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"17. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
conservare il futuro

Interventi di apertura

Antonia Pasqua Recchia, Direttore Generale per l'innovazione tecnologica e la promozione MiBAC


Anzitutto voglio ringraziare la dottoressa Rabitti per avermi invitato e voglio esprimerLe tutto il mio apprezzamento per aver saputo organizzare, nell'ambito di una tradizione lunga 17 anni, seminari che hanno il pregio di toccare la realtà e la operatività delle problematiche che riguardano la gestione del patrimonio culturale e tutte le sue derivate, quindi la trasmissione della conoscenza, gli aspetti dell'organizzazione e così via.
Ho accettato con grande piacere questo invito per due ragioni fondamentali: il tema anzitutto e poi il momento particolare che stiamo vivendo.
Sul significato del tema non voglio dilungarmi, ne hanno parlato tutti quanti quelli che mi hanno preceduto. Conservare il Futuro può sembrare ormai quasi un refrain: il nostro patrimonio, la nostra cultura sono la nostra identità e per avere un futuro dobbiamo conservarli, quindi dobbiamo anche farli transitare indenni attraverso il presente per trasmetterli, possibilmente rafforzati, alle generazioni future.
Invece sulla attualità del momento che stiamo vivendo vorrei fare alcune riflessioni, per poi cogliere l'invito del collega ed amico Pasquale Malara a dare informazioni sulle attività relative al Portale della cultura.

Ho letto con grande interesse il resoconto del seminario dell'anno scorso, ho trovato moltissimi spunti e sollecitazioni quindi, come ha detto la dottoressa Rabitti, partiamo da lì.
Tre linee fondamentali: le modalità organizzative nella gestione del patrimonio e dei servizi culturali, gli aspetti finanziari e infine le competenze e la formazione.
Certamente è anche il contesto fisico e istituzionale in cui ci troviamo ad essere particolarmente stimolante: siamo in una Fondazione, quindi in una struttura non statale, né dipendente da un'organizzazione statale o pubblica di erogazione dei servizi culturali. Siamo però in una struttura che, se mi è consentito, ha una biblioteca come nucleo della sua "ragione sociale", ma naturalmente non è solo questo. Si tratta di un luogo, come ricordava la dottoressa Rabitti, dove più che in altri si è sempre posto al centro dell'attenzione l'utente, il visitatore, lo studioso.

E' quindi il tema del servizio a porsi al centro della riflessione.
All'erogazione del servizio culturale è connesso il tema dell'innovazione, il tema dell'utilizzo di tutte le tecnologie, che non possiamo più definire nuove perché sono di dieci, quindici anni fa, disponibili per aumentare la qualità al servizio stesso.
Non possiamo e non vogliamo soffermarci su quello che sta succedendo nell'organizzazione dello Stato; sappiamo però che anche il nostro Ministero verrà nuovamente rimodellato, quindi ci saranno ancora dei cambiamenti organizzativi che riguarderanno la struttura che abbiamo ereditato da ormai trentuno - trentadue anni. La riorganizzazione non dovrebbe però comportare un cambiamento nell'approccio che abbiamo avuto in questi decenni e che ci viene dal passato, un approccio di conservazione del patrimonio, ma anche di rapporto con i cittadini, di rapporto con i fruitori.
Quindi il nuovo modello organizzativo, con la diversa ripartizione delle competenze tra centro e territorio o, all'interno dell'amministrazione, tra una Direzione ed un'altra o tra un Dipartimento che viene soppresso e un Segretariato Generale che torna a essere ricostituito, non dovrebbe indurre cambiamenti nell'ottica con cui dobbiamo guardare alla erogazione dei servizi culturali.
Stiamo parlando di patrimonio culturale e ho trovato di grande suggestione il discorso che ha fatto l'anno passato al Seminario Vinay il professor Ghetti, Rettore di Ca' Foscari, trattando il fatto che nel patrimonio culturale esiste una energia incorporata che è la somma di tutta l'energia che è stata messa in gioco per la formazione dell'autore e per la produzione di quel patrimonio culturale. E' l'applicazione del principio della fisica sulla conservazione dell'energia ad un contesto di produzione intellettuale, principio che conserva la sua validità. E' poi vero che questa energia è organizzata in modo da dare un rilascio lento nel tempo, che serve a produrre altra energia, tutta quella necessaria ai processi di acculturazione, di formazione e anche di apprendimento gradevole che sono connessi alla fruizione culturale.
Quindi questa erogazione di energia programmata avviene attraverso istituzioni pubbliche come sono quelle dell' organizzazione statale ma anche attraverso tutte le altre organizzazioni culturali come questa Fondazione.

