AIB. Sezione Veneto. Congressi
"17. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
conservare il futuro
Marino Cortese, Presidente della Fondazione Querini Stampalia
Ringrazio tutti i convenuti, e in particolare quelle autorevoli personalità
che, per un motivo di titolo amministrativo, scientifico o tecnico, ci confortano
con la loro presenza, esprimendo con questa un concreto interesse nei confronti
dell'iniziativa che la Querini, puntualmente, da diciassette anni realizza ogni
anno per offrire un momento di riflessione comune agli operatori bibliotecari
della nostra area, e non solo a loro. Ho detto che ci confortano, perché
è un periodo in cui c'è bisogno di conforto: si dice che il coraggio
bisogna darselo insieme, e quindi il ritrovarsi a valutare insieme con altri
operatori i difficili problemi che occorre affrontare nel gestire una biblioteca
è sicuramente una cosa importante e utile, e di questo vi sono grato.
Sappiamo che i problemi sono di ordine diverso: su tutti incombe sempre il problema
finanziario, ma non è questa l'unica sfida per chi si impegna a mantenere
una struttura moderna ed efficiente, mentre le risorse disponibili sono limitate,
o addirittura decrescenti. In verità vi sono altre sfide, più
insite nel lavoro che qui si svolge, e quella che forse le comprende e le supera
tutte è la sfida del futuro: la sfida di una tecnologia che cambia molto
rapidamente, e quindi di un personale che deve continuamente adeguarsi all'uso,
alla padronanza e alla ottimizzazione delle nuove risorse tecnologiche; e contemporaneamente
la sfida di una società che si trasforma, nel susseguirsi delle generazioni.
A questa sfida la Biblioteca della Fondazione Querini Stampalia si presenta
con una caratteristica che può costituire un problema, ma anche una risorsa:
quella di essere vecchia, come lo sono in verità molte biblioteche italiane.
Ha 137 anni, e quindi ha attraversato periodi molto diversi, dalla seconda metà
dell''800 ai giorni nostri: basti pensare a che cosa è stato il Novecento,
non tanto e solo nella politica, ma anche nella cultura, nella scienza, nell'arte.
I nostri utenti di oggi sono persone affatto diverse da quelle che venivano
137 anni fa ad affollare le stesse stanze e usare, in parte, gli stessi libri.
Vero è che, anche se i sedicimila volumi del primo fondo della Biblioteca
del 1869 sono ancora a disposizione del pubblico, certo si tratta solo di una
piccola parte dei 320-330 mila volumi della nostra Biblioteca attuale.
E se la sfida di stare al passo con i tempi è quella più ardua
e più difficile da vincere, allora proprio questo slogan di 'conservare
il futuro' è davvero il cuore del nostro mestiere.
Questa infatti, prima di aprirsi al pubblico, era una biblioteca di famiglia:
per secoli e secoli i libri del nostro fondo antico sono serviti ad acculturare
i figli, i giovani di casa Querini, perché si studiava in casa e la biblioteca
era quindi uno strumento didattico ordinato a questo specifico scopo. E il fondo
antico è interessante anche per questo, perché quella che può
in parte sembrare un'accozzaglia di edizioni, non tutte oggi interessanti sotto
il profilo bibliografico e antiquario, in verità è lo specchio
del criterio, della selezione di valore didattico che veniva progressivamente
a costituirsi ai fini della biblioteca di casa.
Giovanni Querini, forse proprio perché non si è sposato e non
ha avuto figli facendo estinguere il ramo principale del casato, invece che
vendere tutto come quasi tutte le famiglie patrizie veneziane dell''800 (i cui
quadri, libri e arredi, hanno fatto la fortuna degli antiquari d'Europa per
almeno 150 anni), con un'idea modernissima ha costituito una fondazione. Non
ha dunque lasciato i suoi beni al Comune, ma ha costituito una fondazione autonoma,
dotandola anche del patrimonio necessario per garantirne la gestione e trasferendo
lo scopo della biblioteca dall'educazione della famiglia alla nuova realtà
di un'acculturazione di massa, all'istruzione della cittadinanza, della comunità.
