L’Associazione Italiana Biblioteche intende fornire un contributo alla discussione in corso sulla riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Pur occupandosi di tutela della professione bibliotecaria, la posizione dell’AIB non intende essere corporativa o miope, ma vuole segnalare i problemi che questa riforma comporta al settore bibliotecario.
In primo luogo, l’AIB prende atto dei drastici tagli ai dirigenti nel settore delle biblioteche del Ministero, senza peraltro averne compreso i criteri. Per non dilungarci non entriamo nel merito delle singole scelte, che paiono poco coerenti, e talvolta contrastanti, con i principi della riforma varata l’estate scorsa. Rileviamo tuttavia che le riduzioni previste risultano decisamente più consistenti rispetto a tutti gli altri settori, passando dagli attuali 20 dirigenti di II fascia ai 9 previsti dalla riforma. Pur non essendoci appassionati al toto-dirigenti, sottolineiamo la situazione dei colleghi che ad oggi ricoprono posizioni dirigenziali e rischiano di essere ricollocati in ruoli inidonei alla loro professionalità.
In secondo luogo, constatiamo che il sacrificio imposto alle biblioteche è andato a vantaggio delle nuove dirigenze dei musei, delineando un assetto gestionale in cui le biblioteche potrebbero trovarsi, per motivazioni storiche ma anche socio – culturali, malamente inserite in un sistema in cui i musei, o i poli museali, assumono la funzione di struttura di riferimento per tutti gli istituti culturali.
Il legame organico con il territorio, su cui fa perno la nuova architettura, vede questo importante ruolo affidato alle Soprintendenze e ai Musei, ma pare non tener conto di due fattori. Il primo riguarda l’affidamento, ormai da alcuni decenni, delle Soprintendenze per i Beni Librari alle Regioni. Il secondo fattore pare ignorare l’esistenza dei Poli bibliotecari – a cui concorrono biblioteche statali, di ente locale, delle università e private – perlopiù coordinati dalle biblioteche statali o dalle moribonde province. Vale la pena ricordare che i sistemi bibliotecari territoriali ben funzionanti, soprattutto nel nord Italia ma non solo, servono un bacino di utenza di decine di milioni di cittadini e registrano performance ai più alti livelli europei.
Occorre ancora una volta sottolineare che le biblioteche italiane, anche quelle statali e storiche, non sono dei contenitori di cimeli del passato. Le biblioteche statali, oltre ad essere istituti di conservazione, all’interno della loro mission specifica hanno il compito di documentare, anche il presente – fondi per gli acquisti e desertificazione delle competenze permettendo. Per quanto riguarda le biblioteche delle università e della ricerca, non vediamo quale legame possano avere con i musei, mentre quelle di ente locale sono diventate anche, e a volte soprattutto, un elemento fondamentale del sistema dell’informazione e del welfare.
L’impressione complessiva di questa riforma è quella che i beni culturali servono al turismo e all’indotto, per cui i beni librari diventano immediatamente marginali e inutilmente ingombranti, mentre in altri paesi sono considerati una risorsa per la crescita.
Dal nostro punto di vista ben venga una seria riorganizzazione del Ministero e dell’intero sistema dei beni culturali, che preveda il riposizionamento del ruolo delle biblioteche – che non sono più quelle di 40 anni fa – nessuna esclusa. Nell’immediato poniamo con forza la questione del sostegno alle strutture bibliotecarie che funzionano. Per quanto riguarda i sistemi bibliotecari territoriali e le biblioteche orfane delle province, richiediamo un impegno nella ricerca di una soluzione efficace, alla quale siamo ovviamente disponibili a collaborare. Non è superfluo ricordare che le biblioteche, nel loro insieme, concorrono a favorire la formazione e la ricerca, a disseminare la cultura e l’informazione, formando cittadini consapevoli e protagonisti della ripresa economica e sociale che tutti auspichiamo.
Enrica Manenti
Presidente AIB
Roma, 25 novembre 2014