E qui vengo al tema della produzione culturale, quindi anche del rapporto con la ricerca.
Nel documento che inquadra questo seminario la Direttrice giustamente sostiene che la ricerca non si svolge solo nei laboratori o nelle sedi universitarie, ma si svolge anche nei musei, nelle biblioteche, negli archivi.
È una verità sacrosanta ma forse gli operatori non ne hanno la consapevolezza piena o meglio, ne sono consapevoli mentre operano, però lo stesso fatto che non ci sia un riconoscimento forte e indiscusso induce a mettere in dubbio se si tratti o meno di ricerca.
Occorre riconoscere che tale consapevolezza comincia ad essere percepita anche all'esterno.
In tempi recentissimi il Ministero per i Beni e le Attività culturali è stato chiamato a partecipare a tavoli interistituzionali di progettualità concernente la ricerca insieme con il Ministero dell'Università, perché c'è la consapevolezza che in questo settore abbiamo degli ambiti territoriali e settoriali straordinari per potenziali ricerche e approfondimenti, ma abbiamo anche dei luoghi, non solo degli ambiti, in cui questa ricerca può essere sviluppata; questi luoghi sono quelli che abbiamo detto: archivi, musei, biblioteche.
Passando ai risultati che possono venire da alcuni segmenti di ricerca - e mi riferisco ai segmenti di ricerca che riguardano la organizzazione della conoscenza - occorre riconoscere che i grandi sistemi di organizzazione della conoscenza devono essere certamente funzionali alla fruizione ma devono essere funzionali soprattutto alla conservazione.

Ricordava il collega Marco Paoli quella che in qualche modo si potrebbe definire deficienza del sistema della conoscenza e quindi della catalogazione e che deriva dall'impossibilità di pervenire alla conoscenza totale e onnicomprensiva del patrimonio culturale.
Si tratta di un limite irraggiungibile, verso il quale tutti i sistemi realizzati e i progetti avviati tendono asintoticamente senza riuscire comunque - è una legge di geometria analitica - a raggiungere il limite.
Il collega ha ricordato la recentissima acquisizione al patrimonio culturale italiano della statua di Vibia Sabina: non sapevamo nemmeno che fosse stata scavata, non sappiamo dove - quasi certamente a Villa Adriana - non conosciamo il contesto. Eppure quella statua esisteva da prima che fosse trovata.
Vorrei fare una piccola digressione.
Può essere una coincidenza, anzi certamente lo è, però è suggestivo è il fatto che Vibia Sabina, in questo momento, si trova collocata nella sala della sede del Collegio Romano del Ministero dei Beni Culturali che era la sala di lettura della Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele II; quindi è tornata in qualche modo a casa, in una casa che non pur non essendo quella definitiva di origine, perché tornerà a Villa Adriana, però è una casa comune essendo una casa di cultura, la sala di lettura di una biblioteca.

