Nel patrimonio storico del nostro paese, tutelato dall'articolo 9 della
Costituzione, sono da comprendere anche i beni librari. Non parliamo solo dei
"pezzi singoli", esemplari spesso unici, come i manoscritti gli
incunaboli, i libri antichi, le edizioni rare e di pregio ma anche delle raccolte
librarie, costituite e stratificate nel tempo e conservate in biblioteche pubbliche
e private a documentazione della storia, della cultura, della civiltà.
In particolare per i beni librari il percorso normativo è stato caratterizzato
da un processo di decentramento realizzato negli anni '70.
Nel 1972 sono state trasferite alle Regioni le funzioni amministrative degli
organi centrali e periferici dello Stato in materia di biblioteche di enti locali
insieme agli uffici -le soprintendenze bibliografiche- che avevano compiti di
sorveglianza e tutela sul territorio per quanto riguarda i patrimoni librari,
in particolare quelli appartenenti ai privati. Alle regioni fu affidato il compito
di notificare i beni singoli ( manoscritti, incunaboli, libri rari), allo Stato
il compito di notificare le raccolte.
Sottolineiamo che le Regioni dovevano esercitare le loro funzioni sulla base
di linee di indirizzo e di direttive dello Stato che non furono però
mai emanate. Si ribadiva inoltre il potere di surroga dello Stato nel caso di
"persistente inattività" da parte delle Regioni nell'esercizio
delle funzioni delegate. Lo Stato, e in questo caso il Ministero per i beni
culturali, poteva pertanto sostituirsi alla Regione inadempiente e portare a
compimento gli atti mancanti. Ma anche il potere di surroga non è stato
applicato in massima parte per le difficoltà legate alla conoscenza completa
e tempestiva delle situazioni locali.
In particolare c'è da rilevare che, tra i compiti di tutela, quelli
più delicati e di grande importanza per conoscere e conservare patrimoni
diffusi sul territorio, sono la sorveglianza sulle raccolte private e il controllo
sulle esportazioni di materiale raro e di pregio. Questi compiti non vengono
esercitati in modo uniforme dalle regioni: si va da situazioni organizzative
efficienti, a situazioni di completo disinteresse.
Nel 1977 sono state completate e messe in rilievo le ulteriori funzioni trasferite
alle Regioni concernenti il funzionamento e i servizi, ma non sono state accompagnate
dalle linee guida e di indirizzo dello Stato in ordine alla tutela.
A tal proposito va ricordato, in assenza dell'intervento dello Stato,
l'impegno recente del Coordinamento degli assessori alla cultura delle
regioni che ha promosso, a livello tecnico la compilazione e diffusione,nel
2003, di "Criteri e procedure per l'applicazione delle norme di
tutela" redatte da funzionari regionali che si occupano di tutela dei
beni librari. I criteri valgono come una guida pratica per le operazioni di
tutela:individuazione dei beni, dichiarazione di interesse culturale,restauro,
alienazione, prelazione, commercio,esportazione, mostre.
Il tema della tutela è stato ripreso nelle norme degli anni '90
sulla riforma della pubblica amministrazione, che,da una parte, hanno confermato,
tra i compiti dello Stato, la tutela del patrimonio storico artistico, ma, dall'altra,
hanno stabilito che non si tornava indietro sulle funzioni di tutela dei beni
librari, già decentrate.
E arriviamo al Codice Urbani. Poteva essere l'occasione per portare a
compimento definitivamente il processo di attribuzione dei compiti di tutela
e offrire maggiore sicurezza a chi deve concretamente operare sul territorio.
Anche questa volta invece la situazione non è chiara. Da una parte c'è
la volontà evidente di allargare le competenze delle regioni, dall'altra
altrettanto chiaramente dovrebbero essere delineati i compiti dello Stato, che
invece, nel testo attuale del Codice sono accennati nelle due sintetiche espressioni
"le potestà di indirizzo" ed il "potere sostitutivo".
La questione resta aperta su questi importanti temi e dovrà essere riproposta
alla riflessione ed al dibattito nel momento della presentazione di proposte
di modifica del Codice.