La fonte di ispirazione dichiarata del primo Manifesto (2005) erano le conversazioni del Cluetrain Manifesto (1999): l’affermarsi del web imponeva di ripensare i mercati e l’agire delle organizzazioni in termini di conversazioni tra persone.

In questi anni le conversazioni sono continuate e si sono arricchite. Ad esempio la Biblioteca come conversazione (Lankes 2011) e la Cultura come conversazione (ACRL 2015) hanno messo in rilievo il ruolo della conversazione nei processi cognitivi con i quali si sviluppa e si condivide la conoscenza.

Le conversazioni restano ancora il punto di partenza di questa versione del Manifesto.

A) Principi

1. Le biblioteche digitali sono conversazioni

Non biblioteca digitale, ma biblioteche digitali, non un sistema, una grande narrazione sistematica, ma tante conversazioni tenute insieme da un linguaggio comune, da una struttura comunicativa basata sull’assunzione di impegni fra comunità diverse per pubblici diversi.

2. Le biblioteche digitali forniscono dati e servizi

Le biblioteche digitali si presentano come comunità di natura disciplinare, territoriale o istituzionale diversa, che forniscono dati e servizi agli utenti, anche favorendo il riuso dei dati medesimi per lo sviluppo di servizi di terze parti (Open Data).

3. Gli utenti delle biblioteche digitali non sono solo esseri umani ma anche agenti software quali programmi, sistemi e applicazioni

La visione del Web semantico si sta sempre più affermando: le biblioteche digitali hanno tutti gli strumenti per giocare un ruolo fondamentale nel web dei dati: grazie alla intermediazione di applicazioni (o agenti software) molte altre conversazioni in differenti contesti possono essere attivate o influenzate.

4. Le biblioteche digitali sono biblioteche 

Le biblioteche digitali condividono con tutte le altre biblioteche la natura di servizio di mediazione per l’accesso alle conoscenze storicamente determinato dall’interrelazione con il proprio ambiente. Come tutte le biblioteche sono luoghi di vita culturale, e sono impegnate nell’allestire uno spazio pubblico tale da garantire e supportare l’accesso libero e uguale all’informazione e alla conoscenza, e nell’organizzare e preservare la conoscenza per le generazioni future.

5. Le biblioteche digitali promuovono la conoscenza

Le biblioteche digitali realizzano servizi che, tramite la promozione dell’accesso alle conoscenze, hanno come fini quelli di facilitare il pieno esercizio dei diritti di cittadinanza, di supportare il percorso formativo, scolastico, accademico e professionale, favorendo la formazione continua delle persone (Lifelong learning, Open Education).

6. Le biblioteche digitali integrano le comunità

Le biblioteche digitali realizzano l’integrazione funzionale dei servizi offerti da molteplici comunità, raccolte nei rispettivi ecosistemi o dominii: archivi, biblioteche, musei, istituzioni della formazione e della ricerca, pubblica amministrazione, industria culturale e dello spettacolo, media, industria delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

7. Le biblioteche digitali interagiscono con le proprie comunità

Le biblioteche digitali basano il loro rapporto con gli utenti sul metodo dell’interazione, favoriscono la partecipazione attiva degli utenti alla propria comunità, anche attraverso la creazione di nuove risorse, e cercano di parlare il loro linguaggio. Supportano inoltre l’attivazione di percorsi dedicati allo sviluppo della competenza informativa degli utenti stessi, intesa come capacità di ricerca indipendente, di analisi, valutazione critica, riuso efficace delle diverse fonti informative, e di comprensione di come l’informazione è prodotta e valutata, anche al fine di produrre nuova conoscenza.

