Niente su di noi, senza di noi. Biblioteche per l’inclusione

Un convegno nazionale AIB dedicato all’inclusione in biblioteca con la preziosa collaborazione della Biblioteca Universitaria di Napoli.


MEDAGLIA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


 

Appuntamento a Napoli nello splendido Salone monumentale della Biblioteca Universitaria di Napoli il 21 e 22 novembre per parlare di inclusione in biblioteca.

Il Convegno promuove una riflessione pubblica sull’inclusione nella sua accezione più ampia e richiama la promessa centrale e trasformativa “Leaving no one behind” dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e dei suoi Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) e si sviluppa attorno al mantra di ogni iniziativa del mondo della disabilità “Niente (o Nulla) su di Noi, senza di Noi”. L’obiettivo è quello di attivare un dibattito sulle potenzialità delle biblioteche come luogo dell’inclusione che consideri le “disabilità”, non soltanto quelle di natura motoria, sensoriale, cognitive e psichiche, e che tenga conto di tutte quelle situazioni che determinano l’impossibilità, o comunque l’estrema difficoltà, di accedere agli strumenti della conoscenza, di stabilire relazioni, di esperire le funzioni connesse ai diritti e ai doveri di cittadinanza, di essere soggetto e non oggetto della propria esperienza esistenziale.

Le biblioteche dovranno perciò sapersi confrontare con le conseguenze, ad esempio, della perdita del lavoro, della mancanza di un domicilio, della solitudine delle persone anziane, ma anche dei più giovani privi del sostegno di un ambiente familiare adeguato, dei reclusi e dei lungodegenti delle RSA, di tutti coloro che a più riprese sono stati definiti “vittime della logica dello scarto”.

Nel perseguimento di questi obiettivi, alle biblioteche sarà richiesto di uscire dalle proprie mura e di andare per le strade della comunità, stringendo alleanze con la cittadinanza, le famiglie, le strutture socio-sanitarie, le associazioni del Terzo Settore, le scuole, le case di reclusione, nonché con i rappresentanti della pubblica amministrazione centrale e territoriale.

La prime due sessioni proporranno una panoramica sugli strumenti e sulle azioni per l’inclusione attraverso le testimonianze di professionisti che a diverso titolo operano in questo ambito professionale.

La terza sessione sarà realizzata attraverso la selezione – effettuata attraverso una call for papers – di iniziative che vedano il coinvolgimento diretto di persone in condizioni svantaggiate, nelle diverse forme che questa condizione possa assumere.

 
Il convegno è stato realizzato grazie al contributo concesso dalla

Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali. 

Comitato scientifico

Paul Gabriele Weston (presidente), coordinatore Gruppo di studio sull’inclusione AIB

Maria Pia Cacace, componente Comitato esecutivo nazionale AIB

Francesca Cadeddu, segretario generale AIB

Elisa Callegari, componente Comitato esecutivo nazionale AIB

Madel Crasta, presidente Comitato tecnico scientifico Biblioteche e Istituti culturali-MIC

Agnese Galeffi, Centro Sistema Bibliotecario, Sapienza Università di Roma

Franco Neri, studioso di biblioteconomia

Laura Santocchi, già capo del Servizio Rapporti con la Società civile e per la Coesione sociale della Presidenza della Repubblica

Poster session - Call for papers

La call si rivolge ai promotori di iniziative in biblioteca che vedono il coinvolgimento diretto di persone in condizioni di svantaggio, nelle diverse forme che questa condizione possa assumere.

Gli interventi non dovranno avere la forma di relazioni, saranno preferite le testimonianze, scelta in accordo con il titolo del convegno: Nulla su di noi senza di noi.

Gli interessati potranno inviare un breve abstract (massimo 2000 caratteri, spazi inclusi), in lingua italiana o inglese, accompagnato da una breve nota curriculare (massimo 1000 caratteri), entro e non oltre il 28 ottobre 2024 all’indirizzo inclusione-napoli[at]aib.it.

