[AIB] AIB Friuli Venezia Giulia. Gruppo di lavoro sulle proposte di legge regionale

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AIB - Sezione Friuli Venezia Giulia. Gruppo di lavoro sulle proposte di legge regionale n. 126, 20.4.2005 e n. 159, 4.10.2005 in materia di biblioteche

Relazione finale

Il quadro di riferimento

La proposta di legge n. 126 profila un’idea più precisa ed articolata del ruolo e delle finalità della biblioteca pubblica, sottolineando le sue funzioni primarie di istituto della democrazia e della libertà dell’informazione e della ricerca, di servizio rispetto alla comunità locale, quali il rafforzamento dell’identità culturale in una prospettiva di multiculturalismo, la valorizzazione delle minoranze, l’inclusione sociale, l’integrazione delle categorie svantaggiate, la promozione dell’autoformazione e sostegno dell’attività per l’educazione permanente.
L’enunciazione di queste funzioni, nel dettato della proposta di legge n. 126, dimostra di recepire positivamente i principi ispiratori, sostanzialmente convergenti, delle più aggiornate linee guida in materia, quali il Manifesto UNESCO per le biblioteche pubbliche, Il servizio bibliotecario pubblico: linee guida IFLA/Unesco per lo sviluppo e il documento Linee di politica bibliotecaria per le autonomie, apparso il 23.10.2003 come risultato del lavoro congiunto della Conferenza dei Presidenti delle Regioni, dell’ANCI e dell’UPI, nonché di tener conto dell’Ipotesi di legge quadro sulle biblioteche e sui servizi di accesso alla conoscenza, al pensiero, alla cultura e all’informazione, formulata dall’AIB come materiale preparatorio alla stesura di una legge quadro sulle biblioteche e delle Raccomandazioni per le leggi regionali formulate dall’AIB Commissione nazionale biblioteche pubbliche con documento del 16.01.1999.
In linea con le indicazioni di fondo che scaturiscono da questi documenti, il testo della proposta dedica altrettanti articoli all’esplicitazione delle finalità (art. 1), compiti (art. 2) e servizi (art. 4) della biblioteca pubblica, ed è una formulazione di ampio respiro che ribadisce a chiare lettere tutti i capisaldi su cui si regge una visione democratica e lungimirante della biblioteca pubblica come centro primario di messa a disposizione in condizioni di uguaglianza di accesso di ogni genere di informazione e di conoscenza per la comunità locale, nel perseguimento di obiettivi quali l’inclusione sociale e l’integrazione dei disabili, la promozione dell’educazione e dell’apprendimento permanente, la prospettiva del dialogo interculturale e multietnico e della tutela delle diversità, lo sviluppo della cultura di pace.
E’ ovvio, ma essenziale e imprescindibile corollario di questa dettagliata elencazione, la riaffermazione del principio della gratuità per l’utente dei servizi di base forniti dalla biblioteca e dell’accesso alle risorse in rete (cf. art. 4, comma 3). Tale sottolineatura viene inserita in un contesto che elenca in maniera molto articolata i servizi prioritari intorno a cui l’organizzazione della biblioteca deve essere imperniata, con accenno all’organizzazione del materiale in sezioni, fra cui una espressamente dedicata ai ragazzi ed una di interesse locale, il particolare riguardo che deve essere riservato, nella politica di sviluppo delle collezioni e alle lingue e culture delle minoranze del territorio.