8. Le biblioteche digitali non si piegano a un’unica finalità, sia essa culturale o economica, ma allestiscono l’ambiente in cui qualunque finalità potrà liberamente venire perseguita

Non è possibile prevedere che tipo di uso gli utenti faranno degli oggetti digitali, nativi o frutto di progetti di digitalizzazione, che si vengono raccogliendo nelle biblioteche digitali. È necessario progettarle in modo da consentirne usi molteplici da parte di molteplici agenti per finalità diverse, di natura culturale, commerciale o di qualsivoglia altra natura, nei limiti previsti dalla legge. A questo scopo le tecnologie e gli standard adottati dovranno favorire il riuso degli oggetti anche tramite applicazioni realizzate dagli utenti stessi.

9. Le biblioteche digitali rispettano i diritti di tutti

Le biblioteche digitali perseguono l’equità ed il giusto equilibrio fra gli interessi dei detentori dei diritti di proprietà intellettuale e gli interessi degli utenti ad un accesso pieno alle conoscenze, e salvaguardano il diritto alla riservatezza degli individui.

10. Le biblioteche digitali mal sopportano il centralismo

Le biblioteche digitali non tollerano modelli centralizzati di governo. Il loro sviluppo presuppone, ad ogni livello e in particolare nelle PA, la cooperazione fra enti ed istituzioni diverse e la distribuzione di ruoli, responsabilità e funzioni all’interno di una prospettiva generale condivisa. Il modello di governo originariamente delineato per la rete del Servizio Bibliotecario Nazionale, basato sulla cooperazione fra Stato, Enti locali, Università e Istituzioni private, può essere un utile punto di riferimento. Parimenti, da un punto di vista tecnologico, vanno privilegiati gli standard che favoriscono l’interoperabilità delle piattaforme e la condivisione dei dati e dei contenuti.

11. Le biblioteche digitali sono finanziate in maniera trasparente

Le biblioteche digitali sono finanziate con decisioni documentate, pubbliche e trasparenti in quanto, a prescindere dalla loro titolarità pubblica o privata, vanno considerate alla stregua di beni funzionali al perseguimento e al soddisfacimento degli interessi della collettività, esprimono utilità funzionali al libero sviluppo delle persone e delle comunità, e sono generalmente prive di particolari restrizioni nell’accesso (beni comuni).

12. Le biblioteche digitali danno un contributo fondamentale alla sostenibilità economica, sociale, sanitaria e ambientale delle loro comunità 

Il 1 gennaio 2016 è divenuta operativa l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile approvata dalle Nazioni Unite. Sono stati concordati 17 obiettivi di sviluppo sostenibile e le modalità per valutare il raggiungimento di questi obiettivi: occorre intervenire per rendere sostenibile il modello di sviluppo dal punto di vista ambientale, economico e sociale (ma anche dal punto di vista sanitario, come previsto dall’obiettivo 3 e come la pandemia del 2020 ci ha ricordato). Il ruolo delle biblioteche nell’accesso all’informazione e nel mondo della cultura è essenziale per il raggiungimento di tutti i 17 obiettivi. In questo contesto la cultura può essere vista come un insieme di modalità sociali di interpretare e di interagire con il mondo. Queste modalità si formano dialetticamente attraverso conversazioni. Solo l’avvicinarsi o meno ai 17 obiettivi può misurare l’impatto e il successo delle biblioteche digitali

13. Le biblioteche digitali diffondono risorse multimediali

Le biblioteche digitali consentono al massimo grado la raccolta, la conservazione e la diffusione di risorse multimediali, in primo luogo, per ragioni storiche, documenti (fra cui pre-print, rapporti interni, dispense, progetti di studio, protocolli sperimentali, pubblicazioni istituzionali, e altri e-print altrimenti relegabili nella cosiddetta “letteratura grigia”) ma anche registrazioni audio e video, data-set statistici e scientifici, mappe e grafici, siti web, software che individualmente o aggregati o tra loro messi in relazione costituiscono contenuti di interesse sul piano culturale, scientifico, educativo e dell’intrattenimento.