Gli organizzatori si impegnano a comunicare i risultati della call for papers entro il 4 novembre per dar modo agli autori di organizzarsi per essere presenti (in presenza oppure online) alla Poster session in programma il 22 novembre.

Programma

Modulo di iscrizioni

Le iscrizioni sono chiuse.

Con il contributo di

In collaborazione con

Con il patrocinio

Con il supporto di

AIB Campania
Associazione Tutti Suonati
Associazione culturale Mine creative

Sponsor

MLOL
OCLC
Torrossa Casalini
Cenfor
GUERRI MARIO S.A.S.

Abstract

Maddalena Battaggia (AIB Lazio, BIBLAB – Università Sapienza di Roma) e Chiara Cauzzi (Biblioteca universitaria Lugano, Istituto di studi italiani, Istituto di diritto – Università della Svizzera italiana)

 

L’intervento è frutto delle riflessioni avviate all’interno del gruppo di studio AIB sull’inclusione e intende raccontare le attività svolte e le iniziative promosse dalla sua costituzione sino ad oggi

In apertura si condividono le considerazioni sul significato di inclusività e di inclusione in biblioteca, mettendo in evidenza come tali concetti siano necessariamente aperti e in continua evoluzione.

Il tema è infatti portatore di una profonda complessità e di tante differenti sfaccettature: necessita quindi di essere osservato con grande serietà nelle sue diverse prospettive. Seguirà la presentazione di una prima mappatura dell’inclusività nelle biblioteche italiane realizzata grazie all’analisi dei dati provenienti dal prezioso Censimento delle biblioteche pubbliche e private 2022 (per l’anno 2021) e 2023 (per l’anno 2022) di Istat. La lettura dei dati mette in evidenza una situazione alquanto preoccupante che attesta un’attenzione ancora troppo bassa da parte delle biblioteche nei diversi ambiti – spazi e arredi; patrimonio; partnership e collaborazioni – riferibili al concetto di inclusività in biblioteca. Prima di avanzare alcune considerazioni conclusive sulle mancanze rilevate e sugli sviluppi che come gruppo di studio intendiamo perseguire, si propone un’analisi trasversale dei fondamentali strumenti professionali che la comunità bibliotecaria ha prodotto negli ultimi anni sul tema dell’inclusione in biblioteca: letteratura professionale, convegni, iniziative e corsi di formazione.

Rosa Maiello, direttore della Biblioteca di Ateneo Università di Napoli Parthenope

La biblioteca inclusiva è una nuova tipologia di biblioteca, una nuova caratteristica della biblioteca, o una qualità che la biblioteca in quanto tale dovrebbe avere per definizione, se aderisce ai valori enunciati dai codici etici professionali? Oltre ai suoi spazi, i suoi servizi più tipici servono o no alle politiche attive per l’inclusione, oppure sono fungibili, li si può sostituire con altro? Ma in che modo la biblioteca può riuscire a essere sempre più inclusiva, quali competenze deve avere stabilmente al suo interno, quali deve coinvolgere e come può farlo? In particolare, quali alleanze può costruire e quali strumenti, anche normativi, può utilizzare? Infine: la biblioteca a cui pensiamo è “pubblica”? Qual è il ruolo del settore pubblico e quello del Terzo settore?

Si propone una riflessione su queste domande, anche a partire da esperienze e lezioni apprese da alcuni progetti, da Mamma lingua a Biblio Young Naples. Un mare di sentimenti.

