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Convegno "Verso un sistema bibliotecario provinciale. Ruolo e promozione delle biblioteche pubbliche nella Provincia di Udine". San Daniele del Friuli, Biblioteca Civica Guarneriana, 20 aprile 2002

Le biblioteche pubbliche friulane tra cooperazione e nuove esigenze normative / Romano Vecchiet

Non credo che l'evoluzione del sistema bibliotecario della provincia di Udine possa avere avuto negli ultimi trent'anni un andamento diverso dalla gran parte dei sistemi provinciali delle regioni settentrionali di questo Paese. In pratica, a fronte di una realtà contraddistinta - prima dell'emanazione della legge regionale 60 del 1976 (1) - da una rilevante ma isolata realtà istituzionale nel capoluogo provinciale e da poche e modeste biblioteche minori nel resto del territorio (2), si è passati, in questi ultimi anni, a uno sviluppo quantitativo non indifferente a livello territoriale, consolidandosi nel contempo però, in termini funzionali e di sviluppo interno ed esterno, anche la realtà del capoluogo friulano.
Solo pochi dati possono bastare per seguire questo fenomeno, pur in assenza di analisi specifiche della realtà provinciale. Nel 1974, a due anni dall'emanazione della legge regionale, le biblioteche di ente locale erano 42 su 137 Comuni (3). Vent'anni dopo (4) erano cresciute a 122, per attestarsi su 120 nell'ultima indagine del 2000 (5). Il patrimonio documentale di queste biblioteche dal 1974 al 2000 è quasi triplicato (da 458.145 a 1.284.476), mentre non ci è noto nel '74 il dato dei prestiti a livello provinciale. Se però molto verosimilmente lo attestassimo a poco più di 10.000 unità prestate, vedremmo come esso passi nel 1994 a 336.791, cresciuti nel 2000 a 449.743, un valore quasi cinquanta volte superiore al primo dato stimato del 1974.
Il peso della "Joppi", in questo quadro evolutivo, pur aumentando in termini assoluti, diminuisce vistosamente in termini relativi. Se nel 1974 il suo patrimonio costituiva oltre l'80% di tutta la massa documentale delle biblioteche pubbliche di ente locale della provincia, nel 2000 è diminuito a poco più del 34% del totale provinciale. Se nel 1974 potremmo verosimilmente pensare che i prestiti della "Joppi" costituissero pur sempre oltre il 50% di tutti i prestiti della provincia effettuati dalle biblioteche di ente locale, nel 1994, pur aumentando di molto in termini assoluti (da poco più di 5.000 nel '74 ai 77.880 vent'anni dopo), gli stessi si riducevano in termini relativi con riferimento al territorio provinciale, passando al 23,12% nel 1994 e attestandosi nel 2000 alla percentuale del 32,47%.
Che significano in sostanza questi dati? Significano che lo sviluppo della biblioteca pubblica nella provincia di Udine, dai primi anni Settanta a oggi, ha riguardato molto più direttamente le realtà minori, sovvertendo le proporzioni di partenza, addirittura in alcuni casi capovolgendole letteralmente come nel caso dei prestiti. Si vorrebbe quasi affermare che i benefici della nuova legge regionale del 1976 sulle biblioteche hanno, dopo 25 anni e più di finanziamenti, contribuito a potenziare quasi esclusivamente le biblioteche pubbliche minori e che a queste fondamentalmente la legge stessa si era rivolta. Certo, anche la biblioteca di capoluogo sarà beneficiata da questa legge, ma i risultati indicano un quadro che può annoverare progressioni più modeste, certo proporzionalmente molto più limitate di quelle relative a tutto il territorio preso in esame.
Un'altra questione che potremmo porci è se questo sviluppo fosse dovuto alla creazione, disegnata già nella legge regionale del '76, dei sistemi bibliotecari territoriali (6). Studi in questo senso, tra i pochi peraltro su argomento biblioteconomico pubblicati con riferimento alla nostra regione, non danno conforto a questa ipotesi. I sistemi territoriali sono stati istituiti come consorzi o associazioni di comuni, ma in un caso o nell'altro non sono mai decollati, sono rimasti sistemi poveri (7) e non hanno offerto, se non in rari casi, una vera possibilità di sviluppo al proprio territorio di riferimento, nella migliore delle ipotesi riuscendo a potenziare la biblioteca centro-sistema. Né poteva sopperire a tale mancato sviluppo una mai attuata legge regionale che, quale per esempio quella lombarda del 1985 (8), avesse indicato quei requisiti minimi sotto i quali le biblioteche non potevano afferire all'organizzazione bibliotecaria regionale, o modalità di contribuzioni che avessero consolidato i sistemi bibliotecari piuttosto che le biblioteche pubbliche singolarmente considerate, proprio perché né la L.R. 60/1976, né le successive modificazioni lo avrebbero mai previsto.
