Linee di indirizzo per il personale di supporto ai bibliotecari

30/11/2013

Linee di indirizzo per l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale nelle biblioteche italiane e per l’utilizzo di personale a supporto dei bibliotecari

Documento a cura dell’Osservatorio Lavoro e Professione dell’AIB

 (Hanno contribuito alla stesura del documento: Maria Abenante, Nerio Agostini, Rachele Arena, Raffaele De Magistris, Gabriele De Veris, Anna Della Fornace, Luisa Marquardt, Enrica Manenti, Stefano Parise, Ilario Ruocco, Anna Maria Tammaro)

 

L’Associazione Italiana Biblioteche, in quanto associazione professionale rappresentativa a livello nazionale dei bibliotecari italiani, intende fornire indicazioni per disciplinare la partecipazione volontaria dei cittadini e il ricorso a personale di supporto in un quadro di tutela delle prerogative della biblioteca e della professione bibliotecaria, secondo i principi normativi in vigore nell’ordinamento italiano di seguito richiamati.

L’AIB ritiene che la presenza di volontari nelle biblioteche italiane debba essere ricondotta a un’interpretazione autentica del principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale, fondata sul riconoscimento della funzione di interesse pubblico assegnata alle biblioteche, della loro specificità e della necessità di una gestione affidata a bibliotecari in possesso di adeguate competenze e qualificazioni professionali, che la presenza attiva dei cittadini contribuisce a integrare e valorizzare a garanzia della qualità delle prestazioni rese alla collettività.

L’introduzione nella carta costituzionale del principio di sussidiarietà orizzontale e il tema del riconoscimento delle professioni non regolamentate (avviata recentemente a soluzione con l’approvazione della Legge 13 gennaio 2013 n.4) rappresentano i due estremi entro i quali inquadrare una riflessione che ha implicazioni di enorme portata: esse riguardano le relazioni fra autorità pubbliche e forze sociali nel perseguimento del bene comune, il rispetto di alcuni diritti fondamentali della persona compreso quello dell’accesso all’informazione e alla conoscenza, il futuro del nostro sistema di welfare, la partecipazione responsabile e solidale dei cittadini ma anche il diritto al lavoro e il riconoscimento della dignità dei servizi, delle attività e delle professioni d’ambito culturale.

La posizione dell’AIB non può che tener conto di questa complessità per cercare di integrare in una visione coerente e giuridicamente fondata la valorizzazione del principio di sussidiarietà orizzontale e il riconoscimento del ruolo dei bibliotecari professionisti in quanto lavoratori della conoscenza. Essa si ispira al principio generale che la presenza di personale non retribuito nel servizio bibliotecario pubblico non possa mai essere giustificata al mero fine di ridurre i costi di gestione delle biblioteche bensì come strumento teso ad integrare le potenzialità del servizio e ad offrire occasioni concrete per la partecipazione attiva dei cittadini alla vita della loro comunità, in un’ottica che vede la biblioteca come uno strumento del welfare culturale e sociale.

Le forme di lavoro non retribuito previste dalle leggi vigenti sono molto diverse tra loro e alla figura del volontario in senso stretto si affiancano altre tipologie di personale di supporto, ciascuna con proprie specificità: studenti, volontari del servizio civile, tirocinanti, associazioni di volontariato. Tale presenza, se programmata avendo piena conoscenza  dell’utilità e dei limiti derivanti dal suo utilizzo, può contribuire concretamente al miglioramento di taluni aspetti del servizio di biblioteca e diventare una valida occasione di riflessione e confronto per gli operatori professionali. Nel contempo l’impegno all’interno della biblioteca rappresenta un’utile esperienza sociale, soprattutto se vi è la concreta percezione di partecipare ad un programma di lavoro ideato e gestito sulla base di un patto di cittadinanza chiaro, con ruoli ed obiettivi definiti e condivisi.

A tal fine è necessario che gli atti di indirizzo, i documenti di programmazione e quelli di organizzazione emanati dagli organismi e dalle amministrazioni competenti riconoscano i ruoli e armonizzino le competenze in maniera rispettosa della specificità della professione bibliotecaria e del carattere proprio delle prestazioni volontarie, pur prevedendo margini ragionevoli di flessibilità in ragione delle specifiche situazioni locali che tuttavia non devono pregiudicare il criterio generale della complementarietà dei ruoli.

 

L’Associazione Italiana Biblioteche

afferma la centralità del bibliotecario nella conduzione della biblioteca come presupposto per il riconoscimento e la promozione del volontariato ed opera per sensibilizzare le amministrazioni e gli enti responsabili ad un corretto utilizzo dei volontari e del personale di supporto all’interno delle biblioteche italiane;

ribadisce, in attesa che giunga a definizione la disciplina introdotta dalla Legge 13 gennaio 2013 n. 4 con l’approvazione di apposita norma UNI, che al bibliotecario professionale spettano in via esclusiva le attività di direzione e organizzazione nonché quelle di gestione riferibili alle funzioni attualmente individuate come “proprie” delle biblioteche dalla normativa nazionale (Codice dei beni culturali) e regionale vigente, nonché dagli statuti e dai regolamenti approvati dalle università nell’ambito dell’autonomia loro riconosciuta dalla legge;

chiede alle amministrazioni titolari di utilizzare in maniera appropriata tutti gli istituti normativi e contrattuali e tutti gli strumenti organizzativi disponibili per garantire la corretta attuazione del principio di sussidiarietà, riservandosi la facoltà di agire nelle sedi competenti per richiamare gli enti al rispetto dei principi normativi di seguito illustrati;

ritiene che gli enti pubblici titolari di biblioteche nel ricorso alle prestazioni volontarie debbano privilegiare il rapporto con le organizzazione di volontariato iscritte nei registri regionali e provinciali attraverso apposite forme di convenzionamento; in subordine, la presenza di volontari singoli in biblioteca deve essere ricondotta all’iscrizione a un apposito registro istituito dall’ente stesso, che garantisce le coperture assicurative previste per legge;

promuove la conoscenza delle buone pratiche di volontariato in biblioteca e opera per diffondere presso le amministrazioni titolari una cultura del volontariato rispettosa del ruolo dei bibliotecari professionisti, anche partecipando alla definizione di specifiche esperienze territoriali;

non riconosce la legittimità della deroga indiscriminata a favore delle organizzazioni di volontariato per l’affidamento di servizi sotto soglia comunitaria contenuta nel D.L. 95/2012 e ribadisce che le esternalizzazioni dei servizi bibliotecari devono essere effettuate nel rispetto delle procedure di affidamento stabilite dal Codice dei contratti pubblici, con rigorosa verifica della formazione, qualificazione ed esperienza professionale degli operatori coinvolti, dell’esperienza maturata nei settori e servizi di riferimento e del rispetto dei trattamenti economici previsti dalla contrattazione collettiva e dalle norme in materia di previdenza e assistenza.