 Massimo Maggio, Direttore CBM Italia ETS

Perché una ricerca sociale sul nesso fra disabilità e povertà in Italia?  I dati parlano chiaro: nel mondo ci sono 1.3 miliardi di persone con disabilità, di cui circa 150 milioni con disabilità gravi e gravissime. L’80% di esse vive nei Paesi a basso e medio reddito, dove CBM opera fin dal 1908 come Organizzazione umanitaria impegnata nell’inclusione delle persone con disabilità.  Ed è proprio in questi Paesi che da più di un secolo constatiamo l’esistenza di un nesso fra disabilità e povertà che genera un circolo vizioso in cui una alimenta l’altra e viceversa. Ma se tutto questo è vero per i Paesi a basso e medio reddito, la domanda è: anche in Italia esiste questo nesso fra Disabilità e Povertà? Una domanda che ci siamo posti in questa congiuntura economica complessa nella quale – come conferma Istat – circa 5.6 milioni di persone residenti nel nostro Paese vivono in povertà. Abbiamo constatato come in Italia manchino rilevazioni statistiche strutturate sul fenomeno: ecco l’esigenza di condurre una ricerca sulla relazione fra disabilità e povertà nelle famiglie italiane, realizzata insieme alla Fondazione E. Zancan. Uno studio nato per aggiungere conoscenza, quantificando la dimensione del fenomeno povertà fra le persone con disabilità e le loro famiglie e approfondendone le connessioni esistenti.  Una ricerca che è stata soprattutto un ascolto, di circa 300 famiglie di persone con disabilità in tutta Italia, coinvolte attraverso un’indagine sia quantitativa che qualitativa. I risultati e le evidenze richiamano la necessità mettere sempre al centro la persona con disabilità e la sua famiglia con un approccio multidimensionale che consideri la persona nella sua interezza.

Come?  Quattro le direzioni di azione che la ricerca propone:

  • Creare le condizioni per abbattere i muri che isolano.
  • Investire in servizi ma che siano promotori di umanità
  • Riconoscere e valorizzare la capacità di ogni persona con disabilità affinché da “spettatore diventi attore”.
  • Promuovere opportunità inclusive per garantire un vero progetto di vita che consenta l’autorealizzazione.

Fabrizio Serra, Segretario Generale, Fondazione Paideia

L’indagine ha coinvolto circa 1000 famiglie italiane con bambini e ragazzi fino a 18 anni di età, di cui un terzo con disabilità. La rilevazione, in particolare, si è concentrata su alcuni ambiti di interesse emersi in seguito a focus group che hanno coinvolto operatori sociali, professionisti sanitari e familiari di bambini con disabilità: rete e percezione di aiuto, scuola, servizi socio-sanitari, informazioni, tempo libero, lavoro, futuro dei figli. L’obiettivo  è stato quello di allargare la visione e il dibattito oggi esistente sulla disabilità infantile e portare alla luce l’impatto che la nascita di un bambinə con disabilità genera su tutto il sistema familiare (madri, padri, fratelli, sorelle, nonni).

Quello che emerge è un quadro complesso, in cui l’impatto della disabilità è diffuso e trasversale, toccando anche il tempo ricreativo e la cultura. Particolarmente critici i dati che riguardano il mondo del lavoro, dove le madri in primis e, in misura minore, i padri di bambini e ragazzi con disabilità raccontano condizionamenti di carriera e discriminazione in misura maggiore rispetto al resto della popolazione, un dato che è necessario portare all’attenzione delle imprese per costruire politiche di inclusione e responsabilità sociale davvero efficaci. Importante anche, sul versante economico, il dato che riguarda la spesa per prestazioni sanitarie private, alle quali dichiara di fare ricorso l’81% delle famiglie con bambini con disabilità, spendendo oltre 2.000 euro l’anno nel 27% dei casi.

Pesano anche le preoccupazioni rispetto al futuro dei propri figli, ma se generalmente riguardano il lavoro, la salute e l’indipendenza economica dei figli, per le famiglie che hanno bambinə con disabilità il timore più grande è il “dopo di noi”, ovvero la capacità dei figli di sopravvivere ai genitori quando questi non ci saranno più.

Questa indagine è un punto di partenza, apre spazi di riflessione su alcune questioni relegate ai margini, ma fondamentali per costruire una società e una cultura più inclusive e migliorare le condizioni di vita delle famiglie dei bambinə con disabilità.