Questa è stata una prima scelta lungimirante verso il futuro, in una
società che da un patriziato elitario, chiuso, che esauriva con l'alta
borghesia tutto quel tanto -o poco- di acculturazione che c'era, si stava trasformando
in qualcosa di completamente diverso.
Da allora quasi tutti i veneziani sono passati di qua, negli ultimi anni delle
scuole secondarie; e per tutti quelli che sono andati all'università,
che studiassero medicina o giurisprudenza, ingegneria o lettere, questo è
stato un ambiente comune, un punto di riferimento e di sintesi della società
veneziana e anche dell'area circostante. Specie nel tempo andato infatti, quando
questi luoghi d'incontro e di studio, queste biblioteche, erano scarse e rare,
il pubblico veniva, molto più di oggi, anche da fuori città.
Di qua è fisicamente passato mio padre, sono passato io, sono passati
i miei figli: su questa esperienza assolutamente generalizzata bisogna riflettere,
perché certo la biblioteca non è il luogo principale dell'istruzione,
né dell'educazione, né della ricerca, ma per queste rimane uno
strumento imprescindibile, e la sua frequentazione è strategica, significativa
e importante nell'esperienza e nel percorso personale di quanti intraprendano
un'attività di studio, professionale o scientifica. Allora occorre riconsiderare
la biblioteca anche sotto questo profilo: certamente ci vogliono le tecnologie,
l'adeguamento, la digitalizzazione, l'informatizzazione, i cataloghi ecc., però
la biblioteca è innanzitutto un luogo dove sicuramente si legge, ma anche
ci si parla, in cui le esperienze si confrontano e si arricchiscono vicendevolmente.
La Fondazione Querini Stampalia di fatto è stata proprio questo, e lo
è stata prima ancora di teorizzarlo: un luogo di grande sintesi, dove
Biblioteca e Museo trovano posto in una sede di prestigio, attrezzata - specie
negli ultimi cinquanta, sessant'anni - per essere anche un accessibile e accogliente
punto d'incontro e di scambio culturale.
Così l'aveva voluta il Fondatore: "Dopo la mia morte, la mia Biblioteca,
Galleria, Medagliere, Oggetti d'Arte posti nel mio Palazzo a S. Zaccaria diverranno
d' uso pubblico. Verrà unito agli stessi un Gabinetto di lettura nel
primo piano del mio palazzo nelle stanze da me abitate. Il Gabinetto di lettura
e la Biblioteca rimarranno aperti nei giorni ed ore che ... i curatori determineranno,
ma costantemente in tutti quei giorni, ed ore in cui le Biblioteche pubbliche
sono chiuse, e la sera specialmente per comodo degli studiosi, che saranno collocati
non nella Biblioteca, ma in una Sala vicina, bella, comoda, con stufe, e tappeti
per l'inverno. Vi saranno camere per adunanze serali di dotti e scienziati,
sì nazionali, che forestieri...".
In queste parole c'era già l'intuizione di una sede culturale integrativa
rispetto ai sistemi di educazione e di istruzione, ai licei e alle università:
e questo progressivamente si è realizzato, interpretando nel tempo con
sempre nuovi strumenti un mandato istituzionale tuttora valido e vincolante.
Qui si prepara il futuro, perché qui ci sono i giovani, i ricercatori,
gli studiosi, e il futuro sono proprio loro; e questo futuro si coniuga con
il deposito di cultura rappresentato dalla Biblioteca e dalla Fondazione nel
suo complesso. Credo d'altra parte che tutte le biblioteche, anche le più
moderne, debbano integrare la loro missione primaria riferita allo studio e
alla lettura con un'attività culturale più ampia e generale.
In Biblioteca infatti non solo si studia o si legge, ma si respira un'aria,
ci si immerge in un clima, si sperimenta uno stile: gli utenti da noi siedono
su pesanti seggioloni a tavoli del primo Novecento, così come li ha voluti
Segarizzi, Direttore della Querini nel primo quarto dello scorso secolo; ma
su quei tavoli le lampade disegnate da Carlo Scarpa riportano coerentemente
alla contemporaneità. Allo stesso modo gli interventi architettonici
di Scarpa, e più recentemente di Mario Botta, nella ristrutturazione
di una serie di spazi del Palazzo rinascimentale, così come l'attività
di arte contemporanea che, da Mazzariol in poi, si è vivacemente sviluppata
tra queste mura antiche, intendono dare agli utenti della Biblioteca una cornice,
un ambiente che parli della contemporaneità e stimoli alla curiosità
e al nuovo. Certo ognuno avrà poi la sua storia: noi offriamo degli strumenti,
sta a ciascuno utilizzarli secondo le sue esigenze e le sue capacità.
