In memoria di Pasquale Causa
Pasquale Causa, pediatra di famiglia a Napoli (Pozzuoli) e membro del Gruppo nazionale di coordinamento Nati per leggere, è mancato il 3 dicembre 2007. «AIB notizie» vuole ricordarlo pubblicando il suo ultimo articolo comparso su «Quaderni ACP» di luglio 2007.
Pasquale ha sperimentato la promozione della lettura in uno dei contesti più difficili dal punto di vista dei servizi bibliotecari, dove ha ricercato e si è inventato strategie per superare le carenze organizzative e strutturali con le quali doveva fare i conti.
Con grande caparbietà ha messo a punto una sua personalissima modalità di relazione con le famiglie, che se accolte e accompagnate in un loro particolare percorso di scoperta della lettura possono regalare un futuro migliore ai propri figli.
Uno degli argomenti che lo ha maggiormente appassionato è stata la valutazione e la scelta dei libri adatti ai diversi stadi evolutivi dei bambini in età prescolare. La sua preoccupazione di mettere a disposizione dei genitori, soprattutto di quelli meno attrezzati o in ogni caso meno inclini a leggere e a frequentare librerie e biblioteche, libri di buona qualità che non fossero frustranti dal punto di vista grafico per essere troppo innovativi o spiazzanti, è qualcosa che ci ha fatto molto discutere, ma al contempo ha consentito che affinassimo i nostri criteri di selezione.
Pasquale ha avuto la capacità di coniugare lo studio e l’approfondimento alla pratica quotidiana, rileggendola e dandole un nuovo significato. Facendolo ha messo a disposizione dei suoi colleghi pediatri e di tutti gli operatori di Nati per leggere alcuni interventi di grandissimo interesse. L’articolo qui pubblicato ne è un esempio evidente.
Giovanna Malgaroli
Associazione italiana biblioteche – Gruppo nazionale di coordinamento Nati per leggere
L’idea dell’articolo venne da un gruppo di studio che Pasquale tenne al convegno ACP di Tabiano del 2003. Gli era stato detto di fare una simulazione di “come fare” nell’ambulatorio a suggerire ai genitori l’utilizzo dei libri. Lui e Megi Clerici (la mamma del bambino) fecero la loro simulazione; ma la sera prima gli avevo fatto le raccomandazioni di sempre: metti l’orologio, attento ai tempi, ascoltati, non divagare. Egli mi ascoltava paziente con il sorriso di chi pensava: «ma le so, queste cose, le so». Il gruppo, numeroso, si divertì.
Gli dissi che se ne poteva fare un articolo, un articolo pratico per i pediatri con qualche premessa teorica. Poi, con la solita scherzosa raccomandazione “non sbrodolarti”, cominciò la trattativa sulle dimensioni.
Chiese sette pagine; ne offrii tre. Poi la trattativa continuò in casa sua, davanti a un Kounellis, per il quale si era sbancato, e poi nella sua “stanza della musica”; ma era una specie di gioco, come in un suk, che ci divertiva. Arrivarono le quattro pagine che ripubblichiamo. Non c’era proprio niente da cambiare: era piano, semplice, scorrevole, ma c’era proprio tutto, il tutto di uno che aveva capito. Era perfetto. Leggetelo pensando a quanto ha fatto e faticato per farci capire.
Giancarlo Biasini
Centro per la salute del bambino – Gruppo nazionale di coordinamento Nati per leggere
Imparare a leggere è un compito faticoso perché implica una maturità composta da capacità motorie, percettive, mnemoniche e spazio-temporali, a esordio precoce nella vita del bambino [1].
Leggere libri al bambino è riconosciuto essere il mezzo più semplice ed efficace per favorire l’apprendimento della lettura [2]. Due metanalisi forniscono dati statisticamente significativi sul rapporto tra lettura, sviluppo del vocabolario, sviluppo della competenza fonologica e apprendimento della lettura [3-4]. Queste evidenze scientifiche hanno favorito negli anni ’90 lo sviluppo di programmi di promozione della lettura in diversi Paesi: Stati Uniti con Reach Out and Read (ROR) e Regno Unito con Bookstart (BS). Su questa scia, in Italia, nel 2000 è stato avviato il progetto Nati per leggere. Le esperienze di ROR e BS mostrano, in particolare, che un intervento nell’ambito delle cure primarie pediatriche aumenta l’attitudine dei genitori a leggere in famiglia [5].