 

 

PRINCIPI NORMATIVI

 

La sussidiarietà orizzontale

La legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3 ha reso la sussidiarietà orizzontale un principio dell’ordinamento positivo italiano: l’art. 118 comma 4 della Costituzione prevede infatti che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Gli enti pubblici, in virtù del nuovo dettato costituzionale, sono quindi tenuti a favorire e valorizzare l’autonoma iniziativa dei cittadini, nella misura in cui è orientata alla promozione di interessi generali.

La sussidiarietà implica il concetto di complementarietà e si fonda su una collaborazione tesa a garantire sforzi congiunti e reciproco sostegno fra pubbliche amministrazioni e cittadini per il perseguimento di finalità di interesse generale, secondo un criterio di convergenza delle responsabilità e distinzione dei ruoli. Essa, nelle intenzioni del legislatore, è uno strumento per coniugare le prerogative e le responsabilità delle pubbliche amministrazioni con soluzioni in grado di garantire risposte efficaci ai bisogni sociali attraverso l’azione solidale della società civile, la cui presenza nel corpo dello Stato fu l’esito della volontà di partiti e sindacati che avevano condotto la lotta di liberazione. La norma si colloca quindi nel solco degli articoli 2 e 3 della Costituzione, dove il bene comune – la creazione di condizioni economiche, sociali, materiali e spirituali che consentono a ciascuno di sviluppare la personalità – non è rimesso alla sola azione dell’apparato pubblico ma orienta anche l’azione dei corpi sociali, a cui è riconosciuta autonomia e libertà, contemperata però dalla responsabilità della costruzione di quelle condizioni e dal dovere inderogabile di solidarietà.

 

La natura giuridica del volontariato

L’attività di volontariato in campo culturale è disciplinata principalmente dalla Legge 11 agosto 1991 n. 266 (“Legge-quadro sul volontariato”), anche se alcune disposizioni di portata generale contenute in altri provvedimenti normativi contribuiscono ad integrarne l’ambito (in particolare la Legge 8 novembre 2000 n. 328 e il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri 30 marzo 2001). Essa riconosce il valore sociale e la funzione dell’attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo promuovendone lo sviluppo e salvaguardandone l’autonomia (art. 1), e stabilisce i principi e i criteri cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato.

In particolare, la legge definisce l’attività di volontariato come «quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà» (art. 2), riaffermando il valore generale del volontariato attraverso il richiamo al principio di solidarietà sociale posto dalla Costituzione (art. 2) fra i valori fondanti l’ordinamento giuridico.

La caratteristica distintiva del volontariato è la gratuità intesa come assenza di remunerazione ma soprattutto come libera scelta compiuta sulla spinta di una motivazione di matrice etica, che comporta la rinuncia a qualsiasi tipo di vantaggio. La legge contiene inoltre la prima definizione legale di lavoro gratuito, applicabile solo alle prestazioni individuali rese nell’ambito delle organizzazioni di volontariato, disciplinando così un tipo di prestazione terza rispetto a quelle tipiche del lavoro subordinato o autonomo: una prestazione fondata sull’assenza di lucro soggettivo ma soprattutto sulla totale mancanza di fini egoistici.

Le caratteristiche tipiche dell’attività di volontariato sono individuate come segue:

– è un’azione della persona singola, che esclude la possibilità che una persona giuridica in quanto tali possano svolgere attività di volontariato;

– è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e in generale con ogni altro rapporto a contenuto patrimoniale fra volontario e organizzazione di appartenenza;

– ha carattere spontaneo e diretto alla solidarietà, non può cioè essere attuata in conseguenza di obblighi giuridicamente rilevanti (come, ad esempio, un contratto):

– è fondata su una spinta altruistica che implica la totale gratuità ed esclude la possibilità che al volontario possa derivare un utile economico, neanche in via mediata o indiretta. Per questa ragione al volontario possono essere rimborsate solo le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, mentre anche la mera corresponsione di gettoni di presenza è stata dichiarata incompatibile in sede giurisdizionale (si veda in proposito la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, 21 maggio 2008, n.12964).

Il divieto di lucro indiretto, tuttavia, non è assoluto: la legge-quadro, ad esempio, non esclude che il volontariato possa essere anche occasione per una qualificazione professionale (art. 10 lett. f), tuttavia il possibile arricchimento delle competenze da spendere successivamente in ambiti professionali non può essere la ragione principale del volontariato, perché sconfinerebbe in altre fattispecie (ad esempio, i contratti di apprendistato o i tirocini di formazione e orientamento lavorativo ai sensi dell’art. 18 della Legge 24 giugno 1997, n. 196).

Le organizzazioni di volontariato, per essere riconosciute come tali ai sensi della legge-quadro ed accedere ai benefici previsti, devono essere iscritte a un registro regionale o provinciale apposito e hanno l’obbligo di assicurare tutti gli aderenti impegnati nelle attività solidaristiche.