Invece, specie in una prima fase, successiva agli eventi sismici del 1976 e durata fino alla prima metà degli anni Ottanta, il vero sviluppo delle biblioteche pubbliche di ente locale del territorio provinciale fu soprattutto di tipo edilizio. Esso fu sensibilissimo e concreto e si riflesse positivamente sulla stessa attività delle biblioteche che erano state oggetto di intervento di ristrutturazione e ampliamento della sede. Nell'area collinare friulana, tanto per fare un esempio appropriato trattandosi di un'area tra le più colpite dal terremoto, la superficie delle dieci biblioteche pubbliche passò dal 1974 al 1981, in soli sette anni, da 451 a 1463 mq, mentre il patrimonio da 18.882 volumi si accrebbe fino a 58.029 volumi (9), con un trend di crescita che ben difficilmente si ripeterà negli anni successivi e che ha connotato tutto il processo di ricostruzione tra tradizione e modernizzazione, come allora si diceva (10), di quegli anni a cavallo tra Settanta e Ottanta.
Non c'è dubbio, pertanto, che la crescita di cui qui per brevi cenni si è voluto ricordare, non dipese unicamente da strumenti legislativi biblioteconomici che promossero un "sistema" regionale di biblioteche. Certo, l'emanazione dello strumento legislativo nel 1976 contribuì certamente alla nascita di molte biblioteche comunali e servì a triplicarle nel corso del ventennio successivo. Ma tale crescita non fu certo frutto di una programmazione né regionale né provinciale; tanto meno si costruì una politica bibliotecaria attraverso lo sviluppo dei sistemi territoriali concepiti e organizzati a livello centrale. Le biblioteche pubbliche crebbero grazie a contributi regionali e provinciali che cercavano negli anni di soddisfare un po' tutte le varie e svariate richieste delle amministrazioni comunali, ma proprio per questo si svilupparono senza alcun vincolo dettato da un programma, lasciando - tranne qualche raro caso - che fosse sempre l'amministrazione proprietaria a sostenere l'onere maggiore del loro sviluppo. La lettura dei bilanci delle singole biblioteche nel corso degli anni, riportati nei questionari ora distribuiti dalle Province, potrebbe fare maggiormente luce sull'entità contributiva regionale o provinciale per l'acquisto delle più varie attrezzature informatiche in rapporto alle spese sostenute direttamente dai Comuni per il personale e (soprattutto dopo il provvedimento di legge del 1988 (11)) per il materiale documentario. Più raramente tali contributi venivano erogati per la realizzazione di nuovi edifici che avrebbero ospitato le biblioteche, indubbiamente uno dei momenti più determinanti e qualificanti per un reale sviluppo di questo servizio pubblico (12). Unito a un piano comunale di riqualificazione del proprio personale e comunque legato a un progetto biblioteconomico che riguardi l'intera struttura organizzativa e logistica della biblioteca, tali contributi possono effettivamente cambiare in positivo e radicalmente il volto e la sostanza di un servizio.
In questa rapida carrellata di ipotesi di sviluppo del servizio bibliotecario provinciale, rimane ancora da considerare il ruolo che la biblioteca del capoluogo, la Biblioteca Civica "Joppi" di Udine, ha avuto in questa congiuntura. Certo, non esercitò un ruolo da protagonista in questo sviluppo, ma piuttosto quello di lontano e irrinunciabile referente, nell'aver costituito, anche a prescindere da una sua determinata volontà e in tutti questi anni, un imprescindibile riferimento per le realtà provinciali minori. Se si pensa che le funzioni di biblioteca pubblica, con un orario definito di apertura, un patrimonio effettivamente disponibile per gli utenti, venivano coperte fino ai primi anni Settanta quasi esclusivamente, per l'intera provincia di Udine ancora priva dell'Università, dalla "Joppi", si può capire quale momento di esemplare riferimento per il pubblico e le altre biblioteche appena sorte essa potesse fino ad allora rappresentare. Forse, e andrebbe precisato subito, più per la sua forza simbolica di attrazione e per la propria prestigiosa tradizione culturale, che per le reali azioni promozionali e di coordinamento che avrebbe potuto attuare e che non attuò (13). Il suo sviluppo (negli ultimi dieci anni ha triplicato i prestiti), l'apertura di nuovi servizi (le nuove Sezioni Musica, Friulana e Moderna, oltre al potenziamento della Sezione Ragazzi, per non parlare delle otto biblioteche di circoscrizione inaugurate nei primi anni Ottanta), ha comportato un notevole mutamento di appeal che si è indubbiamente riflesso sulla città e sul territorio provinciale, ma maggiormente nel senso di un più completo, ampio utilizzo dei suoi servizi risolti all'interno di una struttura sentita come sempre più angusta e inadeguata, che nel senso di una realtà stimolatrice di progetti che potessero coinvolgere tutta o parte la realtà provinciale di riferimento.
