AIB Friuli Venezia Giulia. Gruppo di lavoro sulle proposte di legge regionale
Il quadro di riferimento
La proposta di legge n. 126 profila un’idea più precisa ed articolata
del ruolo e delle finalità della biblioteca pubblica, sottolineando le
sue funzioni primarie di istituto della democrazia e della libertà dell’informazione
e della ricerca, di servizio rispetto alla comunità locale, quali il
rafforzamento dell’identità culturale in una prospettiva di multiculturalismo,
la valorizzazione delle minoranze, l’inclusione sociale, l’integrazione delle
categorie svantaggiate, la promozione dell’autoformazione e sostegno dell’attività
per l’educazione permanente.
L’enunciazione di queste funzioni, nel dettato della proposta di legge n. 126,
dimostra di recepire positivamente i principi ispiratori, sostanzialmente convergenti,
delle più aggiornate linee guida in materia, quali il Manifesto UNESCO
per le biblioteche pubbliche, Il servizio bibliotecario pubblico: linee
guida IFLA/Unesco per lo sviluppo e il documento Linee di politica
bibliotecaria per le autonomie, apparso il 23.10.2003 come risultato del
lavoro congiunto della Conferenza dei Presidenti delle Regioni, dell’ANCI e
dell’UPI, nonché di tener conto dell’Ipotesi di legge quadro sulle
biblioteche e sui servizi di accesso alla conoscenza, al pensiero, alla cultura
e all’informazione, formulata dall’AIB come materiale preparatorio alla
stesura di una legge quadro sulle biblioteche e delle Raccomandazioni per
le leggi regionali formulate dall’AIB Commissione nazionale biblioteche
pubbliche con documento del 16.01.1999.
In linea con le indicazioni di fondo che scaturiscono da questi documenti, il
testo della proposta dedica altrettanti articoli all’esplicitazione delle finalità
(art. 1), compiti (art. 2) e servizi (art. 4) della biblioteca pubblica, ed
è una formulazione di ampio respiro che ribadisce a chiare lettere tutti
i capisaldi su cui si regge una visione democratica e lungimirante della biblioteca
pubblica come centro primario di messa a disposizione in condizioni di uguaglianza
di accesso di ogni genere di informazione e di conoscenza per la comunità
locale, nel perseguimento di obiettivi quali l’inclusione sociale e l’integrazione
dei disabili, la promozione dell’educazione e dell’apprendimento permanente,
la prospettiva del dialogo interculturale e multietnico e della tutela delle
diversità, lo sviluppo della cultura di pace.
E’ ovvio, ma essenziale e imprescindibile corollario di questa dettagliata elencazione,
la riaffermazione del principio della gratuità per l’utente dei servizi
di base forniti dalla biblioteca e dell’accesso alle risorse in rete (cf. art.
4, comma 3). Tale sottolineatura viene inserita in un contesto che elenca in
maniera molto articolata i servizi prioritari intorno a cui l’organizzazione
della biblioteca deve essere imperniata, con accenno all’organizzazione del
materiale in sezioni, fra cui una espressamente dedicata ai ragazzi ed una di
interesse locale, il particolare riguardo che deve essere riservato, nella politica
di sviluppo delle collezioni e alle lingue e culture delle minoranze del territorio.
Se la proposta di legge n. 126 è impostata sul principio della biblioteca
di ente locale come servizio pubblico essenziale per la comunità, la
proposta di legge n. 159, al contrario, risulta assai più debole e lacunosa
sui criteri informatori dell’operato della biblioteca pubblica, e appare interessata
a tutelare piuttosto un’idea di biblioteca intesa nell’accezione di patrimonio
documentale. Molto più generica e limitativa è la declinazione
delle finalità (art. 1), con una più netta torsione a favore della
funzione di conservazione dei diversi supporti librari e documentari; inoltre
la legge si mantiene omissiva rispetto alla sottolineatura di principi ritenuti
imprescindibili quali l’uguaglianza di accesso, l’inclusione sociale e, particolarmente
grave, il diritto alla gratuità dei servizi di base, che non viene mai
menzionato, e rispetto a cui, addirittura, si esplicita in un particolare caso
la necessità di fissare delle norme per la fornitura di sevizi a pagamento
per gli utenti (art. 3, comma 4, lettera g).