Benché la legge-quadro espliciti che l’attività volontaria debba essere prestata nell’ambito di una organizzazione di volontariato, la dottrina è concorde nel ritenere ammissibile anche il volontariato individuale, sia perché ricompreso nell’orizzonte tracciato dall’art. 2 della Costituzione («La Repubblica […] richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale») sia nei riguardi delle pubbliche amministrazioni, per le quali non vige alcun divieto espresso ad avvalersi di tali prestazioni. In proposito la Corte Costituzionale ha definito il volontariato «un paradigma dell’azione sociale riferibile a singoli individui o ad associazioni di più individui» (sentenza della Corte Costituzionale 28 febbraio 1992, n. 75)

 

La figura professionale del bibliotecario nell’ordinamento vigente

La figura professionale del bibliotecario non ha mai ricevuto un riconoscimento dal legislatore nazionale né i tentativi effettuati a livello regionale (come, ad esempio, l’approvazione dei profili professionali e di competenza degli operatori delle biblioteche di ente locale da parte della Giunta Regionale lombarda nel 2004, in attuazione della Legge Regionale 5 gennaio 2000, n. 1) hanno finora prodotto risultati apprezzabili.

Nella XVI legislatura appena conclusa la proposta di legge n. 1614 (Madia, Samperi, Ferranti, Tenaglia), che prevedeva di affiancare alla figura professionale del restauratore – già riconosciuta dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) – un registro nazionale dei professionisti dei beni culturali identificati nelle figure degli archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi e storici dell’arte, non è nemmeno riuscita ad approdare in aula. Il Parlamento, tuttavia, ha licenziato la Legge 14 gennaio 2013 n. 4 (Disposizioni in materia di professioni non organizzate) che demanda a un sistema di norme tecniche UNI la definizione dei requisiti, delle competenze e delle modalità di esercizio autoregolamentato dell’attività professionale, affidando alle associazioni professionali rappresentative il compito di verificare e certificare il possesso dei requisiti che ne assicurano la qualificazione.

Il mancato riconoscimento normativo in questo ambito, solo marginalmente compensato nella normativa regionale e negli statuti e regolamenti approvati dalle Università italiane nell’ambito dell’autonomia loro riconosciuta dalla legge, costituisce il principale motivo di fraintendimento (e di possibile contenzioso) rispetto al ruolo dei volontari in biblioteca. In attesa che il percorso tracciato dalla Legge 4/2013 si compia, le funzioni e le responsabilità specifiche del bibliotecario non possono che essere inferite dall’analisi delle funzioni assegnate dal Codice dei Beni culturali alle biblioteche.

L’art. 101 comma 2 del Codice definisce la biblioteca “una struttura permanente che acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio”. Il bibliotecario è quindi colui che, nell’ambito di una biblioteca è incaricato della direzione o ha la responsabilità gestionale delle attività di acquisizione (selezione, valutazione, raccolta, acquisto), catalogazione (descrizione e indicizzazione applicate alle diverse tipologie di materiali acquisiti, metadatazione, diffusione delle informazioni connesse alle predette attività), conservazione (prevenzione, manutenzione, pianificazione e verifica degli interventi di restauro, sicurezza) ordinamento (organizzazione delle raccolte ai fini della pubblica fruizione) ed esposizione (da intendersi come fruizione, e quindi progettazione, organizzazione e gestione di servizi di consultazione, prestito, informazione, documentazione e supporto al pubblico o a categorie determinate). La prassi biblioteconomica, naturalmente, ha da tempo assodato che tali attività non si limitano ai beni librari dichiarati “beni culturali” ma riguardano ogni genere di materiali librari e documentari, o di altre fonti e servizi di informazione.

Tale ambito definisce il perimetro delle attività del bibliotecario ai sensi della normativa nazionale vigente e dovrà trovare nella norma UNI in preparazione una più efficace ed aggiornata sistematizzazione, in particolare per quanto riguarda la definizione delle funzioni di alfabetizzazione e mediazione informativa nel contesto digitale e la sfera del ruolo sociale della biblioteca. Ciò che preme qui sottolineare è la natura gestionale delle attività elencate rispetto a funzioni di promozione che pur rientrano nel quadro disciplinato dal Codice dei Beni culturali.

 

Le attività di natura ausiliaria nell’ambito della valorizzazione

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio definisce la valorizzazione come il complesso di funzioni e attività “dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale” (art. 6).

Per garantire la valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica lo stato e le altre autorità, oltre alla gestione diretta, in base all’art. 112 comma 9 possono stipulare accordi con le associazioni culturali o di volontariato, dotate di adeguati requisiti, che abbiano per statuto finalità di promozione e diffusione della conoscenza dei beni culturali. Quindi il ruolo di tali associazioni, con riferimento alle disposizioni della L. 266/1991, non riguarda la gestione del servizio bibliotecario (che, ai sensi dell’art. 148 del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112, può essere definita come “ogni attività diretta, mediante l’organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare la fruizione dei beni culturali e ambientali concorrendo al perseguimento delle finalità di tutela e di valorizzazione”) ma la sua promozione e diffusione, nell’ambito delle quali gli enti pubblici titolari di biblioteche hanno il dovere, in virtù dell’art. 118 comma 4 della Costituzione, di favorire l’apporto delle organizzazioni sociali in un’ottica sussidiaria.

Il D. Lgs. 112 /1998 (art. 152 e 153) elenca una serie di attività ricomprese nelle funzioni e compiti di valorizzazione e promozione, fra le quali rientrano la fruizione agevolata dei beni da parte delle categorie meno favorite, l’organizzazione di attività didattiche e divulgative, di itinerari culturali e di iniziative dirette ad accrescere la conoscenza delle attività culturali ed a favorirne la migliore diffusione.

La natura ausiliaria dell’intervento delle organizzazioni di volontariato è peraltro sancita dall’art. 3 del dpcm 30 marzo 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell’art. 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328), che prevede il coinvolgimento delle organizzazioni di volontariato “nei servizi e le prestazioni, anche di carattere promozionale, complementari a servizi che richiedono una organizzazione complessa”.