Indubbiamente le scelte operate nel campo dell'automazione dei servizi, intendendo qui ovviamente solo quelli catalografici, avvenute su precise indicazioni dei bibliotecari nella seconda metà degli anni Novanta, hanno contribuito in termini visibili a un mutamento di grandi prospettive. La condivisione di questi strumenti, le ampie economie di scala nel campo di una catalogazione sempre più "derivata" che permetteva al bibliotecario una maggiore attenzione ad altri e più immediati problemi rispetto a quelli, annosi e non sempre definibili urgenti, della catalogazione, la progressiva automazione dei cataloghi e la loro consultabilità su Internet, ha provocato una maggiore uniformità nelle metodologie di lavoro, un aumento degli scambi di esperienze, qualche attività culturale in comune, anche se - va detto con assoluta franchezza - non ci sembra che le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie siano state finora sfruttate in termini sempre sinergici, preferendo le biblioteche operare ancora troppo spesso isolatamente, tentando di risolvere autonomamente i vari problemi organizzativi e amministrativi, senza i necessari e irrinunciabili raccordi. E' forse più il pubblico, finora, ad averne approfittato, basti considerare il continuo aumento delle visite alle pagine web delle nostre biblioteche, all'aumento dei volumi prenotati via posta elettronica, alla crescita del prestito interbibliotecario sfruttando al meglio le conoscenze degli operatori e i cataloghi in linea sempre più completi che le biblioteche pubbliche predispongono con i nuovi strumenti informatici (14).
Sull'altro versante, quello del territorio provinciale, nell'ultimo decennio si è assistito a un ampliamento e a un sostanziale rinnovamento delle sedi (che già avevano avuto una loro consistente crescita nell'immediato periodo del post-terremoto, come abbiamo notato poco sopra), con la costruzione di una biblioteca in un edificio completamente nuovo (l'edificio forse più innovativo tra tutti quelli di questo gruppo e vero punto di riferimento per le nuove progettazioni di questo tipo, è certo la biblioteca comunale di Codroipo (15)) e varie ristrutturazioni e adattamenti di edifici storici già utilizzati in precedenza per altre funzioni (San Daniele (16), Gemona, Osoppo, Tolmezzo, Cividale e San Giorgio di Nogaro (17), per citare gli esempi più significativi esistenti in provincia). E' altrettanto chiaro che, laddove non si sia invece potuto trasferire la biblioteca in nuovi e più ampi spazi, bloccandola all'interno di precedenti e sempre più anguste sistemazioni, questa non ha potuto espandersi e l'insieme dei suoi servizi non può che averne direttamente risentito (si veda, ad esempio, il caso di Palmanova o di Tarcento, per non parlare di altri centri minori), e poco o nulla può in questi casi la sola professionalità di un bibliotecario.