Se la proposta di legge n. 126 è impostata sul principio della biblioteca di ente locale come servizio pubblico essenziale per la comunità, la proposta di legge n. 159, al contrario, risulta assai più debole e lacunosa sui criteri informatori dell’operato della biblioteca pubblica, e appare interessata a tutelare piuttosto un’idea di biblioteca intesa nell’accezione di patrimonio documentale. Molto più generica e limitativa è la declinazione delle finalità (art. 1), con una più netta torsione a favore della funzione di conservazione dei diversi supporti librari e documentari; inoltre la legge si mantiene omissiva rispetto alla sottolineatura di principi ritenuti imprescindibili quali l’uguaglianza di accesso, l’inclusione sociale e, particolarmente grave, il diritto alla gratuità dei servizi di base, che non viene mai menzionato, e rispetto a cui, addirittura, si esplicita in un particolare caso la necessità di fissare delle norme per la fornitura di sevizi a pagamento per gli utenti (art. 3, comma 4, lettera g).
Al contrario, il dettato della proposta adotta una nozione più prettamente tecnica di bene librario, sfuma e restringe, rispetto al proposta di legge n. 126 , la gamma delle funzioni e dei compiti riconosciuti come essenziali e caratterizzanti l’identità della biblioteca pubblica, concentrandosi piuttosto sull’impiego delle nuove tecnologie come strumento per la trasformazione qualitativa dei servizi bibliotecari (art. 1), per soffermarsi soprattutto sui risvolti informatici collegati al concetto di sistema bibliotecario-informativo regionale, - per altro, senza mai definirne caratteristiche, consistenza e visibilità - con l’esplicito riferimento ad una rete telematica di collegamento fra i vari punti d’accesso, finalizzata – e in questo l’allineamento alla proposta di legge n. 126 è sostanziale - agli obiettivi fondamentali di tutte le forme di interazione cooperativa fra biblioteche, ossia gestione collettiva di strumenti catalografici e bibliografici, razionalizzazione della politica degli acquisti, adozione di criteri uniformi per il prestito interbibliotecari.

Ruolo degli Enti locali

La proposta di legge n. 126 parte “dal basso”, assegnando un forte rilievo ai compiti degli enti locali di base (Comuni), rispetto ai quali la biblioteca pubblica si configura come un servizio primario della comunità, e alla necessità per i Comuni di prevedere i relativi standard di investimento di risorse.
E’ assente dal modello di ripartizione funzionale tra gli enti locali, disegnato dal proposta di legge n. 126, qualsiasi accenno alla Provincia, mentre alla Regione spetta un ruolo d’indirizzo e di programmazione, che si esplica nella stesura del piano annuale e triennale di intervento e sviluppo della rete bibliotecaria, nella definizione di standard dinamici per la valutazione dei servizi, che fungano da unità di misura per l’erogazione dei contributi ai centri sistemi bibliotecari su progetti specifici di incremento e valorizzazione del patrimonio e di aggiornamento tecnologico. A ciò si aggiungono le competenze relative alla promozione di specifici progetti bibliografici sulla lingua e la cultura friulana, l’integrazione dei sistemi informativi e del prestito interbibliotecario fra le biblioteche pubbliche, nonché le funzioni di tutela sui beni e le raccolte librarie antiche rare di pregio.