Il TAR Piemonte, in proposito, nella sentenza n. 1043 del 26.1.2005 ha rilevato che il requisito della professionalità, assente per natura nelle organizzazioni di volontariato, resta indispensabile ogni volta che debbano essere garantiti servizi la cui complessità ne escluda il carattere di complementarietà nel contesto dell’organizzazione della sua erogazione. Di medesimo avviso anche il TAR Lombardia, che ha sottolineato come l’ordinamento riservi a tali organizzazioni una posizione finalizzata a favorire l’apporto ausiliario nei confronti delle pubbliche amministrazioni e senza alcuna assimilazione alla logica di mercato (TAR Lombardia – Milano, sez. III, 9.3.2000, n. 1869).

 

Le organizzazioni di volontariato e le esternalizzazioni di servizi

La Corte di Giustizia europea, con sentenza C-305/08, ha ribadito che gli enti senza scopo di lucro possono prendere parte alle gare ad evidenza pubblica in quanto il principio di non lucratività non inficia quello della libera concorrenza. La sentenza ribalta un pronunciamento del Consiglio di Stato italiano che, alla luce dell’art. 2082 del codice civile, ribadiva il divieto di svolgere attività economica per gli enti non lucrativi. Per quanto attiene all’ordinamento italiano, l’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici con determinazione n. 7 del 21 ottobre 2010 ha conseguentemente esteso il perimetro di applicazione dell’art. 34 del Codice dei Contratti pubblici (“Soggetti a cui possono essere affidati i contratti pubblici”) alle organizzazioni no profit, riconoscendo anche ad essi la qualifica di operatori economici e assoggettandoli implicitamente alla disciplina dei contratti pubblici.

Tale disciplina, nei suoi caratteri fondamentali, è richiamata dal già citato dpcm 30 marzo 2001. Secondo autorevole dottrina, il provvedimento, alla luce della successiva modifica del Titolo V della Costituzione e al disposto dell’art. 117 comma 2 Cost., assume una portata universalistica, poiché fissa gli indirizzi a cui le regioni e gli enti locali devono attenersi per valorizzare le specifiche progettualità che caratterizzano le organizzazioni del terzo settore, al fine di ottenere che gli affidamenti dei servizi alla persona avvengano sulla scorta di requisiti standard finalizzati a garantire la scelta dei soggetti più qualificati a erogare determinate prestazioni. Esso statuisce che l’affidamento di un servizio a un soggetto del terzo settore debba avvenire per mezzo di un iter selettivo (art. 4) che valuti preliminarmente la formazione, la qualificazione e l’esperienza professionale degli operatori coinvolti e l’esperienza maturata nei settori e servizi di riferimento, e successivamente aggiudichi i servizi sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tenendo conto di una serie di elementi qualitativi indicati nel testo del decreto, fra i quali “il rispetto dei trattamenti economici previsti dalla contrattazione collettiva e dalle norme in materia di previdenza e assistenza”.

Il dpcm riserva tuttavia (art. 3) un ruolo particolare alle organizzazioni di volontariato costituite ai sensi della Legge 266/1991, che possono stabilire forme di collaborazione con le realtà istituzionali per lo svolgimento, all’interno di servizi complessi, di attività e ruoli che risultino particolarmente consoni alla loro conformazione statutaria. Lo strumento attuativo di tali collaborazioni è la convenzione, che assume carattere derogatorio rispetto alla disciplina generale in materia di contratti pubblici; ciò fa ritenere che il dpcm abbia inteso riaffermare il ruolo “complementare” – di supporto e di rinforzo –  del volontariato nei confronti di servizi ad alta complessità organizzativa quale è, ad esempio, il servizio bibliotecario, la cui gestione e organizzazione conseguono a una progettualità valutata e comparata da parte degli enti titolari. Le convenzioni, come affermato in una sentenza del TAR Piemonte (n. 1043 del 26.1.2005), rappresentano uno strumento che prescinde dalle regole della concorrenza al fine di promuovere attività realizzabili solo con il diretto coinvolgimento delle associazioni di volontariato, svolte “senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato” (D.M. 25 maggio 1995, “Criteri per l’individuazione delle attività commerciali e produttive marginali svolte dalle organizzazioni di volontariato”, emanato ai sensi dell’art. 8 della legge 11 agosto 1991, n. 266). A tale proposito, la deroga dalle procedure ordinarie previste dal Codice dei contratti pubblici contenuta all’art. 4 del D.L. 6 luglio 2012 n. 95 (Decreto cosiddetto “Spending review”, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012 n. 135), che consente “l’acquisizione in via diretta di beni e servizi tramite convenzioni realizzate ai sensi […] dell’art. dell’articolo 7 della  legge  11 agosto 1991, n. 266” (comma 7) e prevede che “sono altresì fatte salve le acquisizioni di beni e servizi il cui valore sia pari o inferiore ai 200.000 euro in favore […] degli  enti  di volontariato di  cui  alla  legge  11  agosto  1991,  n.  266” (comma 8), appare viziata da profili di dubbia legittimità in quanto non tiene conto né della natura complessa dei servizi affidati né del carattere, delle specificità statutarie e dell’azione delle singole organizzazioni non lucrative.

APPENDICE

Il personale di supporto: schede descrittive

Accanto ai volontari in senso stretto, nelle biblioteche operano altre figure di supporto, ciascuna con le proprie specificità: studenti, operatori del servizio civile, tirocinanti, associazioni di volontariato. Lo schema che segue individua cinque tipologie di personale di supporto nelle biblioteche.

     
Gratuità del servizio Personale professionalizzato Limite di tempo definito
SERVIZIO CIVILE NO NO SI
TIROCINANTI E STAGISTI SI SI SI
AFFIDAMENTO A STUDENTI DI FORME DI COLLABORAZIONE AD ATTIVITA’ UNIVERSITARIE (cd. part-time) NO NO SI
VOLONTARI NELLE SCUOLE SI (ma talvolta sono previsti rimborsi) NO non sempre
ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO SI NO NO

 

Per ognuna di esse è stata predisposta una scheda descrittiva, articolata nei seguenti elementi:

 

–         legislazione e norme di riferimento;

–         caratteristiche;

–         tipologia di biblioteche in cui prevalentemente si svolge.

