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"17. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
conservare il futuro

Interventi di apertura

Marco Paoli, Direttore dell'Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e per le Informazioni Bibliografiche


Un grazie al Presidente, alle autorità, ai colleghi e i miei complimenti per l'iniziativa che prosegue, essendo appunto giunti al diciassettesimo Seminario dedicato ad Angela Vinay.
Le riflessioni che il testo guida, a firma di Chiara Rabitti, mi ha sollecitato sono state da me raccolte in un testo che preferisco, anche per ragioni di sintesi e di tempistica, darvi in lettura.
Dunque, 'Conservare il futuro', non è solo il nome di un progetto della Fondazione Querini Stampalia nel settore dell'arte contemporanea, ma è in effetti una felice espressione, sulla scorta del titolo di una fortunata produzione hollywoodiana, per indicare una delle principali missioni di archivi, biblioteche, musei e Istituti Culturali. Analogo spunto è stato in questi giorni utilizzato, nell'ambito di un progetto innovativo relativo al mondo degli Atenei, per il nuovo slogan dell'Università di Roma la Sapienza: 'il futuro è passato qui' appunto. E quindi, se come è stato detto nell'occasione della presentazione del progetto in parola, "Un'Università è fatta anche di simboli", anche il mondo delle biblioteche può avere bisogno di simboli e di slogan, per concentrare ed ottimizzare le energie e le risorse.

Le azioni che possono e debbono essere intraprese dalle nostre istituzioni culturali sono varie e differenziate, e riguardano macroaree di intervento di grande spessore come la tutela, la gestione del patrimonio e l'innovazione tecnologica. Il contributo di ciascun Istituto è ovviamente commisurato alle proprie dimensioni istituzionali e al grado di capacità di attuazione della propria missione sulla base delle risorse, sia umane, sia finanziarie che tecnologiche ad esso assegnate, risorse che sappiamo, purtroppo, in continua diminuzione. Esiste poi un livello di intervento secondario, non direttamente ritagliato tra le competenze specifiche di un istituto, che può comunque agevolare l'azione di altri soggetti e contribuire al raggiungimento di loro finalità connesse con la valorizzazione dei Beni Culturali.
Mi riferisco a quanto l'ICCU può aver prodotto e potrà realizzare in futuro, ad esempio sul tema della tutela.

Pur trattandosi di una finalità non assegnata all'Istituto Centrale, va da sé che il coordinamento dell'implementazione e la gestione del sistema centrale del catalogo automatizzato del patrimonio bibliografico delle biblioteche italiane, sia non solo uno strumento potente di diffusione dell'informazione, ma anche un supporto valido alle operazioni di salvaguardia del patrimonio, che non può certo prescindere da una puntuale conoscenza delle edizioni di un'opera e degli esemplari localizzati di una determinata edizione. Conoscere e far conoscere è quindi sinonimo di conservare: si pensi alla notizia di un'edizione testimoniata da un unico esemplare tra il posseduto delle oltre 3000 biblioteche cooperanti in SBN, che acquista una evidenza irripetibile in un contesto di 9 milioni di record qual è la base dati INDICE SBN; e ciò va nella direzione di una sua conservazione nel tempo. Ma la conservazione non deve essere intesa solo come 'non perdita' del bene culturale, bensì anche come sua contestualizzazione storica ed intrinseca, come conservazione dei legami di quella unità documentaria con il restante patrimonio ad essa omogeneo. La prosecuzione dell'opera di catalogazione del patrimonio bibliografico italiano ha quindi la sua ragione di essere anche per tali motivi, ed è auspicabile l'ingresso in SBN di nuove realtà documentarie (penso al patrimonio delle biblioteche ecclesiastiche per le quali è imminente la sigla di una specifica convenzione tra CEI e Ministero), per ridurre così sempre più la zona d'ombra in cui per motivi, magari comprensibili, può essersi trovata la conoscenza di porzioni dell'eredità bibliografica nazionale.

