Sono grata all’AIB per l’invito a partecipare a questa giornata, invito che mi ha permesso di ritornare a fatti e persone a me molto cari, che hanno inciso in modo profondo nella mia vita professionale e nei rapporti umani. Ma io sono qui innanzitutto per ricordare Michel Boisset, che è scomparso poco più di un mese fa, e la sua figura che in Italia è indissolubilmente legata a SBN; ricordarlo significa quindi ripercorrere una parte significativa della storia di SBN. In questa occasione ho quindi ripensato, aggiornando i ricordi e rivisitando gli eventi, alla fase iniziale del progetto SBN —alla quale ho avuto il privilegio di partecipare— riscoprendone la modernità e l’attualità delle scelte.
Michel Boisset arriva in Italia nel 1975 come vicedirettore-poi direttore- della Biblioteca dell’Istituto Universitario Europeo(IUE), dopo aver avviato in Francia alcuni progetti relativi all’informatizzazione delle biblioteche, e subito si impegna su una politica di stretta collaborazione con le biblioteche fiorentine; ritiene infatti che la Biblioteca dell’IUE non possa essere considerata una struttura isolata, ma debba essere attivamente inserita nel contesto bibliotecario toscano. Sono di questi primi anni italiani la realizzazione di due progetti basati sulla cooperazione delle biblioteche: ECO- che vedeva coinvolte 38 biblioteche statali, universitarie e di enti locali- e la sua evoluzione SNADOC – Servizio nazionale di accesso ai documenti.
Dunque, la cooperazione caratterizza da sempre la visione biblioteconomica di MB, basata su una concezione profondamente innovativa dell’informatizzazione delle biblioteche, sulle esperienze di altri paesi, come anche su una competenza notevole sulle norme e sugli standard internazionali. Quando si verifica l’incontro con Angela Vinay —se non ricordo male fu al congresso AIB di Sangineto nel 1978— non può non nascere quindi una solida intesa.
E’ senza dubbio un momento magico quello intorno alla fine degli anni ’70, che vede in posizioni chiave Vinay —Presidente AIB e direttore ICCU—, Crocetti soprintendente in Toscana e dall’81 Presidente AIB: considerata la dimensione culturale di questi bibliotecari, è naturale che si concreti la collaborazione con MB per affrontare alcuni nodi centrali della politica delle biblioteche in Italia. Ci si mette dunque al lavoro su un progetto nazionale. L’ICCU con Vinay ottiene dal Ministero Beni Culturali la costituzione di una Commissione nazionale per l’automazione delle biblioteche, formata da bibliotecari e tecnici di diversa provenienza, della quale fa parte anche Boisset; vengono definiti gli obiettivi, elaborati i principi di organizzazione e uno schema di progetto, anche se la denominazione di SBN non appare ancora.
Nel parlare oggi delle origini di SBN, credo che la cosa più interessante e al tempo stesso forse più difficile da cogliere per i più giovani, sia il rendersi conto della valenza e forse anche del coraggio delle scelte informatiche; stiamo parlando di scelte di quasi 35 fa. Per descrivere lo stato delle cose in quel momento, utilizzerò le parole di uno scherzoso apologo che Tommaso Giordano —insieme a Crocetti— scrisse per la Miscellanea Vinay
“Per tutta la prima parte degli anni ’80… di tutta l’automazione si può dire che avanzi in ordine sparso. E’ il momento molto italico degli inventori di programmi e sistemi: personaggi pittoreschi cui basta uno straccio di computer e un po’ di iniziativa per fondare scuole di pensiero informatico e biblioteconomico. Ai bibliotecari smarriti sembrano tante teste d’uovo; sgomenti, li seguono.”
In effetti l’introduzione dell’informatica nella pubblica amministrazione richiedeva un intervento urgente : le biblioteche, come racconta Giordano, si stavano orientando su differenti sistemi proprietari, anche a causa della diversa appartenenza amministrativa delle istituzioni; la rete e i suoi protocolli stentavano a decollare, e in ogni caso riguardavano la connessione di grandi macchine.
In questo contesto SBN propone un modello basato su procedure comuni —a partire da quelle che Boisset aveva utilizzato all’IUE— realizzate su macchine diverse e alcuni principi organizzativi. Il principio fondamentale su cui si basa il modello SBN è quello del servizio come fine —anche per questo il nome scelto è SBN e non Michelangelo— e delle biblioteche come unità di servizio; ma voglio ricordare la nuova concezione della struttura del catalogo, così moderna che anticipa un modello logico molto simile a quello di FRBR; l’eleganza delle soluzioni informatiche e l’innovazione portata anche nelle procedure gestionali, fra loro integrate per evitare duplicazioni di lavoro e di dati; infine —e ovviamente all’epoca rete ed elaboratori erano ben altra cosa da quello che saranno 10 o 20 anni dopo— la definizione di un sistema centrale, l’indice, che con funzioni di indirizzo, di fatto creava quel catalogo collettivo che l’Italia non aveva mai avuto, in ragione della sua storia politica e culturale e della mancanza di una unica biblioteca nazionale.