Anna Contardi, Associazione Italiana Persone Down

 

Tutto lo sviluppo e la crescita del bambino può essere visto come un graduale passaggio dalla dipendenza verso l’autonomia che diviene completa  quando il bambino diviene adulto e cittadino  a tutti gli effetti, soggetto e oggetto di diritti, capace di lavorare e di avere rapporti paritari con gli altri. Nella crescita verso l’autonomia, un bambino con disabilità incontra però due tipi di ostacoli: da una parte le difficoltà  legate  al suo  deficit, dall’altra gli atteggiamenti di paura e le  ambivalenze dell’ambiente che interferiscono con il suo grado di  autonomia potenziale, raggiungibile pur nella situazione di  svantaggio. Spesso i genitori, ma anche la gente in genere che il bambino incontra, talvolta gli stessi operatori e  insegnanti, sviluppano nei suoi confronti un atteggiamento  assistenziale e protettivo che ne limita l’acquisizione di indipendenza. Sembra quasi che si voglia compensare con maggiore affetto ed atteggiamenti più permissivi il disagio per il deficit o che a causa di esso il bambino venga complessivamente ritenuto incapace  e quindi  bisognoso di assistenza e di qualcuno che operi al  posto suo in ogni occasione. Tra coloro che si occupano di disabilità intellettiva si è fatta  però strada in questi anni la sempre più radicata convinzione dell’importanza  dell’educazione  all’autonomia per lo sviluppo  di  una persona con disabilità intellettiva e per il suo inserimento sociale e lavorativo.

Si lavora per l’autonomia fin dai primi giorni di vita. Molte  conquiste però, soprattutto nell’ambito dell’autonomia  fuori dalle mura domestiche, sono difficilmente raggiungibili in ambito familiare  soprattutto quando tale problema viene posto in adolescenza, momento in cui i ragazzi handicappati, così come gli altri adolescenti, iniziano a manifestare desiderio di distacco dei genitori e mal sopportano le loro richieste.

Al tempo stesso anche per i genitori riconoscere e accettare  che i loro figli stiano diventando grandi è spesso difficile e  tale processo va in qualche modo sostenuto. Il tema dell’educazione all’autonomia assume allora un particolare risalto nell’età adolescenziale. E’ per affrontare questi bisogni, per rispondere a tali esigenze che nel 1989 a Roma presso l’Associazione Italiana Persone Down (allora ABD) è sorto il I corso di educazione all’autonomia per adolescenti con Sindrome di Down.

Oggi questo corso è diventato un’attività istituzionale dell’associazione e nel 2023 è stato frequentato in Italia, presso le sedi AIPD da 1133 persone con SD. Dal corso sono partite poi esperienze di tempo libero, di residenzialità temporanea e permanente.

Ci si è interrogati sul tema del lavoro (per tutti coloro per cui tale percorso è possibile), ci si è confrontati su che vuol dire fare progetti anche sul piano sentimentale. E sempre di più, dalle stesse persone Down sono emersi nuovi bisogni e nuove consapevolezze.

Diventare grandi è un fatto anagrafico ormai ineludibile per le persone disabili, ma è anche il frutto di un riconoscimento, “sentirsi grandi perché si viene riconosciuti grandi”. Al tempo stesso questo processo interroga noi tutti sulla coerenza dei gesti e delle aspettative (non si può chiedere ad una persona che si comporti da grande quando vogliamo che rifaccia il suo letto e dire alla stessa persona sei piccolo quando ci chiede perché non può uscire da solo). Gestualità, contesti, esperienze costruiscono nel rapporto tra le persone l’immagine sociale di ognuno di noi.

Giuseppe Perna, presidente APS Annalisa Durante

La Biblioteca a porte aperte Annalisa Durante è una biblioteca di frontiera, costituita quasi esclusivamente da libri in dono, sorta a Forcella per contrapporre alle armi della violenza quelle della cultura, in risposta alla morte della giovane Annalisa, vittima innocente della criminalità organizzata.