La proposta di legge n. 159 segue un iter “top-down” nella declinazione dei compiti degli enti interessati, e identifica il nucleo più forte nell’enunciazione delle funzioni della Regione e delle Province, sfumando alquanto le competenze e gli obblighi spettanti ai Comuni.
Appare gravemente omissiva, in questo contesto, l’assenza di un forte richiamo al diritto dei cittadini a disporre di un adeguato servizio bibliotecario nell’unità di base della comunità, ossia a livello comunale, la cui obbligatorietà si inquadra nelle misure istituite a presidio dell’effettivo esercizio, da parte di tutti i cittadini, all’esercizio dei diritti di libertà e di partecipazione intellettuale all’organizzazione politica, economica e sociale del paese in attuazione degli art. 3 e 9 della Costituzione (come richiamato dalla già citata Ipotesi di legge quadro sulle biblioteche e sui servizi di accesso alla conoscenza, al pensiero, alla cultura e all’informazione).
Nella proposta di legge n. 159, se l’orientamento in merito ai compiti della Regione è nel complesso abbastanza simile a quello disegnato dalla proposta di legge n. 126 , ossia fondamentalmente un ruolo di indirizzo e di coordinamento, assai diversa è, invece, la funzione assegnata alla Provincia (art. 6), in cui la proposta di legge n. 159 identifica l’ente deputato a concentrare le principali funzioni di amministrazione attiva sulle biblioteche pubbliche, in quanto di dimensione provinciale è l’unità territoriale di base della rete bibliotecaria regionale costituita, appunto, dall’integrazione dei rispettivi sistemi afferenti ai quattro capoluoghi di provincia.
Alla Provincia spetta sia il ruolo progettuale di redigere il programma pluriennale e di realizzazione del sistema bibliotecario e il relativo programma esecutivo annuale che l’onere tecnico di assicurare il funzionamento della rete di servizio per quanto riguarda i temi portanti della cooperazione, ossia gestione coordinata delle acquisizioni, circolazione, catalogazione, conservazione e gestione dell’informazione da archivi elettronici, nonché il compito di individuare la biblioteca atta ad assolvere alla funzione di centro rete.
Nel modello disegnato dalla proposta di legge n. 159 l’ente provinciale viene dunque ad assumere un ruolo strategico di assoluta centralità, in quanto ad esso viene affidato il compito di organizzare l’unità portante della rete bibliotecario-informativa regionale.
Nell’attribuzione alla Provincia di una serie di competenze di tipo progettuale, organizzativo e gestionale relativamente alle biblioteche pubbliche del territorio la proposta di legge n. 159 dimostra di recepire una tendenza affermatasi nella legislazione del Friuli - Venezia Giulia a partire dai riconoscimenti formulati nell’art. 30, comma 1 e 2 della L.R. 9 marzo 1988, n. 10 “Riordinamento istituzionale della Regione e riconoscimento e devoluzione di funzioni agli Enti locali”, e confermata su scala nazionale dalle indicazioni contenute nel già citato documento congiunto Regioni/ANCI/UCI Linee di politica bibliotecaria per le autonomie.
Il livello massimo di aggregazione prevista in ambito territoriale fra i soggetti interessati alla cooperazione resta quello provinciale, anche se i contenuti e le formule definite dalla cooperazione non sono fissati una volta per tutte, ma vengono – opportunamente - rinviati alle convenzioni di volta in volta stipulate, in conformità a un modello di convenzione quadro fissato dalla Regione, e approvato dalla Giunta Regionale.
La Provincia, dunque, diventa nella proposta di legge n. 159 il perno della cooperazione fra gli enti locali di base e gli altri soggetti interessati, e il tramite di congiunzione fra questi e la programmazione regionale.
Tale potenziamento delle funzioni dell’ente provinciale, mutuato alla lettera dalla recente legislazione di Regioni, quali l’Abruzzo, che hanno conosciuto da sempre una presenza incisiva di biblioteche dipendenti dall’amministrazione provinciale incardinate in ogni città capoluogo, appare sproporzionato e inadeguato ad una situazione, come quella del Friuli - Venezia Giulia, che non ha conosciuto storicamente uno sviluppo “forte” delle biblioteche provinciali, dato che le biblioteche civiche di tradizione storica radicate nei quattro capoluoghi sono prevalentemente di titolarità comunale.
Non si possono non sollevare delle riserve in merito all’opportunità di dar corpo a questa costellazione quadripolare, considerando soprattutto che l’isituzione di una struttura di “sistema” presuppone un investimento economico non indifferente per quanto riguarda le attrezzature, i locali, le risorse umane, che rischierebbe, nel caso della creazione di assetti ex novo, di produrre l’effetto contrario di quello che rimane uno degli obiettivi primari della cooperazione, ossia l’ottimizzazione delle risorse e la loro gestione secondo economie di scala.
Sintomatica di una certa genericità e carenza progettuale che pare di rilevare nella proposta di legge n. 159 rispetto alle pur complesse funzioni demandate agli organismi provinciali, accanto a quelli regionali, è la totale assenza di ogni cenno a quella che dovrebbe essere l’assetto strutturale degli uffici preposti al coordinamento delle reti bibliotecarie nelle singole province, che non vengono neppure identificati.