Sono convinto tuttavia che la Biblioteca, che resta il cuore della Fondazione,
debba aiutare soprattutto i giovani, ma non soltanto loro, ad accrescere la
sensibilità, la disponibilità, l'attenzione verso il nuovo: il
passaggio in Biblioteca deve continuare a rappresentare un momento fondamentale
nell'itinerario formativo di ciascuno, e per questo occorre che la Biblioteca
non sia soltanto un deposito di libri, se possibile correttamente catalogati
e prontamente distribuiti, ma anche un luogo capace di stimolare e promuovere
la produzione culturale. Perciò gli operatori della Biblioteca sono oggi
molto diversi da quelli di cento o anche solo quaranta anni or sono, persone
di scarsa acculturazione che giravano per le sale e si limitavano a distribuire
i libri come semplici, se pur motivati, custodi e magazzinieri: oggi i bibliotecari
devono essere veri operatori culturali. Una volta l'aspetto culturale si esauriva
nella figura del Direttore, un umanista, un letterato, un uomo di grande preparazione;
ma poi il rapporto diretto con l'utenza era affidato a una mediazione un po'
più rozza ed elementare. Oggi questo scenario è cambiato, e quindi
occorre che le nostre biblioteche abbiano cura di dotarsi di un personale adeguatamente
qualificato: la Biblioteca della Fondazione Querini Stampalia ha fatto questo
sforzo, e il futuro si costruisce anche così.
Personalmente ho avuto anche esperienze diverse, e ho riscontrato che, specie nelle grandi amministrazioni, i sistemi bibliotecari sono spesso affidati a personale residuale, a maestri di asilo o altri operatori che non sono più utili nelle mansioni professionali originali e che si pensa possano fare meglio in biblioteca, ma senza alcuna specializzazione, senza una motivazione reale. Su questo credo bisognerebbe porre maggiore cura, perché altrimenti il clima diventa stanco e stantìo: la biblioteca è certo nei libri ben catalogati, ma anche nell'aria che si respira, nelle parole che circolano, nei suggerimenti che si ricevono e che si possono dare.
Questo è un incontro tra esperti, e io non lo sono. Io sono solo un
amministratore, ma sono consapevole che tutti dobbiamo sentirci coinvolti, per
condividere efficacemente le nostre esperienze. La Biblioteca Querini non sarebbe
vissuta senza Venezia, perché è parte di un sistema costituito
da tutta la città; così ogni biblioteca si integra con tutte le
altre strutture educative, universitarie, ma anche amministrative, al sistema
più generale dei servizi, che sostiene oggi il percorso dell'intera comunità
verso il futuro.
Purtroppo c'è un adagio di un'attualità assoluta, anche se sembra
un retaggio del passato: dice che è meglio un asino vivo che un dottore
morto. Di fatto la spinta vera, forse per un mal interpretato senso di democrazia
e di egualitarismo, porta a spalmare le risorse per tenere in vita gli asini;
ma è necessaria una riflessione, perché l'adagio è falso,
e comunque gli asini muoiono e i dottori vivono. L'esperienza storica e le statistiche
ci dicono infatti che la speranza di vita e l'età media crescono proprio
con lo sviluppo dell'acculturazione, in una relazione sicuramente biunivoca.
È necessario quindi che tutti responsabilmente si impegnino nel sostenere le
strutture bibliotecarie, riconoscendole come tessere fondamentali del sistema
educativo e della ricerca, e quindi della proiezione della nostra società
verso il futuro.
Copyright AIB 2007-08, ultimo
aggiornamento 2007-09-16 a cura di Marcello Busato e Giovanna
Frigimelica
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