Le evidenze sul rapporto tra qualità dell’attaccamento e competenze emergenti, già analizzate in un precedente articolo, mostrano quanto sia importante sostenere la famiglia precocemente nello sviluppo di una buona relazione con il proprio bambino, non limitando l’intervento al solo consiglio di leggere al bambino [6]. Bus e van Ijnzendoorn, analizzando il rapporto tra attaccamento madre-bambino e livello socioeconomico, hanno messo in luce che un buon attaccamento rappresenta un fattore protettivo per i bambini con svantaggio sociale [7].
L’obiettivo di questo articolo è fornire al pediatra di famiglia (PdF) indicazioni e strumenti per collocare la promozione della lettura ad alta voce in un contesto più ampio di sostegno alla genitorialità.
Il sostegno alla genitorialità
I genitori sono spesso disorientati e vulnerabili di fronte al compito educativo per la grande quantità di informazioni, spesso tra loro contraddittorie, provenienti da fonti diverse, sovente contrapposte ai saperi tradizionali della famiglia e che, come tali, rendono non facile trovare una propria linea di orientamento e di educazione [14]. La nascita di un figlio e la sua crescita nei primi anni di vita sono particolari momenti evolutivi della famiglia, nei quali è presente una notevole flessibilità a rivedere i propri vissuti e ruoli (per esempio se stessi nel rapporto con i propri genitori).
La nascita di un figlio è un evento che riattiva nei genitori aspetti poco elaborati delle proprie relazioni infantili.
Tra genitori e bambini viene a crearsi un’area di “mutualità psichica”, nella quale le rappresentazioni genitoriali vanno a condizionare il comportamento del bambino.
Questo, sulla base delle interazioni ripetute con le principali figure di accudimento (caregiver), costruisce la propria rappresentazione di sé, dell’altro e del mondo esterno; per questo i genitori hanno una fondamentale importanza nell’organizzazione della personalità del bambino. Il caregiver e il bambino, seppur distinti nella loro individualità personale e di ruolo, sono in ugual misura attivi partner co-costruttori della stessa interazione.
Tra i protagonisti di questa interazione esiste una circolarità di influenzamenti e adattamenti reciproci, che rendono la diade genitore-bambino o la triade mamma-papà-bambino una unità di funzionamento interattivo. Si crea una forte interdipendenza tra lo sviluppo della funzione genitoriale e lo sviluppo psicologico e fisico del figlio. Un numero sempre maggiore di operatori riconosce alla genitorialità una centralità nei rapporti con la famiglia, tanto che si è andato progressivamente affermando il concetto di genitore competente (competent parenting).
Le azioni a supporto della genitorialità possono dividersi in due grandi categorie: azioni universali, rivolte a tutte le famiglie; azioni specifiche, per le famiglie a rischio.
Le azioni universali sono quelle che possono essere messe in atto da tutti gli operatori del settore materno-infantile (corsi di preparazione al parto; accoglienza della famiglia dal momento dell’ingresso in ospedale per il parto e rooming-in; attività del pediatra di famiglia). La maggior parte dei genitori non segue i corsi di preparazione pre-parto e quelli di loro che hanno un primo figlio, o quelli che hanno un figlio dopo molti anni dal precedente, chiedono aiuto al pediatra anche per questioni apparentemente banali.