14. Le biblioteche digitali sono accessibili e si fanno conoscere

Per garantire l’utilizzazione al più ampio e diversificato insieme di utenti l’infrastruttura delle biblioteche digitali facilita l’individuazione e l’accesso alle risorse digitali, adotta strumenti tali da combattere il digital divide e standard tali da favorire l’usabilità e l’accessibilità dei siti, anche attraverso soluzioni che supportino il multilinguismo al fine di garantire la diffusione dei contenuti nel contesto europeo e internazionale. Le biblioteche digitali, inoltre, promuovono tutti gli aspetti della propria attività, e favoriscono l’educazione degli utenti al corretto utilizzo dei propri servizi e delle risorse digitali.

15. Le biblioteche digitali si mettono in discussione e si aggiornano

Le biblioteche digitali si impegnano costantemente a documentare e rendicontare i risultati raggiunti, i modi in cui sono stati conseguiti e i mezzi utilizzati per il loro raggiungimento, nella valutazione (auditing, certificazione da parte di organismi indipendenti, benchmarking) e nell’aggiornamento della propria struttura, e dei propri servizi e contenuti, allo scopo di perseguire al meglio gli obiettivi stabiliti e di orientare la propria attività verso i nuovi obiettivi emergenti 

16. Le biblioteche digitali non si occupano di techeology

Spesso le conversazioni sulle biblioteche digitali sono condizionate da posizioni dove gli strumenti si presentano come un misto di tecnologia e di ideologia (techeology) e diventano essi stessi fini e non mezzi per offrire servizi. Le innovazioni tecnologiche vanno messe alla prova: occorre diffidare delle soluzioni miracolistiche, la realtà è sempre più complessa.

17. Nelle biblioteche digitali la tecnologia non sostituisce né riduce il lavoro umano

Nelle biblioteche digitali, come in altri settori produttivi, il lavoro dei bibliotecari non può essere ridotto ad un insieme o una somma di compiti, perciò non esistono robot che possano sostituirli.
Al contrario, i bibliotecari svolgono attività molteplici, variamente connesse al ciclo di vita del digitale, che spesso travalicano i confini delle singole discipline e delle competenze settoriali, e che richiedono specializzazione elevata. Si rende quindi necessario favorire non solo l’assunzione di personale con nuove competenze ma anche, tramite la formazione professionale continua, l’acquisizione da parte del personale in servizio delle conoscenze che, nel mutato ecosistema informativo, permettano di ripensare i servizi offerti e progettarne di nuovi. Le biblioteche digitali hanno quindi un ruolo da giocare in merito allo sviluppo di opportunità occupazionali di alta qualificazione, all’interno del mercato del lavoro culturale. 

B) Modelli

18. Le biblioteche digitali hanno modelli flessibili

I modelli di biblioteche digitali devono essere flessibili, aggiornabili in funzione delle innovazioni tecnologiche e aperti alle sinergie con aree di applicazione dell’ industria delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che si estendono oltre l’ambito specifico delle biblioteche e degli archivi digitali (fra gli altri e-commerce, DRM digital rights management, public key infrastructure, e-learning, e-government).

19. Le biblioteche digitali sono definite da dati, contenuti e servizi

Le biblioteche digitali sono definite in termini di dati, contenuti, servizi, utenti, fornitori e tecnologie. I contenuti, ovvero le risorse, sono costituiti dagli oggetti digitali veri e propri e dai metadati associati. I servizi consentono la fruibilità degli oggetti digitali da parte delle varie tipologie di utenti, avvalendosi delle informazioni veicolate dai metadati.

