AIB. Sezione Veneto. Congressi
"17. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
conservare il futuro
Luigi Contegiacomo, Presidente della Sezione Veneto dell'Associazione Nazionale Archivistica Italiana
Io sono Luigi Contegiacomo, Presidente dell' ANAI Veneto e vengo dall'esperienza
di un Istituto archivistico, che è l'Archivio di Stato di Rovigo. E'
difficile non condividere l'allarme lanciato da Luca Baldin, poiché
è una situazione che è comune ai musei, come è comune agli
archivi, come ritengo anche alle biblioteche. Siamo in una gravissima situazione
finanziaria come pure di organici effettivi, siamo dimenticati - o almeno
così appare talora - dall'amministrazione statale e purtroppo si rischia
di morire di asfissia, e quello che è gravissimo è soprattutto
non solo il fatto che non esiste l'avvicendamento del personale posto in
quiescenza e che troppo spesso le nostre piante organiche sono intasate da unità
che per un motivo o per l'altro sono comandate o distaccate altrove, quando
non afflitte da malattie croniche. C'è ora la prospettiva a livello di
"Finanziaria 2007" che ogni cinque uscite di personale il ricambio
si limiti ad una unità sola, per cui se già siamo pochissimi,
la prospettiva nel Nord e in particolare negli Istituti culturali diviene disastrosa.
Adesso il Ministero ci sta chiedendo i pareri per le nuove piante organiche,
ma non si sa bene a cosa serviranno i nostri pareri alla fine, visto che tutti
lamenteremo, nel Nord quantomeno, carenze organiche gravissime, quindi una pianta
ottimale ben diversa da quella attuale e sappiamo già che queste proposte
verranno tagliate con la scure per ovvii motivi di economia, quindi non ci illudiamo
molto.
Quanto al fatto, accennato in altro intervento da Luca Baldin, che i musei sono
arrivati un po' tardi al dibattito, rispetto al dibattito internazionale, gli
archivi sono arrivati al dibattito "su se stessi" molto prima - abbiamo
forse in questo punto un primato - poiché l'Italia è stata
la prima ad avviare studi sul problema degli archivi: si pensi che la prima
pubblicazione edita al mondo sugli archivi è di Baldassarre Bonifacio
di Rovigo (1585-1659), fondatore e membro di innumerevoli Accademie, Vescovo
di Capodistria dal 1653 alla morte, possessore di una libreria di oltre tremila
titoli, che scrisse il primo trattato di archivistica; il dibattito si è
alimentato poi nell' '800 e nel '900 con grandi archivisti di fama internazionale,
quindi non siamo certo arrivati ultimi, siamo sicuramente tra i pionieri della
scienza archivistica.
Il dibattito del momento, il tema più coinvolgente e al tempo stesso più scottante è quello del documento digitale e della firma digitale, che ci pone al passo coi tempi e con la necessità di modernizzare la pubblica amministrazione, con l'obiettivo dichiarato di ridurre almeno "sulla carta" - mi si scusi il gioco di parole - il cartaceo e di velocizzare e semplificare iter e contatti con l'utente ma anche tra pubbliche amministrazioni; ma, alla luce delle esperienze di altri paesi, pionieri in questo campo, come Stati Uniti e Canada, ci si rende sempre più conto che tutto ciò sottende rischi enormi - specie sotto l'aspetto della conservazione, dell'autenticità, della sicurezza - per cui ci dobbiamo tutti preoccupare delle conseguenze della dematerializzazione e usare la massima prudenza nell'abbandono totale del cartaceo.
Non avendo avuto modo di preparare una relazione organica - a causa della
mancanza di tempo imposta per forza di cose dalla carenza di personale che impone
ritmi frenetici al lavoro ordinario - prendo semplicemente lo spunto dalla presentazione
premessa all'invito che ci è stato fatto e ad alcuni punti in particolare
di questa premessa. Si parla ad un certo punto del vincolo che lega cultura
e ricerca, si dice "per favorirne le interazioni" ecc: il vincolo
nel nostro linguaggio, quello degli archivisti, un linguaggio tecnico, è
un concetto fondamentale, un concetto prioritario, non si può considerare
il documento slegato dal suo contesto, non si può considerare il documento
come singola entità, se non sotto un valore venale, quello che troviamo
associato purtroppo ai documenti posti in vendita sulle bancarelle di antiquariato,
ma il documento storicamente non ha un senso al di fuori del suo contesto e
dell'archivio a cui appartiene.