La Biblioteca rappresenta un punto di riferimento e di ritrovo per il quartiere. Come le piazze erano il luogo dell’incontro, dello scambio, dell’esercizio della democrazia e del dialogo tra culture, così si è divenuta nel tempo la nostra Biblioteca: un luogo fronte strada, a porte aperte, dove chiunque può entrare, prendere un libro, leggerlo, scambiarlo con un altro, incontrare persone, partecipare ad attività laboratoriali, formarsi, ri-generarsi.

Numerose sono le opportunità messe in campo: dalla lettura 0-6 anni ai laboratori educativi e di inclusione per bambini, giovani e famiglie, con un’attenzione sempre maggiore alle persone con disabilità, che ha reso la Biblioteca un vero e proprio “Hub delle abilità”, denominato “HubAbile”, il cui percorso è stato avviato grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Salute mentale dell’ASL Napoli 1 e ad un progetto della Regione Campania, realizzato in collaborazione con associazioni operanti nel campo delle disabilità, specializzate nell’affrontare i DSA, i disturbi alimentari e del comportamento, etc.

Inoltre, una delle peculiarità della Biblioteca è la capacità di intercettare il pubblico uscendo dalla propria struttura e penetrando nel territorio, portando il libro nelle case attraverso il bookcrossing, nei nidi d’infanzia attraverso la lettura 0-6, nelle scuole attraverso laboratori educativi e l’allestimento di scaffali tematici, presso gli esercenti commerciali con l’organizzazione di letture in pizzeria e l’allestimento di mensole dedicate, ed anche nelle strade, con eventi di promozione del libro, della lettura, della salute e dell’ambiente, attraverso azioni di cittadinanza attiva e responsabile.

Graziella Favaro, Centro COME di Milano

Le biblioteche sono servizi di tutti e per tutti.  Esse agiscono all’interno di comunità che sono cambiate nel tempo e che sono oggi il teatro dell’evolversi e dell’intreccio di storie e di biografie differenti. Già da qualche tempo, il paesaggio linguistico delle nostre comunità è diventato poliformo e più variegato Alla lingua nazionale, alle varietà dialettali  e alle lingue minoritarie, si sono aggiunte le lingue immigrate, andando così a configurare una situazione di  neo plurilinguismo. Alla ricchezza degli idiomi in contatto, si accompagna tuttavia spesso il rischio della povertà narrativa per chi cresce in un contesto diverso da quelli di provenienza della famiglia. E questa carenza, o assenza,  di storie e narrazioni  può provocare effetti negativi in termini cognitivi, linguistici, relazionali, emotivi. Come la biblioteca – luogo di tutti e per tutti – può diventare un luogo aperto, di scambio e di dialogo: un’agorà in cui possano trovare posto le storie e le parole di molti?

Elena Corniglia (responsabile del Centro di Documentazione e Ricerca sul Libro Accessibile, Area onlus)

Garantire a tutti i bambini e i ragazzi, con e senza disabilità, il diritto alla lettura significa moltiplicare le strade di accesso alle storie, in modo che ognuno possa trovare quelle a lui più congeniali. Grazie alla combinazione di formati particolari, codici diversi, stimoli multisensoriali, supporti versatili e attenti progetti grafici, testuali e iconografici, i libri accessibili concorrono con forza a realizzare questo obiettivo. Libri tattili con trascrizione in Braille, libri in simboli e libri con traduzione in LIS, libri ad alta leggibilità e libri senza parole, audiolibri e libri-gioco compongono, in questo senso, un panorama ricco e variegato che consente a bambini con abilità ed esigenze diverse di vivere a pieno la ricchezza immaginativa, conoscitiva e relazionale di cui le storie sono custodi. Il ruolo che questi libri possono giocare nei processi di inclusione è dunque determinante. Tuttavia, l’aspetto dell’accessibilità costituisce una condizione necessaria ma non sufficiente al raggiungimento di questo scopo. Un libro accessibile può dirsi, infatti, inclusivo quando offre opportunità realmente eque e paritarie ai bambini che ne fruiscono, favorendo un autentico scambio e un reciproco arricchimento tra pari. Parlare di accessibilità editoriale in ottica inclusiva ha senso, dunque, solo se non si prescinde dagli aspetti della qualità, della quantità, dell’appetibilità e della condivisibilità dei volumi. Occorre, cioè, che i bambini abbiano modo di incontrare libri accessibili multiformi e frutto di una progettazione accorta, che possano essere letti insieme e che possano attrarre anche chi una disabilità non ce l’ha, assumendo così davvero la forma di una possibilità, intesa nella duplice accezione di scelta tra tante modalità a disposizione e di facoltà che ognuno è messo nella condizione di esercitare. Bibliovarietà, cura e comunità sono, in questa prospettiva, tre concetti chiave su cui può valere la pena soffermarsi nell’ottica di valorizzare sempre più i libri accessibili come autentici strumenti di partecipazione e democrazia.