Per quanto riguarda gli strumenti di organizzazione della conoscenza, è stato accennato prima al tema della digitalizzazione, quindi al tema dei portali. Stiamo lavorando molto in questo senso e stiamo lavorando in modo anche accelerato. Credo che il 2007 sarà un anno chiave perché verranno a compimento numerosi progetti avviati negli anni scorsi, che costituiscono veramente una sorta di precipitato chimico di attività.
Avremo a disposizione strumenti ma avremo a disposizione anche informazioni secondo una linea che anche a livello europeo è stata ribadita come unica strada possibile per la conservazione della memoria culturale di questo continente e per la sua valorizzazione nei confronti di altri mondi che, forti dal punto di vista finanziario, tendono ad esportare con grande potenza, efficacia e pervasività la loro modalità di distribuzione della conoscenza. E' certamente una modalità che tutti accettiamo, perché poi tutti noi nel nostro lavoro quotidiano utilizziamo Google come motore di ricerca, ma di cui conosciamo bene anche tutti i limiti culturali. Il contesto europeo, in cui sono collocate con grande coerenza le attività che nel 2007 andranno a concludersi, è un contesto che è stato ribadito e ridefinito nei fondamenti valoriali e nelle linee programmatiche proprio assai di recente: il 24 agosto 2006 è stata inviata una Raccomandazione della Commissione Europea al Parlamento, al Consiglio, ai Comitati Economici Sociali, ai Comitati Regionali, sul tema della digitalizzazione e dell'accessibilità on line dei contenuti culturali e della digital preservation, Raccomandazione già citata dal collega Marco Paoli.
Questa Raccomandazione è volta a sollecitare, in modo sempre più deciso, la coesione, la concertazione degli Stati europei nel progettare sistemi di digitalizzazione del patrimonio culturale, quindi sistemi volti, nell'era di Internet, alla diffusione della conoscenza dello stesso patrimonio culturale, inteso come importante strumento per la crescita del capitale umano. E' evidente la grande coerenza rispetto, per esempio, alla strategia di Lisbona.

Nel marzo 2000 il Consiglio europeo di Lisbona - Capi di Stato e di Governo - aveva lanciato l'obiettivo di fare dell'Europa entro il 2010 "l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". Da allora le misure che gli Stati membri hanno messo in atto per questo obiettivo hanno preso il nome di "Strategia di Lisbona".
L'obiettivo operativo della Raccomandazione del 24 agosto è di indurre gli Stati europei a sviluppare il grande progetto della Digital Library europea. Il concetto di Digital Library europea è un concetto molto complesso che va al di là, non nel senso di gerarchia di valori ma nel senso di ampliamento dei limiti, del significato di digitalizzazione del patrimonio librario. La Biblioteca Digitale europea che si va a costruire, che gli Stati stanno costruendo insieme, è inclusiva di tutti i segmenti del patrimonio culturale, quindi del patrimonio librario certamente, del patrimonio archivistico, del patrimonio contenuto nei musei, del patrimonio musicale, di tutto quello che costituisce veramente il corpo fondamentale di questa nostra cultura europea, che poi è il fondamento della cultura dell'Occidente.
Tutti sono consapevoli, cioè nessuno pensa che un'iniziativa di questo genere, ancorché promossa da un Paese che ha un notevole peso politico e culturale come la Francia, possa contrastare o comunque costituire un'alternativa sul piano del mercato a un motore di ricerca come Google.
Nessuno lo ritiene possibile. E' bensì possibile, anzi è certo che l'unica strada per rafforzare l'identità dell'Europa e dei Paesi che la costituiscono passi attraverso l'ampliamento della diffusione dei contenuti culturali del mondo europeo, utilizzando tutti gli strumenti di diffusione esistenti, in particolare il web.
Occorre caratterizzare la rete globale con contenuti culturali più ampi rispetto a quelli del sistema librario.

Non esistono solo le biblioteche del Congresso e delle Università americane o anche europee. A tal proposito vorrei ricordare la recentissima pressione da parte di Google a che le grandi biblioteche europee cooperino e siano disponibili alla digitalizzazione dei loro patrimoni, affinché l'harvesting operato dal motore di ricerca di Google sia arricchito dai metadati delle biblioteche europee.
Occorre quindi implementare sul web un altro mondo, il mondo della cultura nel senso più ampio del termine, che comprende tutti i settori. Questo è un concetto condiviso a livello europeo, che sta procedendo trasformandosi in progetti e attività, a cui l' Italia sta dando un contributo davvero rilevante. Nell'ambito del sistema culturale nazionale sono stati realizzati strumenti come l'Internet Culturale, che è un Portale che contiene i contenuti digitalizzati del patrimonio librario, e si stanno popolando le strade del web di contenuti culturali di qualità, non nell''ottica perdente di costituire una alternativa a Google, bensì in quella vincente di mettere on line milioni di informazioni sul patrimonio culturale italiano, banche dati, siti web, contenuti redazionali di qualità.