Dei sistemi territoriali si è prima accennato, ma non sempre si è potuto assistere ad una loro reale evoluzione. Troppo spesso la loro "povertà", per gran parte costituita da una scarsa qualità dell'intervento architettonico che caratterizzava tante sedi negli anni Settanta e Ottanta, non solo è rimasta tale non trasformandosi in termini di maggiore funzionalità del servizio, ma nemmeno si è tradotta in una maggiore efficienza, dato che le spese sono rimaste inalterate. Gli orari di apertura sono gli stessi di un tempo, la crescita delle collezioni non ha subito forti balzi in avanti, se non quando l'amministrazione proprietaria non abbia voluto investire sul proprio bilancio somme un po' più cospicue, costruendo nuove sedi o mettendo finalmente a concorso il posto del bibliotecario responsabile. Le classiche funzioni dei sistemi territoriali, in particolare quelle relative alla catalogazione, in molti casi si sono rivelate inadeguate, troppo modesta essendo la scala territoriale d'origine per rendere economicamente efficiente questo servizio. Risultati forse migliori si sono avuti nell'elaborazione di alcune attività culturali comuni, o nell'acquisto coordinato dei libri e degli altri documenti tenendo conto di alcune specificità o "vocazioni" delle varie biblioteche del sistema, ma non ci risulta che si siano fatte iniziative di rilevante significato culturale od organizzativo in un'ottica di sistema, se si escludono quelle attività elaborate nella sede della biblioteca di alcuni centri sistema. Forse il risultato che può essere considerato più apprezzabile è quel costume di cooperazione fra i vari soggetti aderenti al sistema che permette a volte di risolvere in termini più immediati e semplici problemi di tipo organizzativo e gestionale comuni. E poi ciò che le nostre leggi regionali ancora non scrivono, ovvero gli articolati sui requisiti minimi, nell'ottica di un sistema vengono alla fine applicati in una sorta di più modesta programmazione per obiettivi, o di continua emulazione dell'istituzione più avanzata, anche se in modi e tempi ancora imprecisati, ma offrendo alla fine dei risultati tangibili che rendono comunque la biblioteca aderente a un sistema rispetto a quella che non vi aderisce - specie se di piccole o piccolissime dimensioni - in genere un po' più attrezzata e un po' meglio dotata, certo meno isolata.
Ma non potremmo certo più illuderci di ritenere che la sola costituzione di tanti sistemi territoriali sul territorio provinciale fino a coprirlo interamente, possa ridare vita e sostanza alla rete delle nostre biblioteche pubbliche (18). Proprio in un momento in cui è sempre più necessario cooperare, si constata che la cooperazione a livello solo territoriale, di comprensorio o distrettuale, pur importante, non è più sufficiente per garantire un servizio efficiente ed efficace. In fondo, i nostri stessi cataloghi ora pubblicati su Internet sono a dimostrarcelo: le richieste di documentazione che non pervengono più dalle sole biblioteche del sistema, ma potenzialmente da tutte le biblioteche dell'universo informativo come da qualsiasi cittadino, ci fanno capire quanto la nostra area di riferimento si sia allargata nello spazio ben al di là dei confini regionali o, per altri versi, possa penetrare molto più in profondità di un tempo nelle varie stratificazioni della propria realtà locale.
Con strumenti legislativi inadeguati, tuttora - per usare una definizione ormai entrata nell'uso (19) - di "prima generazione" (quando altre regioni hanno legiferato in tempi recenti già una "terza generazione" di provvedimenti di grande innovazione e rilievo), senza una prospettiva di riforma in tempi brevi, con una realtà di sistemi bibliotecari poveri e sviluppatisi "a macchia di leopardo", non uniformemente estesi sul territorio provinciale, il ruolo che può esercitare la Provincia e la Biblioteca del capoluogo provinciale in una situazione di incertezza legislativa quale quella che oggi ci si presenta, può diventare necessario e fondamentale per assecondare realmente lo sviluppo ordinato e coerente delle biblioteche pubbliche della Provincia.
