AIB. Sezione Veneto. Congressi
"17. Seminario Angela Vinay"
bibliotECONOMIA
conservare il futuro
Paolo Coltro, Caporedattore del Mattino di Padova
La mia è una visione dall'esterno e, specie dopo aver sentito le specificità
così ben spiegate dagli addetti ai lavori, dovrete accontentarvi del pressappochismo
di un giornalista, ma questa visione del mondo delle biblioteche, dei produttori
di cultura e in alcuni casi anche dei profittatori, non è solo quella dei
giornali ma anche dell'opinione pubblica.
Non avevo una traccia precisa ma solo alcune idee, che, dopo l'intervento del
dottor Granelli, mi accingo a modificare. Ben vengano le provocazioni e chiamiamole
davvero col loro nome, ma, a mio sommesso parere, il dottor Granelli non ha ragione
su tutto! Col suo modo di entrare negli argomenti, fa capire a tutti noi come
quel mondo di carta sia percepito da un ceto, chiamiamolo pure avanzato, di ricercatori,
di politici, di gente che poi decide, perché loro sono le responsabilità
e i soldi. Fa capire dove si va, che non ci si può fermare ogni attimo
a riesaminare l'esistente, le condizioni disastrose di un settore del Paese di
cui si dibatte da anni, per giungere alla conclusione, come ha ribadito giustamente
la direttrice dell'Archivio di Stato di Padova, che le riforme sono fallite tutte.
Per responsabilità di chi? Non dei ministri che vanno e vengono, ma di
coloro che hanno fatto parte delle Commissioni che hanno scritto e riscrivono
ora, per l'ennesima volta, la definizione di qualcosa che si potrebbe ancora cambiare,
e invece continuano a parlare, parlare, parlare.
Ma al nocciolo della questione è arrivata la direttrice, con cui concordo
per la mia esperienza, anche se piccola, all'Archivio di Stato di Padova, quando
ha indicato come i Ministeri siano ancora, e sempre, in mano ai Direttori Generali.
Il problema non riguarda i discorsi sullo scenario prossimo venturo o sul metodo
di catalogazione di libri e documenti. Il problema è lo scaffale: i libri
sono per terra, e non servono i discorsi per aprire la mente, abbiamo sì
bisogno di teorici per il futuro, ma anche un po' di prassi non sarebbe male per
il presente, anzi un po' di senso pratico per avere le misure giuste dello scaffale.
Lo Stato lo comprerebbe ma della misura sbagliata. E le misure giuste allo Stato
gliele deve dare la direttrice. La sua autonomia, facendo un esempio basso basso,
deve arrivare almeno a questo; questo è quello che si pensa dal di fuori.
Vi racconto una storiella. C'è il Cinquecentenario della morte di Mantegna:
tre grandi mostre a Padova, Mantova e Verona; gran cassa, soldi, Sgarbi, lo Stato
investe.
Sgarbi protesta vivacemente perché Brera non gli presta il 'Cristo morto'
adducendo, tra l'altro, motivazioni comprensibili; risultato: lo Stato fa la guerra
allo Stato, lo Stato si sbatte la porta in faccia da solo... alla fine arriva
in mostra il 'Cristo' di Brera. Peccato che nei mesi precedenti, all'Archivio
di Stato di Padova, questa povera direttrice continuava a dire: "Noi abbiamo
un po' di autografi di Mantegna, li volete?". E di quali autografi parlava:
ad esempio un contratto scritto di mano del Mantegna, primo documento che di lui
si conosca (poi a Mantova scrisse ventisettemila lettere perché non lo
pagavano) e che si conservi. Vi interessa? Neanche ascoltata. Perché? Ecco
che si legano gli argomenti. Le mostre culturali sono solo business: o
così o non si fanno. Benissimo, questa povera donna dice "è
mio, e io faccio la mia 'mostriciattola' sui documenti del Mantegna". Non
una lira da nessuno: chiede al Comune uno spazio a titolo gratuito, è disponibile
ad adattarsi. Questo documento, che io ho visto, può essere simbolo, fa
immagine, fa da catalizzatore, è uno slogan visivo. Mantegna che scrive
'mi Andrea' e quel 'mi Andrea' diventa una bandiera. Ma il Comune non accetta
l'onere di stampare la gigantografia, che lei non può pagare anche se costa
100 euro, che potrebbe costituire il messaggio principale di una mostra di documenti.
E che, diciamocelo qua, interessava a pochi. Poteva essere un modo, per un archivio,
di dire ci sono, sono vivo.