Il PdF svolge naturalmente un ruolo di supporto alla famiglia, anche se spesso con una impostazione unidirezionale e comportamentista che non aiuta i genitori ad affrontare i cambiamenti che la nascita di un figlio comporta nell’ambito del nucleo familiare. Il supporto alla genitorialità può essere svolto con modalità molto diverse a seconda della sensibilità e del percorso formativo professionale del pediatra. Per facilitare i genitori nei cambiamenti vanno messe in campo abilità nell’ascolto e nell’osservazione, essendo la relazione con una famiglia un unicum non esattamente riproducibile con altri genitori. Cruciale è l’ascolto, il passaggio da “dire” a “farsi dire”, con la formulazione di domande appropriate, che permettano una conoscenza approfondita delle informazioni che la famiglia ha o pensa di avere e una descrizione di cosa fa, cosa ha già fatto, cosa ha intenzione di fare e cosa pensa di poter fare la mamma. Solo a questo punto diventano possibili un intervento informativo, che aggiunga notizie compatibili e assimilabili, e una proposta di comportamenti che possano essere accettati e attuati dal genitore [8].
Supportare i genitori valorizzandone e facendone crescere le capacità aiuta il PdF nel suo lavoro: un genitore competente è anche capace di osservare il suo bambino e reggere il disagio psicologico delle malattie intercorrenti, con una riduzione delle consultazioni da “acuto banale”.
Inoltre può ridurre l’incidenza di sintomi e distorsioni che derivano da problematiche molto spesso inconsce dei genitori. Pensiamo alla frequenza dei disturbi del sonno e dell’alimentazione che, insorgendo precocemente, vanno a interessare i primi scambi comunicativi tra genitori e bambini e a interferire con l’immagine genitoriale interna. Difficoltà forti in queste aree monopolizzano l’attenzione dei genitori e spesso creano al pediatra senso di impotenza, soprattutto quando sono particolarmente persistenti e invasive.
I bilanci di salute sono per il pediatra la migliore occasione per operare nel senso del supporto alla genitorialità.
Garantire, soprattutto nelle prime visite, un’atmosfera “empatica” permette al genitore di percepire come interagisce con il proprio figlio. Lo sviluppo del bambino, secondo Stern, progredisce per salti discontinui che danno luogo a nuove capacità sociali, affettive, motorie e cognitive, con una conseguente riorganizzazione della sua interazione con i genitori.
Osservare l’interazione madre-bambino
Ogni processo nella competenza interattiva fornisce al pediatra una diversa “finestra clinica” che costituisce un punto sensibile per osservare l’evoluzione delle interazioni madre-bambino [10].
Vengono, di seguito, descritte queste finestre cliniche e le azioni e osservazioni da mettere in atto nelle visite dei primi 24 mesi di vita del bambino, periodo nel quale si instaura anche una forte relazione tra il pediatra e i genitori, che condiziona il lavoro futuro con quella famiglia.
--- Da 0 a 2 mesi i comportamenti interattivi più importanti riguardano la regolazione del ciclo dell’alimentazione, del ciclo sonno-veglia e del ciclo di attività del bambino. Secondo Winnicott, il prototipo di tutto il prendersi cura del bambino è il tenerlo in braccio (holding o contenimento): c’è una profonda differenza fra un bambino che è tenuto in braccio abbastanza bene e un bambino che non lo è [10].
L’esperienza del prendere in braccio il bambino riesce naturale a una madre che sa quali sono i bisogni del suo bambino e che ha vissuto bene la fase in cui in larga misura “lei è il bambino” e “il bambino è lei”. La manipolazione del lattante è, secondo Winnicott, un indice della qualità delle cure ancora più importante della reale esperienza di allattamento al seno.
Cruciale è valutare la modalità di alimentazione in termini di coinvolgimento e ricchezza dell’esperienza: molte caratteristiche importanti e proprie della situazione dell’allattamento al seno possono essere rintracciabili anche quando si usa il biberon (per esempio, lo sguardo reciproco del bambino e della madre) [11].
--- Da 2 mesi e mezzo a 5 mesi e mezzo l’interazione sociale “faccia a faccia”, senza giocattoli o altri oggetti, rappresenta la finestra clinica successiva. Il bambino è in grado, per esclusione o di proposito, di mostrare nel gioco “faccia a faccia” le sue piene capacità sociali e affettive, sollecitandone il corrispettivo nei genitori.
