«Bibliotime», anno V, numero 1 (marzo 2002)
Il libro in Benedetto XIV
Il libro in Benedetto XIV è l'eccellente risultato degli studi condotti da Carla Di Carlo su una delle figure più rappresentative del panorama culturale della seconda metà del Settecento; è soprattutto sulle iniziative culturali intraprese dal pontenfice durante il suo lungo mandato (1740-1758) che la Di Carlo pone l'accento, sottolineando non solo la loro anticonvenzionalità (non dimentichiamo che Benedetto XIV fu quel Cardinale Lambertini tanto amato dal popolo bolognese per il suo spirito irruente e sanguigno), ma anche il sostegno che esse furono in grado di dare alla cultura italiana, che stava vivendo un periodo di grande crescita, e che proprio per questo aveva bisogno di riforme che la proteggessero e la incentivassero.
Benedetto XIV ci appare come una figura dotata di cultura poliedrica ed universale, resa ancora più apprezzabile dal fatto che fu raggiunta con dedizione ed amore, e messa mirabilmente a frutto in qualsiasi luogo nel quale egli si trovò ad operare. Il volume prende inizio con le note biografiche su Benedetto XIV, dall'infanzia trascorsa nell'amata Bologna, agli studi compiuti a Roma, al successivo ingresso nel mondo ecclesiastico come canonico della Biblioteca Vaticana, fino alle prime nomine nella gerarchia ecclesiastica, che lo portarono a ritornare a Bologna in qualità di arcivescovo, per poi essere eletto al soglio pontificio il 17 agosto 1740 dopo uno dei conclavi più lunghi della storia.
L'indagine della Di Carlo porta a concentrare lo sguardo sull'impronta che Benedetto XIV lasciò nella sua Bologna, ma sottolinea anche i meriti che egli ebbe in quanto "sovrano mecenate", dotato d'occhio benigno, colto e moderno, come sostenitore - e non solo sovvenzionatore - di nuove iniziative culturali, e ciò fin dalle prime cariche che egli si trovò a ricoprire (in qualità di vescovo di Ancona, ad esempio, promosse il restauro di tutti i monumenti della città).
L'excursus della Di Carlo prosegue poi con un'attenta analisi della situazione bibliotecaria nelle due città-simbolo dell'operato di Benedetto XIV, ossia Roma e Bologna. Occorre ricordare come in entrambe, sia dal punto di vista del controllo culturale sia da quello dell'utenza, le condizioni non erano delle migliori: a Bologna il progetto della nascita di una biblioteca pubblica era miseramente fallito nel 1744, ed il controllo del sapere continuava ad essere detenuto da un clero bigotto e antiprogressista, che ostacolava la piena fruizione delle raccolte librarie; a Roma le biblioteche erano aperte agli uomini di cultura, ma sottoposte a un forte controllo da parte della Chiesa.
Per Benedetto XIV invece la cultura doveva essere a servizio della pietà (e ciò doveva essere tanto più vero per i luoghi di fruizione della cultura stessa, ossia le biblioteche). Così la linea che egli decise di perseguire acquisì una forza propulsiva proprio nella sua città natale: difatti, non appena eletto pontefice, Benedetto XIV propose un'indagine sullo stato delle biblioteche bolognesi, avendo deciso di donare la propria "domestica Libraria" ad una di esse. La Di Carlo ci accompagna in questa ricerca condotta personalmente dal Pontefice, che alla fine diede il risultato meno prevedibile: la "domestica" non entrò a far parte del corpus bibliotecario dell'arcivescovado, o di quello degli ordini ecclesiastici presenti in città, ma in quello del "laico" Istituto delle Scienze, fondato da Luigi Ferdinando Marsili nel 1711; si trattava di una delle istituzioni culturali più importanti d'Italia, avendo diffuso il metodo sperimentale nello studio delle materie scientifiche, e ponendosi per questo alla stregua della Royal Society di Londra e dell'Académie des Sciences di Parigi.
Presa tale decisione, il Pontefice non esitò a far costruire dal Dotti (lo stesso architetto che progettò nel 1731 l'arco del Meloncello) un "vaso" all'interno dell'Istituto delle Scienze volto alla fruizione-conservazione della sua "domestica Libraria". La realizzazione di una sala dove i libri potessero essere letti, studiati e fruiti da chiunque ne avesse necessità non fu novità da poco nella Bologna della seconda metà del Settecento; per contro, essa s'impose come un notevole passo avanti nel panorama culturale bolognese, divenendo ben presto un importante polo d'attrazione per gli studiosi.
Il testo della Di Carlo prosegue occupandosi di una delle riforme più importanti intraprese da Benedetto XIV a vantaggio della comunità intellettuale: la revisione dell'Index librorum prohibitorum. Sull'Index, curato rispettivamente dalla Congregazione dell'Indice e da quella, temutissima, dell'Inquisizione, si ripercuotevano da molti anni le lotte fra Domenicani (che delle due congregazioni facevano parte) e Gesuiti (che, al contrario, da tempo immemorabile ne erano esclusi), e ciò a discapito del giudizio sui libri, spesso esaminati assai sommariamente. Benedetto XIV si occupò personalmente del problema, eliminò dall'Index i testi che potevano dare un contributo importante all'evoluzione del sapere, combattè con fermezza il giudizio parziale delle opere mentre dimostrò ferma intransigenza verso i testi di geomanzia e chiromanzia, ritenuti persino peggiori di quelli eretici.
Al catalogo della "domestica Libraria", stilato al momento dell'acquisizione da parte dell'Istituto delle Scienze e redatto in latino, Carla Di Carlo dedica l'appendice del suo libro. La divisione dei volumi in discipline e sottocategorie rivela l'esistenza di un patrimonio librario assai prezioso, in grado di rendere il munifico dono del Pontefice ancor più rilevante. Oggi la "domestica libraria" di Benedetto XIV è conservata in Palazzo Poggi, sede originaria dell'Istituto delle Scienze, mentre i documenti orginari dell'Istituto sono confluiti nella Biblioteca Universitaria, meta fondamentale per tutti gli studenti dell'Ateneo bolognese: e di ciò, possiamo esserne certi, Benedetto XIV sarebbe stato più che lieto.
Federica Costanzo - Bologna
«Bibliotime», anno V, numero 1 (marzo 2002)