I Sistemi bibliotecari

Appare sensata la preoccupazione, avvertibile in entrambe le proposte di legge,e più marcatamente nella proposta di legge n. 126, di ancorare lo sviluppo delle biblioteche pubbliche ai vincoli dettati da un programma, e di contrastare i finanziamenti a pioggia e senza una direttrice precisa, intendendo favorire piuttosto lo sviluppo del sistema bibliotecario territoriale nel suo complesso che non le singole biblioteche considerate autonomamente.
La cooperazione viene proposta, in entrambe i casi, quale base di uno sviluppo programmato dei servizi bibliotecari atto a promuovere il coordinamento degli interventi, l’ottimizzazione delle risorse economiche, l’armonizzazione dei servizi e la promozione di adeguate iniziative di valorizzazione, come incluso nelle raccomandazioni espresse nel già citato documento congiunto Linee di politica bibliotecaria per le autonomie. Essa appare, giustamente, il modello organizzativo-gestionale imprescindibile per la messa a disposizione di materiali, informazioni, risorse tecniche e umane in vista dell’ampliamento dell’ottimizzazione e della diversificazione dei servizi, dal catalogo collettivo, al prestito interbibliotecario, al coordinamento delle politiche degli acquisti, alle nuove forme di interoperatività tecnica che lo sviluppo della biblioteca virtuale sta profilando sullo scenario nazionale ed internazionale.
Entrambe le proposte, però, ancorano il modello cooperativo ad una griglia territoriale che sembra imporre una gabbia rigida e vincolante, a senso unico, e appare forzata e limitativa in una realtà che vede, da un lato, dislocazioni territoriali abbastanza diversificate e disomogenee nelle differenti aree provinciali dal punto di vista delle attuali risorse bibliotecarie, dall’altro, l’emergere sempre più pronunciato di sinergie e accorpamenti trasversali sia rispetto alle istituzioni che rispetto alla contiguità territoriale.
La proposta di legge n. 126 prescrive come obbligatoria ai fini degli stanziamenti dei fondi del bilancio regionale l’afferenza della biblioteca comunale al sistema bibliotecario (art. 2, comma 3), inteso nella doppia costellazione di “sistema bibliotecario territoriale” e di “sistema bibliotecario urbano”, ciascuno con i relativi centri sistema, ossia, rispettivamente, alle biblioteca civica del comune capolouogo di provincia, che l’art. 5 promuove ope legis a centro sistema urbano, e alle biblioteche pubbliche che la Regione abbia riconosciuto atte ad assolvere la funzione di centri sistemi comprensoriali.
Pur se viene demandata alla Regione la definizione della mappa territoriale dei sistemi, come obiettivo iniziale di programmazione da concludere entro un anno dalla promulgazione della legge (art. 5, comma 4), di fatto, però, viene avallato un modello che proietta sull’intero territorio regionale la compresenza obbligata di questo doppio reticolo cooperativo – quella urbano e quello comprensoriale.
Il dettato della proposta di legge n. 159, al contrario, è più articolato e possibilista rispetto alle scelte compiute dalle singole unità bibliotecarie in merito alla cooperazione, tanto da sconfinare in una genericità alquanto pericolosa.
La proposta di legge n. 159 non vincola, infatti, la partecipazione della biblioteca comunale agli organismi cooperativi, al fine di ottenere la concessione di contributi da parte degli enti di livello superiore, ponendo come unico paletto alla concessione di finanziamenti per gli enti che scelgano di non convenzionarsi con altre realtà un prerequisito minimo di servizio, ossia quello di un’utenza minima di 3000 abitanti nei territori montani e di 5000 nelle altre zone.
Sono previsti, infatti, finanziamenti diretti anche a biblioteche pubbliche associate fra loro ma non aderenti al sistema, a biblioteche pubbliche non appartenenti ad alcun sistema e, inoltre, a biblioteche ecclesiastiche e private, assegnando a quest’ultime in eslcusiva un parametro di rilevazione basato sul numero degli utenti (art.9 , comma d), il che costituisce una vistosa eccezione alla regola del rispetto degli standard minimi di servizio presupposta come condizione necessaria per tutte le altre biblioteche presenti nello stesso sistema provinciale.
Si individua in questa eccessiva labilità di criteri il rischio di rinnegare, in sede applicativa, il perseguimento degli obiettivi di economicità e razionalità di gestione nella distribuzione dei contributi che pure è proclamato nelle premesse, e di vanificare nei fatti il ruolo strategico dei sistemi bibliotecari e della cooperazione in base a priorità di servizio effettivamente riconosciute.
Rispetto alla proposta di legge n. 126, il nucleo dimensionale di base della rete bibliotecaria prefigurato dal modello della proposta di legge n. 159 è più compatto, in quanto prevede un solo accorpamento per ogni provincia (il “sistema bibliotecario-informativo provinciale”), su cui venga ad imperniarsi un assetto cooperativo che possa conglobare in una sola unità una molteplicità di soggetti pubblici e privati di interesse pubblico frastagliati sul territorio provinciale, ammettendo anche l’apertura alle convenzioni con servizi bibliotecari non strettamente appartenenti ad enti locali, come quelli universitari.