--- Da 5 mesi e mezzo a 9 mesi è il gioco comune con oggetti l’attività da osservare. Il bambino ha una buona coordinazione occhio-mano e, con essa, un’avida curiosità per il mondo inanimato.
In questa situazione l’interazione madre-bambino subisce una profonda modificazione: la diade si trasforma in una triade (madre, bambino e mondo degli oggetti) e per il bambino prende avvio la fase che riguarda la natura della realtà oggettuale [10]. L’osservazione di come il genitore e il bambino gestiscono la direzione, il tempo, l’attenzione, l’elaborazione, la struttura, il cambiamento di argomento e il disimpegno dal gioco permette di rivelare la natura dei loro rapporti. Esiste una stretta relazione tra l’attenzione del bambino e il livello della stimolazione.
Se quest’ultimo è troppo basso, è come se il bambino non lo avvertisse e, se pure l’avverte, l’interesse che gli suscita è di brevissima durata; se il livello di stimolazione è troppo alto, cerca invece di evitarlo, allontanandosene o mettendosi a piangere perché altri lo aiutino a farlo cessare. Se invece la stimolazione avviene a un livello moderato, l’attenzione verrà più facilmente richiamata e si manterrà a lungo.
Questa modalità di risposta è comune per quanto riguarda sia gli aspetti di cui uno stimolo si compone (intensità, complessità, grado di contrasto o di novità), sia i vari tipi o generi di stimolo (visivo, uditivo, tattile, cinestesico) [12].
--- Da 10 a 12 mesi sono due gli eventi evolutivi che forniscono finestre cliniche. Il bambino comincia a mostrare i comportamenti caratteristici dell’attaccamento e separazione grazie alla crescente capacità di allontanarsi e tornare dalla madre. L’osservazione di come il genitore e il bambino negoziano l’andare e il venire, l’allontanamento e il ritorno, può fornire indicazioni utili al pediatra.
La seconda finestra è l’avvento dell’intersoggettività: il bambino inizia a rendersi conto che la madre può avere “cose in mente”, e anche lui.
I contenuti della sua mente e quelli della madre possono essere gli stessi o essere diversi. È qui in gioco la negoziazione di ciò che costituirà l’universo condivisibile dei fenomeni mentali: ciò che può essere pubblico, ciò che deve restare privato, ciò che è condivisibile.
--- Da 18 a 24 mesi altri due eventi evolutivi forniscono finestre cliniche: l’apprendimento del linguaggio, simile all’apprendimento del gioco con gli oggetti, e l’aumento della mobilità e capacità fisica, con la necessità di porre limiti. Porre limiti non è un processo in cui si fissano e si applicano delle regole, ma ne implica la negoziazione.
La maggior parte delle volte genitore e bambino interagiscono in un’area confusa e i bambini si dimostrano incredibilmente capaci di individuare le aree confuse e di condurvi i genitori. Le negoziazioni rivelano la struttura e il funzionamento della relazione.
La promozione della lettura nell’ambito del sostegno alla genitorialità
Un intervento che avviene in un contesto in cui il genitore è stato “preparato” alla importanza della relazione con il bambino e nel quale il genitore esprime liberamente come si relaziona con il bambino consente di individualizzare le azioni e ridurre la ripetitività del messaggio.
Aver condiviso con i genitori l’importanza di entrare in empatia con il bambino, per favorirne la crescita nei suoi diversi aspetti, facilita enormemente la proposta, dai 6 mesi in poi, della introduzione del libro tra gli oggetti del bambino, quando la coordinazione occhio-mano gli consente di afferrare un libro.