Altri in questa sede illustreranno gli strumenti programmatici e logistici che la Provincia di Udine si darà per offrire ai comuni un primo contributo di proposte concrete, di obiettivi sempre più vicini e realizzabili, come il servizio di prestiti interbibliotecari. Lo strumento della convenzione, perché è di questo che intendevo accennare, pur in carenza di un dettato legislativo specifico non ancora vigente a livello regionale che descriva tutte le funzioni dell'Ente Provincia in questo settore (se escludiamo quanto accenna la L.R. 10/1988), può concorrere significativamente a un migliore e più ordinato sviluppo delle biblioteche pubbliche sul territorio provinciale senza vincoli restrittivi da imporre impropriamente alle autonomie locali, ma sulla base di un piano condiviso che proceda per singoli obiettivi. La delineazione concordata delle finalità comuni, l'individuazione dei ruoli e dei compiti dell'Amministrazione provinciale e dei Comuni, l'istituzione di un Coordinamento provinciale delle biblioteche comunali che potrà dotarsi di specifiche Commissioni tecniche per la soluzione di problemi di carattere temporaneo o l'approfondimento di tematiche permanenti, sono tutti punti centrali in questa fase, che mi auguro possano essere debitamente discussi e approfonditi nel corso del dibattito e possano costituire anche un terreno fertile di analisi su quei temi che in una prossima legge regionale sulle biblioteche dovranno essere doverosamente trattati. E ritengo che altrettanto forte debba essere il ruolo della biblioteca del capoluogo provinciale, non certo intesa come struttura accentratrice di risorse umane e finanziarie per mantenere decorosamente se stessa, ma come il più immediato e diretto braccio operativo della Provincia per un'opera realmente coordinata e cooperativa delle attività che andranno attuate sul territorio provinciale. In questo senso mi permetto di fortemente dissentire su qualsiasi progetto che ritenga di poter creare nuovi uffici di catalogazione all'interno dell'ente provincia che non sarebbero che il duplicato di quelli già esistenti nella biblioteca di capoluogo, con movimentazioni di materiali documentari inimmaginabili, costi prevedibilmente altissimi, ritardi e inefficienze di vario tipo. Credo che se di sistema provinciale si voglia parlare, esso debba nascere non certo erigendo una nuova struttura parabibliotecaria che si inventi funzioni e compiti tipici di una biblioteca, ma tentando una grande azione di coordinamento delle vitali realtà esistenti, valorizzandone le peculiarità, potenziandone le "vocazioni", aiutando a esportare le esperienze più riuscite e innovative sull'intero territorio provinciale. In questo senso penso che sia di grande importanza la creazione, all'interno del sito web della Provincia, di un meta OPAC che consenta una ricerca a tutto campo sui cataloghi delle diverse realtà, comunali e non, dell'universo bibliotecario provinciale, con la possibilità di illustrare le singole biblioteche, la loro attività e la loro storia, mediante specifici link di ricerca, approfondendo singoli aspetti bio-bibliografici sulla realtà culturale e linguistica friulana che rinvii alle descrizioni catalografiche già esistenti nell'OPAC provinciale, ma anche arricchendoli di rinvii a recensioni e articoli già pubblicati full text o qui semplicemente segnalati (20): un vero portale informatico delle possibilità informative e di ricerca che offre la rete delle biblioteche pubbliche friulane, tuttora in grado di aprirsi con tutte le enormi risorse bibliografiche che detiene a un pubblico che continua a non servirsene e a non conoscerle ancora pienamente e, come sappiamo bene, non può essere costituito soltanto ed esclusivamente da una popolazione studentesca, pena la perdita della propria identità di biblioteche pubbliche (21). Un tema, questo, importante e centrale nel dibattito che probabilmente fin dai prossimi anni per più versi dovremo affrontare, che dovrà vedere i bibliotecari delle biblioteche pubbliche ben consapevoli dei valori di libertà e di democrazia che le proprie biblioteche esprimono, aperte realmente "a tutti" e "per tutti" concepite e realizzate, a prescindere dalle forme di gestione di volta in volta preferite e ritenute migliori per ottenere meri risparmi di spesa, scelte che potranno essere anche utilmente prese, ma senza perpetrare ad libitum confusioni di utenze o di ruoli o, peggio, cancellando professionalità acquisite per "esternalizzare" tutto e subito.