Al contrario, il dettato della proposta adotta una nozione più prettamente
tecnica di bene librario, sfuma e restringe, rispetto al proposta di legge n.
126 , la gamma delle funzioni e dei compiti riconosciuti come essenziali e caratterizzanti
l’identità della biblioteca pubblica, concentrandosi piuttosto sull’impiego
delle nuove tecnologie come strumento per la trasformazione qualitativa dei
servizi bibliotecari (art. 1), per soffermarsi soprattutto sui risvolti informatici
collegati al concetto di sistema bibliotecario-informativo regionale, - per
altro, senza mai definirne caratteristiche, consistenza e visibilità
- con l’esplicito riferimento ad una rete telematica di collegamento fra i vari
punti d’accesso, finalizzata – e in questo l’allineamento alla proposta di legge
n. 126 è sostanziale - agli obiettivi fondamentali di tutte le forme
di interazione cooperativa fra biblioteche, ossia gestione collettiva di strumenti
catalografici e bibliografici, razionalizzazione della politica degli acquisti,
adozione di criteri uniformi per il prestito interbibliotecari.
Ruolo degli Enti locali
La proposta di legge n. 126 parte “dal basso”, assegnando un forte rilievo
ai compiti degli enti locali di base (Comuni), rispetto ai quali la biblioteca
pubblica si configura come un servizio primario della comunità, e alla
necessità per i Comuni di prevedere i relativi standard di investimento
di risorse.
E’ assente dal modello di ripartizione funzionale tra gli enti locali, disegnato
dal proposta di legge n. 126, qualsiasi accenno alla Provincia, mentre alla
Regione spetta un ruolo d’indirizzo e di programmazione, che si esplica nella
stesura del piano annuale e triennale di intervento e sviluppo della rete bibliotecaria,
nella definizione di standard dinamici per la valutazione dei servizi, che fungano
da unità di misura per l’erogazione dei contributi ai centri sistemi
bibliotecari su progetti specifici di incremento e valorizzazione del patrimonio
e di aggiornamento tecnologico. A ciò si aggiungono le competenze relative
alla promozione di specifici progetti bibliografici sulla lingua e la cultura
friulana, l’integrazione dei sistemi informativi e del prestito interbibliotecario
fra le biblioteche pubbliche, nonché le funzioni di tutela sui beni e
le raccolte librarie antiche rare di pregio.
La proposta di legge n. 159 segue un iter “top-down” nella declinazione dei
compiti degli enti interessati, e identifica il nucleo più forte nell’enunciazione
delle funzioni della Regione e delle Province, sfumando alquanto le competenze
e gli obblighi spettanti ai Comuni.
Appare gravemente omissiva, in questo contesto, l’assenza di un forte richiamo
al diritto dei cittadini a disporre di un adeguato servizio bibliotecario nell’unità
di base della comunità, ossia a livello comunale, la cui obbligatorietà
si inquadra nelle misure istituite a presidio dell’effettivo esercizio, da parte
di tutti i cittadini, all’esercizio dei diritti di libertà e di partecipazione
intellettuale all’organizzazione politica, economica e sociale del paese in
attuazione degli art. 3 e 9 della Costituzione (come richiamato dalla già
citata Ipotesi di legge quadro sulle biblioteche e sui servizi di accesso
alla conoscenza, al pensiero, alla cultura e all’informazione).
Nella proposta di legge n. 159, se l’orientamento in merito ai compiti della
Regione è nel complesso abbastanza simile a quello disegnato dalla proposta
di legge n. 126 , ossia fondamentalmente un ruolo di indirizzo e di coordinamento,
assai diversa è, invece, la funzione assegnata alla Provincia (art. 6),
in cui la proposta di legge n. 159 identifica l’ente deputato a concentrare
le principali funzioni di amministrazione attiva sulle biblioteche pubbliche,
in quanto di dimensione provinciale è l’unità territoriale di
base della rete bibliotecaria regionale costituita, appunto, dall’integrazione
dei rispettivi sistemi afferenti ai quattro capoluoghi di provincia.