La qualità principale di questo progetto è nella condivisione e compartecipazione del territorio, ma anche nell''obiettivo di riorganizzare i sistemi informativi e le banche dati posseduti dal Ministero e che il Ministero non è stato finora in grado di comunicare e di diffondere capillarmente, pur a fronte di una enorme domanda.
Si tratta di sistemi e di banche dati ricchi di milioni di record informativi relativi al patrimonio culturale, di grandissimo pregio e di grande impegno finanziario, che sono state realizzati negli anni con le risorse pubbliche. Però questi dati non sono ancora disponibili in rete in modo organizzato e sistematico; lo sono un po' sì, un po' no, attraverso percorsi tortuosi di ricerca che dissuadono l'utente e comunque, anche quando trovati, lo lasciano insoddisfatto.
Questo non è accettabile innanzitutto sul piano etico: si tratta di soldi pubblici e quindi i risultati di questi investimenti devono essere utili a tutti e a tutti comunicati.
Voglio quindi accentuare un particolare aspetto positivo del progetto del Portale, che è quello di valorizzare tutti gli investimenti fatti nel passato anche e soprattutto attraverso il coinvolgimento delle strutture territoriali.
Ne è brillante esempio proprio la partecipazione al progetto della Direzione Regionale del Veneto e, attraverso di essa, il coinvolgimento della Fondazione Querini Stampalia.
Il processo virtuoso di collaborazione e di avanzamento dei progetti di digitalizzazione che possiamo verificare qui nel Veneto, si sta realizzando su tutto il territorio nazionale. Solo così potremo avere finalmente a disposizione questo formidabile strumento di accesso alle risorse culturali, strumento con caratteristiche tecnologiche e standard di comunicazione che rispondono all'esigenza manifestata dall'amico Malara, cioè quella di fornire una comunicazione che sia ineccepibile sul piano scientifico, perché il pericolo è quello di banalizzare, di dare slogan. Tutti sappiamo che l'effimero, il leggero, il divertente è molto più appetibile, rispetto a tutto quello che è invece consolidato, quello che non è così facilmente comprensibile e quello che non è divertente, ma magari anche faticoso, come lo studio in una biblioteca o la consultazione di un fondo d'archivio.

Proprio per questo è nostro compito agevolare il raccordo, fare in modo che l'accesso e la fruizione di questi contenuti non venga vissuto come momento d'impegno e di fatica o persino di sofferenza, ma venga percepito come momento non dico di divertimento, non è questo infatti l'obiettivo, ma di semplice incontro con la cultura, perché noi dobbiamo parlare a molti. Certamente ci saranno contenuti culturali che interessano lo studioso, che interessano lo studente, ma che interessano anche il ragazzo che deve fare la sua ricerca, o il semplice cittadino o il turista che si trova in una certa località. Il rapporto con il turismo è assai particolare: da un lato infatti il turista viene visto come la soluzione di quasi tutti i mali del nostro Paese, perché porta denaro e consuma, e dall'altro viene visto come un nemico perché comunque consuma il patrimonio culturale e consuma le pietre di Venezia e consuma i mosaici di Pompei. Quindi anche il turista può decidere di costruirsi un suo percorso culturale utilizzando informazioni tratte dal Portale.
Siamo pronti per fornire questi strumenti fondamentali di conoscenza e però contemporaneamente stiamo anche lavorando moltissimo all'arricchimento di contenuti digitalizzati per questi stessi strumenti; abbiamo avviato una imponente campagna di digitalizzazione del catalogato cartaceo che esiste nei nostri Istituti territoriali e a regime, a fine progetto, avremo digitalizzato, e quindi avremo reso disponibile per tutti, perché sarà accessibile attraverso il Portale, un patrimonio informativo di un milione e 800 mila schede di catalogo con relative immagini fotografiche che si aggiungono a quelle che già si trovano digitalizzate nel sistema dell'Istituto Centrale per il Catalogo.