Le osservazioni e le azioni che si possono mettere in atto nelle visite dei primi 24 mesi di vita del bambino possono essere sintetizzate come segue:
--- Intorno ai 6 mesi il pediatra potrebbe affrontare questi temi:
- valutare come procede lo svezzamento e parlare di alimentazione come esperienza sensoriale, non solo in termini nutrizionali;
- sostenere la madre a proseguire un consapevole allattamento al seno;
- chiedere se i genitori stimolano il bambino con parole, canzoncine e suoni. Molti genitori parlano spontaneamente con i propri figli fin dai primissimi giorni e le loro parole contribuiscono a dare forma e significato a ciò che accade. I bambini imparano ben presto a “rispondere” e i genitori devono ricorrere al proprio intuito per cercare di capire quello che il bambino vuole, al fine di tradurlo in azioni e parole adeguate;
- proporre l’inserimento del libro tra gli oggetti della vita quotidiana del bambino grazie al suo nascente interesse verso cose da afferrare e manipolare.
--- Intorno ai 9 mesi il pediatra potrebbe affrontare con i genitori il tema dell’allontanarsi dal bambino per favorirne la capacità di separazione (la mamma c’è, anche se è uscita), valutare come i genitori stimolano il bambino.
Questa azione può essere fatta osservando cosa avviene inserendo un libro nel setting del bilancio di salute e parlando della importanza che essi “leggano” al bambino, indicando le figure del libro e dando a esse un nome.
--- Tra i 12 e i 15 mesi il pediatra potrebbe:
- verificare come procede la separazione madre-bambino e la capacità del bambino di internalizzazione della madre, osservando come reagisce a una breve separazione dalla madre e chiedendo come dorme;
- affrontare la necessità del bambino di avere una figura di riferimento, importante se la mamma lavora;
- valutare la modalità di stimolazione del bambino e spiegare ai genitori che, leggendo al bambino, ne vengono favoriti lo sviluppo del linguaggio e la capacità attentiva. Il bambino presta attenzione a libri con azioni della sua vita quotidiana, accompagnate da illustrazioni che vanno indicate e nominate.
--- Tra i 18 e i 24 mesi il pediatra potrebbe:
- promuovere la lettura sottolineando che a questa età il bambino può mantenere l’attenzione a una storia semplice;
- verificare se ci sono disturbi della alimentazione e del sonno.
--- Dopo i 2 anni è opportuno continuare a verificare la modalità di stimolazione del bambino, comunicando ai genitori che il bambino, oltre ad amare i libri già conosciuti, può progressivamente essere interessato a libri con un contenuto linguistico più complesso.
I libri utilizzabili
--- Tra i 6 e 12 mesi un libro con immagini che possa attrarre il bambino. Guarda che faccia è il libro creato appositamente per questa fascia di età (Giunti editore, euro 5,90).
--- Tra i 12 e 15 mesi un libro con una storia sequenziale di azioni che il bambino conosce. Per esempio Vola uccellino (Edizioni EL, euro 3) o L’uccellino fa… (Babalibri, euro 3).
--- Tra i 18 e 30 mesi, un libro con una storia semplice per l’intervento. Per esempio Voglio la mia mamma (Giunti editore, euro 5,90).
Una buona maniera di comprendere come il genitore stimola il bambino, e se e quanto considera il libro un valido strumento per la sua crescita, è osservare cosa succede interponendolo sulla scrivania tra il pediatra e la madre con in braccio il bambino, mentre vengono registrate in cartella le informazioni inerenti al tipo di libro adatto all’età del bambino in quel momento. Solo poche osservazioni.
- Se una madre reagisce dicendo al proprio figlio “Guarda! Un libro come quelli che teniamo in casa”, si possono spendere poche parole sulla promozione della lettura, rinforzando la “buona condotta” della madre.
- Se la madre aiuta il bambino a prendere il libro, ma non lo aiuta a guardarlo, è importante capire se il genitore considera il libro non ancora adatto al bambino, o se ha difficoltà a condividere con lui anche altre azioni. Nel corso della conversazione il pediatra deve trovare il modo di comunicarle che il bambino si coinvolge in azioni, giochi, libri, se il genitore mostra di essere interessato a condividerli con lui.
- Se il bambino cerca di afferrare il libro mentre la madre resta indifferente, va dedicato più tempo a questa famiglia, perché probabilmente la qualità delle interazioni tra madre e bambino è scarsa.
