Pubblico Dominio. Istruzioni per l’uso – Frequently Asked Questions

Pubblico Dominio. Istruzioni per l’uso

Frequently Asked Questions

Il presente documento, in aggiornamento continuo, è frutto di un lavoro comune tra il Gruppo di studio Open Access e Pubblico Dominio (GOAPD) e l’Osservatorio legislativo dell’Associazione Italiana Biblioteche.

Come potremmo definire il pubblico dominio?

Pubblico dominio significa alla lettera che appartiene a tutti. Il nostro ordinamento non definisce il pubblico dominio, tuttavia, generalmente si intende per “pubblico dominio” “lo status di quei beni, informazioni o contenuti che […], sono o diventano per chiunque disponibili, sotto il profilo dell’accesso e del loro riutilizzo, senza obbligo di indennità o autorizzazione preventiva, a partire – o meno – da un certa data”. (cfr. “Il pubblico dominio: un tesoro per tutti!” di Oriana Bozzarelli, Cecilia Cognigni, Valeria Calabrese, Nunzia Spiccia, Patrizia Zanetti in Biblioteche oggi, XXXII, 9, (2014), p. 50).

Non basta però che un soggetto pubblico – in quanto tale preposto alla tutela dei diritti della collettività – sia possessore di un prodotto dell’ingegno perché questo sia liberamente utilizzabile da chiunque. Le opere sono di pubblico dominio (e non solo di proprietà pubblica) quando si possono ri-pubblicare, riadattare, eseguire in pubblico, mettere in scena, tradurre, riprodurre su ogni supporto, digitalizzare, ri-usare in maniera più o meno creativa e altro ancora, senza obbligo di indennità o autorizzazione preventiva.

E’ di pubblico dominio gran parte dell’informazione prodotta dal settore pubblico o in possesso di organismi pubblici, salve eccezioni specificamente motivate dalla tutela di interessi concorrenti giuridicamente rilevanti (p.e., la privacy, il diritto d’autore, la sicurezza nazionale). In questi casi particolari, l’accesso o il riutilizzo può essere sottoposto a vincoli e a riserve.

Ad esempio, un libro pubblicato è un libro destinato ad uso pubblico e ciò significa che in quanto informazione registrata i suoi contenuti non sono riservati. Tuttavia, sull’espressione originale di quei contenuti possono sussistere diritti morali ed economici di quanti la hanno prodotta, per cui l’accesso, l’uso e il riutilizzo dell’espressione originale (l’”opera creativa dell’ingegno”, sia esso un articolo apparso su un quotidiano o un saggio scientifico) soggiacciono a determinati vincoli a tutela dei diritti degli autori e/o dei loro aventi causa. In quest’ottica, il diritto d’autore può essere considerato un’eccezione alla regola generale del pubblico dominio sui prodotti della conoscenza che, in quanto eccezione, non ha estensione illimitata, né dura all’infinito.

Analoghe considerazioni possono essere fatte per altri tipi di tutele (quella della privacy, quella della sicurezza nazionale ecc.). Sta al legislatore trovare un ragionevole punto di bilanciamento tra accesso (e riuso) pubblico e tutela.

 

Quali sono le opere che rientrano nel pubblico dominio?

È possibile individuare tre grandi categorie di opere in pubblico dominio:

  1. A) un “pubblico dominio strutturale” riconducibile a tutte quelle tipologie di opere/invenzioni/beni informativi essenziali per la comunità, che i vari Stati decidono per legge di far entrare immediatamente in pubblico dominio al momento della loro prima pubblicazione (public domain by the law): ci riferiamo per esempio a atti normativi, a decisioni giuridiche e amministrative, documenti di fonte pubblica, regolamenti, sentenze, ordinanze, testi degli atti ufficiali delle pubbliche amministrazioni, ecc.
  2. B) un “pubblico dominio per scadenza dei termini” riconducibile alle opere i cui diritti sono temporalmente scaduti per legge. Ci troviamo di fronte al caso classico di opera in pubblico dominio che però può presentare diversi aspetti problematici, spesso di non facile soluzione. Ci riferiamo ad esempio ad opere scritte con il contributo creativo di più autori; ad opere di autori di cui non si conosce la data di nascita o di morte, etc.
  3. C) fonti non strutturali del pubblico dominio o pubblico dominio volontario “rappresentate da tutte quelle opere i cui autori hanno deliberatamente deciso – tramite dichiarazione esplicita – di condividere e diffondere con “licenze libere” o in pubblico dominio, rinunciando a qualsiasi interesse patrimoniale.” (cfr. “Il pubblico dominio: un tesoro per tutti!” di Oriana Bozzarelli, Cecilia Cognigni, Valeria Calabrese, Nunzia Spiccia, Patrizia Zanetti in Biblioteche oggi, XXXII, 9, (2014), p. 50). In realtà, questo neppure è sufficiente: il pubblico dominio vero e proprio escluderebbe anche i diritti morali, che nella legge italiana in certi casi sono inalienabili.