Alla Provincia spetta sia il ruolo progettuale di redigere il programma pluriennale
e di realizzazione del sistema bibliotecario e il relativo programma esecutivo
annuale che l’onere tecnico di assicurare il funzionamento della rete di servizio
per quanto riguarda i temi portanti della cooperazione, ossia gestione coordinata
delle acquisizioni, circolazione, catalogazione, conservazione e gestione dell’informazione
da archivi elettronici, nonché il compito di individuare la biblioteca
atta ad assolvere alla funzione di centro rete.
Nel modello disegnato dalla proposta di legge n. 159 l’ente provinciale viene
dunque ad assumere un ruolo strategico di assoluta centralità, in quanto
ad esso viene affidato il compito di organizzare l’unità portante della
rete bibliotecario-informativa regionale.
Nell’attribuzione alla Provincia di una serie di competenze di tipo progettuale,
organizzativo e gestionale relativamente alle biblioteche pubbliche del territorio
la proposta di legge n. 159 dimostra di recepire una tendenza affermatasi nella
legislazione del Friuli - Venezia Giulia a partire dai riconoscimenti formulati
nell’art. 30, comma 1 e 2 della L.R. 9 marzo 1988, n. 10 “Riordinamento istituzionale
della Regione e riconoscimento e devoluzione di funzioni agli Enti locali”,
e confermata su scala nazionale dalle indicazioni contenute nel già citato
documento congiunto Regioni/ANCI/UCI Linee di politica bibliotecaria per
le autonomie.
Il livello massimo di aggregazione prevista in ambito territoriale fra i soggetti
interessati alla cooperazione resta quello provinciale, anche se i contenuti
e le formule definite dalla cooperazione non sono fissati una volta per tutte,
ma vengono – opportunamente - rinviati alle convenzioni di volta in volta stipulate,
in conformità a un modello di convenzione quadro fissato dalla Regione,
e approvato dalla Giunta Regionale.
La Provincia, dunque, diventa nella proposta di legge n. 159 il perno della
cooperazione fra gli enti locali di base e gli altri soggetti interessati, e
il tramite di congiunzione fra questi e la programmazione regionale.
Tale potenziamento delle funzioni dell’ente provinciale, mutuato alla lettera
dalla recente legislazione di Regioni, quali l’Abruzzo, che hanno conosciuto
da sempre una presenza incisiva di biblioteche dipendenti dall’amministrazione
provinciale incardinate in ogni città capoluogo, appare sproporzionato
e inadeguato ad una situazione, come quella del Friuli - Venezia Giulia, che
non ha conosciuto storicamente uno sviluppo “forte” delle biblioteche provinciali,
dato che le biblioteche civiche di tradizione storica radicate nei quattro capoluoghi
sono prevalentemente di titolarità comunale.
Non si possono non sollevare delle riserve in merito all’opportunità
di dar corpo a questa costellazione quadripolare, considerando soprattutto che
l’isituzione di una struttura di “sistema” presuppone un investimento economico
non indifferente per quanto riguarda le attrezzature, i locali, le risorse umane,
che rischierebbe, nel caso della creazione di assetti ex novo, di produrre l’effetto
contrario di quello che rimane uno degli obiettivi primari della cooperazione,
ossia l’ottimizzazione delle risorse e la loro gestione secondo economie di
scala.
Sintomatica di una certa genericità e carenza progettuale che pare di
rilevare nella proposta di legge n. 159 rispetto alle pur complesse funzioni
demandate agli organismi provinciali, accanto a quelli regionali, è la
totale assenza di ogni cenno a quella che dovrebbe essere l’assetto strutturale
degli uffici preposti al coordinamento delle reti bibliotecarie nelle singole
province, che non vengono neppure identificati.
I Sistemi bibliotecari
Appare sensata la preoccupazione, avvertibile in entrambe le proposte di legge,e
più marcatamente nella proposta di legge n. 126, di ancorare lo sviluppo
delle biblioteche pubbliche ai vincoli dettati da un programma, e di contrastare
i finanziamenti a pioggia e senza una direttrice precisa, intendendo favorire
piuttosto lo sviluppo del sistema bibliotecario territoriale nel suo complesso
che non le singole biblioteche considerate autonomamente.