Quindi la stessa cosa, mi si permetta il paragone, si può affermare per
quanto riguarda il rapporto tra cultura e ricerca, la prima può esistere
da sola, può brillare di luce propria, ma fuori dal contesto della ricerca
e dalle forme di valorizzazione che con la ricerca si legano, diviene una meteora
che col tempo si spegne, si consuma; il bene archivistico, che della nostra
cultura e della nostra storia è componente fondamentale, non ha futuro
senza la continua promozione della sua fruizione e senza strumenti e modi per
valorizzarlo e per adeguarne ai tempi accessibilità e conoscenza. Si
pensi all'obsolescenza dei vecchi criteri espositivi, per esempio nel musei,
ma questo vale anche in altri ambiti, bisogna pensare a nuove formule per rendere
accessibile l'informazione, si pensi ai sistemi informativi, al Portale, di
cui parlavamo prima, a Internet ecc.
Così pure la ricerca tecnologica, come la stessa tecnologia, può
anche autoalimentarsi ed essere autoreferenziale e vivere autonomamente nella
cultura, ma non avrebbe nessuna utilità pratica nel mondo della cultura,
se prodotta in modo autoreferenziale e slegato dalle esigenze della cultura
stessa.
Nella premessa all'invito si parla di percorsi che possono garantire uno sviluppo
sostenibile alla cultura del Paese, di questo dovremo parlare appunto: di percorsi
se ne possono identificare tanti e l'ANAI da tempo cerca di individuare sempre
nuovi percorsi, nuove vie per valorizzare, per sensibilizzare, per portare acqua
al mulino della cultura e della conoscenza.
La valorizzazione innanzitutto, l'ho già detto l'anno scorso, quindi
non ci torno, può far del bene al patrimonio culturale e al patrimonio
documentario in particolare, perché se non valorizziamo quello che abbiamo,
se non siamo in grado di trasmettere ai giovani la sensazione dell'importanza
della conservazione della nostra memoria, noi perderemo questa memoria; e per
trasmettere tali valori non ci si può più limitare a rivolgere
le nostre lezioni, dibattiti, laboratori, ai giovani delle scuole e delle Università,
ma anche ai meno giovani - sempre più numerosi - delle Università
popolari e della terza età, delle Associazioni culturali, di volontariato
ecc., senza dimenticare poi l'esigenza di affinare gli strumenti ed i metodi
didattici alle diverse abilità dell'utente: si pensi ai non udenti
e ai non vedenti, a chi comunica solo mediante PC o più semplicemente
ai diversi livelli di comprensione legati ad età e formazione culturale.
L'Archivio di Stato di Rovigo, che opera da oltre 25 anni nel settore didattico
al pari di altri Istituti fratelli, sta sperimentando nuove tecniche didattiche
con l'Università popolare, ma anche con il singolo cittadino (in occasione
di "incontri aperti" sulla ricerca storica) e posso dire che sta sicuramente
crescendo moltissimo l'attenzione per il documento, per la storia vista attraverso
il contatto diretto con le fonti. Si pensava erroneamente che l'individuo -
non dico l'utente perché prima deve divenirlo per esserlo - con
l'età perdesse interesse per la ricerca e la storia, invece non
è così, anzi aumenta l'interesse, proprio perché aumenta
il tempo libero e così pure aumenta il desiderio di sentirsi impegnati,
per cui bisogna adattare anche le forme di comunicazione, dalle conferenze ai
convegni, ai seminari, ai laboratori didattici, alla persona, al target
che abbiamo di fronte: questa è una ricerca continua che ci deve coinvolgere,
come archivi, come istituzioni, come associazioni. E' inoltre necessario
semplificare i linguaggi descrittivi, bisogna renderli facili da capire, intelligibili
facilmente, perché se noi creiamo degli strumenti di corredo o degli
strumenti d'informazione troppo complessi, non sono comprensibili ad un pubblico
più vasto, ma solo ai tecnici; ricordiamoci che i sistemi informativi
non sono rivolti solo ai tecnici, ma anche a un pubblico più vasto proprio
per far conoscere, per diffondere il nostro patrimonio archivistico: è
bene quindi affinare le metodologie e il "linguaggio" delle attività
didattiche utilizzando quello più consono all'età, al tipo di
preparazione, di informazione, di "abilità" di chi delle nostre
attività intenda fruire.
