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Professioni intellettuali, riforme, competitività: in cammino verso un faticoso rinnovamento legislativo.
Il punto della situazione, aprile 2005.

Il cammino verso il riconoscimento delle professioni (la nostra di bibliotecari, e molte altre professioni intellettuali, vecchie e nuove) procede, con qualche passo avanti ma purtroppo ancora con molte incertezze ed incognite.

Dopo le promesse di politici di maggioranza e opposizione, presi in occasione degli "Stati generali delle associazioni professionali" (maggio 2004), la ripresa del dibattito politico all'inizio di quest'anno, con l'impegno del Ministro della Giustizia Castelli e del sottosegretario Vietti, aveva fatto sperare che i vari disegni di legge fermi in Parlamento sarebbero stati finalmente perfezionati in breve tempo. A questo proposito erano anche stati consultati Ordini e Associazioni professionali, per arrivare in modo condiviso e accettabile da tutti (anche da parte dell'opposizione politica) a una riforma organica e complessiva della materia.

Poi, un'accelerazione inattesa e improvvisa è intervenuta con il DL n. 35 dell'11 marzo scorso, il cosiddetto "decreto sulla competitività" (Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano d'azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale). Infatti, a fianco di provvedimenti in tema di economia, finanza e aziende, in questo provvedimento "omnibus" sono entrate varie norme di altro tipo, e tra queste anche alcuni "pezzi" della riforma delle professioni. I commi 5, 6, 7 e 8 dell'art. 2 riguardano, in particolare: l'obbligo di iscrizione agli albi anche per i professionisti dipendenti, la composizione delle commissioni per gli esami di abilitazione, l'istituzione di nuovi ordini, il riconoscimento delle associazioni professionali.
Quest'ultimo punto sembrava avere (soprattutto per un'associazione come la nostra) particolare valore e ha destato non poche legittime aspettative.

Qualche perplessità ha però destato fin dal primo momento (soprattutto nelle opposizioni politiche, ma sembra anche alla Presidenza della Repubblica) la scelta di legiferare per decreto (quindi, costituzionalmente, con carattere di urgenza e indifferibilità) su una materia così complessa, ampia e in discussione da anni.
Ma, oltre al metodo, purtroppo, una successiva attenta analisi del merito ha suscitato altre e forse anche più gravi contrarietà, portando le associazioni aderenti al Coordinamento delle Libere Associazioni Professionali (tra cui l'AIB all'unanime conclusione che questa "mini-riforma" assomiglia un po' a una "mela avvelenata", in apparenza attraente e utile, ma nella sostanza pericolosa per le "nuove" professioni. Cerchiamo di vedere il perché.
Il primo comma (che prevede l'obbligo di iscrizione agli albi) appare piuttosto anomalo in un provvedimento dedicato alla competitività, poiché provoca in realtà nuovi vincoli e rigidità.
Il secondo comma consente che non più della metà dei membri delle commissioni per gli esami di Stato provengano dagli ordini, ma in realtà (lasciando ad essi la presidenza) non garantisce una reale pluralità e pubblicità di giudizio.
Il terzo comma dovrebbe limitare l'istituzione di nuovi ordini, ma in realtà per la sua formulazione ambigua ha già avuto autorevoli interpretazioni addirittura opposte. Prevede infatti nuovi ordini solo per la tutela di interessi costituzionalmente rilevanti (che in oltre 50 anni di storia costituzionale repubblicana dovrebbero essere stati ormai censiti e tutelati) o per evitare danni sociali conseguenti a prestazioni inadeguate. Un'interpretazione estensiva potrebbe rilevare interessi costituzionali o pericoli di inadeguatezza praticamente in tutti i settori professionali, aprendo la strada a nuovi ordini; c'è quindi il serio rischio che ogni gruppo professionale (s'intende, ben dotato di appoggi politici ed economici) si faccia avanti per formare un nuovo ordine, in un paese che già detiene il record mondiale per i vincoli all'esercizio professionale.
Infine il quarto comma, quello sul riconoscimento delle associazioni, il più importante per noi bibliotecari. Le criticità di questo punto sono sostanzialmente due: la prima è relativa al fatto che non possono essere riconosciute quelle associazioni che svolgono attività "tipiche" degli ordini professionali: si noti l'aggettivo "tipiche", ben diverso da "riservate", che sono poche e bene definite attività che la legge già assegna agli ordini stessi. In pratica, migliaia di professionisti potrebbero essere considerati improvvisamente "fuori legge". La nostra categoria, pur non soffrendo direttamente di queste "sovrapposizioni", sarebbe comunque penalizzata dal secondo punto critico, relativo al fatto che il comma demanda genericamente "alla legge" (di cui non prevede però modalità e scadenze temporali) i criteri per il riconoscimento. Di fatto quindi (e per chissà quanto tempo) nessuna associazione può venire riconosciuta.

