«Bibliotime», anno V, numero 2 (luglio 2002)

Precedente Home Successiva



Serafina Spinelli

Al centro di FRBR: l'utente *



Fra gli obbiettivi del proprio lavoro, il gruppo di studio responsabile dell'elaborazione del rapporto FRBR [1] si è esplicitamente posto quello di una "rifondazione" su basi teoriche (che prescinda quindi dalle prescrizioni dei codici catalografici correnti) della definizione delle funzioni primarie richieste alle informazioni bibliografiche da parte dei loro possibili utilizzatori.

Se assumiamo come ottica interpretativa tale dichiarato obbiettivo di mettere "l'utente al proprio centro" possiamo effettivamente rimarcare una serie di scelte qualificanti di FRBR rispetto a precedenti approcci:

  • l'adozione come punto di partenza per lo sviluppo dell'analisi delle funzioni svolte dalla registrazione bibliografica rispetto alle necessità dell'utente, da cui la particolare focalizzazione sui requisiti atti a consentire agli utenti del catalogo di compiere efficacemente tutte le operazioni implicate nella ricerca bibliografica;
  • l'apertura della gamma dei possibili interlocutori a qualsiasi tipo di utente del record bibliografico (il bibliotecario, l'editore, lo studioso, il commerciante, e così via), sia professionale che "finale";
  • la scelta della metodologia entità-relazione per la rappresentazione formalizzata dell'universo bibliografico e la connessione fra dati bibliografici e necessità degli utenti;
  • la piena accettazione del radicale cambiamento di prospettiva indotto dall'affermazione dei cataloghi online (si confronti quanto sono circostanziati gli scopi dei cataloghi nei "Principi di Parigi" rispetto alla onnicomprensività delle funzioni utente di FRBR);
  • di conseguenza, il riconoscimento della necessità di affrancare gli opac, sempre più "derivati" e "collettivi", dal ruolo di mere "liste di reperimento" di oggetti fisici, di valorizzare la loro capacità di essere portatori del controllo bibliografico e non solo della normalizzazione catalografica.
  • L'analisi di ciò che gli utenti richiedono nel momento in cui intendono interloquire con l'universo bibliografico attraverso l'indagine delle sue rappresentazioni, dei loro obbiettivi in termini di processo di recupero dell'informazione, porta dunque gli estensori di FRBR all'identificazione delle seguenti azioni:

  • trovare: cioè reperire i materiali che corrispondano a determinati criteri (tutto ciò che riguarda un certo soggetto, che è edito in un certo anno, di cui è autore un certo ente, ecc.)
  • identificare: cioè verificare l'identità di un'entità, distinguerla da altre che hanno con essa caratteristiche in comune
  • selezionare: cioè scegliere, fra le altre, l'entità che ha le caratteristiche desiderate, per esempio una certa lingua del testo
  • ottenere: cioè accedere all'entità, ad esempio ottenere una copia in prestito.
  • L'analisi dell'universo bibliografico e l'individuazione delle funzioni utente è stata condotta dal gruppo di lavoro FRBR con l'ausilio della metodologia "entità-relazione" (entity-relationship), uno strumento per la "schematizzazione concettuale" della porzione di realtà che si intende rappresentare all'interno di un qualsiasi "sistema informativo". Scopo dell'analisi è ottenere una rappresentazione formalizzata e convenzionale delle conoscenze relative a fenomeni o oggetti rilevanti di questa realtà, secondo uno schema concettuale costituito, appunto, da tre categorie:

    1) le entità, cioè le cose che si vogliono rappresentare, che costituiscono gli oggetti d'interesse della realtà da rappresentare. Nel caso specifico sono le entità che costituiscono l'universo bibliografico, classificate da FRBR in 3 gruppi (1: opera, espressione, manifestazione, esemplare; 2: persone, enti; 3: concetti, oggetti, eventi, luoghi);

    2) le proprietà: sone le cose che servono a descrivere le entità, le loro caratteristiche;

    3) le relazioni: sono i legami, le associazioni fra entità. Ad esempio, fra le entità dei gruppi 2 e 3 e quelle del gruppo 1 si possono creare le relazioni "creatore", "distributore", "produttore", "soggetto". Il modello sviluppa in particolare le entità e le relazioni interne al gruppo 1: l'opera è realizzata dall'espressione, l'espressione è materializzata dalla manifestazione, la manifestazione è rappresentata dall'esemplare.