La cooperazione viene proposta, in entrambe i casi, quale base di uno sviluppo
programmato dei servizi bibliotecari atto a promuovere il coordinamento degli
interventi, l’ottimizzazione delle risorse economiche, l’armonizzazione dei
servizi e la promozione di adeguate iniziative di valorizzazione, come incluso
nelle raccomandazioni espresse nel già citato documento congiunto Linee
di politica bibliotecaria per le autonomie. Essa appare, giustamente, il
modello organizzativo-gestionale imprescindibile per la messa a disposizione
di materiali, informazioni, risorse tecniche e umane in vista dell’ampliamento
dell’ottimizzazione e della diversificazione dei servizi, dal catalogo collettivo,
al prestito interbibliotecario, al coordinamento delle politiche degli acquisti,
alle nuove forme di interoperatività tecnica che lo sviluppo della biblioteca
virtuale sta profilando sullo scenario nazionale ed internazionale.
Entrambe le proposte, però, ancorano il modello cooperativo ad una griglia
territoriale che sembra imporre una gabbia rigida e vincolante, a senso unico,
e appare forzata e limitativa in una realtà che vede, da un lato, dislocazioni
territoriali abbastanza diversificate e disomogenee nelle differenti aree provinciali
dal punto di vista delle attuali risorse bibliotecarie, dall’altro, l’emergere
sempre più pronunciato di sinergie e accorpamenti trasversali sia rispetto
alle istituzioni che rispetto alla contiguità territoriale.
La proposta di legge n. 126 prescrive come obbligatoria ai fini degli stanziamenti
dei fondi del bilancio regionale l’afferenza della biblioteca comunale al sistema
bibliotecario (art. 2, comma 3), inteso nella doppia costellazione di “sistema
bibliotecario territoriale” e di “sistema bibliotecario urbano”, ciascuno con
i relativi centri sistema, ossia, rispettivamente, alle biblioteca civica del
comune capolouogo di provincia, che l’art. 5 promuove ope legis a centro sistema
urbano, e alle biblioteche pubbliche che la Regione abbia riconosciuto atte
ad assolvere la funzione di centri sistemi comprensoriali.
Pur se viene demandata alla Regione la definizione della mappa territoriale
dei sistemi, come obiettivo iniziale di programmazione da concludere entro un
anno dalla promulgazione della legge (art. 5, comma 4), di fatto, però,
viene avallato un modello che proietta sull’intero territorio regionale la compresenza
obbligata di questo doppio reticolo cooperativo – quella urbano e quello comprensoriale.
Il dettato della proposta di legge n. 159, al contrario, è più
articolato e possibilista rispetto alle scelte compiute dalle singole unità
bibliotecarie in merito alla cooperazione, tanto da sconfinare in una genericità
alquanto pericolosa.
La proposta di legge n. 159 non vincola, infatti, la partecipazione della biblioteca
comunale agli organismi cooperativi, al fine di ottenere la concessione di contributi
da parte degli enti di livello superiore, ponendo come unico paletto alla concessione
di finanziamenti per gli enti che scelgano di non convenzionarsi con altre realtà
un prerequisito minimo di servizio, ossia quello di un’utenza minima di 3000
abitanti nei territori montani e di 5000 nelle altre zone.
Sono previsti, infatti, finanziamenti diretti anche a biblioteche pubbliche
associate fra loro ma non aderenti al sistema, a biblioteche pubbliche non appartenenti
ad alcun sistema e, inoltre, a biblioteche ecclesiastiche e private, assegnando
a quest’ultime in eslcusiva un parametro di rilevazione basato sul numero degli
utenti (art.9 , comma d), il che costituisce una vistosa eccezione alla regola
del rispetto degli standard minimi di servizio presupposta come condizione necessaria
per tutte le altre biblioteche presenti nello stesso sistema provinciale.