Il cosiddetto pubblico dominio volontario è reso possibile tramite l’utilizzo di appositi atti di rinuncia chiamati public domain waiver: si tratta di dichiarazioni con cui l’autore comunica agli utenti la propria volontà di “donare” alla nascita la sua opera all’umanità, di farla diventare subito patrimonio comune, rinunciando a qualsiasi interesse su di essa. Le dichiarazioni di pubblico dominio sono diffuse unitamente all’opera o sono collegate ad essa tramite un link ipertestuale. Si tratta in ogni caso di una licenza open content, seppure molto aperta.

 

Quali sono le differenze tra pubblico dominio e open access?

Non vanno confusi pubblico dominio e open access. Open Access è un termine che nasce nell’ambito della letteratura scientifica e copre un ventaglio di opzioni che vanno dalla semplice possibilità di leggere gratuitamente un articolo scientifico a un più complesso sistema di permessi (come ad esempio il riuso o il remix, anche a scopo commerciale). L’open access dunque è una modalità di esercizio del diritto d’autore da parte dello stesso. Più precisamente consiste nella scelta da parte dell’autore di rendere liberamente accessibile la sua opera. (cfr. sito https://iris.unito.it/sr/htm/copyright.html).

Il pubblico dominio invece è uno “stato di natura” in cui l’opera torna dopo che sono scaduti i diritti commerciali che su di essa gravavano

 

Quando un’opera pubblicata è in pubblico dominio?

Un’opera a stampa può essere distribuita in vendita o gratuitamente. Può essere riservata a determinati destinatari, un numero limitato di persone identificate o identificabili o astrattamente a tutti. Nel secondo caso è un’opera pubblicata, nel primo caso va considerata inedita.

Può trattarsi di informazione prodotta e pubblicata da organismi pubblici e preordinata all’accesso pubblico generale o generalizzato (p.e., leggi, regolamenti e altri atti ufficiali dello stato e degli enti pubblici), per cui su di essa fin dall’origine non sussistono vincoli di esclusiva), oppure di opere creative dell’ingegno tutelate ai sensi della normativa sul diritto d’autore.

Se si tratta di opera protetta da diritto d’autore, in Italia un’opera creativa entra in pubblico dominio a settant’anni dalla morte dell’autore.

In caso di opere con più autori o i cui diritti sono condivisi da più persone, i diritti d’autore termineranno dopo 70 anni interi dalla morte dell’ultimo autore sopravvissuto agli altri.

Esiste, inoltre, il Decreto legislativo luogotenenziale 20 luglio 1945, n. 440 che proroga i termini della protezione delle opere dell’ingegno pubblicate e non ancora cadute in pubblico dominio alla data di entrata in vigore del decreto stesso. Questa norma allunga di 6 anni il termine di 70 anni dalla morte dell’autore e fu disposta allo scopo di non pregiudicare gli autori per la mancata utilizzazione del diritto d’autore per il periodo della guerra.

Il fatto che il diritto d’autore sia cessato implica che la sua opera originale è riutilizzabile, ma non implica che lo siano anche le opere da essa derivate, dalle traduzioni alle edizioni critiche. Anche queste opere sono soggette a specifici regimi di tutela, la cui durata varia, secondo la legislazione vigente, in base al tipo di elaborazione.

 

Come posso verificare se una certa opera creativa è o meno in pubblico dominio?

Non è un’operazione semplice come potrebbe sembrare. Questo perché non sempre si conosce la data di morte dell’autore o la sua nazionalità, per cui non è possibile risalire all’esatto anno in cui le sue opere tornano in pubblico dominio.

Uno dei possibili strumenti è il progetto “Out of copyright” di Europeana: si tratta in sostanza di un “public domain calculator” (valido per l’Europa) grazie al quale è possibile avere una preliminare indicazione rispetto al fatto che un’opera sia già in pubblico dominio, inserendo le informazioni relative ad una specifica opera. Vedi: http://outofcopyright.eu/

Ma le eccezioni dipendenti da norme nazionali o specifiche decisioni giurisprudenziali sono davvero tante.

Per gli Usa esiste il Copyright term calculator.

 

Quando scade il diritto d’autore per le opere realizzate da più persone? Quando un periodico è in pubblico dominio? Quando un’opera collettiva è in pubblico dominio? Quando un’opera in comunione è in pubblico dominio?

Esistono regole speciali sulla durata dei diritti d’autore che riguardano i casi in cui l’opera sia il frutto del lavoro di più persone. Occorre far riferimento alla Legge 22 aprile 1941 n. 633 – Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio – Testo consolidato al 6 febbraio 2016 (DLgs 15 gennaio 2016, n. 8), in particolare: art. 3, art. 10, art. 26 e art.30.

