Si sono svolti il 5 e 6 maggio scorsi a Roma i primi "Stati generali delle associazioni professionali", organizzati dal Colap (Coordinamento delle libere associazioni professionali) per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica, delle forze politiche e sociali e del mondo economico sul problema del riconoscimento delle professioni non regolamentate da normative, ordini e albi istituiti per legge.
L'obiettivo principale è l'applicazione di diverse direttive europee che ridefiniscono, in regime di libera concorrenza e libero -scambio di persone e servizi, l'ordinamento delle professioni. Si tratta in pratica di passare dal rigido sistema degli ordini professionali (che la Costituzione peraltro riserva a un limitato numero di professioni di rilevante interesse pubblico, implicate nella difesa di diritti generali come la salute, la difesa processuale, la fede pubblica ecc.) a un più elastico sistema in cui l'esercizio delle professioni è libero, e la certificazione di competenza e professionalità può essere fornita da associazioni che rispondano a criteri di serietà, qualità, democraticità sanciti dalla legge. In sostanza: la legge non deve più fissare tipo, numero e modalità di accesso delle professioni e delle loro rappresentanze (ordini e collegi), ma deve fissare i requisiti minimi per il riconoscimento delle associazioni, e quelli con i quali esse possono certificare la professionalità dei loro associati. Tutto ciò in un regime non più di esclusività (cioè un solo ordine esclusivo per ogni professione) ma in libertà e concorrenza di soggetti tra i quali saranno i clienti o utenti a scegliere.
Gli Stati Generali hanno fatto registrare un ottimo successo di partecipazione, sia del pubblico (oltre 2000 partecipanti in rappresentanza di circa 140 associazioni professionali), sia delle autorità politiche (più di opposizione che di maggioranza, per la verità, anche se è intervenuto il Ministro della Giustizia Castelli), sindacali, imprenditoriali e sociali.
L'AIB che da tempo aderisce al Colap ha fatto la sua parte: Piera Colarusso (Osservatorio Lavoro) ha partecipato al comitato organizzatore, Claudio Gamba (CEN Divisione Professione e Lavoro) è intervenuto nella sessione inaugurale anche a nome di altre associazioni di area culturale e informativa. Un buon numero di soci ha partecipato almeno a una parte dei lavori, il CEN si è ritrovato quasi al completo, Segreteria e Ufficio stampa hanno curato la visibilità dell'associazione allestendo anche un punto informativo.
Nella seconda giornata di lavori inoltre l'AIB ha organizzato una tavola rotonda dal titolo "(Ri)conosciamoci: le associazioni della cultura insieme per la tutela e il riconoscimento professionale", con introduzione di Giovanni Solimine e interventi di Miriam Scarabò per l'AIB e di rappresentanti di altre associazioni "di area" (AIDA, BDS, Anastar, "Articolo 9", Anacons).
A margine dell'evento si è tenuta anche una prima riunione informale del gruppo di soci interessati alle problematiche dei bibliotecari inquadrati con contratti "atipici", in vista della costituzione di uno stabile gruppo di lavoro su questo tema all'interno della Divisione Professione e Lavoro.
Quali i risultati, in generale, di questi Stati Generali? Indubbiamente il buon successo partecipativo fa ben sperare che il percorso legislativo di regolamentazione delle libere professioni, fermo da due legislature (ricordiamo che alcune delle direttive europee attendono piena applicazione da oltre 10 anni) possa celermente riprendere. Forse è prematuro sperare in una riforma complessiva del sistema delle professioni in Italia, con pieno riconoscimento di un sistema duale (ordini e associazioni), anche perché le forti lobby legate alle professioni tradizionali non hanno interesse alla liberalizzazione del mercato dei servizi professionali. Ma è possibile che in tempi non troppo lunghi si sblocchi almeno l'applicazione della direttiva che consente alle associazioni professionali il rilascio di "attestati di competenza", quindi un primo passo verso il sistema dell'accreditamento e della certificazione superando quello della "autorizzazione" all'esercizio professionale.
