Affidamento della gestione in forma gratuita a un’associazione di volontariato della biblioteca comunale
Egregio Presidente Caligiuri, stimati Assessori,
ringrazio innanzitutto per l’occasione che mi viene offerta di esporre il punto di vista dell’Associazione Italiana Biblioteche su alcuni temi di particolare rilevanza per il futuro delle biblioteche di ente locale, e ringrazio in particolare il Presidente della Commissione Cultura per la sensibilità dimostrata nei nostri confronti, testimoniata dalla disponibilità più volte espressa ad assicurare il massimo impegno ad affiancare l’AIB nell’azione svolta a tutela delle biblioteche e dei bibliotecari italiani.
In data 5 novembre 2012 ho indirizzato al presidente dell’ANCI una lettera in cui segnalavo i rischi di un utilizzo indiscriminato di volontari per la gestione diretta dei servizi bibliotecari. L’occasione mi è stata offerta da un parere reso da ANCITEL in data 19.10 [1] relativo alla possibilità di affidare in forma gratuita la gestione della biblioteca comunale a un’associazione di volontariato. Il parere fa riferimento all’art. 4 del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” (Decreto spending review) che ai commi 7 e 8 deroga dalle procedure ordinarie previste dal Codice dei contratti pubblici consentendo “l’acquisizione in via diretta di beni e servizi tramite convenzioni realizzate ai sensi dell’art. 30 della legge 7 dicembre 2000, n. 383” e prevedendo che “sono altresì fatte salve le acquisizioni di beni e servizi il cui valore sia pari o inferiore ai 200.000 euro in favore delle associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 novembre 2000, n. 383”.
Questa previsione normativa contrasta con l’esigenza di dotare il nostro paese di un sistema bibliotecario nazionale moderno ed efficiente, obiettivo che può essere raggiunto attraverso una assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni circa la sua natura di “infrastruttura per l’accesso dei cittadini alla conoscenza” fondamentale per lo sviluppo dei territori, il cui valore può essere massimizzato soltanto per mezzo di una gestione professionale, eventualmente affiancata – non sostituita – dal ricorso a prestazioni volontarie.
In Italia i bibliotecari professionali sono oltre 15.000. La loro presenza è garanzia di qualità per un servizio che – stando ai dati forniti dal Centro per il Libro e la Lettura – è oggetto di una vera e propria riscoperta da parte dei lettori italiani, che vedono nel ricorso al servizio di prestito pubblico un valido elemento di compensazione alla diminuita capacità di investimento dovuta alla crisi. Sono infatti il 18% del totale i libri letti fra settembre 2011 e settembre 2012 ad essere stati presi in prestito in una biblioteca.
Il volontariato rappresenta un’indubbia risorsa ma deve essere contemperato con l’esigenza di garantire uno sbocco professionale ai tanti giovani che, dopo un lungo periodo di formazione, non riescono a trovare una collocazione nel campo della conservazione e valorizzazione dei beni culturali; e, quando vi riescono, quasi sempre vedono misconosciuta la dignità del loro lavoro per via della durata dei contratti, dei livelli retributivi insufficienti, del sottoinquadramento contrattuale.
La nostra associazione, in proposito, sta elaborando grazie all’Osservatorio Lavoro e Professione, linee guida per le esternalizzazioni dei servizi bibliotecari tese a fornire indicazioni inequivoche agli enti titolari delle biblioteche circa le caratteristiche dei capitolati, le modalità di affidamento e i livelli minimi non derogabili delle basi d’asta, e alle aziende circa i contratti applicabili e i livelli di inquadramento compatibili con le mansioni svolte dai bibliotecari.
L’idea che le biblioteche comunali (ma in prospettiva anche altri servizi culturali) possano essere gestite attraverso “associazioni riconosciute e non riconosciute, movimenti, gruppi e loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi […]” mortifica le potenzialità del servizio bibliotecario. Le biblioteche in tutti i paesi socialmente ed economicamente avanzati, infatti, offrono ai cittadini occasioni di lettura, di studio, di aggiornamento, di alfabetizzazione all’uso delle tecnologie informative e di socializzazione; il bibliotecario, in questi contesti, è considerato un professionista che pratica una professione intellettuale e insieme tecnica fondata su un sapere condiviso a livello internazionale, fatto di regole di catalogazione e di sistemi di classificazione della conoscenza, di standard, linee guida e raccomandazioni, di pratiche di trattamento e ordinamento delle raccolte, di tecniche per la tutela e la conservazione, a cui negli ultimi anni si sono affiancate competenze legate all’informatica, alle discipline gestionali, alla pedagogia della lettura, alle tecniche della ricerca sociale, alla statistica.
Questa evoluzione nel senso della complessità deriva dalla compresenza, nelle raccolte bibliotecarie, di documenti fisici posseduti localmente e di opere in formato elettronico a vario titolo accessibili, anche a distanza, su formati differenziati, che richiedono specifiche competenze e capacità d’uso da parte degli operatori e degli utilizzatori; il pubblico delle biblioteche si è inoltre notevolmente ampliato a comprendere persone di qualsiasi età, condizione sociale, livello culturale e provenienza geografica; la richiesta di maggiore efficienza dei servizi pubblici ha accentuato l’esigenza di una gestione rigorosa e improntata alla qualità; la richiesta di socialità ha modificato il ruolo delle biblioteche, spesso gli unici luoghi di ritrovo presenti nel territorio, soprattutto nei piccoli centri.