Di fronte a queste criticità il CoLAP ha già preso posizione, con un comunicato stampa e una lettera inviata alle forze politiche, in cui si richiedono alcuni emendamenti in sede di conversione del decreto. Il coordinatore del CoLAP Giuseppe Lupoi inoltre ha inviato una lettera aperta (ripresa dalla stampa il 12 aprile) al Presidente del Consiglio, in cui si ricordano i programmi del suo governo in materia di professioni: programmi non solo disattesi, ma addirittura contraddetti da provvedimenti normativi orientati ad una ulteriore chiusura del mercato professionale.

Anche l'AIB ha manifestato la sua preoccupazione, soprattutto per la mancanza di criteri certi per il riconoscimento giuridico delle associazioni, in una lettera inviata al coordinatore nazionale del CoLAP.
Ora -- e in una fase politica ancora più segnata dall'incertezza per la crisi di governo, che nonostante la rapida soluzione impone ovviamente i dovuti passaggi parlamentari -- la parola è passata agli emendamenti, che la Commissione Bilancio del Senato ha iniziato a discutere il 13 aprile. In particolare le associazioni hanno richiesto -- per il comma dedicato al riconoscimento -- due modifiche sostanziali: prima di tutto, la precisazione che le associazioni riconoscibili non devono svolgere attività "riservate" (e non "tipiche"); in secondo luogo, che entro 12 mesi vengano fissati per legge i criteri di riconoscimento giuridico, in base a questi principi:

  1. non sovrapposizione con attività riservate agli ordini;
  2. possesso di alcuni requisiti statutari (evidenza allo sviluppo della professionalità, democrazia interna, esclusione di fini di lucro, determinazione dell'ambito professionale, codice deontologico, obbligo di assicurazione per la responsabilità professionale);
  3. verifica (iniziale e periodica) del possesso di competenze dei propri iscritti, del loro aggiornamento, del rispetto del codice deontologico;
  4. possibilità di rilascio di attestati riconosciuti di competenza professionale (con durata determinata);
  5. iscrizione automatica iniziale per le associazioni censite dal CNEL (l'AIB è tra queste) salvo eventuale regolarizzazione dei requisiti entro tre anni;
  6. delega al governo per la costituzione di uno o più enti previdenziali per i professionisti associati (non già coperti da forme previdenziali).

La prima richiesta è stata approvata all'unanimità in Commissione, segnale importante di apertura al mondo delle professioni, anche se per il nostro settore meno decisiva. Occorrerà valutare se nel seguito del lavoro in commissione e soprattutto nel dibattito in aula queste aperture potranno trovare conferma e ampliamento anche per le modifiche ancora in attesa di accoglimento.

L'AIB si augura che prevalga in tutte le forze politiche la considerazione dell'importanza di dotare il nostro paese di una riforma delle professioni seria, complessiva, adeguata alle raccomandazioni europee e al moderno mercato dei servizi.
In quest'ottica (in collaborazione con le altre associazioni iscritte al CoLAP) si impegna a far valere questa posizione -- soprattutto per le specificità delle professioni culturali -- in ogni ambito associativo, istituzionale, sociale e pubblico.
Il riconoscimento della nostra professione, assieme ad altre azioni a tutela e sviluppo della professionalità del bibliotecario - dall'intervento nei casi più gravi di "cattive pratiche", al presidio dei diversi comparti di contrattazione collettiva, alla certificazione della competenza e della formazione -- in qualsiasi contesto organizzativo e in qualsiasi profilo contrattuale egli si trovi ad operare, si conferma come una delle priorità dell'AIB e dei suoi organismi dirigenti recentemente rinnovati.

Claudio Gamba
Comitato Esecutivo Nazionale AIB

 


Copyright AIB 2005-05, ultimo aggiornamento 2005-05-05 a cura di Andrea Marchitelli
URL: http://www.aib.it/aib/cen/colap0504.htm


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