Tuttavia, oltre alle riserve già esposte sulla scarsa incisività che storicamente si è evidenziata nella presenza attiva delle amministrazioni provinciali rispetto alle biblioteche, questo modello risulta poco ospitale rispetto al ruolo già svolto dai sistemi che per loro natura si articolano al di là dei confini di un territorio urbano o provinciale, ma che hanno come unità di misura delle articolazioni territoriali più ampie e trasversali.
Ne sono esempi i sistemi bibliotecari universitari, il cui raggio d’azione (bacino di utenza, punti di servizio) si estende anche su più sedi provinciali, oppure i consorzi bibliotecari divenuti nel tempo interprovinciali come quello del Monfalconese, che operano sia in territorio isontino che in comuni delle province di Udine e di Trieste, oppure ancora sistemi quale il polo locale SBN dell’Università degli Studi di Trieste e del Friuli-Venezia Giulia che hanno conglobato nel tempo realtà bibliotecarie variegate sia dal punto di vista tipologico che da quello istituzionale che da quello della dislocazione geografica (biblioteche dell’Università, biblioteche ministeriali, biblioteche di enti locali e di interesse pubblico distribuite su tutte le province del territorio regionale).
A tutti questi modelli in varia misura atipici entrambe le proposte di legge non sembrano assicurare un assetto normativo che ne legittimi la ragion d’essere, assicurando negli organismi addetti al coordinamento della politica bibliotecaria regionale il riconoscimento adeguato.
Rimane insoluta, quindi, in entrambe le proposte l’architettura delle competenze e delle funzioni che coinvolgono interlocutori istituzionali diversi e molteplici per dimensionamento territoriale e tipologia (enti locali, Regioni, Stato, Università ) in modo da raccordarli e coordinarli assicurandone l’interoperabilità.
Dovrebbe essere tutelata la possibilità di ricorrere a forme di concertazione fra soggetti di diversa appartenenza istituzionale e ad accordi anche di livello sovra-provinciale per la gestione cooperativa dei servizi bibliotecari, come del resto previsto dalle raccomandazioni del documento Linee di politica bibliotecaria per le autonomie redatto da Comuni, Province e Regioni.
Ovvero, l’elencazione delle tipologie possibili di raccordo fra biblioteche dovrebbe fornire una mappa la più articolata e fedele possibile sia rispetto alla situazione reale del territorio, tenendo in seria considerazione le sue diversificazioni storiche, sia rispetto ai suoi sviluppi di prospettiva, senza privilegiare nessuna di tale tipologie imponendola come passaggio obbligato.
Ciò non significa certo misconoscere l’importanza storica che hanno rivestito nei decenni i sistemi bibliotecari urbani e comprensoriali nello sviluppo di una cultura concreta della cooperazione, e il significato pregnante che può rivestire la loro riaffermazione sul piano legislativo, soprattutto nei confronti di quelle amministrazioni che tendono ad essere inadempienti rispetto al riconoscimento di assetti già esistenti di diritto e di fatto, e che è doveroso trovino nel quadro normativo la garanzia di tutela del loro sviluppo.
Tuttavia, pare altrettanto importante non impoverire le potenzialità della cooperazione riconoscendo la validità di altri esempi e altri modelli rispetto a quello incarnatosi in questo tipo di sistemi.
Entrambe le proposte di legge condividono, nel loro pur diverso impianto, un’identica carenza di fondo, ossia un riferimento, che potrebbe meglio rientrare tra i principi ispiratori generale della legge nella sua visione d’insieme, al fatto che le risorse bibliotecarie e documentali di tutto il territorio regionale sono una risorsa che deve essere condivisa e fruita nelle modalità più opportune da tutta la collettività territoriale a prescindere dalla titolarità istituzionale della biblioteca di appartenenza; e che uno dei compiti della legislazione regionale è quello di mettere in atto le opportune strategie per consentirne la valorizzazione, curando i raccordi e la cooperazione fra enti locali, Stato, Università, ed altri enti pubblici e privati.
In altre legislazioni bibliotecarie regionali, come quella dell’Emilia-Romagna e della Toscana, il dettato legislativo si focalizza su quella che è una delle finalità primarie della cooperazione, ossia quella di assicurare l’integrazione delle risorse in vista della fruizione ottimale del patrimonio informativo, e si mantiene più agile senza entrare nel dettaglio della geografia dei sistemi, ma limitandosi a citarli come lo strumento principale di realizzazione di tali obiettivi, astenendosi però dal configurare una griglia di comparti territoriali definiti una volta per tutte in maniera vincolante.
Sembrerebbe in ogni caso più opportuno, una volta enunciate e le finalità e gli obiettivi cui è orientato il sistema bibliotecario regionale nel suo complesso, e le funzioni basilari che tutti gli istituti ad esso afferenti debbano garantire, che la legge si limitasse a demandare agli organismi regionali deputati alla redazione del piano pluriennale d’intervento la scelta dell’articolazione funzionale più adeguata per assicurare il funzionamento del sistema, definendo i suoi diversi livelli organizzativi, inclusi gli eventuali criteri preferenziali di zonizzazione e di accorpamento.


