Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Matteo Renzi
Caro Renzi,
Ho letto le dichiarazioni da Lei rilasciate durante la trasmissione televisiva “Che tempo che fa” andata in onda domenica 9 marzo, relative al possibile impiego di persone non occupate nelle biblioteche.
Con la presente vorrei provare a spiegare perché tale provvedimento, se non accompagnato da un’analoga attenzione alla presenza di bibliotecari professionali, sarebbe controproducente.
Le biblioteche di pubblica lettura sono certamente luoghi inclusivi, orientati all’integrazione e in grado di fornire un contributo al contenimento di alcuni problemi sociali. Questa vocazione negli ultimi anni si è rafforzata anche alla luce della difficile congiuntura che il nostro paese sta attraversando e le biblioteche in molte città italiane sono diventate una componente del welfare locale. Questa vocazione, tuttavia, non solo non esaurisce le funzioni del servizio bibliotecario ma non ne determina né la riconoscibilità né la specificità.
Il fatto di essere “sociale” non significa che una biblioteca possa essere gestita da chiunque. La biblioteca ha una precisa fisionomia, legata alla mediazione e all’alfabetizzazione informativa, alla documentazione, allo studio, all’accesso alla conoscenza contenuta nei libri e disponibile in rete. Il supporto che i cittadini chiedono ogni giorno per innumerevoli ragioni richiede la presenza di personale culturalmente e professionalmente preparato. Una biblioteca senza bibliotecari non è una biblioteca, esattamente come un pronto soccorso non è tale senza medici e infermieri e un ufficio tecnico non gestisce il territorio senza urbanisti e architetti.
I bibliotecari svolgono una professione intellettuale e insieme tecnica, i cui contenuti disciplinari si sono precisati a partire dalla fine dell’Ottocento formando le basi di un sapere condiviso a livello internazionale, fatto di regole di catalogazione e di sistemi di classificazione della conoscenza, di standard, linee guida e raccomandazioni, di pratiche di trattamento e ordinamento delle raccolte, di tecniche per la tutela e la conservazione. A queste competenze di base si sono più di recente affiancate competenze legate all’informatica, alle discipline gestionali, alla pedagogia della lettura, alle tecniche della ricerca sociale, alla statistica. Non è difficile immaginarlo: oggi le collezioni di qualsiasi biblioteca sono un complesso di documenti fisici posseduti localmente o da altre biblioteche, e di opere in formato elettronico a vario titolo accessibili, anche a distanza, su formati differenziati, che richiedono specifiche competenze e capacità d’uso da parte degli operatori e degli utilizzatori; il pubblico delle biblioteche si è notevolmente ampliato a comprendere persone di qualsiasi età, condizione sociale, livello culturale e provenienza geografica; la crisi economica e la richiesta di maggiore efficienza dei servizi pubblici hanno accentuato l’esigenza di una gestione rigorosa e improntata alla qualità; la richiesta di socialità ha modificato il ruolo delle biblioteche, spesso gli unici luoghi di ritrovo presenti nel territorio, soprattutto nei piccoli centri.
La biblioteca, Signor Presidente, non può essere sociale e inclusiva con tutti salvo che con i bibliotecari!
E l’attuale tendenza a non sostituire i professionisti che cessano l’attività per raggiunti limiti di età sta letteralmente pregiudicando la possibilità che i cittadini italiani possano beneficiare pienamente della straordinaria infrastruttura per l’accesso alla conoscenza rappresentata dalle oltre 12.000 biblioteche italiane.
Con la presente le chiedo di riservare ai professionisti che lavorano nelle biblioteche italiane la medesima attenzione che ha voluto rivolgere alle persone in cerca di occupazione.
Con i più cordiali auguri di buon lavoro
Stefano Parise
Roma, 12 marzo 2014
Prot. n. 58/2014