Quali i risultati degli Stati Generali per noi bibliotecari? È cresciuto anzitutto il riconoscimento nei confronti dell'associazione, che va accreditandosi come capofila di un vasto gruppo di professionisti della cultura e dell'informazione che si pongono l'obiettivo di creare una area specifica all'interno del Colap, in modo da rappresentare più precisamente i loro interessi (per certi aspetti molto diversi da altri, anche per l'alta percentuale di dipendenti, per la diversificazione di percorsi formativi, per i valori sociali che i nostri servizi contengono).
È importante che abbandonato giustamente il modello non più proponibile di un "ordine dei bibliotecari" l'AIB abbia riconosciuto che solo l'alleanza con un grande gruppo di associazioni professionali, pur diversissime tra loro, può essere la via vincente per il riconoscimento, anche in prospettiva europea.
Inoltre, il modello organizzativo di associazione che è stato presentato in una delle sessioni degli Stati Generali, come struttura in grado di ottemperare ai prevedibili requisiti che la legge fisserà, non trova l'AIB impreparata. Infatti molti dei nostri organi associativi (assemblea, CEN, segretario nazionale, probiviri) sono già simili a quelli ipotizzati, anche se a volte con nomenclature un po' diverse. L'Albo professionale dei bibliotecari inoltre può rappresentare il primo nucleo di un "registro dei professionisti certificati", anche se dovranno essere ripensate forme di periodico accertamento della professionalità e iniziative di formazione ricorrente. L'associazione infine può validamente proporsi come ente di certificazione di attività formative prodotte da imprese pubbliche e private. Unico punto su cui si dovranno ipotizzare forme di intervento è quello della tutela dei clienti-utenti, che l'insieme delle associazioni professionali italiane ritiene fondamentale come garanzia sia dei servizi forniti ai consumatori, che della serietà dell'associazione stessa; si dovrebbero prevedere anche organi di amichevole arbitrato nei casi di controversie sulla fornitura di servizi (il che potrebbe essere di qualche interesse visto lo sviluppo di servizi esternalizzati anche nel nostro settore). Alla fine, il bibliotecario così "certificato" dovrebbe essere un professionista più riconosciuto e garantito in ogni ambito, sia in quello del lavoro dipendente, che nei servizi privatizzati, che nella libera professione e nelle attività formative.
Certo, il condizionale è d'obbligo viste le tante delusioni e attese. Occorre però anche considerare che sulla scorta della riforma del titolo V della Costituzione (che ha reso le professioni materia di legislazione concorrente tra stato e regioni) alcune regioni stanno prendendo iniziative di legge per riconoscere le professioni (come il Friuli Venezia Giulia e la Toscana) o costituire almeno consulte tra ordini e associazioni (come la Lombardia). Si tratta di iniziative che in qualche modo vogliono anticipare i tempi troppo lunghi della legislazione nazionale, e che non potranno comunque prescindere da una regolamentazione unitaria quando essa arriverà. In ogni caso dovremo tener presenti anche le possibilità offerte da queste leggi regionali.
Politici di maggioranza e opposizione hanno assicurato agli Stati Generali impegno e iniziativa parlamentare: si sa, in tempi di campagna elettorale è facile promettere . Tuttavia è indubbio che questo evento ha creato un forte momento di attenzione. Così come è altrettanto fuori dubbio che, al di là delle resistenze e delle lungaggini, il "modello europeo" delle libere professioni, basato sulla certificazione e non sull'autorizzazione, è destinato a prevalere anche in Italia. E' importante che le molte professioni nuove o vecchie, prive in Italia di regolamentazioni, arrivino preparate a questo appuntamento. E' impegno dell'AIB vigilare perché anche i bibliotecari siano partecipi, e anzi protagonisti, di questo processo.