Il ruolo della Regione

In entrambe le proposte di legge alla Regione viene riconosciuto soprattutto un compito di indirizzo, ossia un ruolo di programmazione, coordinamento, consulenza e controllo sull’attività delle biblioteche pubbliche, che la proposta di legge n. 126 demanda all’apposito Ufficio regionale delle biblioteche (art. 6, comma 1). Entrambe prevedono che la Regione rediga un piano di intervento e sviluppo della rete bibliotecaria regionale (per la proposta di legge n. 126 annuale e triennale, per la proposta di legge n. 159 un piano a scadenza non definita con relative sezioni annuali).
La proposta di legge n. 159 evidenzia con forte risalto come i criteri di ripartizione percentuale degli stanziamenti assegnati dalla Regione alle Province debbano essere improntati ad un principio di ampia flessibilità, in modo da assicurare un tetto suddiviso in maniera paritetica accanto a delle quote più fluide ancorate, da un lato, a degli indicatori numerici (abitanti e numero complessivo delle biblioteche pubbliche, ecclesiastiche e private), dall’altro alla valutazione di merito sui progetti di cooperazioni attuati dai sistemi provinciali. Traspare da questo dettato l’attenzione a premiare una programmazione impostata su un piani condivisi che procedano per obiettivi.
La proposta di legge n. 126, invece, non scende nel dettaglio in merito agli indicatori percentuali di cui tenere conto nei criteri di ripartizione da adottare per l’assegnazione dei contributi regionali, limitandosi a prevedere che l’erogazione da parte della Regione dei finanziamenti abbia luogo esclusivamente ai centri sistema bibliotecari (di cui art. 5, comma 2) utilizzando standard dinamici che permettano di premiare le performance del servizio. Fa eccezione per interventi particolari a favore di progetti comunali di edilizia bibliotecaria e di contributi per l’ordinamento e la conservazione degli archivi affidati alle biblioteche pubbliche, il finanziamento di progetti di catalogazione, digitalizzazione e restauro di particolari fondi di pregio.
Ancora una volta, il centro sistema (nella proposta di legge n. 126) e il sistema provinciale (nella proposta di legge n. 159) si confermano come gli anelli di congiunzione imprescindibili fra il livello della programmazione generale e il piano operativo messo in atto nei singoli ambiti locali.
Sia la proposta di legge n. 126 che la proposta di legge n. 159 prevedono tra le funzioni della Regione il monitoraggio dell’attività dei sistemi, attraverso la raccolta e l’elaborazione dei dati.
Appare compito della Regione, in entrambe le proposte, l’individuazione degli indicatori di misurazione delle dinamiche qualitative del servizio offerto, nonché dei requisiti e degli standard di funzionamento minimi assicurati da ogni entità, anche in vista della ripartizione delle risorse onde rispondere a criteri di efficacia ed efficienza.
Particolare risalto acquista il compito, annoverato dalla proposta di legge n. 126 fra quelli demandati alla Regione, di istituire uno specifico portale telematico sulla rete bibliotecaria pubblica regionale, da cui siano consultabili di diversi Opac locali, senza entrare nel merito dello specifico sistema informatico in uso presso alle varie biblioteche.
Entrambe prevedono con funzioni consultive la Conferenza del sistema bibliotecario regionale, organo collegiale che vede un’ampia partecipazione di delegati di tutti i soggetti della cooperazione.