In particolare:

  • nel caso di opere in comunione (Legge 22 aprile 1941 n. 633, art. 10), quelle cioè realizzate con il contributo indistinguibile ed inscindibile di più persone (si pensi a due musicisti che lavorano alla partitura di un brano o agli autori di un romanzo scritto a più mani e firmato in maniera corale), la durata è di 70 anni dalla morte dell’ultimo coautore sopravvissuto;
  • nel caso di opere collettive (Legge 22 aprile 1941 n. 633, art. 26), quelle cioè realizzate con il contributo scindibile e distinguibile di più persone (si pensi al paroliere e al musicista di una canzone; a due autori di un libro che abbiano curato ciascuno un capitolo, ecc.), la durata dei diritti di utilizzazione economica spettante a ciascun collaboratore è determinata sulla vita di ciascuno di essi. Invece i diritti d’autore dell’opera considerata come un tutto scadono dopo 70 anni dalla prima pubblicazione;
  • nel caso di opere collettive periodiche (riviste, giornali) (Legge 22 aprile 1941 n. 633, art. 30) i diritti di utilizzazione economica hanno validità di 70 anni a partire dalla fine dell’anno di pubblicazione dei singoli fascicoli o dei singoli numeri.

 

Riportiamo alcuni brani significativi della Legge 22 aprile 1941 n. 633. Le opere collettive, costituite dalla riunione di opere o di parti di opere, che hanno carattere di creazione autonoma, come risultato della scelta e del coordinamento ad un determinato fine letterario, scientifico, didattico, religioso, politico od artistico, quali le enciclopedie, i dizionari, le antologie, le riviste e i giornali, sono protette come opere originali indipendentemente e senza pregiudizio dei diritti di autore sulle opere o sulle parti di opere di cui sono composte (art. 3). “La caratteristica che contraddistingue un’opera collettiva è, non tanto la raccolta o la riunione di opere autonome, quanto l’organizzazione di un complesso progetto, la scelta dei collaboratori e l’organizzazione e la direzione dell’attività creativa volta ad attuare il progetto stesso.”(De Robbio)

Nelle opere collettive la durata dei diritti di utilizzazione economica spettante ad ogni collaboratore, si determina sulla vita di ciascuno. La durata dei diritti di utilizzazione economica dell’opera come un tutto è di settant’anni dalla prima pubblicazione, qualunque sia la forma nella quale la pubblicazione è stata effettuata, salve le disposizioni dell’art. 30, per le riviste, i giornali e le altre opere periodiche. (art. 26)

Quando le parti o i volumi di una stessa opera siano pubblicati separatamente, in tempi diversi, la durata dei diritti di utilizzazione economica, che sia fissata ad anni, decorre per ciascuna parte o per ciascun volume dall’anno di pubblicazione. Le frazioni di anno giovano all’autore.

Se si tratta di opera collettiva, periodica, quale la rivista o il giornale, la durata dei diritti è calcolata egualmente a partire dalla fine di ogni anno dalla pubblicazione dei singoli fascicoli o numeri (art. 30).

Per le opere collettive periodiche i diritti di utilizzazione economica hanno validità di settant’anni a partire dalla fine dell’anno di pubblicazione dei singoli fascicoli o dei singoli numeri, secondo quanto affermato all’art. 30 comma 2.

 

Quando un’opera drammatico musicale, coreografica e pantomimica è in pubblico dominio?

Le opere drammatico musicali, coreografiche e pantomimiche entrano in pubblico dominio 70 anni dalla morte dell’ultimo coautore sopravvissuto.

 

Quando un’edizione critica è in pubblico dominio?

L’edizione critica di un romanzo viene considerata dalla legge come un’opera derivata (perché arricchita dalle considerazioni del curatore) ed è quindi protetta anch’essa per 20 anni dalla sua pubblicazione, anche se l’opera originale è di pubblico dominio.

 

Quando un’opera anonima è in pubblico dominio?

Per le opere anonime o pseudonime i 70 anni decorrono dalla pubblicazione dell’opera, salvo che l’autore decida di rivelarsi, nel qual caso si applica la regola generale.

 

Quando un’opera inedita è in pubblico dominio?

Per le opere inedite pubblicate dopo la scadenza dei diritti di sfruttamento economico, il termine è di 25 anni dal primo atto di pubblicazione.

 

Quando un estratto (es. un articolo di rivista, un capitolo di una monografia) è in pubblico dominio?

Per gli estratti da monografie o da periodici valgono le stesse regole delle pubblicazioni monografiche a stampa: un’opera creativa entra in pubblico dominio a settant’anni dalla morte dell’autore.

 

L’opera originale e la sua traduzione sono entrambe tutelate dal diritto d’autore?

L’opera originale e la sua traduzione sono entrambe tutelate dal diritto d’autore. I diritti d’autore della traduzione appartengono al traduttore e si aggiungono ai diritti esistenti sull’opera originale. Nel caso di un’opera tradotta i diritti sono sia dell’autore che del traduttore, quindi l’opera entra in pubblico dominio dopo 70 anni dalla morte dell’ultimo sopravvissuto dei due.

 

Le carte geografiche sono tutelate dal diritto d’autore?