Certo, la prospettiva di dover operare ancora per molti anni in un vuoto legislativo regionale determinato dalle profonde modificazioni avvenute nella pubblica amministrazione (22) e dall'evoluzione delle funzioni della biblioteca pubblica che non può continuare ad essere considerata soltanto "un centro di promozione ed elaborazione culturale al servizio della comunità" come la definisce la L.R. 60/76 (23) (definizione fortemente innovativa per il 1976, ma certo ormai insufficiente e alquanto generica per descrivere una realtà documentaria complessa e altamente simbolica quale oggi è divenuta), è, dicevo, una prospettiva non certo incoraggiante. La nuova legge per le biblioteche pubbliche che in questi ultimi anni abbiamo su più tavoli e in svariate occasioni cercato di imbastire e proporre anche con l'aiuto di molti bibliotecari in varie occasioni di incontro (24), dovrà ispirarsi ad alcuni principi che vale la pena qui conclusivamente di ricordare:

a) assegnare un compito di mero indirizzo all'organo regionale, garantendo invece alle province compiti di coordinamento e organizzativi con un più diretto contatto con le realtà comunali;
b) fissare, per quanto in modi "flessibili", standard e requisiti di funzionamento minimi;
c) promuovere l'organizzazione del servizio per sistemi territoriali sulla base di convenzioni tra comuni, ma nella consapevolezza che le vere economie di scala e una programmazione di più ampio respiro si potranno ottenere solo attraverso l'istituzione di sistemi provinciali che, di norma, si affidino per i propri piani operativi alle biblioteche pubbliche di capoluogo;
d) un'attenzione alla crescita della professione del bibliotecario concepito come reale professionista dell'informazione e vero "motore di ricerca" di una biblioteca (25);
e) una valorizzazione della biblioteca pubblica colta nella sua identità più specifica di istituto della democrazia e della libertà dell'informazione e della ricerca, come istituto realmente e modernamente multimediale aperto alla totalità della popolazione, in una chiara prospettiva multiculturale che non si disgiunge dalla più puntuale ed esigente valorizzazione della cultura locale. Un'azione coordinata che veda la Provincia affrontare con consapevolezza nuovi servizi e caricarsi di nuove responsabilità in stretta e proficua cooperazione con i comuni, all'interno di un quadro legislativo fortemente innovativo e suscitatore di nuove istanze e nuovi progetti, è ciò che tutti i bibliotecari finalmente auspicano perché possa svilupparsi un servizio la cui importanza strategica tutti ormai non possono non riconoscere e non più disattendere.

NOTE

(1) L.R. 18 novembre 1976, n.60, Interventi per lo sviluppo dei servizi e degli istituti bibliotecari e museali e per la tutela degli immobili di valore artistico, storico od ambientale, degli archivi storici e dei beni mobili culturali del Friuli-Venezia Giulia.
(2) Se si escludono, tra quelle pubbliche comunali, la "Guarneriana" di San Daniele del Friuli (13.030 volumi nel 1974) e la "Glemonense" di Gemona del Friuli (16.225 volumi), quest'ultima gestita da un ente morale, ed entrambe con ricchi fondi di pregio.
(3) I dati del 1974 sono pubblicati in appendice al volume Biblioteche del Friuli-Venezia Giulia, a cura di Giorgio Silvini, Trieste, Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, [1977], p.137-140.
(4) I dati del 1994 sono tratti dalla ricerca Indagine - censimento sulla realtà bibliotecaria della Provincia di Udine. Gennaio-giugno 1994. Studio realizzato su commissione della Provincia di Udine, Udine, Guarnerio d'Artegna scrl, 1995.
(5) I dati del 2000 sono tratti da Rilevamento statistico sullo stato delle biblioteche nel territorio della Provincia diUdine. Anno 2000, a cura di Martina Visentin, Udine, Provincia di Udine, [2001].
(6) Sono previsti all'art.7 della citata legge regionale del 1976.
(7) ROMANO VECCHIET, Sistemi bibliotecari "poveri" e proposte di organizzazione: il caso del Friuli-Venezia Giulia, in Le regioni e i sistemi bibliotecari: esperienze regionali e proposte per il Monfalconese e il Friuli-Venezia Giulia, a cura di Romano Vecchiet, Milano, Mazzotta, 1983, p.9-18: "Un panorama deludente, che non presenta né realtà operative funzionali, né progetti avanzati in corso di elaborazione, da cui emergono solo deboli segni di moderata evoluzione, è quello che si offre a chi ha di recente analizzato la realtà dei sistemi bibliotecari di questa regione." (p.13). Un'ancora precedente analisi, dal titolo Pubblica lettura e sistemi bibliotecari in provincia di Udine, ho pubblicato in "La Panarie" n.s. 12 (1979) n.45, p.33-38.
(8) L.R. 14 dicembre 1985, n.81: "Norme in materia di biblioteche e archivi storici di enti locali o di interesse locale". Tale legge regionale è stata la base per l'elaborazione della proposta di legge del Friuli-Venezia Giulia n.52 del 7 marzo 1994 presentata dal consigliere regionale Sergio Cadorini.
(9) ROMANO VECCHIET, La biblioteca pubblica in Friuli tra ricostruzione e sviluppo, in "Metodi & Ricerche. Rivista di studi regionali", n.s., 2 (1983), n.1, p.77-87. Nell'indagine è stata anche analizzata l'attività di due biblioteche di piccole città friulane, Gemona e Cividale, la cui superficie complessiva è cresciuta da 213 a 625 mq tra il 1974 e il 1981. Il patrimonio librario è aumentato sempre complessivamente nello stesso periodo da 23.225 a 37.056 unità.