Bisogna creare o rimodulare poi gli strumenti di corredo e quindi in primis
inventari, guide, schedari, guide topografiche, guide generali, regesti e via
così, strumenti di corredo e gestionali, in modo che siano di semplice
approccio e utilizzino un linguaggio universalmente comprensibile: anche a questo
mirano gli standard descrittivi come ISAD e ISAAR comprensibili in tutto il
contesto internazionale.
Gli stessi titolari di classificazione, che sono alla base della sedimentazione
degli archivi, poiché ne costituiscono la colonna vertebrale, vanno rimodulati,
se obsoleti, sulle esigenze attuali degli enti produttori dei rispettivi archivi,
dopo attenta ricognizione di funzioni e competenze, di prassi e contenuti, ma
senza dimenticare la necessità di una chiara e immediata comprensione
dei titolari stessi da parte degli addetti ai lavori e della creazione di indici
per materie dei titolari e di fascicoli dotati di repertorio.
A questo scopo l'Associazione Nazionale Archivistica Italiana sta prestando
molta attenzione, insieme al Ministero e agli Enti locali, ai titolari di classificazione,
perché troppo spesso si sono trascurati e talora colpevolmente abbandonati,
ancor più spesso si è lasciato alle singole amministrazioni il
compito di crearseli senza precise direttive o supporti adeguati: il risultato
è di grandi difformità e soprattutto spesso di poca scientificità
e attendibilità; i titolari di classificazione sono strumenti fondamentali
e devono essere perciò chiari, semplici da utilizzare, non eccessivamente
articolati su livelli, al pari dei piani di conservazione dei documenti che
è opportuno siano integrati ai titolari stessi. Il piano di conservazione
dei documenti che oggi noi concepiamo come strumento che deve nascere con l'archivio
e andare di pari passo col piano di classificazione, è uno strumento
importantissimo, perché sempre più si rende necessario scartare,
dematerializzare - per usare un termine di moda - documentazione che dal
punto di vista storico, si suppone, non acquisirà un grande valore storico,
e che dal punto di vista giuridico amministrativo, col tempo, perde valenza,
pur continuando a occupare spazi sempre più costosi e difficili da gestire.
Chiaramente è discrezionale, è anche un po' arbitrario, ipotizzare
che un determinato documento - o meglio un fascicolo - o una intera serie
archivistica, fra 10, 20, 100 anni perderà la sua valenza storica, perché
può non essere così, ma per forza di cose non è possibile
neppure pensare di conservare tonnellate e tonnellate di carta in un archivio
e oltretutto più complesso e appesantito è un archivio, più
difficile è gestirlo, più difficile è conoscerlo. Lo stesso
concetto è stato esposto anche alla Conferenza Nazionale delle Università
Italiane, due anni fa, da Giorgetta Bonfiglio Dosio. Si pensi a un archivio
composto da migliaia di faldoni, inventariati anche in modo analitico per unità
archivistica, ma che proprio per la sua complessità, soprattutto se appesantito
da duplicati, doppioni, corrispondenza "grigia" o interlocutoria,
si presenta ridondante o ingombrato da materiale insignificante: diventa difficilissimo
da gestire e da capire ma anche da sottoporre alle nostre domande.