Si individua in questa eccessiva labilità di criteri il rischio di rinnegare,
in sede applicativa, il perseguimento degli obiettivi di economicità
e razionalità di gestione nella distribuzione dei contributi che pure
è proclamato nelle premesse, e di vanificare nei fatti il ruolo strategico
dei sistemi bibliotecari e della cooperazione in base a priorità di servizio
effettivamente riconosciute.
Rispetto alla proposta di legge n. 126, il nucleo dimensionale di base della
rete bibliotecaria prefigurato dal modello della proposta di legge n. 159 è
più compatto, in quanto prevede un solo accorpamento per ogni provincia
(il “sistema bibliotecario-informativo provinciale”), su cui venga ad imperniarsi
un assetto cooperativo che possa conglobare in una sola unità una molteplicità
di soggetti pubblici e privati di interesse pubblico frastagliati sul territorio
provinciale, ammettendo anche l’apertura alle convenzioni con servizi bibliotecari
non strettamente appartenenti ad enti locali, come quelli universitari.
Tuttavia, oltre alle riserve già esposte sulla scarsa incisività
che storicamente si è evidenziata nella presenza attiva delle amministrazioni
provinciali rispetto alle biblioteche, questo modello risulta poco ospitale
rispetto al ruolo già svolto dai sistemi che per loro natura si articolano
al di là dei confini di un territorio urbano o provinciale, ma che hanno
come unità di misura delle articolazioni territoriali più ampie
e trasversali.
Ne sono esempi i sistemi bibliotecari universitari, il cui raggio d’azione (bacino
di utenza, punti di servizio) si estende anche su più sedi provinciali,
oppure i consorzi bibliotecari divenuti nel tempo interprovinciali come quello
del Monfalconese, che operano sia in territorio isontino che in comuni delle
province di Udine e di Trieste, oppure ancora sistemi quale il polo locale SBN
dell’Università degli Studi di Trieste e del Friuli-Venezia Giulia che
hanno conglobato nel tempo realtà bibliotecarie variegate sia dal punto
di vista tipologico che da quello istituzionale che da quello della dislocazione
geografica (biblioteche dell’Università, biblioteche ministeriali, biblioteche
di enti locali e di interesse pubblico distribuite su tutte le province del
territorio regionale).
A tutti questi modelli in varia misura atipici entrambe le proposte di legge
non sembrano assicurare un assetto normativo che ne legittimi la ragion d’essere,
assicurando negli organismi addetti al coordinamento della politica bibliotecaria
regionale il riconoscimento adeguato.
Rimane insoluta, quindi, in entrambe le proposte l’architettura delle competenze
e delle funzioni che coinvolgono interlocutori istituzionali diversi e molteplici
per dimensionamento territoriale e tipologia (enti locali, Regioni, Stato, Università
) in modo da raccordarli e coordinarli assicurandone l’interoperabilità.
Dovrebbe essere tutelata la possibilità di ricorrere a forme di concertazione
fra soggetti di diversa appartenenza istituzionale e ad accordi anche di livello
sovra-provinciale per la gestione cooperativa dei servizi bibliotecari, come
del resto previsto dalle raccomandazioni del documento Linee di politica
bibliotecaria per le autonomie redatto da Comuni, Province e Regioni.
Ovvero, l’elencazione delle tipologie possibili di raccordo fra biblioteche
dovrebbe fornire una mappa la più articolata e fedele possibile sia rispetto
alla situazione reale del territorio, tenendo in seria considerazione le sue
diversificazioni storiche, sia rispetto ai suoi sviluppi di prospettiva, senza
privilegiare nessuna di tale tipologie imponendola come passaggio obbligato.
Ciò non significa certo misconoscere l’importanza storica che hanno rivestito
nei decenni i sistemi bibliotecari urbani e comprensoriali nello sviluppo di
una cultura concreta della cooperazione, e il significato pregnante che può
rivestire la loro riaffermazione sul piano legislativo, soprattutto nei confronti
di quelle amministrazioni che tendono ad essere inadempienti rispetto al riconoscimento
di assetti già esistenti di diritto e di fatto, e che è doveroso
trovino nel quadro normativo la garanzia di tutela del loro sviluppo.