L'ultimo punto, anzi no il penultimo - forse sto prendendo troppo tempo - sono gli aspetti finanziari. Il decremento delle risorse è stato pesantissimo, ha portato l'Amministrazione dello Stato non sull'orlo ma all'interno di una crisi da cui ha difficoltà ad uscire, nonostante i più recenti positivi segnali. Ci sono state in questi ultimi mesi molte iniziative che hanno cercato di individuare strumenti non alternativi ma integrativi, per portare l'intervento pubblico nel campo della cultura, quindi l'investimento pubblico in cultura e nel patrimonio culturale, a quel fatidico 1% indicato come obiettivo nel programma del governo. Ovviamente i limiti di bilancio sono quelli che sono, non c'è una prospettiva realistica di aumento immediato del bilancio dello Stato.
La cosa a cui aspirano di più tutti gli operatori è avere una disponibilità in bilancio chiara netta su capitoli coerenti con le attività; questo purtroppo non accade e vengono attivate operazioni di progettualità per cui magari alcune cose si realizzano anche se non sono strettamente collegate alla definizione del capitolo di spesa.
Si tratta di percorsi di emergenza, che non è possibile immaginare proiettati all'infinito. Allora si sono individuati strumenti per alimentare il finanziamento privato, strumenti come quelli della defiscalizzazione. A tal fine sono stati anche ipotizzati e presentati ai tavoli decisionali sistemi complessi che miravano a individuare quali potevano essere gli ambiti di defiscalizzazione più direttamente gestibili anche dal cittadino, più semplici rispetto al complesso e farraginoso sistema che esiste ora delle agevolazioni fiscali a seguito di erogazioni di denaro.

E' noto che il sistema attuale è estremamente complesso e farraginoso, che ha dato risultati molto poveri: rispetto a un tetto di 139 milioni di euro l'anno, ipotizzato come massimo, a seguito del superamento del quale avrebbe dovuto esserci un riversamento nelle casse dello Stato del risparmio fiscale ottenuto, il risultato è che a malapena siamo arrivati a 20 milioni di euro di erogazioni liberali. Le ragioni sono tante, a cominciare dal fatto che noi abbiamo una cultura diversa da quella che dei paesi anglosassoni, per cui gli Amici dei Musei si sentono realmente compartecipi delle sorti dell'istituzione; oppure il fatto che le nostre aziende hanno una cultura d'impresa che non ha interiorizzato per niente il concetto di bilancio sociale e quindi il fatto che l'accrescimento culturale non è visto come un fattore di competitività, ma è visto semplicemente come un'erogazione di soldi.
Le ragioni possono essere tante, non da ultimo il fatto che l'erogazione è uno strumento tutto sommato poco conosciuto e qui ci si inoltra su un altro terreno di criticità. Il Ministero non ha fondi adeguati per fare comunicazione. Abbiamo investito l'anno passato 6 mila euro per una pubblicazione sugli incentivi per il patrimonio culturale, che qualcuno ha letto, molti no, e alla fine i risultati sono stati veramente scarsi.
Quest'anno si era pensato a un sistema di defiscalizzazione molto più agile, che poteva vedere anche, per esempio, una possibilità di utilizzo da parte delle imprese private, quindi delle aziende, nei pacchetti di benefit che abitualmente vengono confezionati per i dipendenti in particolari occasioni, o comunque fanno parte anche magari degli aspetti contrattualistici. Si sarebbe potuto inserire per esempio l'abbonamento ad una stagione lirica, ad una stagione teatrale, piuttosto che un pacchetto di biglietti di un museo o di una mostra, e tutto questo si sarebbe potuto detrarre fiscalmente. Il Presidente Croff ha coordinato un'apposita commissione mista con il Ministero dell'Economia ed il lavoro fatto è stato veramente tanto.
Purtroppo bisogna registrare che nella bozza finanziaria appena pubblicata è contenuta la defiscalizzazione per l'iscrizione alle palestre dei ragazzi, e nulla per i pacchetti-cultura. Certo è importante che il legislatore abbia preso in considerazione il corpus dei giovani, perché il corpus sano è fondamentale. Il fatto che però in tutto questo tema della defiscalizzazione non vi sia traccia dei consumi culturali lascia immaginare che il consumo di servizi culturali possa non contribuire alla sanità mentale dei nostri giovani: il problema di un corpus sano che contiene una mens insana non si pone.
L'impressione è che continui purtroppo a permanere la posizione di ancillarità del sistema della cultura rispetto ad altri sistemi assai forti, di cui come cittadini siamo peraltro beneficiari e quindi siamo anche contenti che siano forti: parliamo di salute, scuola, trasporti.