Insomma vivere il presente con attenzione al futuro, come emerge dal programma
di questo convegno, ci ricorda che sicuramente il presente e ancor più
il futuro sono legati alla tecnologia, ma innovazione non significa soltanto
tecnologia, la tecnologia infatti, è scritto questo nel testo, è
forse lo strumento più evidente, ma i migliori hardware e software da
soli non bastano certo a produrre una reale innovazione, che richiede una legislazione
adeguata, una programmazione competente, una politica di finanziamento intelligente,
un'attenzione consapevole e disponibile alla ricerca. E si pensi appunto al
documento digitale o all'archivio digitale, ai problemi di conservazione, di
accesso, di legalizzazione, di produzione, di tutela, alla conservazione dei
supporti: sono tutti problemi enormi e la tecnologia è fondamentale in
questo, la tecnologia deve procedere insieme alla scienza, specifica in questo
caso, la scienza archivistica, non si può pensare di produrre software
di protocollo, di descrizione archivistica, di gestione archivistica ecc. che
non siano pensati sin dal loro concepimento insieme da informatici e archivisti.
In questa ottica, per esempio, quella della ricerca continua di innovazione,
è nato anche l'Istituto Centrale per gli Archivi, che purtroppo è
nato solo sulla carta, si rendeva necessario crearlo, perché se ne sentiva
la necessità, perché indubbiamente tutto quello che riguarda le
problematiche della tecnologia archivistica aveva bisogno di una Direzione,
che guidasse, che desse linee guide: è nato sulla carta, c'è un
direttore, di grande competenza, ma non c'è una sede e per ora non c'è
neppure un Istituto in realtà; queste sono le cose che non vanno! Non
si può essere all'avanguardia a livello normativo e poi chiudersi
gli occhi per non vedere che norme e disposizioni restano solo sulla carta o
nella fantasia del legislatore. Quindi le problematiche ci sono, le problematiche
sono sentite, ma purtroppo sono gestite, in certi casi, all'italiana!
Scrive di recente Mariella Guercio, la massima esperta di documento digitale
in Italia, dei problemi teorici e pratici che oggi rendono ardua la conservazione,
oggi per il futuro, per la natura specifica degli oggetti documentari, in relazione
alle trasformazioni prodotte e dei nuovi ambienti tecnologici. Lo stato della
normativa in Italia, soprattutto in materia di documenti archivistici e del
loro processo di digitalizzazione, non sempre è andata di pari passo
con gli studi archivistici, molto spesso non si è tenuto conto del parere
degli archivisti e oggi la conservazione del documento digitale non è
in realtà garantita da nessuno.
Come conclude "Interpares 2", gruppo di lavoro mondiale sugli archivi
digitali, i cui risultati verranno presentati a Milano il 12-13 dicembre, assicurare
al 100% la conservazione digitale, per ora, non è ancora assolutamente
possibile.
Per conservare il futuro, oltre alle problematiche che ho già enunciato,
vi sono altri grossi problemi da affrontare, alcuni dei quali sono stati già
anticipati parlando delle altre Istituzioni culturali, come i musei: l'impreparazione
spesso del personale dipendente, la mancanza, lamentata da tanti, di formazione:
su questo nel Veneto siamo fortunati, perché grazie alla Direzione Cultura
della Regione Veneto, l'ANAI riesce a fare ogni anno corsi di formazione e aggiornamento
gratuiti rivolti agli enti locali ed agli archivisti di archivi riconosciuti
di interesse locale; ma non solo, è in grado di offrire un soddisfacente
aggiornamento, in certi casi anche una formazione quasi di base, per tanti addetti
agli archivi di enti locali, che spessissimo non hanno formazione di base. In
altre Regioni italiane questo non succede probabilmente per minore attenzione
alla necessità di formazione prestata dalle Regioni stesse.
Pensiamo però anche ai dipendenti degli uffici statali: chi li forma?