Giulia Dapero, Casa editrice Dapero

L’intervento intende presentare il punto di vista di una casa editrice che ha scelto di occuparsi
esclusivamente del tema della vecchiaia e di offrire risorse culturali a tutte le persone a vario titolo coinvolte nella cura di persone anziane fragili.
Dopo una panoramica sui numeri degli anziani residenti oggi in Italia e una riflessione sulla loro qualità di vita oggi, si passerà a una riflessione di carattere filosofico sul modo più diffuso oggi di guardare alla vecchiaia e dunque di includere le persone anziane.
Si tratterà infine di cosa significa in concreto diffondere una cultura che sappia accogliere la vecchiaia, presentando un contenuto editoriale specifico, appositamente pensato per persone anziane con deficit cognitivi (ma non solo), ovvero l’albo illustrato “Lassù è casa mia” (L. Giuriatti, M. Pesaresi, Editrice Dapero 2023).

Anna Peiretti, responsabile del progetto LIBRI PER TUTTI

La cosa più facile, parlando di una biblioteca, è sempre cominciare dai libri. Quando poi si tratta di parlare anche di accessibilità, è naturale descrivere il modo con cui si organizza una molteplicità di documenti, variamente accessibili. Non basta. Per esempio, nelle linee guida IFLA per la progettazione di un design di accessibilità non si parla di libri in simboli della comunicazione aumentativa alternativa (CAA). Esistono, ma siamo ancora in tempo di carestia di libri per persone con limiti cognitivi e linguistici, bisogni comunicativi complessi, disabilità intellettiva.

Potrebbe aiutarci un nuovo incipit? Non i libri, ma i bibliotecari. Nel progetto della rete piemontese LIBRI PER TUTTI, promosso da Fondazione Paideia, i protagonisti sono i bibliotecari; hanno dovuto convertirsi; hanno acquisito competenze specializzate e altamente qualificanti, divenendo essi stessi i traduttori dei libri in simboli. Riconoscono le persone con difficoltà comunicative e facilitano la loro esperienza, supportano la fruizione autonoma dei servizi, utilizzano ausili comunicativi.  Sono consapevoli della necessità della lettura multimodale, attivi nella progettazione di laboratori di lettura inclusivi. La domanda ad una biblioteca che voglia essere inclusiva non è più, soltanto, supportare la molteplicità degli scaffali con testi specifici e risposte particolari, ma progettare soluzioni creative per costruire un contesto inclusivo. Ogni biblioteca è accogliente verso tutti gli utenti, ma non tutte sanno come rendere possibile la partecipazione di tutti alla lettura. La biblioteca è un esteso spazio culturale, in cui nuove tattiche e nuove pratiche possono avviare la progettazione dinamica di nuovi contesti inclusivi.