 

 

1.        VOLONTARI DEL SERVIZIO CIVILE

 

Legislazione e norme di riferimento

L. 6 marzo 2001, n. 64 “Istituzione del servizio civile nazionale” (testo aggiornato con le modifiche ed integrazioni apportate dal D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni dalla L. 31 marzo 2005, n. 43).

D. Lgs. 5 aprile 2002, n. 77 “Disciplina del servizio civile nazionale a norma dell’articolo e della legge 6 marzo 2001 n. 64 ” (Testo aggiornato con le modifiche ed integrazioni apportate dal D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni dalla legge 31 marzo 2005, n. 43)

D.M. 3 agosto 2006, “Approvazione del prontuario concernente le caratteristiche e le modalità per la redazione e la presentazione dei progetti di servizio civile nazionale da realizzarsi in italia e all`estero, nonché i criteri per la selezione e l`approvazione degli stessi”.

D.P.C.M. 4 febbraio 2009, “Prontuario concernente la disciplina dei rapporti tra enti e volontari del servizio civile nazionale“.

 

Legislazione regionale

 

ABRUZZO

Esistono varie deliberazioni della Giunta regionale (v. http://serviziocivile.regione.puglia.it/ “atti regionali”)

 

BASILICATA

D.G.R. 27 febbraio 2006, n. 251 “Istituzione dell’Albo Regionale e delle Organizzazioni del Servizio Civile”

 

EMILIA ROMAGNA

L.R. 20 ottobre 2003, n. 20 “Nuove norme per la valorizzazione del servizio civile. Istituzione del servizio civile regionale. Abrogazione della l.r. 28 dicembre 1999, n. 38”.

 

LIGURIA

L.R. 11 maggio 2006, n.11 “Istituzione e disciplina del sistema regionale del servizio civile”.

 

LOMBARDIA

L.R. 3 gennaio 2006, n. 2 “Servizio civile in Lombardia”.

Regolamento regionale 22 febbraio 2007, n.2 “Attuazione della legge regionale 3 gennaio 2006, n. 2 (Servizio civile in Lombardia).

 

MARCHE

L.R. 23 febbraio 2005, n. 15 “Istituzione del sistema regionale del servizio civile”.

 

SARDEGNA

L.R. 17 ottobre 2007, n. 10 Norme sul servizio civile volontario in Sardegna.

 

 

SICILIA

D.A. 9 settembre 2008, n. 2949 S/5 “Approvazione, linee guida e criteri aggiuntivi provvisori per lo sviluppo del sistema regionale del servizio civile in Sicilia” (con le varianti apportate ai criteri regionali aggiuntivi da D.A. 1435/2012

 

TOSCANA

L.R. 25 luglio 2006, n. 35 “Istituzione del servizio civile regionale” (come modificata dalla l.r. 02 marzo 2012, n. 7).

D.P.G.R. 20 marzo 2009, n. 10/R “Regolamento di attuazione della legge regionale 25 luglio 2006, n. 35 (Istituzione del servizio civile regionale) in materia di servizio civile regionale”.

 

VENETO

L.R. 18 novembre 2005, n.18 “Istituzione del servizio civile regionale volontario”

D.G.R. 27 luglio 2009, n. 2338 “Adeguamento dei procedimenti attuativi del sistema servizio civile regionale volontario L.R. 18/2005”.

D.G.R. 17 gennaio 2012, n. 59 “Disciplina dei rapporti tra enti titolari di progetti e giovani italiani e comunitari coinvolti nei progetti di servizio civile regionale volontario. L.R. 18/2005”.

 

PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO

L.P. 119 ottobre 2004, n. 7 “Disposizioni per la valorizzazione del servizio civile volontario in Provincia Autonoma di Bolzano

 

 

Caratteristiche

Il volontario di servizio civile è un/una giovane dai 18 ai 28 anni (salvo adeguamenti di legge) che sceglie di dedicare un anno della propria vita a favore di un impegno solidaristico attraverso un progetto di 12 mesi definito da un ente accreditato.

Il Servizio Civile Nazionale, istituito con la legge 6 marzo 2001 n. 64 e che dal 1° gennaio 2005 si svolge su base esclusivamente volontaria. Il “dovere” di difendere la Patria è sancito dall’articolo 52 della Costituzione,  difesa che non deve essere riferita al territorio della Nazione e alla tutela dei suoi confini esterni, quanto alla condivisione di valori comuni e fondanti l’ordinamento democratico.

Le aree di intervento nelle quali è possibile prestare il Servizio Civile Nazionale sono: assistenza, protezione civile, ambiente, patrimonio artistico e culturale, educazione e promozione culturale.

L’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile (UNSC), di cui all’articolo 8 della legge 8 luglio 1998, n.230, cura l’organizzazione, l’attuazione e lo svolgimento del servizio civile.

Il servizio civile non è un lavoro, ma può rappresentare un periodo di formazione/esperienza lavorativa. I volontari impiegati in progetti di servizio civile possono svolgere attività di lavoro subordinato o autonomo se compatibile con il corretto espletamento del Servizio Civile Nazionale; è previsto il riconoscimento del servizio per gli esami di stato e il rilascio di crediti formativi universitari.

Gli enti di servizio civile sono le amministrazioni pubbliche, le associazioni non governative (ONG) e le associazioni no profit che operano negli ambiti specificati dalla Legge 6 marzo 2001, n. 64. Per poter partecipare al SCN gli enti devono dimostrare di possedere requisiti strutturali ed organizzativi, avere adeguate competenze e risorse specificatamente destinate al SCN. L’ente deve sottoscrivere la Carta di impegno etico   http://www.serviziocivile.gov.it/Contenuti/?PageID=8che promuove una comune visione delle finalità del SCN e delle sue modalità di svolgimento.

Solo gli enti iscritti in appositi albi – Albo nazionale e Albo regionale – possono presentare progetti di Servizio Civile Nazionale. I progetti d’impiego dei volontari, predisposti dagli enti pubblici e dalle organizzazioni del Terzo Settore iscritti all’Albo nazionale vengono presentati all’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile; quelli predisposti dagli enti territoriali iscritti nell’Albo regionale vengono presentati alle strutture del Servizio civile della Regione competente per territorio.

