1993 a Firenze l'esplosione che distrusse la sede della storica Accademia, causando gravi danni alla biblioteca

DIECI ANNI DOPO AI GEORGOFILI

Intervista a Lucia e Luciana Bigliazzi a cura di Elisabetta Francioni

Qualche mese fa, con una serie di cerimonie a cui hanno partecipato il Presidente della Repubblica Ciampi e il ministro dell'Interno Pisanu, è stata ricordata a Firenze l'esplosione avvenuta il 27 maggio 1993 davanti alla Torre del Pulci, sede dell'Accademia dei Georgofili, a pochi passi dagli Uffizi. Quella notte morirono sotto le macerie la custode dell'edificio, insieme al marito e alle loro due bambine (la più piccola di un mese e mezzo) e lo studente Dario Capolicchio che abitava di fronte; i feriti furono 37, e una settantina gli sfollati. Nell'attentato (per il quale sono stati condannati Totò Riina e altri 14 mafiosi, ma l'inchiesta non è ancora conclusa), oltre a restare danneggiati 200 tra dipinti e statue della Galleria degli Uffizi e del Corridoio Vasariano, rimasero sotto cumuli di vetri e macerie i libri e i documenti dell'Accademia dei Georgofili, la più antica accademia agraria d'Italia nata nel 1753 per promuovere studi e ricerche sperimentali sull'agricoltura. Grazie al lavoro degli addetti, allo slancio di tanti fiorentini che in quell'occasione - come già nel '66 - si rimboccarono le maniche e ai tanti finanziamenti statali e privati, l'Accademia e la sua storica biblioteca ripresero nel giro di tre anni l'attività, nella sede ricostruita con le stesse pietre devastate dalla spaventosa deflagrazione. In occasione di questo decennale Bibelot è andato a trovare Lucia e Luciana Bigliazzi, due bibliotecarie che da anni prestano la loro opera presso la Biblioteca dell'Accademia dei Georgofili, per ricordare attraverso la loro testimonianza diretta quei giorni e il successivo lavoro di ricostruzione dei cataloghi e delle raccolte.

D: 27 maggio 1993: come vi arrivò la notizia che c'era stato un attentato alla sede dei Georgofili?

R: Il pomeriggio precedente avevamo entrambe lavorato all'Accademia, per predisporre una piccola esposizione di libri antichi avente ad oggetto le enciclopedie, i manuali e le opere di riferimento tecnico-scientifico stampate nel Sei, Sette e Ottocento. Nel corso di tale lavoro avevamo incontrato Nadia Nencioni, la bambina più grande della custode, che insieme al padre Fabrizio rientrava da fuori. Con Nadia c'era un rapporto particolare: spesso fin da piccola essa scendeva in Biblioteca e con lei sovente, pur essendo così piccina, avviavamo dei discorsi profondi ed intensi; sì, Nadia era una bambina molto intensa e quei suoi grandi occhi neri sembravano esprimere la conoscenza di un mondo più ampio, quasi una sorta di consapevolezza che non sempre si riscontra negli sguardi un po' magici dei bambini. La mattina successiva, il 27 maggio, entrambe abbiamo appreso casualmente dell'esplosione e la notizia sembrava irreale: un "Fiorino" imbottito di esplosivo, posteggiato nelle vicinanze (ma inizialmente si era parlato di una fuga di gas), aveva sventrato la sede dell'Accademia. D'improvviso tutto era proiettato in una dimensione che sapeva di assurdo. E l'una e l'altra, provenienti dai nostri posti di lavoro, rispettivamente la Biblioteca nazionale centrale [Lucia] e la Laurenziana [Luciana] siamo accorse all'Accademia.

D: Che cosa riusciste a vedere, una volta arrivate sul posto?

R: Mano a mano che ci avvicinavamo a Piazza Signoria scivolavamo in un'altra realtà e anche se la mente faticava per mettere a fuoco e realizzare concetti e pensieri, il cuore e le sensazioni ci conducevano in uno stato di angoscia che sentivamo attaccarsi alla pelle sempre con maggior forza ed evidenza. Il piazzale degli Uffizi era transennato e lì c'erano già tutti i dipendenti dell'Accademia, chi giunto da poco, chi fin dalle prime ore dopo l'attentato. Le notizie erano ancora confuse, certo chi era lì ormai da ore sapeva che la sede accademica era distrutta e che tutta la famiglia della custode era morta sotto le macerie. Riuscimmo ad entrare nel perimetro della zona transennata e a giungere fino a via dei Georgofili dove, accanto a cumuli di macerie che si elevavano verso il cielo denso di fumo e di odore acre, si apriva la voragine provocata dall'esplosione.

D: Quali danni presentava la biblioteca e che tipo di misure furono prese nell'immediato?