In generale sono opere creative come quelle letterarie, anzi secondo alcune sentenze sono anche brevettabili come invenzioni utili.
Per limitarsi al diritto d’autore, sono fuori diritti se sono passati 70 anni dalla morte dell’autore.
Se sono pubblicate in un volume dove non vi sono indicazioni specifiche sulla titolarità delle carte, la durata del copyright è la stessa del resto del volume.
Se sono carte sciolte e l’autore è ignoto, si applica la normativa sulle opere orfane.

 

Le opere fuori commercio sono tutelate dal diritto d’autore?

Le opere fuori commercio sono le opere non più disponibili tramite i consueti canali commerciali, ma tuttora protette da diritto d’autore.  Una recente direttiva europea (Direttiva 2019/790/UE), prevede meccanismi di gestione collettiva dei diritti di utilizzazione o, in mancanza,  una vera e propria eccezione ai diritti esclusivi per consentire che, a determinate condizioni, le opere fuori commercio possano essere riutilizzate dagli istituti pubblici di tutela del patrimonio culturale che le detengano, dalle biblioteche agli archivi, ai musei.
In attesa che la direttiva sia recepita in Italia, è bene ricordare che, per i libri e le altre opere a carattere letterario, i  titolari esclusivi di un’opera fuori commercio cui occorre rivolgersi per ottenere l’autorizzazione al riuso sono quasi sempre gli autori o i loro eredi, rientrati nella piena titolarità dei loro diritti a seguito della conclusione del contratto di edizione che, per la legge italiana, non può vincolare per più di vent’anni un autore all’editore dell’opera e, oltre a stabilire la durata massima ventennale, prevede una serie di ipotesi di conclusione anticipata del contratto di edizione, collegate in particolare alla mancata pubblicazione o ristampa dell’opera entro i due anni dalla stipula.
Questo significa che l’istituto culturale interessato a riutilizzare un libro fuori commercio deve per prima cosa contattare l’autore o i suoi eredi per ottenere la relativa autorizzazione.
Quando sarà recepita anche in Italia la direttiva 2019/790/UE, gli istituti potranno rivolgersi ad apposite società di gestione collettiva dei diritti rappresentative dei titolari delle diverse classi di opere (opere letterarie, musica, film ecc.) o, in mancanza di società di gestione collettiva rappresentative, applicare l’eccezione prevista dalla stessa direttiva, che prevede un determinato procedimento di verifica della natura di “opera fuori commercio” e di pubblicità del riutilizzo attraverso canali nazionali ed europei.

 

Cosa sono le opere orfane? Di quali tutele legali godono?       

Si tratta di opere i cui autori non possono essere reperiti o identificati e possono essere considerate una sottocategoria di opere fuori commercio. La vigente normativa in materia di opere orfane che recepisce un’apposita direttiva EU (DIRETTIVA 2012/28) prevede che, per poterle riutilizzare (digitalizzare, rielaborare) gli istituti pubblici come le biblioteche che ne posseggano esemplari eseguano una “ricerca diligente” dei titolari, e di questo procedimento va data comunicazione alle autorità europee. Se si tratta di una pubblicazione extra-UE, la ricerca va fatta sulle loro fonti. Dopo avere fatto tutto questo, bisogna attendere alcuni mesi prima di poter digitalizzare e mettere online l’opera. Ma l’autore potrà sempre ricomparire e chiedere il ritiro dell’opera. In pratica, parrebbe che nessuno in Italia si avvalga di questa normativa, data la sua astrusità e il fatto che sarebbe antieconomico avere fatto tutta una procedura per poi dover ritirare l’opera in caso di ricomparsa dell’autore.

 

Quando una fotografia è in pubblico dominio?

Per le fotografie la tutela /durata del diritto d’autore prevede:

  • le fotografie con intento di documentazione e prive di carattere creativo: durata di 20 anni dalla data dello scatto;
  • le fotografie con carattere creativo: durata di 70 anni dalla morte dell’autore ;
  • invece non sono soggette ad alcun tipo di protezione le fotografie di scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili (art.87 L. 633/1941).

Può non essere semplice distinguere le fotografie creative da quelle prive di carattere creativo. L’elemento creativo e autoriale può essere ricondotto alla scelta e originalità dell’inquadratura, alla composizione dell’immagine, alla decisioni relative alle condizioni di luce, alla ricerca cromatica e prospettica, alla capacità di evocare suggestioni in chi guarda che trascendono la semplice realtà rappresentata, insomma all’individuazione di una precisa impronta personale, identità del fotografo. (cfr. Fotografie di opere d’arte: tra titolarità, pubblico dominio, diritti di riproduzione, privacy di Antonella De Robbio in DigItalia, 1, 2014; cfr. Sonia Rosini, Diritto d’autore, Sulla distinzione tra fotografia artistica e fotografia semplice, in Altalex, 24 aprile 2004 <https://www.altalex.com/documents/news/2010/03/24/diritto-d-autore-sulla-distinzione-tra-fotografia-artistica-e-fotografia-semplice>).

 

Quando un’opera cinematografica entra in pubblico dominio?

I diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica (tutelata ai sensi della legge sul diritto d’autore n. 633 del 1941, nel dettaglio artt. da 44 a 50) durano sino al termine del settantesimo anno dopo la morte dell’ultima persona sopravvissuta fra i coautori della sceneggiatura, del soggetto, della regia e della musica appositamente creata.

I diritti connessi del produttore cinematografico “si esauriscono trascorsi cinquanta anni dalla fissazione” (art. 78-bis l.d.a.). Se l’opera è pubblicata o comunicata al pubblico in questo arco di tempo, i diritti del produttore si esauriscono trascorsi 50 anni dalla pubblicazione.

Date queste premesse è raro trovare opere cinematografiche di pubblico dominio, a meno che non si tratti di opere del primo decennio del ‘900 e i cui autori siano morti prima degli anni quaranta.

Per una trattazione esaustiva del diritto d’autore dell’opera cinematografica, si veda “Le opere cinematografiche e audiovisive”.

Si rimanda inoltre ad un ulteriore approfondimento tematico: Ragionamenti attorno alla durata dei diritti del produttore cinematografico e al coordinamento tra gli artt. 32 e 78-ter della Legge sul diritto d’autore (A cura dell’Avv. Raffaella Pellegrino).

I nominativi dei titolari dei diritti dei film italiani possono essere individuati consultando il pubblico registro cinematografico depositato presso la SIAE.

 

Quando le locandine cinematografiche sono in pubblico dominio?

La locandina di un film cade in pubblico dominio trascorsi 70 anni dalla morte del suo autore.

E questo perché l’autore della locandina ha tutti i diritti sull’immagine creativa che ha creato: può venderla, cederla, regalarla, licenziarla.

Se non ancora caduto in pubblico dominio, per la riproduzione di immagini relative a locandine/cartelloni/ poster di film, è necessario chiedere il consenso al produttore cinematografico che ha realizzato l’opera cinematografica.

I nominativi dei titolari dei diritti dei film italiani possono essere individuati consultando il pubblico registro cinematografico depositato presso la SIAE. A volte è difficile individuare il legittimo detentore dei diritti dal momento che la trascrizione dei contratti di cessione non è obbligatoria. In questi casi occorre contattare direttamente la produzione che si pensa sia la titolare per negoziare una liberatoria.

 

I record bibliografici prodotti dalle biblioteche sono in pubblico dominio?

Non necessariamente le descrizioni di opere possono essere considerate opere creative dell’ingegno e la questione si pone nel caso dei record bibliografici messi a disposizione da biblioteche o altri istituti pubblici. Ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. 36/2006 come modificato dal D.Lgs. 102/2015, “Art. 9. Strumenti di ricerca di documenti disponibili, 1. Le pubbliche amministrazioni e gli organismi di diritto pubblico adottano modalità pratiche per facilitare la  ricerca,  anche interlinguistica, dei documenti disponibili per il  riutilizzo, insieme ai rispettivi metadati, ove possibile e opportuno accessibili on-line e in formati leggibili meccanicamente. A tal fine, è utilizzato il portale gestito dall’Agenzia per l’Italia digitale per la ricerca dei dati in formato aperto rilasciati dalle pubbliche amministrazioni.”

Il Codice dei beni culturali definisce la biblioteca un organismo che raccoglie, cataloga, conserva documenti e informazioni in funzione dell’uso ed è accessibile gratuitamente.

Il combinato disposto di queste normative lascia supporre che i record bibliografici prodotti da biblioteche o altri istituti appartenenti a organismi pubblici siano documenti di pubblico dominio.

Per quanto riguarda i record bibliografici prodotti in maniera cooperativa all’interno del Sistema Bibliotecario Nazionale (SBN) ricordiamo che attualmente questi record sono esposti con Licenza Attribuzione CC-BY 3.0.

Molte biblioteche illustrano in pagine dedicate la loro policy sui dati catalografici. Un esempio virtuoso è certamente quello del VIAF che mette a disposizione i suoi dataset con licenza Open Data Commons Attribution License (ODC-By) , rendendone possibile i libero riuso. Alcuni cataloghi, per dichiararare che i loro dati sono in pubblico dominio, inseriscono nel record marc il tag 588 (588 _ _ $a This bibliographic record is available under the Creative Commons CC0 “No Rights Reserved” license. The University of Florida Libraries, as creator of this bibliographic record, has waived all rights to it worldwide under copyright law, including all related and neighboring rights, to the extent allowed by law.).

 

Dove posso trovare opere, fotografie e altro in pubblico dominio?

Esistono diversi archivi, repository e biblioteche digitali che contengono opere in pubblico dominio.

L’indicazione che una determinata opera è in pubblico dominio deve comparire tra i metadati (> campo:  diritti) che la descrivono.

Indichiamo di seguito i più noti:

Internet Archive: biblioteca digitale non profit che ha lo scopo dichiarato di consentire un “accesso universale alla conoscenza”, include siti web, audio, immagini in movimento (video) e libri, https://archive.org/

Europeana: portale europeo che permette di esplorare le risorse digitali di musei, biblioteche, archivi e collezioni audiovisive appartenenti all’Europa. Esiste anche uno Statuto per il pubblico dominio di Europeana.