(10) CARLO TULLIO-ALTAN, Tradizione e modernizzazione. Proposte per un programma di ricerca sulla realtà del Friuli, Udine, Cooperativa "Il Campo", 1981.
(11) L.R. 9 marzo 1988, n.10, Riordinamento istituzionale della Regione e riconoscimento e devoluzione di funzioni agli Enti locali. Gli articoli che riguardano gli istituti bibliotecari sono il 30 e il 31. Mentre all'art.30 la legge conferma, in ciò nulla mutando dall'articolato e dallo spirito della precedente L.R.60/1976, le funzioni regionali "relative alla istituzione ed al funzionamento delle biblioteche di conservazione, delle biblioteche specializzate e di quelle che svolgono un servizio di interesse regionale", e quindi quelle "concernenti la tutela e valorizzazione del patrimonio librario, quelle relative all'attuazione ed al sostegno di progetti di automazione bibliotecaria di interesse regionale, nonché quelle concernenti la formazione e l'aggiornamento professionale del personale addetto alle biblioteche ed ai musei", all'art. 31 il legislatore apre per la prima volta alla Provincia una serie di competenze di tipo più organizzativo e gestionale relative alla materia: "sono esercitate dalle Province le funzioni relative a iniziative dirette e ad interventi per l'acquisto, la realizzazione, l'attrezzatura e l'arredamento di locali destinati a biblioteche e musei". A partire dall'emanazione di questa legge, di fatto, con la sola esclusione delle biblioteche specializzate, di conservazione e di interesse regionale, sarà la Provincia e non più la Regione ad occuparsi del funzionamento delle biblioteche pubbliche, ma per la sola erogazione di contributi riguardanti arredi e attrezzature. Il materiale librario sarà invece acquisito dai Comuni sulla base dei fondi assegnati dalla Regione, fondi misurati sull'estensione territoriale e sul numero degli abitanti di ciascun Comune ma non vincolati per tale genere di acquisti e che non presuppongono pertanto rendiconti di spesa a giustificazione del contributo assegnato.
(12) Il Capo VI della L.R. 18.11.1976 n.60, prevede "interventi per agevolare l'acquisto, la costruzione, il ripristino, il riattamento, l'attrezzatura e l'arredamento di locali destinati a biblioteche e musei."
(13) Alla fine degli anni Settanta la provincia di Udine poteva annoverare solo tre sistemi bibliotecari territoriali in qualche modo operativi: Osoppo, Cividale e Codroipo. Nel restante territorio, pari ai cinque sesti della sua ampiezza, "è facile ritenere che le biblioteche comunali esistenti conducono una vita tutto sommato decisamente difficile e sen'altro isolata e stentata, quando almeno non sono in qualche modo difese e garantite dalla propria prestigiosa tradizione culturale e - potremmo aggiungere - non vivano con autosufficienza di vita e di problemi propri (la Joppi di Udine e la Guarneriana di San Daniele, per fare due soli esempi d'obbligo)."(ROMANO VECCHIET, Pubblica lettura e sistemi bibliotecari…, cit., p.35).
(14) Può essere significativo indicare l'incremento degli accessi al sito della Biblioteca Civica "V. Joppi" dal 2000 al 2001: da 4475 a 7571 (+69%); quelli della Sezione Ragazzi sono aumentati nel corrispondente periodo da 962 a 1179 (+22%). Per i prestiti interbibliotecari al di fuori del Sistema Bibliotecario Urbano di Udine e dei Comuni dell'immediato hinterland (dati che confluiscono nel numero dei prestiti agli utenti e che qui non sono conteggiati), il numero delle richieste effettuate all'esterno durante l'anno 2000 ammontava a 942 mentre quello dei volumi effettivamente ricevuti raggiungeva le 184 unità; l'anno seguente il numero delle richieste è stato di 1346, quello dei volumi effettivamente ricevuti 428.
(15) ROMANO VECCHIET, Nel segno della trasparenza. La nuova Biblioteca comunale di Codroipo, in "Biblioteche oggi", 18 (2000) n.7, p.30-35.
(16) REMIGIO TOSORATTI, GIULIO AVON, Note storiche sul palazzo de Concina a San Daniele, oggi sede della Sezione Moderna della Biblioteca Guarneriana, in "Quaderni Guarneriani" (1991), n.11, p.9-17.