    La metodologia entity-relationship, nata nell'ambito delle scienze dell'informazione come strumento di analisi preliminare all'esigenza di rappresentare in un database informatico una certa porzione di realtà, risponde alla necessità di fornire una rappresentazione sintetica ma significativa degli oggetti d'interesse, delle loro caratteristiche e reciproche relazioni, secondo il principio di non duplicare l'informazione ma di registrare ogni dato una sola volta e richiamarlo con "puntatori" nei diversi contesti: consente perciò di "economizzare" nella rappresentazione senza perdere o eliminare informazione.

    Se possiamo dunque considerare il rapporto FRBR non tanto una reinterpretazione ex novo dell'universo bibliografico quanto una sua migliore e più chiara rappresentazione, tale "appropriatezza" di rappresentazione, oltre a consentire una economia di organizzazione dei dati, di gestione, di stoccaggio, deve essere anche rispecchiata nello strumento che funge da interfaccia verso l'insieme degli utenti, cioè il catalogo, o meglio il catalogo informatizzato, l'opac.

    Si potrebbe dire che, nel corso del tempo, ci sia stata una sorta di "consustanzialità" fra i cataloghi e ciò che rappresentavano (sul piano del supporto, ma anche in qualche modo, e per conseguenza, sul piano dell'organizzazione concettuale: su rotolo, a libro, a schede, su microfiches, informatizzati), anzi, forse meglio, un "vincolo" tale per cui possiamo - sempre figuratamente - dire che essi (i cataloghi) non potevano allungare più di tanto il passo rispetto ai propri oggetti di riferimento. Il catalogo dunque non può "fuggire troppo in avanti", anche se ad ogni passaggio (dal catalogo a libro a quello a schede, da quello cartaceo a quello automatizzato) aumenta il "grado di libertà" delle rappresentazioni rispetto agli oggetti rappresentati. Ogni upgrade del catalogo corrisponde tendenzialmente ad un aumento dimensionale dell'universo di riferimento, non più padroneggiabile con lo strumento precedente, anche se a volte è difficile capire se è stato il mondo degli oggetti bibliografici ad influenzare il catalogo o viceversa. Sta di fatto però che non sempre, come giustamente ha notato Petrucciani, l'aumento di libertà corrisponde ad una miglior rappresentazione dell'universo bibliografico, e dunque ad una sua più efficace utilizzazione: la progressiva destrutturazione della notizia bibliografica, nel passaggio da volume a scheda e da scheda a record, realizzata per consentirne una maggior maneggevolezza, non sempre è stata compensata dalla implementazione di uno strato di "ricostruzione" dei diversi significati veicolati dall'oggetto documentario, significati che la nostra "cultura catalografica" deve invece sempre avere ben presenti.

    Anche i più recenti fra i nostri codici catalografici soffrono della tensione fra due obbiettivi potenzialmente contraddittori, quello di rappresentare l'opera, la creazione intellettuale, e quello di descriverne una concreta realizzazione editoriale, a partire da un preciso oggetto fisico.

    La difficile convivenza nei cataloghi cartacei di entità di riferimento diverse, di cui la teoria biblioteconomica era ben consapevole, poteva essere risolta col passaggio al supporto elettronico in una fase ben più precoce di quella attuale, adottando quelle tecniche di scomposizione "fisica" e ricomposizione "virtuale" che i database a struttura relazionale con l'articolazione in tabelle, i loro legami, e le loro intersezioni, già da decenni consentono.

    Che i motivi del parziale fallimento concettuale di questa prima transizione siano da attribuirsi ad una sorta di "vischiosità del cartaceo", alla trasposizione nell'applicativo informatico non dell'universo bibliografico ma della sua rappresentazione già filtrata dai codici di catalogazione in uso, o piuttosto alla mancata integrazione di competenze informatiche e catalografiche dovuta al difetto di comunicazione fra le due professionalità, sta di fatto che ciò che ne è risultato è stata una "banalizzazione informatica" della complessità catalografica che per anni ha costituito un fardello sia per i software gestionali sia - ed in maniera ancora più evidente - per i cataloghi online, per gli opac.

    A questo tipo di banalizzazione possiamo probabilmente ricondurre i principali problemi di funzionalità e di efficacia e la sostanziale inadeguatezza della maggior parte degli opac attualmente esistenti (e, bisogna ammettere, di quelli italiani in particolare) a rappresentare tanto la complessità dell'universo bibliografico quanto quella, pur molto minore, dei "vecchi" cataloghi cartacei (per intenderci, la struttura sindetica), nella errata convinzione che la "forza bruta" elaborativa e gli eventuali meccanismi di controllo automatico possano sostituire adeguatamente la costruzione di un'impalcatura di controllo bibliografico.