Liber Liber: è un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS) che ha per scopo la promozione dell’accesso libero alla cultura. Operativa dal 1993, è stata fondata ufficialmente il 28 novembre 1994.

Uno dei progetti più rilevanti è il Progetto Manuzio, una biblioteca digitale ad accesso gratuito che prende nome dal tipografo ed editore rinascimentale Aldo Manuzio.

Wikisource: biblioteca digitale wiki, sorella di Wikipedia. I libri presenti sono tutti in pubblico dominio, e sono stati trascritti e corretti dalla comunità di volontari. È possibile partecipare alla vita della comunità e contribuire alla trascrizione dei libri.

Openmlol: aggregatore di risorse libere didattiche e culturali presenti su web, specialmente in lingua italiana. È presente una divisione di risorse per licenza (pubblico dominio, Creative Commons, ecc.)

Wikimedia Commons: archivio multimediale di immagini, fotografie, scansioni utilizzate dai progetti wiki quali Wikipedia o Wikisource. Contiene tutti i file usati dall’enciclopedia, tutti rilasciati in licenza CC-BY-SA oppure Pubblico dominio.

OPAC SBN nazionale: l’OPAC nazionale SBN è arricchito dalle digitalizzazioni che vengono via via inserite come link “a corredo” della descrizione bibliografica dalle singole biblioteche. I link alle digitalizzazioni sono immediatamente accessibili all’utente: sono presenti sotto la scheda bibliografica, in corrispondenza dell’etichetta “dove si trova” e del nome della biblioteca con l’indicazione “tipo di digitalizzazione integrale o parziale – copia digitalizzata”.

 

Posso creare collezioni di opere digitalizzate in pubblico dominio su Internet Archive?

Creare una collezione di opere digitalizzate a nome del proprio ente su IA è molto facile e rappresenta un ulteriore elemento di disseminazione delle informazioni e di valorizzazione delle raccolte che nulla toglie all’utilizzo, anche in contemporanea, di altri canali istituzionali di diffusione dell’informazione.

Occorre andare su https://archive.org/ e registrare un proprio account indicando una email. Se si vuole inserire una collezione a nome di un determinato ente consigliamo di utilizzare una email istituzionale.

Da quel momento in poi si può iniziare a caricare le digitalizzazioni. In pratica: per caricare i testi su IA occorre mettere tutte le scansioni, in JPEG o in TIFF, dentro una cartella. Le scansioni devono essere in ordine. La cartella deve essere zippata. Il nome della cartella deve finire con “_images.zip”.

Si può anche direttamente caricare il file .pdf. Una volta caricato il file, e trascorsa un ragionevole lasso di tempo, IA creerà tutte le derivazioni in tantissimi formati.

Quando si carica un file occorre contestualmente inserire i metadati bibliografici, che possono essere più o meno ricchi. Una volta caricata la digitalizzazione vengono generati da IA in automatico diversi formati di fruizione (ad esempio daisy, epub, kindle, etc.) liberamente scaricabili, inoltre la digitalizzazione viene resa disponibile in modalità flip book sfogliabile. Infine ogni item è corredato da un identificativo persistente.

Una volta che si sono inseriti almeno 50 items e si desidera creare la collezione a nome di un ente/polo bibliotecario/biblioteca/etc., si inoltra questa richiesta allo staff di IA via email. E’ possibile consultare le statistiche d’uso dell’intera collezione e dei singoli items.

 

Che cosa è il diritto sui generis delle banche dati e quale è il suo rapporto con il pubblico dominio?

Il diritto sui generis che può essere applicato alle banche dati “non assomiglia né a un diritto d’autore, né a un diritto connesso. Si applica anche a banche dati puramente compilative e totalmente prive di carattere creativo; il suo unico requisito è che vi sia stato un rilevante investimento nella costituzione della banca dati. Per effetto di questo diritto – che è figlio della Direttiva europea 96/9/CE e dunque esiste solo in Unione Europea – il costitutore della banca dati ha il diritto di vietare le operazioni di estrazione e reimpiego della totalità o di una parte sostanziale della stessa. Ne consegue che i documenti, i quali presi singolarmente sono senza dubbio in pubblico dominio, diventano indirettamente coperti da un diritto sui generis se raccolti e riorganizzati in una banca dati”. (cfr. Vincoli alla riproduzione dei beni culturali, oltre la proprietà intellettuale di Simone Aliprandi in Archeologia e Calcolatori, 9, 2017, p. 100). Il diritto sui generis ha una durata di 15 anni calcolata a partire dal completamento della banca dati ed anche da ogni suo aggiornamento. Queste clausole rendono di fatto, soprattutto nel caso più frequente di banche dati fruibili on line e costantemente aggiornati, questo diritto eterno.

