Waldemaro Morgese, presidente AIB Puglia
Le biblioteche universitarie nel 21° secolo: trasmissione di conoscenza per lo sviluppo del Paese
[Convegno promosso dall’AIB Puglia in occasione della giornata mondiale Unesco sul libro e il diritto d’autore. Bari, 23 aprile 2014].
Saluto il prof. Ennio Triggiani, i delegati dei Rettori, i rappresentanti degli studenti, i relatori e tutti voi presenti qui per seguire questo convegno promosso dall’AIB Puglia con importanti patrocini, collaborazioni e sponsorizzazioni, in occasione della giornata mondiale Unesco sul libro e il diritto d’autore. Un particolare e affettuoso ringraziamento va al gruppo di lavoro dell’AIB Puglia che ha progettato e supportato questa iniziativa.
Giorgio Barba Navaretti, recensendo in questi giorni sul Domenicale del Sole 24 Ore(1) un recente libro di Jean Drèze e Amartya Sen che ha per argomento l’India e le sue contraddizioni(2), sottolinea come i due noti Autori (Sen è premio Nobel per l’economia) svolgano una analisi molto penetrante delle ragioni che costringono il colosso indiano in condizioni di grande arretratezza e squilibrio sociale, nonostante in questo Paese votino 815 milioni di aventi diritto, quindi praticamente tutti gli strati della popolazione, anche quelli più indigenti.
La tornata elettorale in India è imminente ed è sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo. Eppure, nonostante questa enorme estensione della democrazia, le condizioni sociali sono migliori nell’altro colosso asiatico, la Cina, dove la democrazia non c’è. Drèze e Sen si chiedono perchè e danno una risposta precisa. Questa risposta potrebbe essere utile anche per noi e in particolare per il nostro Sud.
Ciò accade, secondo Drèze e Sen, perchè in India manca del tutto la democrazia deliberativa, quella che per John Rawls è il governo attraverso la discussione, la partecipazione della popolazione al dibattito sulle scelte politiche e sul merito delle scelte. Restando rigorosamente al parallelo fra questi due grandi Paesi asiatici, si può osservare che l’India ha Bollywood, ma la Cina 10 Università fra le prime 300 del Mondo, l’India solo una. Gli utenti internet ogni 100 abitanti sono in Cina 28, in India solo 5. In India i poveri, centinaia di milioni, anche se votano, sono esclusi del tutto dal dibattito pubblico. Insomma, conclude Navaretti: “la disuguaglianza economica viene rafforzata e consolidata dalla disuguaglianza nell’accesso al dibattito pubblico”(3).
La considerazione conclusiva che mi permetto di formulare è questa: non è possibile votare bene, ancorchè si abbia il diritto a votare, se non si partecipa al dibattito pubblico e per partecipare ad esso è necessario avere consapevolezza dei problemi e per avere consapevolezza dei problemi è necessario maneggiare sapere, conoscenza e per sapere, conoscere bisogna sviluppare tutti quei presìdi culturali che promuovono la conoscenza e il sapere: fra essi, essenziali sono la scuola e l’università, le biblioteche, gli archivi, i musei.
Forse di fronte a questa considerazione siamo assaliti dalla spiacevole sensazione che si prova quando si ascoltano concetti semplici o addirittura banali: la “catena logica” che ho enunciato, infatti, è un concetto semplice e addirittura banale, ma – nonostante ciò – non sta affatto all’apice dei pensieri e delle preoccupazioni di chi governa(4).
Accettando questa banale “catena logica” in realtà noi inseriamo automaticamente, con chiarezza e senza ambiguità tutte le biblioteche, quindi anche le biblioteche delle Università, nel nuovo paradigma sociale della biblioteconomia, consentendoci di portare alle logiche conseguenze quanto finora si è argomentato su queste biblioteche nella comunità bibliotecaria.(5)
Possiamo cioè meglio comprendere come declinare l’impatto sociale delle biblioteche universitarie.
Oggi la comunità bibliotecaria cerca di rispondere al quesito con un ragionamento di questo tipo: le biblioteche universitarie devono occuparsi – secondo tradizione – di didattica (quindi rivolgersi agli studenti) e di ricerca (quindi rivolgersi ai docenti); ma anche – innovativamente – svolgere un terzo ruolo al di fuori dell’Università, di tipo sociale-culturale, divenendo per così dire “dual academic libraries”.(6)
La biblioteca universitaria “doppia”, tuttavia, sta semplicemente a significare che se – ad esempio – si lavora sodo, molto sodo, sul delicatissimo ma anche prospettivamente molto fecondo snodo specifico che interconnette la figura del docente con quella dello studente, non bisogna trascurare gli effetti che tutto ciò ha sul territorio e sulla società in cui la biblioteca universitaria è immersa.
Vorrei sottolineare d’altra parte che questi effetti si determinano necessariamente, indipendentemente dalla capacità o abilità del bibliotecario universitario di percepirli, dato che una porzione importantissima del “mondo esterno”, della “società esterna” sta già tutta – paradossalmente – dentro l’Università: rappresentata appunto da due figure sociali strategiche della società della conoscenza del XXI secolo, vale a dire i portatori di tecnologia, scienza e conoscenza (i docenti) e i portatori della società dell’immediato futuro (gli studenti, cioè i depositari dell’esaltante compito di forgiare la nuova società ed essere i protagonisti del suo sviluppo(7)).