Valutazione

Entrambe le proposte di legge fanno riferimento a standard dinamici di servizio che l’amministrazione ha il compito di mettere a punto e di utilizzare per verificare la qualità dei risultati conseguiti nella gestione. (per la proposta di legge n. 126, art. 6, comma 3; per la proposta di legge n. 159, in maniera più dettagliata e specifica, art. 5, comma 1, lettera o e p). Il rispetto di tali standard è previsto come condizione necessaria per la concessione dei contributi ai centri sistemi bibliotecari sia dalla proposta di legge n. 126 (art. 6, comma 3) , che dalla proposta di legge n. 159, per lo meno per quanto attiene ai livelli minimi (art. 10, comma 9).


Risorse umane

Nonostante la formazione e l’aggiornamento del personale delle biblioteche siano inclusi dalla proposta di legge n. 126 tra i compiti spettanti alla Regione, e, dalla proposta di legge n. 159, nell’elenco degli aspetti tecnici della cooperazione bibliotecaria che le apposite convenzioni devono prevedere e coprire, risulta riaffermato con troppo scarsa incisività, in entrambi i testi di legge, il principio della necessità imprescindibile della qualificazione professionale specifica e dell’aggiornamento per il personale delle biblioteche pubbliche, così come non viene prospettata la necessità che le responsabilità di organizzazione e di gestione vengano affidate a dirigenti e funzionari specializzati nel settore, con titolo di studio non inferiore alla laurea e preferibilmente iscritti ad albi ed elenchi professionali legalmente riconosciuti.
La tutela di questo principio, incluso sia nelle già citate Raccomandazioni per le leggi regionali formulate dall’AIB che al capo IV, art. 9 dell’Ipotesi di legge quadro sulle biblioteche e sui servizi di accesso alla conoscenza, al pensiero, alla cultura e all’informazione, è fondamentale qualora si intenda riconoscere nei bibliotecari, ossia nei professionisti dell’informazione e della documentazione, la risorsa principale del sistema, con la conseguenza che uno dei compiti che le amministrazioni debbono prefiggersi in un’ottica di collaborazione è la ricerca sia di profili professionali che di percorsi formativi sempre più armonizzati fra i vari comparti degli enti locali, come del resto richiamato dalle Linee di politica bibliotecaria per le autonomie. Solo in questo modo si potrà perseguire l’obiettivo della perequazione del trattamenti al di là dei diversi inquadramenti contrattuali previsti dai singoli enti, a garanzia dell’uniformità delle prestazioni professionali di quanti contribuiscono come tecnici al servizio bibliotecario regionale.
Del pari, sarebbe opportuno anche in questo caso citare espressamente le raccomandazioni elaborate dall’IFLA come standard di riferimento per la valutazione della qualità delle prestazioni degli operatori di biblioteca.
Il riferimento alle necessarie qualifiche tecniche del cui possesso il personale impiegato nelle funzioni di biblioteche devono garantire dovrebbe estendersi, con specifica puntualizzazione, anche all’organico degli uffici addetti alle delicate funzioni di coordinamento gestionale demandata agli organismi di indirizzo e di programmazione – in primo luogo, e per entrambe le proposte, l’Ufficio regionale delle biblioteche, ma, per quanto riguarda la proposta di legge n. 159, anche i non meglio definiti uffici localizzati presso le singole Province e addetti al coordinamento delle rispettive reti bibliotecarie provinciali - proprio per le implicazioni che queste funzioni necessariamente intrattengono con una nozione professionalmente consapevole e costantemente aggiornata degli strumenti di lavoro del bibliotecario. Funzioni che, in tutta la gamma delle attribuzioni previste dalle due proposte per gli uffici centrali - dall’identificazione di standard e requisiti di riferimento applicabili alla valutazione dei servizi, all’attività di monitoraggio e di misurazione dei servizi e dell’utenza delle biblioteche, fino all’organizzazione di interfacce di metainterrogazione dei cataloghi locali e alla realizzazione di cataloghi elettronici di fondi rari e di pregio – per essere assolte al meglio richiedono personale le cui competenze esulino ampiamente da una normale qualifica di tipo burocratico-amministrativo, ma possano contare su una cultura consolidata a tutto campo della biblioteca in tutte le sue sfaccettature.