L’Ente che, avendo preso visione della normativa, decide di presentare un progetto di servizio civile in biblioteca, dovrebbe considerare attentamente il tipo di investimento richiesto dal progetto, ricordando che un volontario non può sostituire un dipendente e che devono svolgere esclusivamente le attività indicate nel progetto presentato. E’ consigliabile prendere come riferimento esempi di progetti già realizzati e chiedere eventualmente un parere all’AIB.

 

Tipologia

Possono essere impiegati in tutte tipologie di biblioteca.

 

 

2.        TIROCINANTI / STAGISTI

 

Legislazione e norme di riferimento

L. 24 giugno 1997, n. 196 “Norme in materia di promozione dell’occupazione” (in part. art. 18 “Tirocini formativi e di orientamento”.

D.M. 25 marzo 1998, n. 142 “Regolamento recante norme di attuazione dei principi e dei criteri di cui all’articolo 18 della L. 24 giugno 1997, n. 196, sui tirocini formativi e di orientamento”.

 

Caratteristiche

Il tirocinio formativo è un’opportunità offerta dagli Atenei ai propri studenti e laureati (entro i 12/18 mesi dal conseguimento del titolo) di qualsiasi facoltà, di effettuare un’esperienza lavorativa e di orientamento presso aziende e/o istituzioni pubbliche o private disposte ad ospitare tirocinanti.

Il tirocinio può essere svolto all’interno di una delle strutture/aziende già convenzionate con l’Università o può essere appositamente predisposta una nuova convenzione su proposta dello studente o del tutor universitario.

Per gli studenti il tirocinio consiste nella partecipazione all’attività di una struttura ospitante, interna o esterna all’Ateneo, in base a quanto previsto dal regolamento dello specifico Ateneo, finalizzata all’acquisizione dei Crediti Formativi Universitari (CFU) previsti nella programmazione didattica. Può essere obbligatorio o facoltativo, deve essere svolto nell’anno di corso previsto dal piano di studio. Ha una durata limitata (150/200 ore). Data la durata limitata del progetto formativo di norma il tirocinante svolge un progetto specifico (indagini/monitoraggi ecc.) e non viene inserito nei servizi di front office. Nel caso di studente che proviene da un corso di laurea specifico lo stesso concorda con il docente un progetto formativo che di solito è finalizzato alla stesura della tesi di laurea. Il progetto viene sottoposto al tutor aziendale che ha il compito di seguire il tirocinante durante la sua esperienza all’interno dell’organizzazione, riconoscendo di fatto all’azienda o all’ente ospitante un ruolo attivo nella formazione del tirocinante stesso.

Per i laureati il tirocinio formativo e di orientamento è facoltativo e consiste in un’esperienza formativa professionalizzante finalizzata a sviluppare le conoscenze acquisite nel corso della formazione accademica e alla conoscenza diretta del mondo del lavoro. Ha una durata massima di sei mesi.

Il tirocinio post laurea di sei mesi prevede ugualmente la stesura di un progetto formativo concordato con il tutor universitario. In questo secondo caso al tirocinante è possibile fare un’esperienza più completa, attraverso ad  esempio l’opportunità di “ ruotare” fra le diverse aree e servizi della biblioteca o affidandogli progetti più articolati (realizzazione di un blog, revisione e manutenzione del catalogo ecc.) sempre seguito e coordinato dal tutor aziendale.

Per studenti e laureati  l’’Università garantisce, oltre alla assistenza di un tutor di riferimento per il progetto,  la copertura assicurativa del tirocinante contro gli infortuni sul lavoro e per la responsabilità civile per l’intero periodo.

Al termine del tirocinio la struttura ospitante è tenuta a rilasciare al tirocinante un’attestazione, redatta in forma libera e sottoscritta dal referente per il tirocinio, relativa alle attività svolte e agli eventuali risultati e obiettivi conseguiti.

 

Tipologia

Possono essere impiegati in tutte tipologie di biblioteca.

 

 

3.        COLLABORAZIONE DI STUDENTI AD ATTIVITÀ UNIVERSITARIE

 

Legislazione e norme di riferimento

L. 2 dicembre 1991, n. 390 “Norme sul diritto agli studi universitari” (in part. art. 13 “Attività a tempo parziale”).

 

Caratteristiche

Le Università, sentito il Senato degli studenti, possono disciplinare con propri regolamenti forme di collaborazione degli studenti ad attività connesse ai servizi resi, tra cui quelli prestati nelle biblioteche.  Questi interventi hanno come scopo principale il sostegno al diritto allo studio.

Ogni collaborazione comporta un corrispettivo, esente dall’imposta locale sui redditi e da quella sul reddito delle persone fisiche. Essa non configura in alcun modo un rapporto di lavoro subordinato e non dà luogo ad alcuna valutazione ai fini dei pubblici concorsi.

Le Università provvedono alla copertura assicurativa contro gli infortuni.

L’assegnazione delle predette collaborazioni avviene nei limiti delle risorse disponibili nel bilancio delle università, per un numero massimo di 150 ore, con esclusione di qualsiasi onere aggiuntivo a carico del bilancio dello Stato, e sulla base di graduatorie annuali formulate secondo i criteri di merito e reddito previsti dalla normativa vigente. Gli esempi tipici di queste collaborazioni sono l’accoglienza agli utenti e le funzioni di primo orientamento,  il controllo sull’utilizzo delle sale e delle strumentazioni, la movimentazione e  il riordino dei materiali.

Al termine di ciascun anno viene fatta una valutazione sull’attività svolta da ciascun studente e sull’efficacia dei servizi attivati.

 

Tipologia

Biblioteche universitarie.

 

 

4.        COLLABORAZIONI VOLONTARIE NEI SERVIZI BIBLIOTECARI SCOLASTICI

 

Legislazione e norme di riferimento

L. 11 agosto 1991, n. 266 “Legge quadro sul volontariato”.

D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 “Regolamento recante norme in materia di Autonomia delle istituzioni scolastiche ai sensi dell’art.21, della legge 15 marzo 1999, n.59”.

