«Bibliotime», anno XIII, numero 3 (novembre 2010)
Una tematica di stringente attualità - nell'ambito delle biblioteche e non solo - è senz'altro quella connessa alla proprietà intellettuale e al diritto d'autore. E' infatti evidente che tali nozioni risultano profondamente trasformate dall'avvento del digitale, ma altrettanto evidente appare la difficoltà di un loro adeguamento giuridico-formale, specie nel momento in cui si tenta di replicarne le caratteristiche più tradizionali, legate cioè a una realtà per così dire analogica, all'odierna dimensione elettronica e multimediale.
Nel nostro paese il dibattito, che è stato e continua ad essere assai intenso, ha trovato una sede particolarmente autorevole al convegno delle Stelline del 2008. Fra i diversi interventi, ricordiamo quello del magistrato e docente di informatica giuridica Giuseppe Corasaniti, il quale ha rilevato che al giorno d'oggi, quando si parla di diritto d'autore, si ha la sensazione di trovarsi "al centro di un campo di battaglia nella guerra che oppone i titolari dei 'contenuti' agli utenti: da una parte sta chi difende ad ogni costo ed impone qualsiasi costo (economico e sociale), dall'altra chi pretende la conoscenza senza costi e pretende di ridurre gli autori in un ruolo sostanzialmente marginale, privi di diritti e senza garanzie rispetto alla diffusione planetaria ed immediata delle loro opere". [1]
Ed è proprio sviluppando tale ragionamento che Corasaniti individua il ruolo centrale delle biblioteche nella disciplina del diritto d'autore: le strutture bibliotecarie infatti
rappresentano non un luogo di rischio per i diritti degli autori e degli editori, ma il luogo nel quale [...] la produzione letteraria e culturale viene ad essere distribuita nell'ambito di un rapporto di conoscenza pieno ed universale, aperto ad esigenze sociali e collettive, che sono in primo luogo le esigenze dello studio e della ricerca, corrospondenti a precisi obiettivi e diritti costituzionali (art. 9 e art. 33 Cost). [2]
Nello stesso convegno, ma in una prospettiva più legata alla presenza delle nuove tecnologie, Roberto Caso [3] ha fatto notare che "la proprieta intellettuale è stata (ed è tuttora) costruita intorno a interessi commerciali. Il dato sembra comprovato dalla constatazione che all'interno delle leggi sui brevetti per invenzione e sui diritti d'autore non esiste un regime organico della conoscenza scientifica", mentre "i caratteri istituzionali della produzione di conoscenza scientifica sono stati disegnati essenzialmente fuori dalle dinamiche commerciali". [4]
Una conferma di questa situazione, nell'analisi dell'autore, sembra venire dai Digital Rights Management (DRM), ossia da quei "sistemi tecnologici mediante i quali i titolari di diritto d'autore (e dei cosiddetti diritti connessi) possono esercitare ed amministrare tali diritti nell'ambiente digitale, grazie alla possibilità di rendere protette, identificabili e tracciabili le opere di cui sono autori". [5] A parere di Caso infatti
il DRM diviene il paradigma del controllo rigido e accentrato dell'informazione digitale [...]. La fonte principale sta nella tecnologia (e nei suoi standard). Essa prevale sulla fonte legislativa nel senso che il DRM affida la sua forza all'autotutela tecnologica piuttosto che alla tutela statale. La legge può tutt'al più svolgere un ruolo ancillare legittimando e proteggendo il ricorso all'autotutela. [6]
A fronte di queste approcci, al giorno d'oggi si manifestano una serie di possibilità che cercano di rendere meno restrittiva la fruizione dei contenuti digitali: pensiamo ad esempio alle opportunità offerte dal software libero, dalle licenze del tipo copyleft o Creative Commons, e da ultimo - ma non per importanza - dal vasto e articolato sistema dell'accesso aperto all'informazione scientifica.
Questi fin qui sollevati sono soltanto alcuni fra i temi dibattuti nel presente numero di Bibliotime: un numero davvero speciale, in cui gli aspetti legati alla paternità intellettuale e al diritto d'autore sono affrontati in maniera approfondita e competente. E ciò a partire dall'ampio e articolato intervento di Antonella De Robbio, che affronta un argomento solo in apparenza distante dalle problematiche che coinvolgono le biblioteche e gli altri istituti culturali, in quanto indaga i complessi meccanismi di tutela della proprietà dei contenuti – fisici e intellettuali – delle biobanche, ossia di quegli archivi o repositories di "materiale biologico prelevato da differenti individui o specie, beni tangibili preziosi per il singolo e per la collettività".
Di carattere più strettamente giuridico (e proprio per questo di grande importanza per una migliore comprensione della materia) è il contributo di Giuseppe Mazziotti, il quale non a caso sottolinea come "il diritto d'autore dell'era digitale, rimasto essenzialmente immutato nelle sue connotazioni essenziali rispetto all'era analogica, nonostante gli importanti interventi normativi operati a livello internazionale, comunitario e nazionale, crei restrizioni non solo alla tradizionale riproduzione in copie di un'opera, ma anche all'uso personale dell'opera, alla sua comunicazione tra utenti".
Di particolare interesse per le biblioteche, poi, sono gli articoli di Giulio Blasi e di Paola Galimberti: il primo esamina i delicati rapporti fra un servizio decisamente innovativo – qual è quello del digital lending – e i DRM previsti per l'utilizzo degli e-book, mentre il secondo esplora la complessa tematica dei diritti d'autore nell'innovativo contesto dell'accesso aperto all'informazione scientifica.
Il quadro è infine completato dai contributi – per molti versi legati al tema centrale discusso in questo numero – di
Massimo Barbieri sulle strategie di recupero dei brevetti nel settore delle nanotecnologie; di Marialaura Vignocchi, Giovanni Bergamin e Raffaele Messuti sugli archivi istituzionali delle tesi di dottorato; e di Tiziana Morocutti e Federica Zanardini sui meccanismi di misurazione dell'uso delle risorse elettroniche nel contesto del cosiddetto Big Deal.Michele Santoro
[1] Giuseppe Corasaniti, Diritti d'autore e prospettiva sociale: quali opportunità per le biblioteche, in I diritti della biblioteca. Accesso alla conoscenza, proprietà intellettuale e nuovi servizi, a cura di Cristina Borgonovo e Alessandra Scarazzato, Milano, Editrice Bibliografica, 2009, p. 33.
[2] Ibid.
[3] Professore di diritto privato comparato all'Università di Trento e autore di incisivi interventi su queste tematiche.
[4] Roberto Caso, Forme di controllo dell'informazione digitale: digital right management vs open access, in Diritti d'autore e prospettiva sociale, cit., p. 192.
[5] Digital Rights Management, in Wikipedia, l'enciclopedia libera, <http://it.wikipedia.org/wiki/Digital_rights_management>.
[6] Roberto Caso, cit., p. 206.
«Bibliotime», anno XIII, numero 3 (novembre 2010)