Digitalizzazione

L’art. 6, comma 7 della proposta di legge n. 126 contiene un cenno al sostegno della regione al coordinamento di specifici progetti di digitalizzazione del patrimonio documentale, anche se limitatamente ai fondi di conservazione e a materiale di pregio. E’ uno spunto interessante, assente dal testo della proposta di legge n. 159, che prefigura un interesse politico attivo verso quella che si prospetta come una sfida risolutiva nello scenario aperto per il prossimo decennio dallo sviluppo delle tecnologie digitali , ossia il monitoraggio e la gestione pubblica di una serie di processi che potrebbero produrre, se non debitamente controllati e resi reciprocamente interoperabili, la frantumazione delle risorse in mille rivoli di progetti differenziati e tra loro tecnicamente non compatibili. Anche se la progettualità messa in campo dal Friuli-Venezia Giulia in quest’ambito è ancora relativamente modesta – eccezion fatta dell’ambito universitario - il trend generale è favorevole alla crescita, che in breve tempo potrebbe diventare esponenziale, di iniziative locali che richiederanno una struttura pubblica di collegamento, atta a produrre le linee guida ed i riferimenti culturali e scientifici dei progetti, ad assicurarne il monitoraggio, nonché una corretta gestione della comunicazione, e a promuovere lo sviluppo di nuove campagne di alfabetizzazione e di divulgazione tecnica. Più che mai opportuno sarebbe dunque recepire l’indicazione ed allargarla a spazi più ampi, vista anche la potenziale convergenza di interessi condivisi tra i istituzioni diverse (biblioteche, archivi e musei) rispetto agli oggetti e ai processi coinvolti dalle applicazioni digitali.


Considerazioni finali metodologiche

Si rileva come, per la prima volta nella storia della legislazione bibliotecaria regionale, i redattori della proposta di legge n. 126 abbiano compiuto un grande sforzo consultivo coinvolgendo in più occasioni e su tutti i punti della legge gli “addetti ai lavori”, che hanno avuto svariate possibilità di proporre i suggerimenti e le modifiche del caso.

Gianni Bortolussi
Fabrizio De Castro
Elisabetta Farisco
Cristina Marsili
Maria Antonietta Moro
Stefano Olivo
Roberta Raber
Pier Giorgio Sclippa (Coordinatore)


Copyright AIB 2006-07-02, ultimo aggiornamento 2006-07-02 a cura di Massimo Milan
URL:http://www.aib.it/aib/sezioni/fvg/gruppolegge_relazione.htm


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