Circolare Ministeriale 14 aprile 1994, n. 127: “Valorizzazione e utilizzazione del personale in quiescenza in particolari attività scolastiche”.

Linee guida IFLA/Unesco per le biblioteche scolastiche. Edizione italiana a cura della Commissione nazionale Biblioteche scolastiche dell’AIB. […] Roma: Aib, 2004 (in part. Cap.3.1 Il Personale della biblioteca, p. 38).

 

Caratteristiche

Le scuole (individualmente oppure in rete, v. art. 7 del Regolamento dell’Autonomia: Reti di scuole) possono ricorrere all’ausilio di volontari sulla base di un formale accordo che ne definisca chiaramente i compiti per l’erogazione dei servizi di biblioteca scolastica. Va tenuto presente che i volontari svolgono una funzione di supporto, mai sostitutiva delle mansioni spettanti al personale inquadrato, come recitano la C.M. n. 127/1994 (“L’utilizzazione di tali persone, giova sottolinearlo, non dovrà peraltro essere intesa come sostituzione alla funzione del personale in servizio, ma come contributo di integrazione e collaborazione con esso”) e le Linee guida IFLA/Unesco per le biblioteche scolastiche (“I volontari non devono lavorare come sostituti del personale inquadrato”). Le forme di collaborazione saranno disciplinate da regolamenti e sottoposte a monitoraggio e verifica finale (alla fine dell’anno scolastico o del periodo concordato per il servizio di supporto).

Il volontariato può essere definito di tipo:

  • “interno”: è in genere effettuato da personale docente e non docente (ATA) e, talvolta, da studenti in forma gratuita. Per il personale, se il bilancio lo consente, possono essere contemplati rimborsi spese; per gli studenti, se previsto dal POF – Piano dell’Offerta Formativa – possono essere riconosciuti crediti formativi;
  • “esterno”: è in genere effettuato da:

–      Associazioni no profit formalmente costituite (per esempio, “Associazione genitori”, “Associazione ex-alunni”, Associazioni culturali del territorio, Associazioni anziani). I loro progetti, approvati dal Consiglio di Istituto, possono usufruire di finanziamenti erogati da enti locali o altri soggetti mediante bando pubblico, se in possesso dei requisiti e selezionati da apposita commissione; per le caratteristiche di questa collaborazione vedi oltre.

–      Servizio civile nazionale secondo le modalità descritte sopra.

Il progetto presentato da volontari interni od offerto dal Servizio civile viene esaminato e approvato dal Collegio Docenti; quello presentato da Associazioni o organizzazioni similari viene esaminato ed approvato dal Consiglio di Istituto. L’Istituto scolastico provvede alla copertura assicurativa contro gli infortuni. Attività tipiche di queste collaborazioni sono l’accoglienza ed il primo orientamento agli utenti, l’ausilio agli utenti diversamente abili, controllo sull’utilizzo degli spazi e della strumentazione, supporto agli studenti per l’avvio di ricerche nei cataloghi , movimentazione e riordino materiali. Oltre a ciò sono spesso utile supporto alle iniziative di promozione della lettura.

Tipologia

Biblioteche scolastiche.

 

 

5.        ASSOCIAZIONISMO DI VOLONTARIATO REGOLAMENTATO DALLA LEGGE QUADRO

 

Legislazione e norme di riferimento

L. 11 agosto 1991, n. 266 “Legge-quadro sul volontariato”.

Sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, 21 maggio 2008, n.12964

Il servizio bibliotecario pubblico: linee guida IFLA/Unesco per lo sviluppo, par. 5.11 “I volontari”.

 

Legislazione regionale

 

ABRUZZO

L.R. 12 agosto 1993, n.37 “Legge 11 agosto 1991, n. 266. Legge quadro sul volontariato”.

L.R. 4 novembre 1997, n. 120 “Disciplina delle concessioni e delle locazioni dei beni immobili demaniali e patrimoniali della Regione, delle Province e dei Comuni a favore di Enti, Istituti, Fondazioni, Associazioni Culturali, Ricreative, Assistenziali, del Volontariato e Religiose, nonché dei Partiti, di Associazioni e Movimenti Politici”.

 

BASILICATA

L.R. 12 gennaio 2000, n. 1 ” Nuove norme per la promozione del volontariato – Abrogazione delle leggi regionali n. 38/1993 e n. 2/1997″.

 

CALABRIA

L.R. 26 luglio 2012, n. 33 “Norme per la promozione e la disciplina del volontariato.”

 

CAMPANIA

L.R. 8 febbraio 1993, n. 9 “Norme per la valorizzazione del volontariato e regolamentazione dei rapporti con la Regione e gli Enti Locali”.

L.R. 7 agosto 1996, n.18 “Integrazioni e modifiche alla legge regionale 8 febbraio 1993, n. 9 concernente: «Norme per la valorizzazione del volontariato e regolamentazione dei rapporti con la Regione e gli Enti locali»”.

L.R. 23 ottobre 2007 n.11 “Legge per la dignità e la cittadinanza sociale. Attuazione della legge 8 novembre 2000, n.328”

 

EMILIA ROMAGNA

L.R. 21 febbraio 2005, n. 12 “Norme per la valorizzazione delle organizzazioni di volontariato”.

 

Friuli Venezia Giulia

L. R. 20 febbraio 1995, n. 12, “Disciplina dei rapporti tra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato” (e successive modifiche: l.r.n. 42 del 1995, l.r. n. 9 del 1996, l.r.n. 2 e 19 del 2000, l. r. n. 4 del 2001, l. r. n. 1 del 2004).

L. R. 9 novembre 2012, n. 23 “Disciplina organica sul volontariato e sulle associazioni di promozione sociale e norme sull’associazionismo.”