Riprendo quello che doveva essere il mio breve discorso iniziale.
Viviamo in un mondo che è immagine, talmente immagine che non bastano nemmeno
più le immagini immagini: vogliamo le immagini in movimento. E qui, dottor
Granelli, credo che debba fare attenzione a quello che dico: se oggi andate da
un qualsiasi fotografo, non trovate più determinati tipi di pellicole fotografiche,
che noi, a cui piaceva fotografare, utilizzavamo, perché il range dell'offerta
è drasticamente diminuito a favore del digitale. Per la fotografia in bianco
e nero ancora peggio. Questo per dirvi, quale strada secondo me, è stata
imboccata.
In riferimento poi alla citazione del dottor Granelli, relativa all'affermazione
provocatoria di Marinetti che definisce il passato opprimente, mi chiedo: se Marinetti
non ha avuto ragione ai suoi tempi, come facciamo ad avere ragione noi adesso?
Ammettendo pure che il passato possa essere opprimente, esso è, comunque,
un punto di partenza.
Taglio un po' corto e mi chiedo: ma dobbiamo diventare tutti americani? Non si
vive solo di chips e hamburger. Abbiamo un patrimonio tale che dovrebbe essere
il marchio dell'Italia; è giusto pensare di innovare, ma se il marchio
Ferrari rende riconoscibile all'estero il nostro Paese sarà anche perché
la Ferrari ha una sua storia e quindi un passato. Ha ancora un suo piccolo senso
parlare di arte, di architettura, di affreschi, di cicli pittorici che non sono
solo il nostro passato, ma il nostro bene, dove investire. Ma non ci sono i soldi:
ecco il grado di elasticità delle Istituzioni.
Biblioteche e archivi muoiono o comunque patiscono una dimensione ridotta e non
ne viene percepita la funzione di servizio, che invece dovrebbero avere e sviluppare.
È una questione di mentalità, esistono dei paradossi che sicuramente
si annidano nell'organizzazione generale che pur ci vuole, così come la
burocrazia in parte ci vuole, ma l'impressione che si ha dall'esterno è
che questi luoghi in genere siano produttori di burocrazia. E si può morire
di burocrazia.
Se anche avevo in mente di dire che coloro che hanno la responsabilità
di far funzionare questi Istituti forse si sono un po' adagiati, gli esempi che
oggi ho avuto mi fanno dire che non si deve dare l'immagine che biblioteche, archivi
e quanto altro siano cose ferme. 'Nati per leggere' è un'idea graziosa,
vuol dire che avete pensato nel modo giusto, usato la comunicazione che vogliono
i ragazzi d'oggi, perché è proprio a loro che bisogna guardare,
anche se è un tipo di comunicazione che forse noi capiamo fino ad un certo
punto.
Non si possono fare dieci passi in una città senza trovare una insegna.
Ma avete mai visto una insegna di una biblioteca o di un archivio? Che io sappia
sono visibili solo nei paesini dove la segnaletica stradale porta scritto municipio,
stadio, carabinieri, biblioteca. Nelle città voi avete la vostra targa
sulla porta della biblioteca se no non sapete dov'è. Qui si è detto
che in Finlandia la biblioteca diventa una piazza: quante ne potremmo fare noi?
Con quali soldi? Ecco che la palla torna ai politici. D'altra parte per continuare
la provocazione potrei dire che anche a me interessa fare il bibliotecario, che
è bello e che comincerei domani, ma non mi credereste. E' necessario far
incontrare queste realtà con la società e la società di oggi
sono i ragazzi. E' stato detto che nelle biblioteche diminuisce il pubblico: non
conosco le statistiche, ma se andate in una biblioteca vedete la vita, studenti
e qualche studioso che fa ricerca, manca forse la fascia di mezzo; l'impressione
quindi che si ha è che ci sia vita.
Non deve andare persa questa vita e questo, scusatemi l'ardire, è forse
prioritario rispetto ai problemi tecnici o anche metodologici della conservazione.
Perché se avrete vita conserverete, altrimenti morirete con tutto quello
che avrete conservato nel miglior modo possibile. Certo ci vogliono soldi, ma
questi chiedeteli a Rutelli o a Granelli, servono però anche dei sistemi
di comunicazione, che non siano più quelli che sono esistiti finora, compresi
i giornali, tanto per non tirarsi fuori.
Grazie.
Copyright AIB 2007-08, ultimo
aggiornamento 2007-09-23 a cura di Marcello Busato e Giovanna
Frigimelica
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