Non sarà fuori luogo un riferimento a quanto necessita ancora di essere fatto in un ambito ancora più martoriato dei beni culturali italiani, vale a dire il patrimonio archeologico. Della grande statua in marmo bianco raffigurante Vibia Sabina, moglie dell'imperatore Adriano, che verrà restituita all'Italia dal Museum of Fine Arts di Boston, grazie ad un accordo di questi giorni siglato dal Ministero, di questa statua dicevo non si sapeva nulla, nemmeno dove essa fosse stata scavata. Per cui la conservazione dell'opera, in questo caso, è anche ripristino del suo nesso con il catalogo nazionale.
Tornando al catalogo dei Beni Librari condotto dall'ICCU, un discorso a parte, e con maggior insistenza sulla componente diciamo così 'conservativa' della catalogazione di edizioni e del censimento di esemplari, va fatto per le basi dati collaterali a SBN, vale a dire la base dati EDIT 16, dedicata al censimento delle edizioni del XVI secolo stampate in Italia e delle edizioni in lingua italiana stampate all'estero, e la base dati MANUS, censimento dei manoscritti in alfabeto latino.

L'arricchimento e la relativa pulizia dei dati di detti archivi è certamente funzionale alla realizzazione di un futuro programma di conservazione dei Beni Librari. Per quanto riguarda la base dati MANUS l'incremento negli ultimi due anni è stato del 35%. Imminente la realizzazione di una versione interamente on line di MANUS stesso, che consentirà la catalogazione diretta dal client delle singole biblioteche partecipanti. Per quanto riguarda il censimento nazionale delle cinquecentine l'incremento è stato del 10,5% per quanto riguarda le monografie (in termini reali n. 6339 record), e del 9,7% per quanto riguarda gli autori (in termini reali n. 1197 record).
Nell'agosto 2006 è stato inoltre presentato un progetto per ottenere un finanziamento con i fondi del lotto allo scopo di realizzare una consistente implementazione della base dati, con il risultato di completare il censimento con il reperimento di circa ulteriori 20.000 edizioni, con le quali si potrebbe raggiungere la quota di circa 80.000 edizioni, con cui è stimabile si venga a restituire la quasi totalità delle edizioni conservate del Cinquecento italiano.
L'utilizzo della base dati delle cinquecentine, per la sua peculiarità tipologica, afferendo cioè alla principale produzione dell'editoria italiana di tutti i tempi, con un riscontro formidabile, come è noto, con la contemporanea produzione letteraria che di quell'editoria si servì per travalicare i confini nazionali, ha un riscontro non solo 'conservativo', né solo 'informativo e professionale' per quanto riguarda le immediate interrogazioni ai fini catalografici o documentari, ma ne ha anche evidentemente un altro di carattere scientifico, ai fini di una ricerca universitaria e non.
In questo caso l'intersezione non avviene tra strutture di tutela (biblioteche, archivi e musei) e la ricerca, ma tra quest'ultima ed una istituzione deputata a fornire dati bibliografici strutturati, e quindi materiali di primaria importanza per qualsiasi indagine scientifica del settore. Tale è l'immagine confermata in occasione dell'ultimo convegno sul Censimento EDIT 16 dell'8 giugno 2006, quando numerose sono state le attenzioni da parte del mondo universitario, e confermata dal fatto, che dopo le iniziali riserve e critiche, anche non del tutto costruttive, nei confronti del progetto, negli ultimi anni in realtà è unanime il riconoscimento della affidabilità e del rigore filologico della bibliografia allestita dall' ICCU.
A questo proposito è stata lanciata una nuova iniziativa, di sicura ricaduta scientifica: l'Archivio Dediche delle edizioni cinquecentine, che costituirà l'iniziativa più importante a livello europeo, per la descrizione e digitalizzazione di questi significativi microtesti.

Un apporto fondamentale alla conservazione del patrimonio culturale e ad una veicolazione verso le generazioni future è offerto dalla tecnologia. La digitalizzazione, la tecnologia del digitale, con le sue riproduzioni virtuali di immagini e di suoni, ha una duplice funzione di promozione della conoscenza degli oggetti analogici e di conservazione e salvaguardia degli stessi. Quest'ultima finalità affidata agli strumenti riproduttivi ha una tradizione tutta italiana e che risale ad almeno due secoli e mezzo fa, quando alla mirabile risorsa della calcografia veniva affidata la sopravvivenza dei reperti archeologici romani a rischio di migrazione verso collezioni straniere, oppure, più propriamente, ad esempio, la salvaguardia dei modelli delle macchine di carpenteria ideate dal geniale capomastro Nicola Zabaglia sottoposte a destino certo di distruzione per l'eccessivo uso che ne veniva fatto presso il luogo dov'erano conservate, e che Benedetto XIV avrebbe fatto pubblicare, mediante appunto le incisioni, nel 1746. Ma ancora nel 1999, in occasione della II Conferenza Nazionale delle Biblioteche di Spoleto, era vivo il dibattito di quale fosse preferibile tra i sistemi di riproduzione per la salvaguardia del materiale, se il microfilm oppure la tecnica di riproduzione digitale. Oggi sappiamo quale dei due procedimenti abbia avuto definitivamente la prevalenza sull'altro.
La possibilità di consultare immagini digitalizzate consente di preservare gli originali, oltreché di aumentare il loro contenuto informativo grazie alla possibilità di visualizzare particolari occultati, ad esempio, da macchie di inchiostro o da un controfondo deteriorato. Come è noto ai fini della conservazione dall'uso e come copia di sicurezza in caso di danneggiamento estremo sono due i formati prevalenti che hanno soppiantato la procedura delle tre serie di immagini: tif a colori o con toni di grigio, con risoluzione 600 o 400 dpi e il formato jpeg per la visualizzazione in Internet e per il download di una certa qualità.

