AIB. Sezione Toscana. Bibelot, n. 3 (2000)
di Alessandro Sardelli
Il 29 novembre scorso, presso la Sala Est Ovest di Via Ginori, a Firenze, sono stati presentati i risultati di una ricerca curata da un gruppo di giovani iscritti alla Sezione Toscana dell'AIB sul tema: "I giovani e il lavoro in biblioteca". L'iniziativa del gruppo di lavoro, di cui parla Maria Rita Macchi a pagina 3, ha indirettamente affrontato il tema della professionalità che era stato in parte già toccato nella conversazione su "evoluzione degli scenari professionali", avvenuta in settembre al Gabinetto Vieusseux - in occasione della presentazione del nuovo Comitato Esecutivo Regionale -, tra Gabriele Lunati e Tommaso Giordano, di cui pubblichiamo in questo numero una replica del dibattito (a pag. 4 e 5) a vantaggio di chi non era presente.
Ma, diversamente da quella conversazione, nella Sala Est Ovest sono stati forniti dei dati, emersi da un'indagine condotta sul personale impiegato al di sotto dei 35 anni in un campione di biblioteche toscane comunali, statali e delle Università. I risultati completi di questa ricerca saranno pubblicati quanto prima sul "Bollettino AIB". Qui, in quest'articolo di fondo, voglio limitarmi a una prima impressione su quanto ci è stato illustrato. Ebbene mi è sembrato di capire che nelle biblioteche c'è una situazione generale di grande inadeguatezza nella gestione del personale, sia "giovane" sia "meno giovane". È stato, infatti, rilevato che non solo non esiste un'efficace strategia per le assunzioni, ma il più delle volte non esiste nemmeno una vera politica di gestione del personale assunto. Quasi che ci sia una inadeguatezza strutturale delle biblioteche, le quali non sembrano in grado di gestire il proprio personale in modo funzionale alla propria organizzazione e al servizio che devono erogare. Non mi spiego, altrimenti, il motivo per cui il Gruppo di lavoro ha dovuto suddividere il personale individuato in "strutturato" e "non strutturato", quasi che le biblioteche intervistate avessero del personale non adeguatamente inserito nella loro struttura organizzativa. Evidentemente è così! E, probabilmente, l'esigenza della doppia definizione è nata dal fatto che nelle biblioteche toscane indagate, il servizio è in gran parte garantito dalla presenza di volontari, di obiettori di coscienza e, addirittura, da personale inserito "a fini terapeutici"; insomma da personale reclutato e gestito secondo una logica più assistenziale che produttiva. Come del resto accade a livello nazionale: basta aver seguito il dibattito in tema di "volontariato" che si è svolto, nel mese di dicembre, su AIB-CUR. Immagino che il risultato di quest'indagine sia stato abbastanza frustrante per i giovani soci AIB, alcuni dei quali appena entrati nella professione bibliotecaria, altri che magari aspirano a entrarvi in modo stabile. In effetti, non credo faccia piacere rendersi conto che il proprio lavoro - talvolta scelto dopo anni di studi e di preparazione - non sia adeguatamente considerato e sia ancor meno valutato sul piano del corrispettivo economico. Anche perché lavorare stanca, e sarebbe meglio servisse a qualcosa. Ma un risultato questi giovani del gruppo di lavoro l'hanno raggiunto: stabilire che il problema della gestione efficace delle biblioteche non sta tanto nella tecnologia - come qualcuno vorrebbe far credere - bensì nella gestione delle persone o, come si dice, delle risorse umane. Resta da vedere come quest'aspetto sarà affrontato dalla classe dirigente di questo paese. Auguriamoci nell'unico modo possibile: considerare il lavoro nelle biblioteche come un'attività produttiva, nell'interesse non tanto dei bibliotecari quanto dei cittadini.
Copyright AIB 2001-01-15,
ultimo aggiornamento 2001-02-02 a cura di Vanni Bertini
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/toscana/bibelot/0003/b0003a.htm