 

 

LAZIO

L.R. 28 giugno 1993, n. 29 «Disciplina delle attività di volontariato nella Regione Lazio» (B.U. 10.7.1993 N. 19) e successive modifiche: l.r. n° 18 del 23 maggio 1996, l.r. n° 10 del 10 maggio 2001, l.r. n° 11 del 19 maggio 2001, n° 12 del 16 febbraio 2000

 

LIGURIA

L.R. 28 maggio 1992, n. 15 “Disciplina del volontariato”(con modifica della l.r. n. 7 del 1996)

 

LOMBARDIA

L.R. 14 febbraio 2008, n.1 “Testo unico delle leggi regionali in materia di volontariato, cooperazione sociale, associazionismo e società di mutuo soccorso”.

 

MARCHE

L.R. 13 aprile 1995, n. 48, “Disciplina del volontariato”.

 

MOLISE

L.R. 5 aprile 2007, n. 10. “Nuove norme per la promozione del volontariato nella Regione Molise”

 

PIEMONTE

L.R. 29 agosto 1994, n. 38 “Valorizzazione e promozione del volontariato” (e modifiche: l.r. n.1 del 2004 e l.r. n.21 del 2008).

 

PUGLIA

L.R. 16 marzo 1994, n. 11 “Norme di attuazione della legge-quadro sul volontariato”.

 

SARDEGNA

L.R. 13 settembre 1993, n. 39 “Disciplina dell’ attività di volontariato e modifiche alle leggi regionali 25 gennaio 1988, n. 4, e 17 gennaio 1989, n. 3, l.r. n. 4 del 2006”.

http://www.regione.sardegna.it/j/v/1271?v=9&c=72&s=1&file=1993039

 

SICILIA

L.R. 7 giugno 1994, n. 22 “Norme sulla valorizzazione dell’attività di volontariato”.

 

TOSCANA

L.R. 26 aprile 1993, n. 28 “Norme relative ai rapporti delle organizzazioni di volontariato con la Regione, gli Enti locali e gli altri Enti pubblici – Istituzione del registro regionale delle organizzazioni del volontariato” (integrata da: l.r. n. 44 del 1994, l.r. n.29 del 1996).

 

 

UMBRIA

L.R. 25 maggio 1994, n. 15 “Disciplina del volontariato”.

 

VALLE D’AOSTA

L.R. 22 luglio 2005, n. 16 “Disciplina del volontariato e dell’associazionismo di promozione sociale. Modificazioni alla legge regionale 21 aprile 1994, n. 12 (Contributi a favore di associazioni ed enti di tutela dei cittadini invalidi, mutilati e handicappati operanti in Valle d’Aosta), e abrogazione delle leggi regionali 6 dicembre 1993, n. 83, e 9 febbraio 1996, n. 5“.

 

VENETO

L.R. 30 agosto 1993, n. 40 “Norme per il riconoscimento e la promozione delle organizzazioni di volontariato”.

 

PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO

L.P. 1 luglio 1993, n. 11, “Disciplina del volontariato” (e modifiche: l.p. n.1 del 1997, n. 25 del 2000, n.12 del 2003″).

 

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

L.P. 13 febbraio 1992, n. 8, “Valorizzazione e riconoscimento del volontariato sociale” (e modifiche: l.p. n.10 del 1998, l.p. n.1 del 2000).

L.P. 29 aprile 1993, n. 14, “Modificazioni alle leggi provinciali 17 marzo 1988, n. 10 sulla cooperazione per lo sviluppo, 28 aprile 1986, n. 13 sull’emigrazione, e 13 febbraio 1992, n. 8 sul volontariato, nonché disposizioni sugli interventi per l’emergenza”.

 

Caratteristiche

Nelle biblioteche il rapporto con i volontari che operano in realtà associative può trovare occasioni di collaborazione, temporanee o continuative, per  interventi di aiuto o supporto all’attività del bibliotecario. Le collaborazioni delle Associazioni di volontariato devono essere formalizzate con apposite convenzioni in forma scritta che definiscono gli scopi, la durata, i rapporti, le relazioni e le responsabilità delle parti. Nella convenzione devono essere previste una serie di condizioni a tutela reciproca e a garanzia del servizio, ed in particolare:

–            la collaborazione, qualunque siano gli ambiti in cui si attiva, deve avvenire sotto le direttive del bibliotecario, che è il responsabile della biblioteca;

–            la copertura assicurativa (a prescindere da quella che comunque deve avere l’ente) a rischio civile verso terzi e a copertura danni verso il patrimonio dell’ente deve essere a carico del soggetto associativo per i propri associati;

–            le organizzazioni di volontariato debbono assicurare i propri aderenti, che prestano attività di volontariato, contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso i terzi;

–            l’uso degli spazi messi a disposizione, delle attrezzature e dei documenti assegnati all’associazione dalla biblioteca, o dall’ente, deve essere regolamentato;

–            il responsabile di riferimento organizzativo dell’associazione nei rapporti con la biblioteca deve essere predefinito.

–            il monitoraggio periodico dell’attività svolta dai volontari.

 

Le persone che operano per conto dell’associazione devono possedere alcuni  requisiti minimi di idoneità all’attività da svolgere in biblioteca preventivamente fissati (titoli, attitudini, capacità relazionali, esperienze, formazione); la biblioteca è tenuta a svolgere iniziative di formazione per mettere i volontari in grado di svolgere le attività assegnate in modo efficace e corretto.

 

Impegni e diritti del volontario singolo associato

Oltre alla convenzione occorre stabilire impegni e diritti del volontario associato, utili sia per il necessario coinvolgimento dei volontari sia per rimarcare le specificità dei ruoli. Il volontario deve conoscere e condividere i fini e le regole della biblioteca, deve essere effettivamente disponibile in base a quanto concordato, deve operare a stretto contatto con gli operatori professionali della biblioteca.

La biblioteca deve coinvolgere il volontario nelle iniziative di aggiornamento o nelle novità apportate che lo vedono coinvolto, per metterlo nelle condizioni di dare il suo contributo in modo soddisfacente, per sé e per la biblioteca.

 

Tipologia

Possono essere impiegati in tutte tipologie di biblioteca.