L'Istituto Centrale per il Catalogo Unico continua la sua attività di coordinamento di numerosi progetti di digitalizzazione, e di relativa indicizzazione, verificando la qualità delle immagini e la correttezza dei metadati ai quali è affidato il recupero dei singoli file dalle teche degli Istituti partner, con la possibilità di rendere interoperabile la ricerca e la visualizzazione. Nell'ultimo anno sono state create 1 milione e 300 mila immagini, in gran parte tratte da manoscritti musicali (ad esempio della Biblioteca Augusta di Perugia, del Conservatorio Cherubini di Firenze, del Conservatorio S.Pietro a Majella a Napoli, della Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo, della Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna); ma non mancano pagine tratte da periodici preunitari e da bibliografie celebri quali il "Mare Magnum" di Alessandro Marucelli della Biblioteca Marucelliana di Firenze. Per il prossimo futuro sono state avviate convenzioni per proseguire il recupero del patrimonio musicale italiano (ad esempio i manoscritti musicali dell'Abbazia di Montecassino), ma anche per creare contenuti digitali di argomento filosofico sul Rinascimento italiano o sulla figura di Andrea Palladio.
Tutte le immagini contribuiranno, mediante la procedura dell'harvesting dei metadati, ad arricchire i contenuti del Portale Internet Culturale, promosso dalla Direzione Generale per i Beni Librari. A questo proposito andrà certamente prevista la condivisione delle risorse con il nascente Portale della Cultura promosso dal Ministero, sulla base della trasmissione dei metadati, e secondo il principio della flessibilità dei collegamenti tra i contenuti digitali relativi al patrimonio culturale italiano, nello spirito dell'interoperabilità e per internazionalizzare l'accesso al digitale dei vari settori della cultura italiana.

Un paradosso della conservazione, non solo dei Beni Culturali, è rappresentato dal fatto che gli stessi strumenti cui è affidata la tutela virtuale degli oggetti debbono essi stessi affrontare problemi di salvaguardia.
È l'annoso problema della cosiddetta Digital Preservation, della conservazione del materiale digitale, sia formati che supporti.
L'ICCU oltre a proseguire con la pubblicazione della collana dedicata alla Conservazione del Digitale, partecipa ad un importante progetto europeo, Digital Preservation Europe (DPE), finanziato dalla Commissione Europea nell'ambito del VI Programma Quadro - area Tecnologie per la Società dell'informazione: accesso alle risorse culturali e scientifiche, e coordinato da Seamus Ross dell'Università di Glasgow. Il coinvolgimento della Direzione Generale per i Beni Librari e dell'ICCU in questo progetto sono relativi alla cosiddetta attività di dissemination, vale a dire diffusione e informazione sulle esperienze e i risultati raggiunti dai vari partner sulle problematiche legate alla conservazione e gestione del materiale digitale.
L'ICCU prosegue anche con la pubblicazione della rivista "Digitalia" che ha tra le sue tematiche anche quella della Digital Preservation. Lo scorso anno, in questa sede, comunicai la nascita dell'idea di una nuova rivista, dedicata integralmente al tema del Digitale nei Beni Culturali. Quest'anno comunico l'uscita del numero zero e del numero 1/2006, nonché l'imminente uscita del numero 2.


Copyright AIB 2007-08, ultimo aggiornamento 2007-09-22 a cura di Marcello Busato e Giovanna Frigimelica
URL: http://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay17/paoli06.htm


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