 

Che rapporto c’è tra le licenze Creative Commons e il pubblico dominio?

Le Licenze Creative Commons (nate nel 2002) sono atti unilaterali utilizzabili dai titolari dei diritti che si basano sul principio di “alcuni diritti riservati”, sono pensate per funzionare su tutti i tipi di opere creative (ad eccezione del software) e, come altre tipologie di licenze open content, sono predisposte come forma di standardizzazione ai fini dell’interoperabilità e della migliore comprensione: per i sistemi informatici, per i giuristi e per gli utilizzatori comuni. “Le licenze Creative Commons offrono sei diverse articolazioni dei diritti d’autore per artisti, giornalisti, docenti, istituzioni e, in genere, creatori che desiderino condividere in maniera ampia le proprie opere secondo il modello “alcuni diritti riservati” (cfr. sito web creativecommons.org).

Chi desidera rilasciare i propri contenuti creativi in maniera aperta, o comunque non vincolati da alcuni elementi imposti dal diritto d’autore, può adottare una di queste licenze. In ogni caso deve sempre indicare in maniera chiara ed inequivocabile i termini di utilizzo della propria opera, utilizzando apposite licenze e disclaimer.

 

La digitalizzazione di un’opera in pubblico dominio è tutelata dal diritto d’autore o da diritti connessi?

La semplice digitalizzazione – che di per sé non è un atto creativo – di un’opera in pubblico dominio non genera ulteriori diritti. Esistono però dei casi particolari nei quali l’opera in pubblico dominio digitalizzata può essere soggetta a diritti di esclusiva. Uno di questi è rappresentato dalle banche dati: se le digitalizzazioni di opere/documenti in pubblico dominio vengono raccolte e organizzate in una banca dati – attività complessa che richiede un rilevante investimento in termini finanziari – il “costitutore” delle banche dati può tutelarne il contenuto ricorrendo alle norme del diritto sui generis. Il diritto sui generis ha una durata di 15 anni calcolata a partire dal completamento della banca dati ed anche da ogni suo aggiornamento (quindi potenzialmente potrebbe non scadere mai). Inoltre, se si tratta di materiale inedito, per la legge italiana la sua prima pubblicazione postuma è protetta per 25 anni dalla data di pubblicazione.

Altro caso particolare è rappresentato da progetti e attività di digitalizzazione effettuati all’interno di speciali contratti e accordi.

Ai sensi del d.lgs. 36/2006 opere in pubblico dominio e digitalizzate possono essere oggetto di diritti pecuniari e di esclusiva, poiché la digitalizzazione è avvenuta con l’apporto di investimenti di soggetti privati del mercato che devono avere la possibilità di recuperare il loro investimento. “Tale periodo [di esclusiva] dovrebbe tuttavia essere limitato nel tempo ed essere il più breve possibile (si veda Rosa Maiello, Politiche e legislazione dell’Unione europea per la digitalizzazione del patrimonio culturale, “Digitalia”, 2/2013; Antonella De Robbio – Gabriele De Veris, Open Data in biblioteche, archivi e musei: la Direttiva Europea 37/2013, «AIB Notizie», 25 (2013), n. 4, Attività AIB.)

 

Esistono in Italia dei vincoli alla riproduzione dei beni culturali appartenenti al patrimonio dello Stato caduti in pubblico dominio?

In via di principio l’opera in pubblico dominio è liberamente utilizzabile senza autorizzazione preventiva e senza la necessità di corrispondere compensi legati al diritto d’autore.

Ciononostante nel caso in cui l’opera venga considerata un “bene culturale” – sia stata realizzata da più di cinquant’anni per le opere d’arte e da 70 anni per i beni architettonici, sia stata realizzata da autore non più vivente, sia di interesse culturale e si trovi in custodita nei musei o in altri luoghi della cultura facenti capo a Stato, Regioni e ad altri enti pubblici territoriali – anche se è entrata in pubblico dominio, non sempre è riproducibile liberamente.

Il diritto di riproduzione di un bene culturale è attribuito, infatti, all’ente titolare della tutela del bene culturale stesso, così come stabilito dal codice dei beni culturali (Decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42).
Gli enti che hanno in consegna i beni culturali possono (non devono) consentirne la riproduzione nonché l’uso strumentale, a titolo oneroso, secondo i loro regolamenti. Nessun canone è invece dovuto per le riproduzioni richieste da privati per uso personale o per motivi di studio.

Per completezza di informazione sul tema della riproduzione dei beni culturali citiamo anche il decreto Art Bonus (D.l. n. 83/2014) con cui “sono state approvate le nuove misure in materia di tutela del patrimonio culturale, sviluppo della cultura e rilancio del turismo. Si introduce una parziale liberalizzazione del regime di autorizzazione della riproduzione e della divulgazione delle immagini di beni culturali [anche non in pubblico dominio] per finalità senza scopi di lucro quali studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero, espressione creativa e promozione della conoscenza del patrimonio culturale”. (cfr. Fotografie di opere d’arte: tra titolarità, pubblico dominio, diritti di riproduzione, privacy di Antonella De Robbio in DigItalia, 1, 2014)

 

Diritto dei marchi, proprietà intellettuale e pubblico dominio. Qualche chiarimento.