    Le grandi potenzialità di un modello FRBR ben implementato negli opac sono a mio parere non tanto nella teorica possibilità da parte dell'utente di accedere a partire dai vari tipi delle entità rappresentate e ricercabili, poiché non sarebbe né sensato né produttivo pretendere dall'utente la conoscenza del modello e della sua terminologia, bensì nella possibilità da una parte di ricevere sempre la risposta del livello e della granularità appropriate, dall'altro di navigare la rete delle relazioni per cambiare di livello o di granularità nelle direzioni desiderate, disponendo sempre della massima informazione sui propri movimenti.

    Per intenderci, se i dati utilizzati dall'utente (per esempio un cognome di autore e alcune parole di un titolo) saranno sufficientemente generici da individuare un'espressione, la risposta dell'opac si attesterà al livello della corrispondente entità, e contestualmente visualizzerà i legami, percorribili, da una parte con l'autore in quanto entità, dall'altra con tutte le "manifestazioni" di quell'espressione (possibilmente definendole con un termine o con una locuzione più perspicua e magari anche propositiva, come ad esempio "Vuoi visualizzare tutte le edizioni/la più recente edizione disponibile di questo testo?", oppure "Vuoi visualizzare altre opere di questo autore?"). Se invece l'utente avrà utilizzato come parametri di ricerca anche dati che individuano una ben precisa "manifestazione" (ad esempio una data e un editore), l'opac si posizionerà su quel tipo di entità, ma sempre proponendo le possibilità di navigazione verso quelle collegate ("Vuoi visualizzare anche le altre edizioni di questo testo?", oppure " Vuoi visualizzare tutte le copie di questo documento possedute dalle biblioteche?", ecc.).

    Certo, la predisposizione di opac che da una parte implementino il modello, dall'altra lo rendano efficacemente ed in tutte le sue potenzialità sfruttabile dall'utente, anche quello meno smaliziato, non sarà impresa da poco, ma anche su questo c'è chi sta cominciando a lavorare: gli opac della Bradford University Library e di AustLit ne sono un esempio.

    Un valido aiuto speriamo possa arrivare anche dalla nuova edizione delle Guidelines for OPAC displays, edite in prima edizione dall'IFLA nel 1998, la cui nuova bozza è prevista in rilascio per l'anno corrente, che come CNUR abbiamo intenzione di tradurre in italiano e mettere a disposizione della comunità professionale italiana.

    Oggetto delle linee guida è la visualizzazione delle informazioni catalografiche da parte di qualsiasi tipo di opac, in risposta ai principali tipi di ricerca degli utenti. Il loro scopo è quello di fornire una serie di principi e di raccomandazioni affinché i formati di visualizzazione predefiniti, destinati all'utente non particolarmente esperto, abbiano una serie di requisiti di base, considerati irrinunciabili. Ciò anche allo scopo di ottenere una certa uniformità di presentazione dei dati, nonostante la diversità degli opac.

    In questa prima edizione (che abbiamo ampiamente discussa nel corso di un'apposita sessione nel corso del seminario AIB-WEB-4: OPAC: punto e a CAPO. Quali cataloghi per il recupero delle informazioni bibliografiche in linea, tenutosi ad "AIB2001" il 3 ottobre scorso, con Maurizio di Girolamo e Claudio Gnoli), le Guidelines propongono, anche rifacendosi agli oggetti di possibile ricerca nel catalogo così come vengono definiti dai principi di Parigi (una particolare opera, le opere di un particolare autore, le edizioni di una particolare opera), un'articolazione in 4 tipi principali di obbiettivi di ricerca che possono necessitare di differenti tipi di visualizzazione:

    1. le opere di un determinato autore
    2. una determinata opera
    3. le opere su di un determinato argomento o in una particolare forma o genere
    4. le opere che condividono un determinato approccio disciplinare.

    Quindi identificano 4 metodi o tecniche di ricerca come quelli da rendere sempre disponibili negli opac:

    1. per parole nell'intestazione [autore o titolo]
    2. per inizio esatto dell'intestazione [autore o titolo]
    3. per sequenza esatta di parole nell'intestazione [autore o titolo] o in altri campi
    4. per parole in tutto il record o in suoi gruppi di campi (es. in tutti i campi titolo; in tutti i campi che contengono termini di soggetto),

    e propongono come visualizzazione di default dei risultati di ognuno di questi 4 metodi:

    1. una lista di intestazioni nei casi 1. e 2.
    2. una lista di intestazioni oppure i record rispondenti al criterio di ricerca, a seconda dei casi, nel caso 3.
    3. i record rispondenti nel caso 4.