L'ultimo punto è quello delle competenze, delle professionalità.
Su questo tema i convegni e i dibattiti sono stati veramente tanti, come ricordava Chiara Rabitti. Da ultimo c'è stato il 2 ottobre scorso un convegno dell' ICOM che ha presentato il risultato di un lungo lavoro svolto nel corso di un anno: la Carta delle Professioni Museali.
Si tratta certamente di un lavoro interessante, ne abbiamo dibattuto a lungo, e hanno partecipato al dibattito anche studiosi e rappresentanti delle professioni non museali, professioni che però erogano servizi culturali diciamo alla pari, se non di più, rispetto alle altre, come gli archivisti e i bibliotecari.
E' emerso un certo scollamento tra il mondo della formazione, quindi le offerte formative universitarie, e ciò che viene richiesto da un mercato del lavoro nel quale l'Amministrazione Pubblica è un soggetto che quantitativamente incide pochissimo. Il Ministero non può fare assunzioni, se non nella misura del 4 su 10 del turnover: quindi ogni 10 persone che vanno in pensione, se ne potremmo assumere 4, ma sempre nell''ambito di un piano di contenimento della spesa pubblica e previa autorizzazione della Funzione Pubblica. Stiamo parlando di numeri veramente molto ridotti, poche decine di persone in tutto.
Il Ministero è però anche il soggetto che può costruire le regole, individuando ad esempio le professionalità necessarie ed essenziali per la gestione dei musei non statali ma che ottengono contributi dallo Stato o di quelli statali che vengono devoluti alle autonomie locali. Resta comunque inevitabile, indispensabile un raccordo stretto con il mondo della formazione che, a mio parere, in questi anni, soprattutto per la formazione finalizzata alla gestione del patrimonio culturale, si è mosso in modo molto autonomo, diciamo senza confronto con il "mercato", rispondendo a logiche che sembrano sono tutte interne al mondo dell'accademia, al mondo dell'università, logiche probabilmente di equilibrio nei corsi di laurea, nell'offerta formativa, nei pesi delle varie discipline, delle vari settori scientifico-disciplinari.

Questo confronto tra offerta formativa e domanda di competenze non è stato molto visibile, se pure c'è stato. Abbiamo dei risultati con decine di migliaia di ragazzi laureati con competenze di un certo tipo, ed esigenze di professionalità che non corrispondono perfettamente, anzi diciamo che corrispondono molto poco a questi profili. Per questo bisogna veramente lavorare molto in termini di cooperazione.
Mi pare veramente positivo il fatto che, proprio su questa linea, ci sia una grande apertura da parte del Ministero delle Università.
L'obiettivo che tutti ci auguriamo è quello di avere un futuro di operatori del patrimonio culturale che non siano più tanto nani, che siano un po' meno nani, e quindi possano salire nelle spalle di quei giganti, che continuano a rimanere giganti, e possano guardare quindi un po' più lontano, al futuro, un futuro che ci incuta un po' meno paura di quanto non accada ora.
Grazie


Copyright AIB 2007-08, ultimo aggiornamento 2007-09-22 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
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