I marchi rientrano nel diritto di proprietà industriale e sono disciplinati nello specifico dal Codice Civile e dal Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, “Codice della proprietà industriale”.

“Rami distinti della “proprietà intellettuale” originariamente creati con differenti finalità: il diritto d’autore si occupa di proteggere opere dell’ingegno, ricompensando in questo modo lo sforzo dell’autore e incentivandolo a un’ulteriore produzione creativa, il diritto dei marchi riguarda invece la “proprietà industriale” e consente di distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese concorrenti attraverso un segno distintivo, un marchio su cui viene riconosciuto ad un attore economico un diritto di monopolio. Il marchio consente al consumatore di individuare con facilità prodotti e servizi concorrenti e al contempo permette all’impresa di tutelare la propria reputazione. A differenza del diritto d’autore che si origina con la creazione dell’opera d’arte, il diritto di marchio si acquisisce tramite una procedura burocratica ovvero per mezzo della sua registrazione (nazionale, comunitaria o internazionale) o del suo uso. Inoltre per il marchio non sono previsti limiti temporali prefissati alla sua durata, perché la sua registrazione è rinnovabile per un numero indeterminato di volte a discrezione dal suo titolare. Il titolare di un marchio registrato gode di diverse tutele: può fare un uso esclusivo del proprio marchio per contraddistinguere i propri prodotti o servizi e può vietare a terzi l’utilizzo di tale marchio nella loro attività commerciale. Registrare come marchi i personaggi di fantasia è da tempo pratica consueta, basti pensare agli eroi dei fumetti. Vi è pericolo di strumentalizzazione del marchio registrato, sempre più considerato dai titolari (eredi) dei diritti d’autore una scappatoia per estendere il regime di monopolio di cui godono, oltre la data di ingresso di un’opera in pubblico dominio. Per alcuni, ciò potrebbe prefigurare quasi una nuova forma di copyfraud, ma a questo proposito non vi è unanimità di pensiero sotto il profilo giuridico. (cfr. Le libertà de Il Piccolo principe. Storie ordinarie di business in pubblico dominio di Oriana Bozzarelli in Ricognizioni, 7, 2017, p. 100-102)

 

Manifesto del pubblico dominio

Il Manifesto del pubblico dominio, disponibile in diverse lingue, è un documento che ricorda a tutti i principi alla base del pubblico dominio inteso anche come commons e come prerogative degli utenti e che propone alcuni principi guida e alcune raccomandazioni per assicurarne la vitalità sia oggi sia per le generazioni future. È stato elaborato in seno al progetto europeo COMMUNIA e può essere sottoscritto da chiunque.

 

Giorno del pubblico dominio

Il giorno del pubblico dominio è la ricorrenza internazionale che cade il 1 gennaio di ogni anno e celebra il pubblico dominio. La ricorrenza è nata nel 2004 acquisendo notorietà soprattutto dopo il supporto datole dal Lawrence Lessig, creatore delle Creative Commons. Dal 2010, su iniziativa di Communia e dell’Open Knowledge Foundation, sul sito ufficiale dell’evento vengono pubblicati gli elenchi di tutte le opere tornate al pubblico dominio. (fonte: voce wikipedia)

 

Festival del pubblico dominio

Il primo festival italiano dedicato al pubblico dominio – il Pubblico dominio #open festival – si è svolto a Torino dal 29 novembre al 3 dicembre 2016 ed è frutto di una virtuosa collaborazione tra i “sistemi bibliotecari” dell’Università di Torino, del Politecnico di Torino, delle Biblioteche Civiche Torinesi e la Fondazione Teatro Nuovo. Il Pubblico dominio #open festival si è posto l’obiettivo di creare nella comunità una consapevolezza diffusa attorno al concetto di pubblico dominio e ai temi della cultura open, promuoverne l’alfabetizzazione e incentivare lo sviluppo di competenze ad esso connesse sia per gli operatori culturali che per il pubblico. Il festival si è articolato in una serie di eventi divulgativi, formativi e di intrattenimento, legati alle opere (letterarie, musicali, pittoriche, etc.) degli autori che via via sono entrati far parte del Pubblico Dominio. Particolare rilievo hanno avuto poi gli argomenti legati alle licenze libere (creative commons), all’open access e al mondo collaborativo di Wikipedia. Sono stati 5 giorni di conferenze, incontri, laboratori, mostre, spettacoli, letture teatrali per un totale di quasi 50 eventi speciali che hanno investito i diversi ambiti dell’arte, della fotografia, della musica, della letteratura, del teatro, del cinema e molto altro. Un’occasione di condivisione, di collaborazione, di ri-uso e valorizzazione di idee, opere e contenuti culturali per stimolare l’interesse di qualsiasi fascia d’età o livello di conoscenza. (fonte: voce wikipedia).