L’AIB dedica a SBN il congresso di Taormina (1982): ne sono protagonisti tutti coloro che sono impegnati a portarlo avanti. Il clima è quello che si coglie nelle grandi attese, quando ci si rende conto di essere davanti ad una prospettiva di reale cambiamento; i bibliotecari si dividono fra entusiasti e detrattori, ma non si può non condividere i valori del progetto e le sue idee-guida: la condivisione delle risorse-umane, patrimoniali, economiche, la cooperazione indipendentemente dall’appartenenza istituzionale, il rispetto dell’autonomia delle biblioteche e insieme la necessità di un coordinamento centrale, l’applicazione degli standard internazionali, e sopratutto l’informatica come strumento.
A livello nazionale la cooperazione interistituzionale diventa un volano per il rilancio delle biblioteche, il superamento di lentezze e ritardi, la realizzazione dei principi internazionali portati avanti in quegli anni dall’IFLA: CIB-Controllo bibliografico universale- e UAP-Accesso universale alle pubblicazioni-. La cooperazione si pone come nuova modalità di lavoro nel segno della trasparenza e della razionalizzazione delle procedure; si verifica la costante crescita di una nuova cultura professionale tra i bibliotecari, che nel lavorare insieme maturano esperienze nel segno del confronto, dell’importanza della qualità dei servizi offerti, e dell’apertura ad altri soggetti: dagli utenti, agli enti proprietari, agli editori, ai produttori di sistemi per le biblioteche con i quali il dialogo è diventato più chiaro; non mancano inoltre le iniziative di formazione. Lo Stato con il Ministero Beni Culturali, le Regioni con le loro competenze in materia di biblioteche, le Università iniziano a lavorare a programmi comuni, in quanto tutti partecipi dell’obiettivo di mettere a disposizione dell’utente,”ovunque si trovi” le risorse di cui ha bisogno.
Voglio citare a questo proposito le parole di Vinay, che sono davvero di una straordinaria attualità :
“Nella nuova realtà la responsabilità del bibliotecario sarà quella di mettere a disposizione, nella maniera più efficiente possibile, l’intero serbatoio dei dati; la distinzione fra risorse nostre e altrui deve scomparire”.
Il rapporto fra i padri fondatori- Boisset e Vinay- è fondamentale per il successo: si tratta di un rapporto molto leale, molto costruttivo tra due personalità portatrici di una cultura “alta”, certamente forti e determinate, ma perfettamente allineate su obiettivi comuni di grande spessore culturale e politico. Ambedue, desidero aggiungere, uniscono alle doti intellettuali, e alla capacità realizzativa, una grande umanità e generosità e una straordinaria attenzione verso i più giovani. Ognuno dei due ha svolto con eccezionale impegno personale e rigore morale il proprio ruolo nello sviluppo del progetto, seguendo lo stesso filo rosso: la passione di costruire un modello culturale organizzato, che salvasse le biblioteche italiane dalla decadenza solipsistica e realizzasse alcuni compiti di valenza nazionale. Vinay, che ben conosceva la storia delle biblioteche italiane, aveva dovuto constatare di persona la difficoltà di realizzare riforme istituzionali, anche ad esempio dal fallimento dell’attuazione dell’art.15 della L.805; Boisset era spinto dalla fiducia nei risultati della cooperazione su larga scala, da una metodologia serrata e da una visione innovatrice e strategica dell’informatica bibliotecaria.
Davanti alla solita difficoltà di far capire l’importanza del progetto agli stakeholders, farlo finanziare, creare una struttura organizzativa, Boisset può meno, ma Vinay porta avanti con decisione —e con immensa fatica— la definizione e la sottoscrizione di protocolli d’intesa come cornice giuridica dell’accordo fra istituzioni, e si consolida così la partecipazione delle Università, Regioni/enti locali, mentre il Ministero riesce a stanziare fondi straordinari con i giacimenti culturali, in modo che anche per l’indice di SBN si può avviare la realizzazione.
Nell’83 infine Boisset rientra in Francia, continuando per un po’ a seguire SBN – ne è testimonianza fra l’altro il seminario che nel 1985 organizzò a casa sua nel Beaujolais —una casa che era in gran parte frutto del suo lavoro manuale— nella quale si discusse (Tommaso Giordano, Susanna Peruginelli, Corrado Pettenati, Lalla Sotgiu, Vinay, Crocetti e io stessa), in un clima amichevole, ma approfonditamente, dello sviluppo del SBN. In Francia Boisset ricopre incarichi importanti— dirige fra l’altro la Biblioteca nazionale universitaria di Strasburgo, ma nonostante la lontananza conserva ancora forti legami con il nostro paese, la nostra lingua, gli amici italiani. Giordano ha scritto che dopo il suo pensionamento non si era più occupato di biblioteche, ma non aveva mai dimenticato il suo periodo italiano.
Voglio terminare qui questo mio contributo alla giornata di oggi e questo breve omaggio a Michel Boisset, una persona che ha contato per le biblioteche italiane, come molti sanno e come spero sia emerso dalle mie parole. Restano di Michel tanti risultati importanti, e anche una piccola impronta incardinata negli archivi SBN, come recentemente su AIB CUR ci ha ricordato Giulia Visintin: è la sigla VID che precede i contrassegni numerici degli ‘autori’ negli archivi bibliografici e che viene da vedette, un termine biblioteconomico francese; una traccia minima, dice la Visintin, che però —credo— resterà ancora per molto tempo visibile nella nostra attività quotidiana.
Relazione di Giovanna Merola presentata all’incontro pubblico “Rilanciare il Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN)“, svoltosi presso l’Auditorium del Goethe-Institut – via Savoia 15, Roma il 20 giugno 2013