In teoria la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, ma sapete come
funzionano adesso i suoi prestigiosi corsi per i dipendenti del Ministero per
i Beni e le Attività Culturali? Arrivano circolari dalla Direzione Generale
per gli Affari Generali e il Personale, con allegate le proposte della Scuola
Superiore, spesso interessantissime, noi ne prendiamo visione, aderiamo alle
proposte in base alle competenze e mansioni dei funzionari, ma dobbiamo fare
sempre i conti con la clausola finale della circolare che oramai da anni ricorda
come ognuno debba venire a spese del proprio ufficio; non si tiene conto che
gli uffici periferici del nostro Ministero, a parte le Soprintendenze, non hanno
fondi per le missioni che, semmai, se istituzionali, vanno richiesti di volta
in volta, ma alla richiesta indirizzata gerarchicamente alla Direzione Generale
per gli Archivi, si risponde puntualmente che, stante la situazione economica
ed essendo corsi organizzati da altra Direzione Generale non possono essere
accreditati fondi. Quindi la formazione non è possibile, la formazione
la faranno solo quelli che risiedono fortunatamente nel luogo dove fanno i corsi,
Caserta, Bologna, Roma, Milano, per tutti gli altri non è possibile perché
non vi sono spese di missione.
Questi sono problemi gravissimi, che fanno sì che un'Amministrazione
che ha anche dei progetti estremamente coinvolgenti, geniali, che è all'avanguardia
nella normativa per certi versi, poi nella pratica, nell'ordinarietà,
langua nell'inerzia.
Poi da questa impreparazione del personale dipendente molto spesso deriva anche
trascuratezza, disattenzione, abbandono delle buone pratiche archivistiche:
abbiamo verificato coi nostri occhi che fino agli anni quaranta del '900 gli
archivi erano tenuti bene; quasi sempre negli enti locali, nelle pubbliche amministrazioni,
c'erano persone esperte, con decenni di esperienza alle spalle, che sapevano
conservare, mantenere e far consultare l'archivio. Dal periodo della Seconda
Guerra Mondiale in poi, invece, c'è stato un totale abbandono vuoi perché
forse gli addetti ai lavori sono partiti per la guerra, vuoi per mancanza di
direttive, vuoi per altri problemi più gravi, come quelli della ricostruzione
dopo la guerra. La conseguenza fu che gli archivi sono veramente divenuti spesso
gli "immondezzai" delle amministrazioni, il che ha creato enormi problemi
anche economici, perché per recuperare anche la fruibilità degli
archivi oggi bisogna spendere fior di milioni, perché spesso ci sono
archivi abbandonati totalmente dagli anni Quaranta in avanti.
La disattenzione verso la buona pratica archivistica fa sì che molto
spesso si trascuri anche la protocollazione di documenti e si considerino le
mail non dotate di firma digitale, ad esempio, alla stregua di documentazione
"grigia" che non merita registrazione. Molto spesso la mail
ha indotto a non protocollare perché considerata informale se priva di
firma digitale, ma questo fa sì che si distrugga la documentazione e
si perda la memoria di documentazione che per il nostro lavoro è importante,
che sia o no formalmente costituita.
Quindi c'è la necessità di una formazione permanente a tutti i
livelli e di un aggiornamento permanente e questo, lo ribadisco, è un
punto di forza dell'Associazione Nazionale Archivistica Italiana, sia a livello
nazionale, sia, in particolare per quanto riguarda il Veneto grazie alla collaborazione
con la Regione, a livello regionale; ed è sempre più forte la
necessità di un'interazione tra noi e le altre professioni, come quelle
dei bibliotecari, degli operatori museali e direi anche con i giuristi, poiché
nel campo degli archivi per noi è molto importante avere a fianco un
esperto di diritto, specie ora che la maggior parte degli archivisti di ultima
generazione proviene da una formazione umanistica, quindi priva di contenuti
giuridici, per cui interagire con degli esperti di diritto è estremamente
importante, così come è assolutamente necessario interagire con
gli informatici, per forza di cose.