A fine visita comunque è opportuno motivare alla madre la presenza di un libro davanti al bambino, mostrando anche brevemente come condividere con il bambino la lettura congiunta del libro e delle sue immagini.
Conclusioni
La promozione della lettura è di per sé un intervento di supporto alla genitorialità. La promozione della funzione genitoriale dovrebbe essere considerata tempo di cura al pari dell’informazione e delle azioni prettamente sanitarie [13].
Il supporto alla genitorialità migliora l’approccio comunicativo e relazionale pediatra-bambino-famiglia e fornisce informazioni per individuare e seguire situazioni problematiche. Sostenere la genitorialità presuppone che il pediatra sia capace di osservare la relazione madre-bambino: al di là delle predisposizioni personali, la formazione in questo ambito sembra indispensabile dovrebbe essere inserita nel curriculum dello studente in medicina.
La promozione della lettura, se svolta nell’ambito dell’osservazione delle interazioni tra genitore e bambino, aiuta il pediatra nella valutazione della relazione genitore-bambino a partire dai 6 mesi di vita. Le visite svolte dal PdF sono un osservatorio privilegiato per valutare la relazione madre-bambino e consentirgli di leggere, contenere e rispondere efficacemente ai bisogni espressi dalla famiglia.
Tutti gli operatori che svolgono azioni di promozione della lettura devono aumentare l’attenzione alla relazione genitore-bambino, evitando di ridurre il messaggio a mera prescrizione.
Bibliografia
[1] Pasquale Causa. La lettura ad alta voce: lo sviluppo delle competenze che costituiscono la capacità di leggere. «Medico e bambino», 21 (2002), n. 9, p. 611-615.
[2] National Academy of Education. Becoming a nation of readers. Washington DC: National Academy of Education, 1985.
[3] Hollis S. Scarborough – Wanda Dobrich. On the efficacy of reading to preschoolers. «Developmental review», 14 (1994), n. 3, p. 245-302.
[4] Adriana G. Bus – Marinus H. van Ijzendoorn – Anthony D. Pellegrini. Joint book reading makes for success in learning to read: a meta-analysis on intergenerational transmission of literacy. «Review of educational research», 65 (1995), n. 1, p. 1-21.
[5] Pasquale Causa – Stefania Manetti. Evidenze degli effetti della promozione della lettura nelle cure primarie. «Quaderni ACP», 10 (2003), n. 6, p. 42-46.
[6] Pasquale Causa – Chiara Barbiero. Stili di attaccamento e sviluppo della “emergent literacy”: la lettura congiunta nella relazione madre-bambino e nello sviluppo cognitivo. «Medico e bambino», 24 (2005), n. 7, p. 482-487.
[7] Adriana G. Bus – Marinus H. van Ijzendoorn. Mothers reading to their 3-years-olds: the role of mother-child attachement security in becoming literate. «Reading research quarterly», 30 (1995), p. 998-1015.
[8] Michele Gangemi – Silvana Quadrino. Il counselling in pediatria di famiglia. Milano: UTET, 2000.
[9] Daniel Stern. Mothers’ emotional needs. «Pediatrics», 102 (1998), n. 5, p. 1250-1252.
[10] Daniel N. Stern. La costellazione materna: il trattamento psicoterapeutico della coppia madre-bambino. Torino: Bollati Boringhieri, 1995.
[11] Donald W. Winnicott. I bambini e le loro madri. Milano: Cortina, 1987.
[12] Daniel N. Stern. Le prime relazioni sociali: il bambino e la madre. Roma: Armando, 1979.
[13] Michele Gangemi. La “Carta di Firenze” è un impegno dell’ACP. «Quaderni ACP», 12 (2005), n. 5, p. 185.
[14] Susanna Mantovani – Marina Picca – Marco Giussani – Federica Zanetto. L’osservazione e la valutazione della relazione madre-bambino da parte del pediatra di famiglia: proposta di uno strumento e di un percorso di formazione. In: La genitorialità nella prospettiva dell’attaccamento: linee di ricerca e nuovi servizi, a cura di Lucia Carli. Milano: Angeli, 2002.