Chris Oliver, IFLA Accessibility Metadata Network

Libraries are strong advocates for access to information. They also advocate for barrier-
free physical environments, signage that all users can interpret, and a proactive
welcome for all users. Does this welcome extend to the resource discovery experience
of disabled users? The nature of a library catalogue is to provide sufficient metadata
that a user can explore and navigate on their own. But if, for example, you are print
disabled, how easy is it to identify resources that match your needs? Accessibility
metadata is information about accessibility features or hazards, and it is not always
present; when it is present, it is not always displayed or indexed, and it is not
necessarily consistent. There are many challenges and few guidelines for library
communities around the globe. The IFLA Accessibility Metadata Network brings
together metadata experts and accessibility experts to identify the guidance needed and
begin the process of standardizing accessibility metadata practices in libraries.
Widespread collaboration and coordination lay the groundwork for compatibility of data,
an appropriate response to user needs, and an efficient reuse of accessibility metadata
created in related sectors, such as by publishers or agencies that produce accessible
versions of resources.

Andrea Mangiatordi, professore Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione, Università degli Studi di Milano Bicocca)

Le tecnologie basate su Intelligenza Artificiale sono sempre più potenti e pervasive, ma cosa comporta questo per gli utenti? In particolare, in quale modo si può utilizzare per sostenere un processo importante come quello della lettura? A partire dalle indicazioni offerte dal quadro teorico dell’Universal Design for Learning (UDL) in questo contributo si esploreranno modalità e interfacce utilizzabili in supporto a processi di lettura, decodifica e comprensione, con un occhio di riguardo anche per la dimensione dell’interazione con il testo e della motivazione.

Francesca Maria D’Agnelli, Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Conferenza Episcopale Italiana

La crescente attenzione al tema dell’inclusione ha trovato naturale accoglienza nella sensibilità propria della Chiesa e dei suoi Pastori, trovando nell’istituzione in Conferenza Episcopale Italiana del Servizio Nazionale per la pastorale delle persone con disabilità (dal 2019) l’appoggio stabile e durevole ad una modalità nuova di progettare insieme, nelle tante caratteristiche di ognuno, per pensare a proposte e soluzioni che non lasciassero nessuno escluso. Gli istituti culturali ecclesiastici -musei, archivi e biblioteche- hanno costituito il presidio d’inclusione nei territori favorendo la coesione della comunità, in tutte le sue specifiche articolazioni. Da una parte si lavora centralmente a migliorare l’accessibilità ai dati -in primis mediante l’adozione di AccessiWay per i siti istituzionali e il portale BeWeB- e a registrare la presenza di dispositivi che favoriscono l’accesso delle persone a ridotta mobilità in chiese e istituti culturali. Dall’altra parte, prendono corpo esperienze collaborative come quelle proposte dai progetti territoriali DUC IN LATIUM e CHIESE A PORTE APERTE promossi rispettivamente dalla consulta della Regione ecclesiastica Lazio e dalla Regione ecclesiastica Piemonte e Valle d’Aosta. Non ultime le tante iniziative dei singoli istituti sul territorio.

Fabio Fornasari, architetto e museologo

Nella nostra società, cresciuta attorno a un concetto di “normalita”, spesso privilegiamo alcuni sensi (come la vista) rispetto ad altri, basandoci su linguaggi già consolidati e riconosciuti; su questi siamo abituati a esercitare la nostra attività immaginativa. Ma ogni senso si porta dietro il proprio linguaggio e quindi le proprie scritture e le proprie letture. È possibile quindi immaginare con l’intero corpo?

Fabio Venuda, Coordinatore del Master in Digital Humanities Università di Milano

La relazione si propone di considerare un’introduzione al concetto di biblioteca inclusiva, privilegiando una visione complessiva delle aree specifiche e degli elementi che la biblioteca deve considerare e su cui deve intervenire, forniti dal modello di riferimento per la biblioteca inclusiva.
L’attenzione sarà focalizzata su alcuni aspetti teorici, seguiti da esempi e suggerimenti pratici, considerando, quindi, “cosa“ la biblioteca deve considerare per essere inclusiva e “come” ciò può essere fatto.