(17) L'inaugurazione di Villa Dora, sede della nuova Biblioteca comunale di San Giorgio di Nogaro, si è svolta il 4 maggio 2002.
(18) Era questa l'ipotesi di fondo su cui si muoveva l'articolo Pubblica lettura e sistemi bibliotecari in provincia di Udine, cit. riferito proprio alla realtà provinciale udinese.
(19) Fu Massimo Belotti ad utilizzare per primo questa definizione a seguito dell'uscita della legge emiliano-romagnola n.42 del 1983, definibile di "seconda generazione" rispetto alle leggi di "prima generazione" rappresentate da quelle che uscirono dal 1973 in poi e che videro nella legge lombarda n.41 del 1973 il prototipo da imitare. Si veda MASSIMO BELOTTI, La biblioteca di ente locale tra legislazione e processi evolutivi, Aquileia, 26 ottobre 1984, dattiloscritto.
(20) Ci si riferisce per quest'ultimo esempio al progetto, in corso di definizione, di Bibliografia friulana su Internet che la Biblioteca Civica "V. Joppi" in collaborazione con la Società Filologica Friulana sta elaborando su progetto di Pier Giorgio Sclippa.
(21) Su questo aspetto, ovvero della presenza massiccia di studenti universitari nelle biblioteche pubbliche, si vedano ad esempio le riflessioni gustose di GIORGIO BASSI, Noi e gli altri. Storie di studenti e piccioni, in "Biblioteche oggi" 17 (1999) n.7, p.74-77 e ROMANO VECCHIET, Ma l'utente ha sempre ragione? , ibidem, p.78-79. Riferito alla realtà udinese della "Joppi" è ROMANO VECCHIET, Una biblioteca pubblica non è un doposcuola, in "Il Gazzettino", 2.2.1999. (22) Per un quadro aggiornato delle modifiche normative che coinvolgono la professione del bibliotecario si veda NERIO AGOSTINI, Cosa cambia per il bibliotecario di ente locale. Rischi, vantaggi e sviluppi possibili alla luce della normativa e dell'applicazione del CCNL, in "Biblioteche oggi" 20 (2002) n.2, p.28-36.
(23) L.R. 18 novembre 1976, n.60, art. 3.
(24) Ci si riferisce alle due proposte di legge regionale presentate da Sergio Cadorini (n.52 del 7 marzo 1994) e dai consiglieri Fasola, Bortuzzo, Arduini, Narduzzi, Londero, Violino, Franz, Vanin, Follegot, Seganti, Guerra e Zoppolato (n.91 del 29 luglio 1999). La prima di esse era nata e si era nel tempo modificata grazie a un continuo confronto con i vari operatori e la Sezione Friuli-Venezia Giulia dell'Associazione Italiana Biblioteche (cfr. ROMANO VECCHIET, Una nuova proposta di legge regionale sulle biblioteche del Friuli-Venezia Giulia, in "AIB Notizie", 7 (1995), n.5, p.8). L'ultima occasione di incontro in ordine di tempo è avvenuta a Udine il 19 gennaio 2002 con il titolo La proposta Fasola 91/1999 di nuova legge regionale: organizzazione bibliotecaria regionale e sistemi bibliotecari territoriali urbani ed è stata organizzata dalla Sezione regionale dell'AIB; ha visto la partecipazione, tra gli ospiti esterni, di Ornella Foglieni (Lombardia), Massimo Rolle (Toscana) e Giovanni Galli (Emilia-Romagna). Non è prevista la pubblicazione degli atti.
(25) Proprio la valorizzazione della professionalità del bibliotecario, attuata in questi ultimi anni grazie a un'azione convergente di impegni nel campo della formazione professionale ad opera delle Regioni e della ricerca scientifica grazie all'azione delle Università, oltre alle innovazioni nel settore legislativo del pubblico impiego dal 1990 in poi, ha contribuito a una rapida obsolescenza di tutti quegli organismi di gestione, di vigilanza o di controllo che sono passati sotto il nome di "Commissioni di gestione". Per una storia legislativa di questi organismi e sul loro lento declino si veda ROMANO VECCHIET, Le Commissioni nella legislazione regionale sulle biblioteche. Dalla gestione sociale alla crisi della partecipazione culturale, in "Biblioteche oggi", 19 (2001) n.9, p.54-72.


Copyright AIB 2002-04-25, ultimo aggiornamento 2002-05-04 a cura di Lorena Zuccolo
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