20. Le biblioteche digitali contemplano e si fanno carico dell’intero ciclo di vita del digitale, nativo o frutto di progetti di digitalizzazione

Le biblioteche digitali gestiscono processi caratterizzati da forte interdipendenza, che possono andare dalla creazione dei contenuti alla loro disseminazione. Nel progettare le singole fasi occorre tenere ben presente l’unitarietà del processo e i vincoli o i requisiti che ciascuna fase può porre a tutte le altre. In un progetto di digitalizzazione, ad es., possono darsi le seguenti fasi, non tutte rigidamente conseguenti l’una all’altra: Progettazione, Allocazione delle risorse finanziarie ed umane, Criteri di scelta per la selezione dei materiali, Scelta dei materiali, Definizione degli standard, Movimentazione, Condizionamento, Metadatazione, Digitalizzazione, Controllo di processo, Controllo di qualità degli oggetti, Archiviazione, Pianificazione della conservazione, Disseminazione (esposizione dei metadati), Definizione delle interfacce di ricerca, Profilazione degli accessi. Tutte queste fasi si condizionano reciprocamente pur all’interno di un processo unitario.

21. Le biblioteche digitali adottano standard per la gestione dei dati, dei servizi e dei sistemi implementati

Le biblioteche digitali adottano standard condivisi per la gestione dei dati e dei servizi operati su di essi, e per il disegno e l’implementazione dei sistemi utilizzati

  • al fine di garantire il pieno riconoscimento dei dati e l’autonomia dei dati rispetto ai sistemi utilizzati, adottano standard per i metadati impiegati ad ogni livello descrittivo: i contenuti, il processo di digitalizzazione, il caricamento, l’archiviazione e l’accesso dell’oggetto digitale;
  • al fine di garantire l’accessibilità e la conservazione dei contenuti multimediali, privilegiano formati file aperti e ampiamente utilizzati archiviando, qualora possibile, anche le versioni prive di compressioni con perdita di informazione;
  • al fine di assicurare il pieno allineamento dei propri servizi alla continua evoluzione del contesto ICT fanno propri i principi di Cloud First, API first, Mobile first, Security by design, e promuovono l’adozione e lo sviluppo di vocabolari controllati e condivisi;
  • al fine di garantire l’autonomia dei servizi rispetto alle specifiche implementazioni, pianificano il data-flow sulla base di modelli funzionali aperti e documentati;
  • al fine di garantire la massima inclusione di ogni soggetto e in particolare di coloro che sono diversamente abili, garantiscono l’adozione e il soddisfacimento degli standard di accessibilità e di usabilità;
  • al fine di garantire la condivisione e il riuso dei dati da parte di utenti e di altri sistemi, lo sviluppo modulare, l’estensione e l’integrazione dei propri componenti funzionali, adottano architetture orientate ai servizi, protocolli aperti e documentati, disegnano e implementano interfacce programmatiche (API) descritte secondo gli standard correnti per consentire l’utilizzo automatizzato dei servizi esposti;
  • al fine di permettere il controllo dell’accesso ai contenuti, adottano soluzioni standard per il Digital Rights Management (DRM) 

22. Le biblioteche digitali si conformano ai piani di sviluppo e alle normative nazionali e europee per il settore digitale 

Le biblioteche digitali, siano esse afferenti a istituzioni pubbliche o private, condividono il contesto strategico delle Linee guida emanate dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) nell’ambito del Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione e fanno proprio lo European Interoperability Framework, oggetto della Comunicazione (COM (2017)134) adottata dalla Commissione europea il 23 marzo 2017; si conformano alle norme nazionali e europee rilevanti per il settore digitale attualmente vigenti, impegnandosi altresì a recepirne le eventuali future evoluzioni, quali: il Regolamento UE n. 910/2014 eIDAS – Electronic Identification, Authentication and Trust Services, il Codice dell’amministrazione digitale (CAD) (decreto legislativo n. 82 del 7 marzo 2005 e s.m.i.) e il General Data Protection Regulation (GDPR), Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati. 