Ciò spiega – o dovrebbe – la necessità di affidare la gestione delle biblioteche di ente locale a esperti nella mediazione informativa, da reclutare al termine di percorsi di formazione universitaria appropriati e sulla base di precisi profili professionali e di competenza, definiti da norme nazionali e certificati dalle associazioni professionali. E’ questo infatti l’orizzonte tracciato dalla proposta di legge recante “Disposizioni in materia di professioni non organizzate in ordini o collegi” , attualmente in dirittura d’arrivo alla Camera; un orizzonte che il D.L. 95/2012 contraddice in maniera tanto plateale quanto incongrua.
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La previsione contenuta nel D.L. 95/2012 è diretta conseguenza di un’altra disposizione della medesima norma, che esclude i servizi culturali dal novero delle funzioni fondamentali dei Comuni (art. 19), sulla quale le associazioni professionali dei bibliotecari (AIB), degli archivisti (ANAI) e degli operatori museali (ICOM Italia) riunite nel coordinamento MAB Italia, chiederanno a brevissimo una presa di posizione netta e inequivoca alle organizzazioni degli Enti territoriali.
Essa implica la non obbligatorietà per i piccoli comuni della gestione in forma associata dei servizi culturali (L. 2012/135, art. 19. c.1 lett. b), modalità che invece potrebbe favorire l’assunzione di bibliotecari professionali e lo sviluppo della cooperazione bibliotecaria.
Come più volte affemato dall’AIB, è necessario che le biblioteche di ente locale operino nell’ambito di sistemi bibliotecari territoriali, sviluppando forme di cooperazione a livello comunale, provinciale, regionale e nazionale. La cooperazione territoriale, attraverso la condivisione delle risorse e delle professionalità, è la modalità di erogazione dei servizi bibliotecari che garantisce la sostenibilità e l’omogeneità anche al livello dei comuni più piccoli. Essa rende possibile l’uguaglianza di condizioni fra cittadini residenti nello stesso territorio ma in Comuni di dimensioni differenti.
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L’ultimo aspetto del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 che rileva ai fini della qualità del servizio bibliotecario territoriale riguarda le Province, per le quali la valorizzazione dei beni culturali non rientra più fra le funzioni proprie (art. 17); le Regioni possono conferirla ai Comuni, che tuttavia non hanno l’obbligo di esercitarla non essendo inclusa fra le competenze fondamentali.
Sono due i principali ambiti di intervento delle Province: le reti bibliotecarie (o sistemi bibliotecari) e le biblioteche provinciali. Attualmente una parte delle Province, sia pure in modo disomogeneo, gestisce biblioteche provinciali o, in virtù di varie forme associative con i comuni, reti bibliotecarie di estensione generalmente provinciale o addirittura sovraprovinciale.
In Italia l’AIB stima in 200 il numero dei sistemi bibliotecari attivi, che coordinano l’attività di circa 2.500 di biblioteche comunali producendo vantaggi in termini di servizio ed economie di scala. L’attività di gestione include a seconda dei casi, attività da centro servizi (catalogazione centralizzata, acquisti centralizzati, logistica ecc.), coordinamento tecnico-biblioteconomico, automazione dei servizi bibliotecari, formazione e assistenza biblioteconomica.
Tale attività garantisce livelli di cooperazione anche molto diversi fra loro, ma che prevedono in ogni caso un impegno finanziario non trascurabile. In più di un caso l’intervento finanziario è addirittura determinante e superiore alle risorse finanziarie rese disponibili dalla Regione. Eterogeneo è pure l’assetto amministrativo-gestionale (in taluni casi le spese sono suddivise con i comuni, in altri i costi sono a carico delle sole Province) ed eterogenee sono pure le forme associative (consorzi, convenzioni, fondazioni). Le reti bibliotecarie migliori, quelle con la migliore qualità dei servizi, sono quelle dove anche le Province apportano risorse significative.
La perdita della legittimazione alla spesa nel settore delle biblioteche da parte delle Province comporterà la crisi delle reti o dei sistemi bibliotecari significativamente finanziati dal livello provinciale. In alcune aree del paese (ad es. Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna) le Provincie investono cospicue risorse (finanziarie, umane, strumentali) proprie nelle reti bibliotecarie e senza il loro apporto per queste realtà si profilerebbe una stagione di crisi che non garantirebbe invarianza di servizi per i cittadini.
Per queste ragioni l’AIB chiede che la Conferenza delle Regioni:
- si esprima nettamente contro l’affidamento della gestione di biblioteche esclusivamente a volontari, riconoscendo il valore delle biblioteche gestite professionalmente;
- sostenga la richiesta dell’Unione delle Province Italiane tesa a far recepire fra le funzioni fondamentali delle province quella relativa alla organizzazione e gestione di reti e sistemi di area vasta concernenti la valorizzazione dei beni culturali.
- si esprima netttamente a favore dell’inserimento dei servizi culturali fra le funzioni fondamentali dei comuni.
Stefano Parise
Presidente AIB
Roma, 4 dicembre 2012