    Poste queste premesse, in seguito le linee guida enunciano ben 30 principi ed un ancor più alto numero di raccomandazioni, alcune delle quali più volte ripetute anche a causa di un impianto e di una griglia espositiva (per oggetti di ricerca e per metodi di ricerca) che crea un notevole tasso di ridondanza.

    Per quanto nelle linee guida si intravvedano numerosi segnali di "avanzamento" nella visione del catalogo online, fra cui possiamo citare il fatto che insistano molto

    si tratta a mio parere di un approccio ancora troppo frammentato al problema della visualizzazione dei risultati di una ricerca bibliografica.

    Il problema di una chiara, efficace e sintetica presentazione dei risultati di una ricerca potrebbe risultare estremamente semplificato se si adottasse una soluzione maggiormente orientata alla rappresentazione delle entità: in prima istanza dell'entità di più alto livello possibile individuabile dai parametri di ricerca dell'utente. Non c'è dubbio infatti che nella maggior parte dei casi l'utente è interessato al reperimento di un documento in quanto oggetto portatore del testo o del messaggio informazionale di un'opera, e non in quanto oggetto fisico o editoriale. Anche rispetto a questa esigenza spesso gli opac italiani, con le loro interfacce complesse e le loro form d'interrogazione ricche di campi, possono risultare fuorvianti, inducendo l'utente in preda alla tipica "sindrome del modulo da riempire" a compilare troppi campi e ad ottenere una risposta nulla. Non a caso invece la maggior parte degli opac di ambito angloamericano propone come maschera d'interrogazione di default una form costituita da due/tre campi (tipicamente autore e titolo, talvolta anche soggetto).

    Una risposta orientata alla rappresentazione delle entità e delle relazioni fra entità, oltre a consentire una maggior standardizzazione dei formati di visualizzazione dei dati, dovrebbe rendere più facilmente interpretabile dall'utente il risultato della sua ricerca, le sue possibili espansioni, e i percorsi che gli è consentito o suggerito seguire a partire dal risultato che ha ottenuto: in sostanza, configurerebbe il catalogo non solo come una rappresentazione in scala ridotta dell'universo documentario, ma anche come una mappa per percorrerlo più agevolmente, con strade ben tracciate e segnali che indichino dove si trova e verso dove può andare.

    E' inutile nascondersi che l'implementazione di tali opac richiede che a monte vi siano cataloghi ben diversi da quelli attuali: non a caso c'è chi parla di una vera e propria filologia dell'universo bibliografico, di una stemmatica delle entità documentali, oltre che della necessità di gestire separatamente il controllo delle entità bibliografiche un po' come nella catalogazione semantica si teorizza la separazione del piano del controllo semantico dal piano della costruzione delle stringhe. Il rischio più concreto a cui andiamo incontro è che l'operazione di "mappatura" delle entità bibliografiche, come del resto accade con l'altrettanto complessa "mappatura" delle conoscenze nell'ambito dell'indicizzazione, sia talmente onerosa da risultare impossibile. Ma in questo caso abbiamo forse qualche freccia in più al nostro arco: il ruolo che potrebbero giocare da una parte gli esperti di particolari segmenti di "letteratura", dall'altra le agenzie bibliografiche nazionali, ed infine, ma forse l'elemento più importante, le possibilità di standardizzazione e di scambio di dati al di là delle barriere linguistiche o geografiche, che farebbero dei cataloghi nati da FRBR cataloghi autenticamente "universali".

    Serafina Spinelli - Coordinatrice CNUR-AIB, e-mail: spinelli@aib.it


    Note

    * Questo articolo riprende il testo della relazione tenuta in occasione del Seminario "La teoria catalografica alla ricerca di nuovi requisiti funzionali: il modello FRBR", Modena, 14 dicembre 2001.

    [1] La versione originale del "Rapporto FRBR" è disponibile all'indirizzo <http://www.ifla.org/VII/s13/frbr/frbr.pdf>; della traduzione italiana (International Federation of Library Associations and Institutions. Requisiti funzionali per record bibliografici: rapporto conclusivo, edizione italiana a cura dell'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche. Roma, ICCU, 2000), disponibile esclusivamente in formato cartaceo, si veda anche la recensione di Carlo Ghilli sul "Bollettino AIB", 39 (2000), n. 2, p. 259-261, disponibile anche online all'indirizzo <https://www.aib.it/aib/boll/2000/00-2-259.htm>.

    Per una introduzione a FRBR si vedano soprattutto:

    Per una disamina degli aspetti teorici si vedano anche i seguenti contributi:




    «Bibliotime», anno V, numero 2 (luglio 2002)

    Precedente Home Successiva


    URL: http://www.spbo.unibo.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-v-2/spinelli.htm