23. Le biblioteche digitali promuovono il riuso dei contenuti in molteplici contesti, mediante protocolli uniformi e con modalità di accesso configurabili 

Viene favorito il riuso dei contenuti in molteplici contesti, proponendo all’utenza (sia umana sia automatizzata) interfacce di accesso uniformi per dati anche eterogenei e impiegando, per il colloquio fra sistemi, soluzioni condivise quali protocolli (come OAI-PMH o Sitemaps) o framework (come ResourceSync Framework Specification, IIIF International Image Interoperability Framework) che consentano lo scambio di contenuti (harvesting da data-provider a service-provider nella terminologia OAI, Open Archive Initiative)

Il detentore finale dei dati esposti potrà continuare a definire in piena autonomia le politiche di controllo dell’accesso alle proprie risorse anche implementando privilegi di fruizione differenziati in funzione dei diversi service provider e specifiche soluzioni DRM (Digital Rights Management).

24. I contenuti si articolano in molteplici collezioni

Ciascun repository ospita una o più collezioni che sono gestite in piena autonomia dai rispettivi detentori. Sono incentivate le iniziative di cooperazione aventi per obiettivo di armonizzare i contenuti, minimizzando le duplicazioni di tali collezioni.

25. Gli accordi di collaborazione pubblico-privato sono da favorire qualora si configurino come la migliore soluzione per il perseguimento di finalità pubbliche e la gestione di beni comuni 

Le biblioteche digitali necessitano di risorse umane (know-how e digital skills), economiche e strumentali (tecnologie hardware e software) che non sempre sono nella disponibilità delle istituzioni pubbliche o che non conviene implementare e gestire esclusivamente in ambito pubblico. È possibile, quando non addirittura auspicabile, in tali casi, definire accordi pubblico-privato, anche a scopo di lucro per una o entrambe le parti, fermi restando come obiettivi principali il perseguimento di finalità pubbliche e il soddisfacimento degli interessi di comunità. Il preminente interesse pubblico deve essere sancito anche a livello di accordi formali o contrattuali, in particolare in relazione alle licenze di uso delle soluzioni software e dei dati, e alla proprietà dei dati stessi.
A titolo esemplificativo, i partenariati possono riguardare: progetti di digitalizzazione massiva (Google Project Books o Proquest “Early European Books”), gestione del prestito digitale, (Indaco, MLOL, Torrossa, EBSCO…), conservazione di lungo periodo (Internet Archive), gestione e valorizzazione dei dati e delle collezioni (Wikimedia), infrastrutture e servizi cloud.

C) Funzioni

26. Le biblioteche digitali gestiscono i dati e i prodotti della ricerca scientifica, ne favoriscono la libera circolazione e ne supportano l’accesso aperto ai fini della diffusione universale della conoscenza

Le biblioteche digitali considerano proprio compito fondamentale la gestione efficace dei dati e dei prodotti della ricerca scientifica, compresi i dati grezzi e i metadati, il loro mantenimento nel tempo e l’accrescimento del loro valore (Data Curation) tramite l’interazione fra i dati stessi e con gli utenti; condividono i principi della Open Science e in particolare le prassi sviluppate a partire dalla Dichiarazione di Berlino, ai fini della massima diffusione dei risultati originali della ricerca , specie se finanziata pubblicamente; supportano a questi fini la realizzazione degli obiettivi dell’accesso libero e senza restrizioni, della distribuzione illimitata, dell’interoperabilità e dell’archiviazione a lungo termine e favoriscono il mantenimento degli standard qualitativi della validazione dei contenuti e della buona pratica scientifica.

27. Le biblioteche digitali, in particolare le biblioteche depositarie ai sensi della normativa sul deposito legale, si fanno carico, tramite la cooperazione, della conservazione permanente dell’eredità culturale digitale

La conservazione permanente dell’eredità culturale digitale, da attuarsi attraverso un’infrastruttura nazionale dedicata sul modello di Magazzini Digitali, è una funzione eminentemente pubblica, necessaria, insostituibile e strategica per l’intera collettività. Essa realizza, sostanzia e assicura la permanenza e l’accessibilità nel tempo della memoria collettiva delle comunità. Costituisce inoltre supporto insostituibile alla creatività culturale. Adotta standard specifici ed è una funzione diversa dalla Conservazione a norma che, nel rispetto della normativa corrente, è orientata esclusivamente alla conservazione digitale di documenti e fascicoli formati dalle PA nell’ambito della loro azione amministrativa, quindi con valore legale e probante più che culturale. 

