[AIB] AIB notizie 21 (2009), n. 2
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Il catalogo bibliografico nel web: il nuovo opac secondo Karen Coyle

Lucia Antonelli

Presso l’American University of Rome, il 17 ottobre 2008 si è svolto il seminario di aggiornamento organizzato dalla Sezione Lazio dell’AIB e tenuto da Karen Coyle dal titolo “Il catalogo bibliografico nel Web” [1].
L’occasione di ascoltare una delle più brillanti esperte internazionali di biblioteche digitali non è stata persa da molti bibliotecari che, visto anche l’attualità del tema affrontato, hanno partecipato numerosi e particolarmente attenti.
Il punto di partenza della relatrice è stato l’analisi di un dato forse prevedibile quanto “scomodo” per i bibliotecari: secondo una indagine compiuta da OCLC nel 2005, gli studenti americani, quando hanno bisogno di reperire un’informazione, in prima istanza interrogano i motori di ricerca in Internet e molto raramente ricorrono agli strumenti per il recupero di informazioni messi a disposizione online dalle biblioteche. Il dato generale è appunto scontato, ma sono sicuramente sorprendenti i numeri: l’89% degli intervistati si rivolge per prima cosa ai motori di ricerca in Internet, un miserrimo 2% alle biblioteche, un altro 2% alle banche dati specifiche, e l’1% alla posta elettronica[2].
Perché ci troviamo di fronte a questi dati forse un po’ imbarazzanti per la nostra categoria? Secondo Karen Coyle tutto dipende dal fatto che i cataloghi di biblioteca sono molto, troppo, limitati: le notizie bibliografiche riportano solo link che rimandano all’interno dell’opac, non sono previsti interventi da parte degli utenti, sono sistemi non adatti al Web e i dati il più delle volte non sono collegati ai servizi web. A fronte di tale criticità, la Coyle afferma che va completamente ripensato il catalogo. Tenendo conto delle possibilità offerte dall’ambito informatico, oggi l’opac deve quindi aprirsi al Web e non deve più essere, come ha ben espresso la relatrice con un’immagine calzante, “chiuso come un convento”. Ripensare il catalogo non è cosa facile né immediata, ma, in sintesi, significa costruirlo e strutturarlo in modo che sia compatibile con il Web, significa anche “mettere” i dati bibliografici sul Web e collegarli con altre informazioni che esso offre.

Tre elementi sono quindi fondamentali per la rifondazione dell’opac:

  1. avvio verso un nuovo tipo di controllo bibliografico, basato meno sulla descrizione e più sui rapporti semantici tra gli elementi;

  2. adozione di un modello descrittivo sempre meno basato sulla “scheda”, utilizzando una struttura più aperta, più assimilabile strutturalmente e visivamente a una pagina web;

  3. predisposizione di un modello di opac basato sull’elaborazione automatica dei dati.
Per dare un’idea più precisa di quale direzione dovrebbe cominciare a prendere l’opac, Karen Coyle ha mostrato alcuni esempi di cataloghi che si avvicinano al “modello web”, quali FictionFinder[3] e Open library[4]. FictionFinder è un progetto nell’ambito di OCLC Research che consente l’accesso a informazioni relative a quasi tre milioni di opere presenti nel ben noto catalogo OCLC WorldCat. Il database, che consente modalità di ricerca molto semplici, offre sia informazioni sulle diverse edizioni dell’opera, sull’argomento, sui personaggi principali, sul genere letterario, sui destinatari e altri dati (tutti linkabili e indicizzati), sia informazioni molto approfondite sulle singole edizioni selezionate (estratti, indici, copertine, citazioni nei repertori ecc). In sostanza, ciò che appare più degno di nota è la capacità di un catalogo di questo tipo di creare un gran numero di collegamenti e rimandi tra differenti elementi: l’opera, le informazioni relative al suo contenuto, gli autori, le eventuali altre opere collegate, i dati bibliografici di ciascuna edizione, le localizzazioni nelle diverse biblioteche, le modalità di reperimento delle copie, eventualmente anche tramite acquisto. Il tutto con modalità assolutamente amichevoli e immediate per qualsiasi navigatore. In quest’ottica, ben si inserisce il modello FRBR, del quale, secondo la relatrice, l’aspetto da non trascurare rispetto alla rifondazione degli opac è proprio quello della relazione tra i diversi elementi, come già accade in parte in FictionFinder.
L’altro esempio citato dalla Coyle è Open library, nella versione italiana “Biblioteca aperta. Una pagina per ogni libro”. E già il nome la dice lunga: si tratta di un progetto nato dall’iniziativa di un gruppo di lavoro collegato con Internet Archive e sviluppato nel 2007 che si configura non solo come “catalogo del popolo”, ma anche e soprattutto come «un vero prodotto del popolo: che crea e cura il catalogo, contribuisce al contenuto [...] e tutti avranno accesso completo e libero a tutto quello che comprende la biblioteca»[5]. Una banca dati, quindi, che oltre alle consuete informazioni bibliografiche, offre al navigatore diverse opzioni rispetto a ciascun libro catalogato: accedere all’eventuale testo completo, acquistare una copia, prendere in prestito il libro da biblioteche, richiederne – addirittura – la scansione on demand, oltre che editare i dati e aggiungere libri nuovi alla banca dati. Secondo la Coyle, l’elemento che qui può “ispirare” i bibliotecari è sicuramente quello della cooperazione con i destinatari del catalogo: il nuovo opac, dovrà necessariamente fare i conti con una governance partecipata che comprende, oltre all’intervento dei bibliotecari, anche quello dei fruitori del catalogo: in sintesi, una catalogo che si incardini agevolmente nel Web 2.0, prevedendo modalità di interazione e cooperazione con l’utenza ai fini di una maggiore efficacia del sevizio offerto.

Volendo quindi estrapolare alcuni elementi di eccellenza da riadattare a un catalogo online di biblioteca, un opac innovativo potrebbe prevedere:

In conclusione, alla fine del seminario tenuto da Karen Coyle emerge, tra gli altri, un dato essenziale: i bibliotecari dovrebbero forse passare un po’ meno tempo a preoccuparsi di rispettare indefettibilmente regole e standard di catalogazione per produrre schede bibliografiche perfette e dedicarsi un po’ più a capire ciò che vuole l’utente, cercando di veicolare le informazioni bibliografiche sul Web attraverso modalità più immediate e familiari per chi naviga in Internet, magari attraverso ben calibrate forme di collaborazione con i fruitori dei cataloghi.

antonelli@sspal.it


[1] Il programma del seminario è accessibile all’URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/lazio/s081017.htm.
[2] Per una analisi delle indagini svolte da OCLC si rimanda all’articolo di Andrea Marchitelli, Le biblioteca nella percezione degli utenti: i risultati di tre indagini di OCLC. «AIB notizie», 20 (2008), n. 4, p. 13-14.
[3] http://fictionfinder.oclc.org.
[4] http://openlibrary.org.
[5] Tratto dalla pagina di descrizione del progetto, reperibile all’URL: http://openlibrary.org/about.
[6] http://www.liberliber.it/home/index.php.


ANTONELLI, Lucia. Il catalogo bibliografico nel web: il nuovo opac secondo Karen Coyle. «AIB notizie», 21 (2009), n. 2, p. 10

Copyright AIB 2009-04, ultimo aggiornamento 2009-04-11 a cura di Zaira Maroccia
URL: http://www.aib.it/aib/editoria/n21/0210.htm3

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