R: Solo nel tardo pomeriggio del 27 maggio siamo potuti entrare in Accademia dal suo ingresso principale. Avevamo avuto subito dalla nostra i vigili del fuoco i quali, nel corso di quella interminabile e allucinante giornata passata sotto il sole di Piazza Signoria, avevano con estrema sensibilità e professionalità recepito i nostri ripetuti messaggi inerenti il patrimonio da salvare con urgenza in quella sede distrutta. Insieme a loro, che ci vollero al loro fianco per dare avvio all'attività di sgombero e recupero del materiale, coordinammo l'intervento: noi due avremmo dovuto guidarli nei luoghi (o in ciò che rimaneva di essi) dove era concentrato il patrimonio documentario e librario, nonché eventuali arredi ed oggetti. Il lavoro ebbe avvio da subito e la mattina successiva telefonammo a tutte le biblioteche fiorentine, parlando con amici e colleghi di vecchia data per chiedere il loro aiuto, convinte che la professione è elemento importante in situazioni di questo genere. E la risposta fu notevole.
Con la Soprintendenza archivistica nella persona della soprintendente dottoressa Paola Benigni, concordammo le attività necessarie per il recupero del patrimonio documentario: l'Archivio Storico dell'Accademia è composto di oltre 12.000 documenti e quello moderno supera di molto tale dato. Ai volontari professionisti delle biblioteche si aggiunsero fin dal primo giorno i volontari del cuore: telefonate da tutta Italia e anche da paesi stranieri, di persone che si offrivano di venire a Firenze a salvare il patrimonio della più antica accademia di agricoltura d'Europa. Ci furono anche laboratori di restauro che si offrirono di eseguire interventi a titolo gratuito, e enti e privati che cominciarono a far pervenire doni di volumi antichi all'Accademia.

D: È stato importante il ruolo dei volontari?

R: È stato notevole, immenso e come sempre connotato da grande entusiasmo, spirito di sacrificio e generosità. A decine ogni mattina si presentavano alle transenne davanti agli Uffizi e si mettevano completamente a disposizione delle direttive che davamo loro; la fortuna di essere in due ed entrambe esperte dei fondi dell'Accademia, consentì di intervenire velocemente su più piani. La presenza, inoltre, di colleghi bibliotecari permise di creare dei sottogruppi di intervento specifico che ciascuno di essi coordinava, coadiuvato dai volontari. Studenti, insegnanti in vacanza, pensionati, genitori e figli: una grande catena umana che dalla sede dell'Accademia, sul lato degli Uffizi Corti, consentiva di trasportare ceste cariche di volumi, documenti e arredi dall'altro lato della Galleria e di sistemarli nel Salone Magliabechiano, all'epoca totalmente libero. In soli cinque giorni le raccolte librarie erano riorganizzate completamente ed eravamo in grado di riaprire al pubblico; il catalogo cartaceo di formato internazionale era stato - seppur malconcio - recuperato da sotto le macerie, mentre il computer sul quale lavoravamo (da poco l'Accademia aveva dato avvio al progetto di catalogazione informatizzata) era andato distrutto. Fortuna volle, tuttavia, che l'ultimo salvataggio dei dati effettuato solo pochi giorni prima dell'attentato fosse rimasto integro: subito ci fu messo a disposizione un nuovo PC e così anche il catalogo elettronico era consultabile.

D: Attraverso quali interventi siete riusciti a ricostruire la biblioteca?

R: Gli interventi sono stati molti: da quelli di tipo strutturale, alla riorganizzazione di tutta l'attività dell'Accademia, dalla amministrativa alla gestionale, a quella più strettamente legata alla biblioteca. Il Presidente dell'Accademia, professor Franco Scaramuzzi, dette impulso notevole alla ripresa delle attività, che ripartirono tutte nell'arco di pochissimi giorni. Per quanto riguarda il restauro delle strutture, esso si concluse nel giro di soli tre anni: nel marzo del 1996, alla presenza del Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, la sede restaurata dell'Accademia fu inaugurata. Nel frattempo gran parte delle collezioni librarie e documentarie aveva fatto ritorno in sede, grazie anche ai numerosi volontari che per la seconda volta risposero al nostro appello.

D: L'Accademia dei Georgofili oggi. Che cosa rimane a vostro parere di quella ferita, di quell'attacco al patrimonio culturale della città?

R: Oggi l'Accademia ha ripreso totalmente la sua attività, aprendosi sempre di più alle problematiche che tutto il mondo pone per lo sviluppo dell'agricoltura e delle scienze ad essa applicate. Per ciò che riguarda la biblioteca (70.000 volumi tra monografie, opuscoli e periodici) e il suo archivio, molto è stato fatto in questi dieci anni: l'Archivio storico è quasi completamente informatizzato e l'Archivio moderno è stato ordinato ed inventariato. Il sito WEB realizzato in questi anni consente di accedere ai cataloghi sia della Biblioteca (titoli immessi on-line a partire dal 1992) sia dell'Archivio dell'Accademia. Recentemente è stato elaborato un progetto di digitalizzazione di alcuni fra i documenti più importanti conservati nell'Archivio storico che, accompagnati dalla loro descrizione e trascrizione, consente non solo la consueta ricerca attraverso gli accessi qualificati, ma anche la ricerca full text. In anni recenti è stato inoltre acquisito un importante fondo di volumi a stampa antichi e moderni inerenti l'agricoltura (in corso di catalogazione) e una fototeca di oltre 100.000 immagini, attualmente in corso di digitalizzazione e catalogazione. È stato anche dato avvio al progetto relativo alla catalogazione degli articoli presenti nei periodici legati all'Accademia fiorentina: "Magazzino toscano" e "Giornale agrario toscano"; per gli Atti dell'Accademia è stato condotto a termine un progetto che ne indicizza autori e titoli. È lavorando per costruire o ricostruire che forse rendiamo vane le azioni di tipo distruttivo; questo non vuol dire che si dimentichi, anzi personalmente riteniamo che la memoria degli avvenimenti che hanno accompagnato e accompagnano la nostra storia, non deve perdersi. È importante ricordare, ma è certo che alcune ferite e avvenimenti vanno oltre le parole e restano per sempre radicati nel profondo di noi, ci segnano e fanno anche la nostra storia. E da lì ripartiamo.


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Copyright AIB 2003-09-30, ultimo aggiornamento 2003-10-12 a cura di Vanni Bertini
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/toscana/bibelot/0302/b0302j.htm


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