Di certo questo delicato “snodo” deve oggi essere lubrificato – per così dire – con il massiccio utilizzo degli strumenti del “Web 2.0″(8), anche quelli attualmente di frontiera, pur con i caveat che sono di certo da considerare attentamente(9). Le indiscutibili grandi potenzialità di queste tecnologie, peraltro, come ha osservato un fine esperto di digitalità(10), pongono alle istituzioni un serio problema di adeguamento ed anzi di “rincorsa permanente” per tenere il passo e questa circostanza crea molte difficoltà sul piano operativo, oggi tuttora di difficile soluzione (di ciò credo si sia tutti ben consapevoli).
Infine avverto l’esigenza di puntualizzare un’ultima questione, che riguarda le “architetture istituzionali e organizzative” per implementare al meglio la funzione “doppia” della biblioteca universitaria.
Ritengo che il fulcro del management strategico delle biblioteche universitarie debba essere allocato in modo sempre più convinto e coraggioso al livello degli SBA-Sistemi Bibliotecari d’’teneo. Semmai bisognerebbe cominciare a pensare ad una loro configurazione espansa in termini di S-MAB-A (Sistemi MAB(11) di Ateneo) e ad una loro integrazione – secondo modalità concrete pur se parziali – nei sistemi bibliotecari (o MAB) a scala territoriale regionale: in questo modo la biblioteca universitaria verrebbe naturalmente a coordinarsi, nel territorio regionale, con le altre tipologie bibliotecarie, dando vita ad un sistema bibliotecario complesso, non più a compartimenti-stagni, che esalterebbe vieppiù la forza d’urto welfaristica di questi presìdi culturali conferendo ad essi una connotazione identitaria utile ad accrescerne la capacità di incisione.
Vi ringrazio per l’attenzione.
NOTE
1) Giorgio Barba Navaretti, Contraddizioni d’India, su Domenica-Il Sole 24 Ore n° 109 del 20 aprile 2014.
2) Jean Drèze & Amartya Sen, An Uncertain Glory. India and Its Contradictions, Penguin, London, 2013.
3) Giorgio Barba Navaretti, op. cit.
4) Trovo ribadito questo concetto sulla banalità in Paolo Giordano, L’obbligo della scuola, su La lettura-Corriere della Sera n° 126 del 20 aprile 2014, p. 2: “Molto di ciò che sarà dell’Italia fra trent’anni dipende dalla scuola dell’obbligo di oggi. Può sembrare una banalità retorica, ma è un dato del quale raramente si tiene conto nelle decisioni che riguardano il Paese”.
5) La discussione sulle biblioteche universitarie è sempre stata vivace e continua ad esserlo. Oltre al documento AIB sulle biblioteche universitarie, del 2013 ( https://www.aib.it/struttura/commissioni-e-gruppi/2013/36257-rilanciare-le-biblioteche-universitarie-e-di-ricerca-italiane/ ), mi limito a segnalare: Antonella De Robbio, La biblioteca accademica nella filiera della comunicazione scientifica: ridefinire le alleanze e i percorsi dentro l’ambiente sociale, in Biblioteche in cerca di alleati. Oltre la cooperazione, verso nuove strategie di condivisione, Editrice Bibliografica, Milano 2013. Biblioteche universitarie ed e-learning. Dai servizi a distanza ai percorsi di formazione per gli studenti, a cura di Patrizia Lùperi, Felici Editore, Ghezzano di Pisa 2011. Ed anche un volume che ha focalizzato alcune di queste questioni entro una prospettiva euromediterranea: Biblioteche che educano. L’educazione informale nello scacchiere euromediterraneo, a cura di Waldemaro Morgese e Maria A. Abenante, AIB, Roma 2010.
6) Questo terzo ruolo o “terza missione” dovrebbe sostanziarsi in una funzione sociale e culturale rivolta all’esterno, al grande pubblico, magari operando sulla relazione scienza-società. Si veda ad es. quanto si argomenta in: Maria Cassella, Strumenti social e ruolo della biblioteca accademica: tra missione istituzionale e identità sociale, in La biblioteca connessa. Come cambiano le strategie di servizio al tempo dei social network, atti del convegno delle Stelline, Milano, marzo 2014, preprint stampato on demand a cura dell’Associazione Biblioteche Oggi.
7) È auspicabile una estensione dell’attenzione agli studenti degli ultimi anni delle Scuole superiori, in modo da comprendervi anche il “potenziale” o “imminente” studente universitario.
8) Rossana Morriello, Il web bibliotecario come strumento di partecipazione, in I nuovi confini della biblioteca, a cura di Massimo Belotti, Editrice Bibliografica, Milano 2011.
9) Evgeny Morozov, L’ingenuità della rete. Il lato oscuro della libertà di internet, Codice Edizioni, Torino 2011. Fabio Metitieri, Il grande inganno del web 2.0, Editori Laterza, Roma-Bari 2009. Raffaele Simone, Presi nella rete. La mente ai tempi del web, Garzanti, Milano 2012.
10) Giuseppe Granieri, Umanità accresciuta. Come la tecnologia ci sta cambiando, Editori Laterza, Roma-Bari 2009: “Il primo concetto che implica il “cambiamento discontinuo”, con le sue accelerazioni, è che le istituzioni saranno sempre più lente ad adeguarsi. Un’organizzazione per impostare un cambiamento deve comprenderlo (ai suoi livelli più alti), formalizzarlo in un set di decisioni, renderlo condiviso e comprensibile a tutti i suoi componenti e attuarlo in una serie di pratiche che siano efficaci. Proviamo a immaginare questo processo applicato alla “scuola”, così come la conosciamo” (ivi, pp. 144-145).
11) L’acronimo MAB sta ad indicare: Musei-Archivi-Biblioteche.