28. Le biblioteche digitali sono trasversali rispetto agli ecosistemi settoriali della Pubblica Amministrazione, e costituiscono esse stesse un ecosistema

I Piani triennali per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione hanno individuato un insieme di ecosistemi della PA intesi come “aree di intervento settoriali e omogenee in cui si svolge l’azione delle pubbliche amministrazioni … e in cui vengono erogati servizi a cittadini e imprese attraverso il digitale”. Le Biblioteche digitali costituiscono esse stesse un ecosistema, necessariamente trasversale agli altri, in particolare agli ecosistemi dei Beni culturali e del turismo, del Welfare, della Scuola, dell’Istruzione superiore e della Ricerca. 

29. Le biblioteche digitali promuovono l’uso di piattaforme già realizzate, come quelle previste nell’ambito del Piano triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione

Le biblioteche digitali si avvalgono di piattaforme già realizzate (SPID, PagoPA, ANPR, etc.) e sviluppano e mettono a disposizione piattaforme sia con finalità specifiche (es. Anagrafe Nazionale delle Biblioteche, sistemi per il prestito interbibliotecario, etc.) che di ampio spettro di utilizzo quali metacataloghi, motori di ricerca delle risorse digitali, portali e servizi sia tematici che generalisti e il servizio per il deposito legale 

30. Le biblioteche digitali promuovono lo sviluppo di software open-source e la condivisione del know-how necessario a gestirlo 

Nella prospettiva di favorire l’indipendenza dei dati dalle applicazioni e il pieno controllo dei sistemi impiegati, le biblioteche digitali incoraggiano la diffusione di software open-source, assicurando che sia garantito l’impegno nel suo sviluppo, manutenzione e documentazione, in considerazione del fatto che tutto il software (compreso il software open) richiede lavoro per la sua creazione e aggiornamento.

31. Le biblioteche digitali favoriscono l’integrazione funzionale con i motori di ricerca e con i progetti di big-player che promuovono la conoscenza dei contenuti condivisi

Le biblioteche digitali favoriscono l’instaurarsi di rapporti funzionali con i motori di ricerca come strumenti di aggregazione e ridistribuzione dei metadati relativi alle proprie risorse.

Analogamente, le biblioteche digitali favoriscono l’utilizzo dei dati nei progetti di big-player che promuovano l’accesso e la conoscenza dei contenuti nel rispetto dell’equilibrio fra gli interessi dell’utenza e quelli dei detentori dei diritti.

32. Le biblioteche digitali aprono i dati al Web semantico

Le biblioteche digitali aprono i dati al Web Semantico, garantendo univocità, persistenza e accessibilità dei contenuti per favorire la loro integrazione in nuovi contesti, in una prospettiva Linked Open Data; esponendo i singoli elementi informativi, nativamente o mediante mappatura dagli schemi di metadati adottati, sulla base delle unità di contenuto del Web Semantico (le triple Soggetto – Predicato – Oggetto definite in RDF); promuovendo l’adozione di ontologie condivise e il colloquio con sistemi esperti (quali motori di ricerca inferenziali e strumenti di Intelligenza Artificiale) capaci di integrare i dati in nuove combinazioni, secondo la prospettiva di differenti utilizzatori; aprendo i contenuti a processi di estrazione di informazione (data-mining) che producano nuova conoscenza riutilizzabile e riconducibile a standard aperti e condivisi.

33. Le biblioteche digitali tengono conto dell’ecosistema Wiki 

Le biblioteche digitali promuovono l’utilizzo dei dati nei progetti Wikimedia, garantendo accessibilità e permanenza dei contenuti e favorendo l’integrazione con l’ecosistema Wiki mediante l’impiego di repertori comuni e partecipando all’implementazione di knowledge base quali Wikidata.