Tuttavia, pare altrettanto importante non impoverire le potenzialità
della cooperazione riconoscendo la validità di altri esempi e altri modelli
rispetto a quello incarnatosi in questo tipo di sistemi.
Entrambe le proposte di legge condividono, nel loro pur diverso impianto, un’identica
carenza di fondo, ossia un riferimento, che potrebbe meglio rientrare tra i
principi ispiratori generale della legge nella sua visione d’insieme, al fatto
che le risorse bibliotecarie e documentali di tutto il territorio regionale
sono una risorsa che deve essere condivisa e fruita nelle modalità più
opportune da tutta la collettività territoriale a prescindere dalla titolarità
istituzionale della biblioteca di appartenenza; e che uno dei compiti della
legislazione regionale è quello di mettere in atto le opportune strategie
per consentirne la valorizzazione, curando i raccordi e la cooperazione fra
enti locali, Stato, Università, ed altri enti pubblici e privati.
In altre legislazioni bibliotecarie regionali, come quella dell’Emilia-Romagna
e della Toscana, il dettato legislativo si focalizza su quella che è
una delle finalità primarie della cooperazione, ossia quella di assicurare
l’integrazione delle risorse in vista della fruizione ottimale del patrimonio
informativo, e si mantiene più agile senza entrare nel dettaglio della
geografia dei sistemi, ma limitandosi a citarli come lo strumento principale
di realizzazione di tali obiettivi, astenendosi però dal configurare
una griglia di comparti territoriali definiti una volta per tutte in maniera
vincolante.
Sembrerebbe in ogni caso più opportuno, una volta enunciate e le finalità
e gli obiettivi cui è orientato il sistema bibliotecario regionale nel
suo complesso, e le funzioni basilari che tutti gli istituti ad esso afferenti
debbano garantire, che la legge si limitasse a demandare agli organismi regionali
deputati alla redazione del piano pluriennale d’intervento la scelta dell’articolazione
funzionale più adeguata per assicurare il funzionamento del sistema,
definendo i suoi diversi livelli organizzativi, inclusi gli eventuali criteri
preferenziali di zonizzazione e di accorpamento.
Il ruolo della Regione
In entrambe le proposte di legge alla Regione viene riconosciuto soprattutto
un compito di indirizzo, ossia un ruolo di programmazione, coordinamento, consulenza
e controllo sull’attività delle biblioteche pubbliche, che la proposta
di legge n. 126 demanda all’apposito Ufficio regionale delle biblioteche (art.
6, comma 1). Entrambe prevedono che la Regione rediga un piano di intervento
e sviluppo della rete bibliotecaria regionale (per la proposta di legge n. 126
annuale e triennale, per la proposta di legge n. 159 un piano a scadenza non
definita con relative sezioni annuali).
La proposta di legge n. 159 evidenzia con forte risalto come i criteri di ripartizione
percentuale degli stanziamenti assegnati dalla Regione alle Province debbano
essere improntati ad un principio di ampia flessibilità, in modo da assicurare
un tetto suddiviso in maniera paritetica accanto a delle quote più fluide
ancorate, da un lato, a degli indicatori numerici (abitanti e numero complessivo
delle biblioteche pubbliche, ecclesiastiche e private), dall’altro alla valutazione
di merito sui progetti di cooperazioni attuati dai sistemi provinciali. Traspare
da questo dettato l’attenzione a premiare una programmazione impostata su un
piani condivisi che procedano per obiettivi.
La proposta di legge n. 126, invece, non scende nel dettaglio in merito agli
indicatori percentuali di cui tenere conto nei criteri di ripartizione da adottare
per l’assegnazione dei contributi regionali, limitandosi a prevedere che l’erogazione
da parte della Regione dei finanziamenti abbia luogo esclusivamente ai centri
sistema bibliotecari (di cui art. 5, comma 2) utilizzando standard dinamici
che permettano di premiare le performance del servizio. Fa eccezione per interventi
particolari a favore di progetti comunali di edilizia bibliotecaria e di contributi
per l’ordinamento e la conservazione degli archivi affidati alle biblioteche
pubbliche, il finanziamento di progetti di catalogazione, digitalizzazione e
restauro di particolari fondi di pregio.