E allora ecco che una splendida iniziativa è quella che hanno avuto le
Associazioni dei musei, di redigere un documento sulla professione di chi opera
negli istituti museali; è un documento che noi abbiamo analizzato attentamente
come Sezione Veneto dell'ANAI, e ci ha profondamente stupiti perché
strutturare le professionalità dei Musei su ben 21 profili significa
riempire una cornice altrimenti vuota con contenuti veri e concreti, in cui
interagiscono professionalità diverse tenendo conto delle specificità
necessarie al funzionamento di un Museo. Il Gruppo di lavoro promosso dall'ANAI
a suo tempo ha messo a punto i profili necessari negli archivi, ma limitandosi
a quelli "scientifici", a partire dai protocollisti per arrivare agli
archivisti dotati di alta professionalità, mentre non si è pensato,
dato l'ambito diverso - professionalità archivistiche e non
professionalità di chi opera negli archivi - a quelle professionalità
"di contorno", che completano e riempiono la cornice, da chi movimenta
la documentazione, altrettanto importante quanto il personale scientifico, non
si è pensato all'esperto di pubbliche relazioni, all'esperto di valorizzazione,
di iniziative culturali, come all'esperto di conservazione, quindi che gestisca
il piano di conservazione nel senso fisico e del restauro, non si è pensato
a tante altre figure professionali, che sarebbe opportuno mettere, come hanno
fatto gli amici dei Musei, in un'unica cornice.
In questa strategia, in proiezione futura, credo che occorra rivedere il nostro
ruolo, dal punto di vista delle risorse umane, in un contesto più vasto,
nell'interazione con le altre personalità, anche se non sono del nostro
mondo, quello archivistico; che per quanto riguarda le risorse strumentali sia
necessario sfruttare le risorse tecnologiche, ma senza creare falsi idoli: la
tecnologia al servizio di biblioteche, musei e archivi, non le biblioteche,
gli archivi e i musei al servizio della tecnologia; interazione e condivisione
di esperienze non asservimento di esperienze.
Per quanto riguarda il rispetto della tradizione scientifica, cataloghi, inventari,
regole, standard descrittivi, piani di catalogazione, piano di conservazione,
frutto di decenni se non di secoli di studi e lavori, vanno sempre rispettati,
non ingessati, vanno aggiornati, ma non vanno dimenticati; si corre troppo verso
il futuro, senza ricordare il passato e le esperienze passate positive; e bisogna
avere sempre attenzione alla normativa, anche se la sua evoluzione ci costringe
a correre, per stare al passo, poiché quello che andava bene ieri, non
va bene oggi: si pensi alla velocità in cui si evolvono il concetto di
privacy, di diritto di accesso, di diritto d'autore ecc.
Attenzione poi ai giovani, attenzione nel senso positivo, non teniamo lontani
i giovani, anzi occorre avere una particolare attenzione ai giovani, alle tendenze,
ai linguaggi, al cambiamento di gusti, delle abilità, degli interessi,
che ci costringono - ed è giusto e bene che sia così - a
pensare l'oggi in proiezione futura, in proiezione delle nuove generazioni e
delle loro possibili esigenze.
Questo vale per la valorizzazione, che spesso ha per target giovani e
giovanissimi, ma anche per gli anziani, come si diceva prima; la nostra offerta:
le mostre, le attività didattiche, gli incontri con autori, i convegni,
le conferenze, i laboratori didattici, ecc, devono avere ben presente il target,
altrimenti rischiamo il flop, l'affossamento delle iniziative e di conseguenza
anche la disattenzione verso di esse e anche il disinteresse politico e dei
nostri amministratori, quando si vede che non hanno successo. Ma il rapido cambiamento
di gusti e interessi deve essere tenuto presente anche quando non di valorizzazione
per il presente e per il futuro si tratti, ma anche di linguaggi orali e scritti,
di metalinguaggi, di Internet: si pensi alla conservazione dei siti web, enorme
problema. Che cosa conservare di questi siti? Come conservarli? In quale momento
conservarli? Con che cadenza salvarli? Si pensi ai forum che sono spesso nei
siti web, ai sistemi informativi, agli eventi on line, sempre più
ci poniamo questo problema di cosa e come conservare, se ne dibatterà
anche a Milano, appunto nell'occasione dell'ArtchiExpotar, e di questa chiusura
dei lavori di "InterPares 2". Ignorare il problema non si può,
il sito è un biglietto da visita, un sistema informativo, un periodico
e tante cose assieme.
Concludendo, il futuro è una sfida, dobbiamo coglierla con lo stesso entusiasmo con cui abbiamo affrontato la storia del passato.
Copyright AIB 2007-08, ultimo
aggiornamento 2007-09-16 a cura di Marcello Busato e Giovanna
Frigimelica
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