Ancora una volta, il centro sistema (nella proposta di legge n. 126) e il sistema
provinciale (nella proposta di legge n. 159) si confermano come gli anelli di
congiunzione imprescindibili fra il livello della programmazione generale e
il piano operativo messo in atto nei singoli ambiti locali.
Sia la proposta di legge n. 126 che la proposta di legge n. 159 prevedono tra
le funzioni della Regione il monitoraggio dell’attività dei sistemi,
attraverso la raccolta e l’elaborazione dei dati.
Appare compito della Regione, in entrambe le proposte, l’individuazione degli
indicatori di misurazione delle dinamiche qualitative del servizio offerto,
nonché dei requisiti e degli standard di funzionamento minimi assicurati
da ogni entità, anche in vista della ripartizione delle risorse onde
rispondere a criteri di efficacia ed efficienza.
Particolare risalto acquista il compito, annoverato dalla proposta di legge
n. 126 fra quelli demandati alla Regione, di istituire uno specifico portale
telematico sulla rete bibliotecaria pubblica regionale, da cui siano consultabili
di diversi Opac locali, senza entrare nel merito dello specifico sistema informatico
in uso presso alle varie biblioteche.
Entrambe prevedono con funzioni consultive la Conferenza del sistema bibliotecario
regionale, organo collegiale che vede un’ampia partecipazione di delegati di
tutti i soggetti della cooperazione.
Valutazione
Entrambe le proposte di legge fanno riferimento a standard dinamici di servizio che l’amministrazione ha il compito di mettere a punto e di utilizzare per verificare la qualità dei risultati conseguiti nella gestione. (per la proposta di legge n. 126, art. 6, comma 3; per la proposta di legge n. 159, in maniera più dettagliata e specifica, art. 5, comma 1, lettera o e p). Il rispetto di tali standard è previsto come condizione necessaria per la concessione dei contributi ai centri sistemi bibliotecari sia dalla proposta di legge n. 126 (art. 6, comma 3) , che dalla proposta di legge n. 159, per lo meno per quanto attiene ai livelli minimi (art. 10, comma 9).
Risorse umane
Nonostante la formazione e l’aggiornamento del personale delle biblioteche
siano inclusi dalla proposta di legge n. 126 tra i compiti spettanti alla Regione,
e, dalla proposta di legge n. 159, nell’elenco degli aspetti tecnici della cooperazione
bibliotecaria che le apposite convenzioni devono prevedere e coprire, risulta
riaffermato con troppo scarsa incisività, in entrambi i testi di legge,
il principio della necessità imprescindibile della qualificazione professionale
specifica e dell’aggiornamento per il personale delle biblioteche pubbliche,
così come non viene prospettata la necessità che le responsabilità
di organizzazione e di gestione vengano affidate a dirigenti e funzionari specializzati
nel settore, con titolo di studio non inferiore alla laurea e preferibilmente
iscritti ad albi ed elenchi professionali legalmente riconosciuti.
La tutela di questo principio, incluso sia nelle già citate Raccomandazioni
per le leggi regionali formulate dall’AIB che al capo IV, art. 9 dell’Ipotesi
di legge quadro sulle biblioteche e sui servizi di accesso alla conoscenza,
al pensiero, alla cultura e all’informazione, è fondamentale qualora
si intenda riconoscere nei bibliotecari, ossia nei professionisti dell’informazione
e della documentazione, la risorsa principale del sistema, con la conseguenza
che uno dei compiti che le amministrazioni debbono prefiggersi in un’ottica
di collaborazione è la ricerca sia di profili professionali che di percorsi
formativi sempre più armonizzati fra i vari comparti degli enti locali,
come del resto richiamato dalle Linee di politica bibliotecaria per le autonomie.
Solo in questo modo si potrà perseguire l’obiettivo della perequazione
del trattamenti al di là dei diversi inquadramenti contrattuali previsti
dai singoli enti, a garanzia dell’uniformità delle prestazioni professionali
di quanti contribuiscono come tecnici al servizio bibliotecario regionale.
Del pari, sarebbe opportuno anche in questo caso citare espressamente le raccomandazioni
elaborate dall’IFLA come standard di riferimento per la valutazione della qualità
delle prestazioni degli operatori di biblioteca.
Il riferimento alle necessarie qualifiche tecniche del cui possesso il personale
impiegato nelle funzioni di biblioteche devono garantire dovrebbe estendersi,
con specifica puntualizzazione, anche all’organico degli uffici addetti alle
delicate funzioni di coordinamento gestionale demandata agli organismi di indirizzo
e di programmazione – in primo luogo, e per entrambe le proposte, l’Ufficio
regionale delle biblioteche, ma, per quanto riguarda la proposta di legge n.
159, anche i non meglio definiti uffici localizzati presso le singole Province
e addetti al coordinamento delle rispettive reti bibliotecarie provinciali -
proprio per le implicazioni che queste funzioni necessariamente intrattengono
con una nozione professionalmente consapevole e costantemente aggiornata degli
strumenti di lavoro del bibliotecario. Funzioni che, in tutta la gamma delle
attribuzioni previste dalle due proposte per gli uffici centrali - dall’identificazione
di standard e requisiti di riferimento applicabili alla valutazione dei servizi,
all’attività di monitoraggio e di misurazione dei servizi e dell’utenza
delle biblioteche, fino all’organizzazione di interfacce di metainterrogazione
dei cataloghi locali e alla realizzazione di cataloghi elettronici di fondi
rari e di pregio – per essere assolte al meglio richiedono personale le cui
competenze esulino ampiamente da una normale qualifica di tipo burocratico-amministrativo,
ma possano contare su una cultura consolidata a tutto campo della biblioteca
in tutte le sue sfaccettature.
Digitalizzazione
L’art. 6, comma 7 della proposta di legge n. 126 contiene un cenno al sostegno della regione al coordinamento di specifici progetti di digitalizzazione del patrimonio documentale, anche se limitatamente ai fondi di conservazione e a materiale di pregio. E’ uno spunto interessante, assente dal testo della proposta di legge n. 159, che prefigura un interesse politico attivo verso quella che si prospetta come una sfida risolutiva nello scenario aperto per il prossimo decennio dallo sviluppo delle tecnologie digitali , ossia il monitoraggio e la gestione pubblica di una serie di processi che potrebbero produrre, se non debitamente controllati e resi reciprocamente interoperabili, la frantumazione delle risorse in mille rivoli di progetti differenziati e tra loro tecnicamente non compatibili. Anche se la progettualità messa in campo dal Friuli-Venezia Giulia in quest’ambito è ancora relativamente modesta – eccezion fatta dell’ambito universitario - il trend generale è favorevole alla crescita, che in breve tempo potrebbe diventare esponenziale, di iniziative locali che richiederanno una struttura pubblica di collegamento, atta a produrre le linee guida ed i riferimenti culturali e scientifici dei progetti, ad assicurarne il monitoraggio, nonché una corretta gestione della comunicazione, e a promuovere lo sviluppo di nuove campagne di alfabetizzazione e di divulgazione tecnica. Più che mai opportuno sarebbe dunque recepire l’indicazione ed allargarla a spazi più ampi, vista anche la potenziale convergenza di interessi condivisi tra i istituzioni diverse (biblioteche, archivi e musei) rispetto agli oggetti e ai processi coinvolti dalle applicazioni digitali.
Considerazioni finali metodologiche
Si rileva come, per la prima volta nella storia della legislazione bibliotecaria regionale, i redattori della proposta di legge n. 126 abbiano compiuto un grande sforzo consultivo coinvolgendo in più occasioni e su tutti i punti della legge gli “addetti ai lavori”, che hanno avuto svariate possibilità di proporre i suggerimenti e le modifiche del caso.
Gianni Bortolussi
Fabrizio De Castro
Elisabetta Farisco
Cristina Marsili
Maria Antonietta Moro
Stefano Olivo
Roberta Raber
Pier Giorgio Sclippa (Coordinatore)
Copyright AIB 2006-07-02, ultimo
aggiornamento 2006-07-02 a cura di Massimo Milan
URL:http://www.aib.it/aib/sezioni/fvg/gruppolegge_relazione.htm